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Autore: Signorina Granger    02/10/2016    7 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 8: Corvonero – Serpeverde 
 
Domenica 27 Gennaio 


“Non si vede neanche lontanamente per chi avete intenzione di tifare.”

Lyanna e Charlotte non risposero subito alle parole di Regan, che guardò con cipiglio divertito le due colleghe bere un sorso di the in perfetta sincronia prima di rivolgerglisi, entrambe con una sciarpa nera e blu al collo.

“Beh, dovrà passare molta acqua sotto i ponti prima che io tifi per Serpeverde!”

“Concordo con Lyanna… Senza offesa Reg, ma credo che non tiferò mai per voi, specialmente se gioca anche Corvonero… Io e Sean discutevamo sempre, quando c’erano le partite.”

Le labbra carnose di Charlotte si piegarono in un debole sorriso malinconico, ricordando le mezze zuffe che aveva avuto innumerevoli volte con il fratello maggiore, concluse quasi sempre con entrambi che ridevano, prendendosi reciprocamente in giro per poi “fare pace” con un abbraccio. 

Regan non disse nulla, abbassando lo sguardo mentre Lyanna inarcava un sopracciglio, rivolgendo all’uomo un’occhiata accigliata come a volergli chiedere di chi stesse parlando CeCe, che non aggiunse altro e si limitò a bere un altro sorso di the. 

“Ad ogni modo… Verrete alla cena del vecchio Luma, la settimana prossima? Reg, non puoi abbandonarmi con Lumacorno e Cavendish, non arriverei viva al dessert!”

“Tu dici? Io credo che semmai non ci arriverebbero LORO…”

“Beh, comunque ci sarebbero dei cadaveri! Per favore Reg…”

Charlotte si sporse leggermente verso l’amico, sbattendo le lunghe ciglia e sfoggiando la sua migliore aria da cucciola che aveva sfruttato per anni quando voleva dei favori da suo fratello maggiore.

Il Pozionista sbuffò, spostando lo sguardo sulla Sala Grande per evitare di guardare Charlotte, che però non mollò per niente: sorrise con aria divertita, ammonendolo:

“Guarda che ti salto in braccio davanti a tutti finché non mi dici di sì!”

“Non oseresti.”

“Dovresti conoscermi ormai, Reg… Mai mettermi alla prova. Potrei anche starti incollata come un koala per tutta la durata della partita…”

Regan si voltò verso di lei, sgranando gli occhi con aria allarmata solo all’idea. Lyanna ridacchiò con fare divertito mentre Charlotte si alzava allegramente, sedendosi sulle ginocchia dell’amico senza tanti preamboli:

“Bene, ora dovrai farmi da poltrona finché non mi prometterai che verrai alla cena maledetta!”

“CeCe, spostati! Lyanna, invece di ridere dammi una mano!”

Regan sbuffò, rivolgendo alla donna un’occhiata carica di richieste d’aiuto che però non arrivò, visto che l’insegnante sembrava essere molto presa dal suo muffin ai mirtilli:

Charlotte rise mentre Regan cercava invano di scollarsela di dosso, il tutto mentre il quarto componente del gruppo arrivava davanti al tavolo, guardandoli con aria accigliata come se si stesse chiedendo che problemi avessero:

“Avete per caso sbattuto la testa? Oppure avete bevuto un intruglio di Carsen e credete di avere 6 anni?”

“Ciao Cavendish, vedo che sei sempre tremendamente simpatico!”

Charlotte si voltò verso di lui sfoggiando un inusuale sorriso vivace, in netto contrasto con le stilettate glaciali che era solita rifilargli. Will si domandò per un attimo se la donna non stesse seriamente male mentre si sedeva accanto a Regan, che ormai aveva rinunciato a cercare di smuovere l’amica dall’abbraccio che stava attirando diversi sguardi da parte degli studenti.

“So che siete amici, ma credo che potrebbero iniziare a girare voci strane da questo spettacolo…”

2Non è colpa mia, e CeCe che fa la koala solo perché vuole che io venga alla cena!”

“In tal caso sono d’accordo con lei, per una volta!”


“Hai sentito? Se persino il piccolo Lord è d’accordo con me, allora devi venire! Quanto a te, Lyanna… hai poco da ridere, più tardi convincerò anche te!”

La donna sgranò gli occhi al sentire quelle parole, sfoggiando un’espressione allarmata che fece ridacchiare Regan, che rivolse alla collega un’occhiata eloquente come a volerle dire – te l’avevo detto – mentre Charlotte sorrideva, sapendo già che alla fine avrebbe ottenuto ciò che voleva, come sempre. 

“Non demordi mai, vero CeCe?”

Regan sospirò, alzando lo sguardo sull’Auror quasi con rassegnazione, facendola sorridere dolcemente:

“No Reg… è il mio peggior difetto, ma non cambio mai la strada che intraprendo.”

“Sei sicura che sia il tuo peggior difetto? Ho qui una lista che proverebbe il contrario…”

Il tono pensieroso di Will gli fece guadagnare un’occhiata inceneritoria da parte di Charlotte che però gli fece comparire un sorrisetto sul bel volto, annuendo e schioccando le dita nella sua direzione:

“Ecco… ora ti riconosco, Selwyn! Questa faccia ti si addice molto di più.”

“Ma ti senti? Hai un modo tutto tuo di insultare sottilmente le persone… Prima o poi qualcuno si stancherà e ti farà vedere i sorci verdi, credimi.”

“Può anche darsi… ma nel frattempo io mi diverto.” William sorrise, strizzandole l’occhio prima di iniziare a fare colazione. Il tutto mentre Regan cercava sempre di spostare Charlotte dalle sue ginocchia, temendo che qualche studentessa pettegola potesse iniziare a far girare voci assurde su di lui e la collega.

“Beh, ognuno passa il tempo come meglio crede… Ok Regan, smettila di frignare! Mi sposto, ora penserò a Lyanna…”

“Non ti sederai anche su di me, spero!”

“No… mi farò venire in mente qualcosa, so essere davvero molto persuasiva!”


                                                                             *


“DANTE. COME TI SEI VESTITO?”

Dan si voltò, ruotando su se stesso con un movimento fluidi e sorridendo allegramente alla vista dei suoi due fratelli minori che gli stavano davanti, nell’Ingresso.

“Ragazzi! Che intendi, Cora?”

Il Grifondoro inarcò un sopracciglio, non capendo l’occhiataccia che gli stava riservando la sorella di un anno più piccola, che lo guardava con le mani sui fianchi e l’aria truce. Somigliava un po’ alla loro mamma quando li beccava, da piccoli, con un vaso di marmellata in mano intenti a sgraffignarla, ma dalla sua faccia non sembrava il momento gusto per farlo notare alla ragazza:

“Come sarebbe cosa intendo! Brutto traditore, non puoi tifare per Corvonero!”

Coraline sbuffò, indicando con aria accusatoria la sciarpa che si era infilato il fratello maggiore.

Ops…


“Dai Cora, ancora con questa storia? Non puoi pretendere che io tifi per voi, sono Grifondoro!”

“Ma io sono la tua sorellina!” Coraline sbuffò, mettendo su il broncio mentre accanto a lei Francies sospirava, alzando gli occhi al cielo come se non comprendesse quelle assurde discussioni che sentiva puntualmente ormai da anni, visto che i sette fratelli Julius erano stati Smistati in tutte e quattro le Casate nel corso degli anni.

“Certo che lo sei… Ma preferisco tifare per Corvonero, scusa piccolina.” 

Dante sorrise e le si avvicinò per stritolarla in un abbraccio sotto lo sguardo quasi seccato di Francies, che si stava chiedendo perché la sorella si facesse tante paranoie per il Quidditch.

“Beh, mi ci vorrà un po’ per perdonarti… Francies invece tifa per me, vero?” Coraline rivolse un sorriso a 32 denti al fratello minore, che si fece di colpo piccolo piccolo (benché fosse più alto di lei) prima di borbottare qualcosa d’incomprensibile.

“Ecco, lo sapevo! Siete due brutti traditori, Anthony tiferebbe per la mia Casa se la sua non giocasse! E anche Lucas!”

“Oh, andiamo Cora… io sono Grifondoro e lui è Tassorosso, nessun Tassorosso tiferebbe mai per voi visto come li trattate.”

Dante roteò gli occhi mentre Francies gli rivolgeva un’occhiata carica di gratitudine, evitando di sottolineare quanta soddisfazione aveva provato pochi mesi prima quando la sua squadra aveva battuto proprio Serpeverde a Quidditch.

Cora sbuffò ma non replicò, limitandosi a roteare gli occhi come a voler lasciare perdere la questione:

“Ok, lasciamo stare… A proposito di Tassorosso, dove sono i tuoi inseparabili amici?”

“Amos è corso allo Stadio per accaparrarsi un posto in prima fila, in effetti mi sta aspettando.”

“Immaginavo... e Jane che fine ha fatto?”

La domanda di Coraline fece suonare quasi un campanello nella testa di Dante, che si accigliò all’istante nel rendersi conto di non aver visto la ragazza a colazione.

Francies si morse il labbro, dondolando nervosamente il peso da un piede all’altro mentre il fratello scuoteva il capo con aria pensierosa:

“Non lo so… non l’ho ancora vista, forse è già allo stadio…”

“Mh…”

“Che cos’era quel mugugno? Francies, sai dov’è Jane? Se sì, me lo devi dire.”

Dante sbuffò, inchiodando gli occhi eterocromatici sul fratello minore e mettendosi le mani sui fianchi con aria imperterrita. Ora era lui a somigliare alla madre della “tribù Julius”, ma nessuno dei due piccoli di casa tenne a farglielo notare. 

“Papà dice sempre che chi si fa gli affari propri vive più a lungo!”

“Si beh, Selene dice anche che tra fratelli ci si aiuta, quindi tu devi dirmi cosa sia sulla mia amica! Parla, Francies.”

Al sentirsi citare la sorella maggiore Francies, sbuffò, roteando gli occhi prima di sospirare con rassegnazione, sapendo che Dante non l’avrebbe mollato finché non avesse sputato il rospo.

“Ok… credo che sia ancora nella nostra Sala Comune, l’ho vista prima di andare a fare colazione… Non sembrava stare molto bene, emotivamente intendo.”

Il Tassorosso non fece quasi in tempo a finire la frase prima che Dante facesse dietro front, attraversando di corsa l’Ingresso urlando un “grazie, ti voglio bene!” prima di correre verso le cucine, fregandosene improvvisamente della partita o del fatto di essere già vestito per andare allo stadio.

“Ma dove va?”

“Alla nostra Sala Comune, suppongo… Non chiedermi come o perché, ma sa la strada. Ma ora andiamo Coraline, o ci perdiamo l’inizio.”

Senza aggiungere altro Francies prese la sorella maggiore sotto braccio, trascinandosela dietro e ignorando le sue sonore proteste visto che voleva andare a vedere a sua volta cosa fosse successo a Jane. 


                                                                                    *


“Questa volta vinciamo, eccome se vinciamo.”

“Bah.”

“Scusa Isabella, hai detto qualcosa per caso?”

“Io? No. Niente. Come ti viene in mente? Black, hai le allucinazioni ultimamente!” Isabella sgranò teatralmente gli occhi azzurri, guardando Antares come se avesse detto un’eresia. Il ragazzo le scoccò un’occhiata leggermente seccata prima di continuare a rivolgersi a Rod, che aveva seguito lo scambio di battute con aria divertita:

“Come stavo dicendo prima che qualcuno interrompesse… Oggi non sverrò neanche se dovessi prendermi un’insolazione, dannata febbre autunnale…”

“Veramente trovo piuttosto improbabile che tu prenda un’insolazione, siamo a Gennaio e non c’è un raggio di luce neanche a pagarlo…”

“Oh andiamo Rod, hai capito che intendo! Ora ti metti a fare le puntualizzazione come qualcuno?”

“Io non puntualizzo nulla Black, dico solo ciò che è evidente.”

Isabella passò accanto ai due senza nemmeno voltarsi, camminando a passo spedito per attraversare l’Ingresso e superare il Serpeverde e il Grifondoro. Antares la guardò male, borbottando qualcosa sul fatto che Isabella fosse irritabile solo perché sapeva che la sua Casa avrebbe perso a Quidditch:

“Grazie per le illuminazioni, allora… Non vieni a vedere la partita?”

“No, ho di meglio da fare che guardare un branco di geni che rincorrono una palla… Oh, scusa… Forse ti ho appena sottilmente insultato. Non prendertela, mi raccomando.”

Isabella si voltò verso i due, rivolgendo ad entrambi un lieve sorrisetto prima di salire la scalinata principale per andare in Biblioteca e prendersi avanti con i compiti, approfittando del fatto che sarebbe stata di certo praticamente vuota.

Non aveva mai amato particolarmente il Quidditch… e non le andava di vedere la partita, se non aveva Brianna per cui tifare. L’amica le aveva fatti promettere di scriverle se Corvonero avrebbe vinto o meno e la Caposcuola sperava che la sua Casa vincesse… di certo Brianna non sarebbe stata felice di sapere di aver fatto perdere la squadra andandosene una settimana prima della partita.

“Sai, ho come la sensazione che tu non le vada molto a genio?”

“Wow Rod, sei molto perspicace… forse si è svegliata con il piede sbagliato… A volte è più gentile.” Antares fece spallucce, sapendo che la Corvonero non fosse spesso acida soltanto con lui… in effetti a volte sembrava che ce l’avesse con mezza popolazione maschile di Hogwarts, forse sfogando sui compagni una chissà quale frustrazione… Ma erano tutte teorie che il ragazzo aveva creato, non aveva nessuna conferma sulle sue idee. 

“Però comincia ad essere divertente ascoltarvi quando parlate! Potreste anche fare spettacolo…”

“Conoscendoti, non avevo dubbi che lo trovassi divertente… Ma ora muoviti, Panciotto-Rosso, non voglio fare tardi alla partita perché tu dovevi incipriarti il naso!”

“Ma quale cipria, io non mi trucco! E poi questo è Bordeaux, razza di ignorante!”

Rod sbuffò, scoccando all’amico un’occhiata quasi seccata, come se la sua ignoranza sul frangente “colori” lo irritasse leggermente. Antares alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano tra i capelli mentre sospirava con aria esasperata, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa. 

“Mio Dio…. Ma perché diamine siamo amici, noi due?”

“Sai che non ne ho idea? Non abbiamo quasi niente in comune! Il che però è un bene sotto un certo punto di vista, non sopporterei avere un amico troppo simile a me…”

“Se non altro sapresti cosa vuol dire passare molto tempo con qualcuno fissato con l’eleganza! Non ti farebbe male…”

“Taci Black, io sarò anche fissato ma tu sei troppo taciturno! Fatta eccezione per me, con gli altri te ne stai quasi sempre in un angolo a rimuginare su chissà cosa!”

“Tu invece blateri dalla mattina alla sera, quindi ci compensiamo a vicenda. Oh Merlino, ora sembriamo una vecchia coppia sposata…”


                                                                                 *


Dante sgattaiolò silenziosamente nella Sala Comune, cercando di non far rumore mentre si chiudeva lentamente la porta alle spalle. Pregò di non incontrare un branco di ragazzine come gli era capitato ad inizio anno, quando era andato a salutare Amos e si era perso, finendo chissà come nel Dormitorio femminile e ritrovandosi davanti ad un gruppetto di dodicenni che si erano messe a gridare dandogli pure del maniaco…

Benché fosse stato tre volte loro Dante era diventato piccolo piccolo di fronte al gruppo di studentesse e Francies e Amos l’avevano deriso per mesi, mentre fortunatamente Jane era andata in suo soccorso aiutandolo con le ragazzine del secondo anno:

“Ma quale maniaco… guardartelo, con questa faccia!” Lanciandogli un’occhiata eloquente Jane gli aveva ordinato di sfoggiare gli occhioni dolci, sfruttandoli come sempre per salvarsi dalle situazioni più disparate. 

Non moriva esattamente dalla voglia di incontrarle di nuovo e pregò che fossero andate a vedere la partita mentre si guardava intorno attentamente, cercando qualche traccia di Jane. 

Un singhiozzo sommesso gli fece drizzare le orecchie all’istante, puntando gli occhi su una delle poltrone rivolte verso il camino spento e che gli dava le spalle. 

Pregando che fosse lei e non una di quelle ochette isteriche Dante si avvicinò alla poltrona con passo felpato, camminando sul morbido tappeto e tirando mentalmente un sospiro di sollievo quando scorse la chioma di boccoli castani di Jane guardando la poltrona dall’alto in basso. 

Jane era accovacciata lateralmente sulla poltrona di pelle marrone, con il capo appoggiato allo schienale e le gambe strette tra le braccia. Dante fece rapidamente il giro per trovarsi davanti a lei, stampandosi in faccia un sorriso mentre si inginocchiava di fronte alla poltrona:

“Ciao, piccola Jane… Che cosa ci fai qui?”

Jane si voltò di scatto, puntando i grandi occhi azzurri e pieni di lacrime dritti su di lui quasi con aria allarmata, asciugandoseli in fretta prima di rispondere con voce rotta:

“Ciao… Che cosa ci fai tu qui, semmai… Non dovresti essere alla partita?”

“Stavo andando, ma poi un uccellino mi ha detto che stavi male… Che cosa c’è? Odio questa faccina triste, lo sai.”

Dante sorrise, allungando una mano per asciugare le guance umide della ragazza, che sbuffò come se stesse maledicendo mentalmente il fratello minore dell’amico. 

“Niente… vai alla partita Dan, non importa.”

“Beh, se proprio vuoi che ci vada ti porterò con me anche se dovessi caricarti in spalla, quindi poco cambia… Forse qui saresti più comoda. Non vuoi dire a Dan che cosa succede? Guarda che faccia adorabile ho…”

Dante sfoggiò il suo sorriso più accattivante, facendola ridere leggermente mentre gli dava una sberla sulla spalla, trovando quasi strano l’essere, per una volta, alla stessa altezza del ragazzo. 


“Lo so che sei adorabile Dan, non preoccuparti… Ma non mi va di stressarti con i miei problemi.”

“Sciocchezze, lo sai che io aiuto sempre chi mi sta a cuore… Resterò qui finché non parlerai, abbiamo tutto il tempo… Però stare così è davvero scomodo, in effetti.”

Dante quasi sbuffò e mise le mani sui braccioli della poltrona come se volesse alzarsi per sedersi da un’altra parte, ma Jane si sporse verso di lui e lo abbracciò, bloccando la sua azione sul nascere.

“Mi ha scritto mia madre ieri sera....”

Dante si bloccò di colpo sentendo quelle parole prima che Jane, incapace di trattenersi, riprendesse a piangere silenziosamente sulla sua spalla, circondandogli il collo con le braccia.

“Sta bene, vedo? Così mi preoccupi, Jane...” 

“Si, lei sta bene... ma mio padre no.” 

Jane si passò una mano su una guancia, asciugandola con la manica del maglione nero mentre Dante strabuzzava gli occhi, cercando di capire cosa fosse successo ma non volevo allo stesso tempo essere indelicato. 


“Cosa è successo?”

“Mia madre ha detto che è stato preso qualche giorno fa dagli Auror… l’hanno interrogato ma non ha voluto dire nulla. Hanno detto che si è tolto la vita da solo per non parlare; mamma ha chiesto di non scriverlo sulla Gazzetta del Profeta, voleva farmelo sapere di persona…”

“Perché non me lo volevi dire? Mi dispiace tanto Jane, davvero… Ma non puoi tenerti sempre tutto dentro.”

Dante sospirò, accarezzandole la zazzera di riccioli con una mano e la schiena con l’altra, restando inginocchiato sul pavimento per evitare di perdere l’equilibrio.

Era sempre stato molto altruista, fin da bambino… era sempre pronto ad aiutare tutti, chiunque, forse anche quegli idioti Serpeverde che a tratti detestava… Quando poi si parlava delle persone a cui teneva di più, si sentiva quasi ferito dal fatto che Jane non glie l’avesse detto subito, anche se la conosceva e sapeva quanto fosse riservata, specialmente sulla sua famiglia da quando, circa un anno prima, suo padre se n’era andato di casa per “aiutare” Grindelwald, lasciando moglie e figlia da sole a sopportare tutti i pettegolezzi che la notizia aveva scaturito.

“Lo so che si parla di tuo padre Jane, ma non credo che si meriti le tue lacrime… E nemmeno quelle di tua madre. Forse dovresti cercare di dimenticare quello che è successo, e te lo dice il fan numero 1 della famiglia in tutto il mondo.”

Dante sfoggiò un debole sorriso, allontanando leggermente il capo per poter guardare l’amica in faccia, che si sforzò di sorridergli di rimando:

“In tal caso, forse dovrei ascoltarti.”

“Lo credo anche io. Sai, sei talmente dolce che nessuno dovrebbe mai farti star male… Però ora posso alzarmi? Mi fanno male le gambe…”

“No, abbracciarti così è molto più facile…” Jane appoggiò di nuovo la testa sulla sua spalla coperta dal lungo cappotto grigio scuro che il ragazzo indossava, parlando in tono secco quasi come se gli avesse ordinato di non muoversi. Dante sbuffò ma non osò replicare, circondandola di nuovo con le braccia.

“Posso stare qui con te o vuoi che vada via?”

“Solo una matta ti manderebbe via Dan, passi i giorni a ripetermi quanto io sia dolce e forse non ti rendi nemmeno conto di quanto tu stesso lo sia… Grazie per esserci sempre.”

Jane sorrise appena, chiudendo gli occhi senza accennare a voler sciogliere l’abbraccio dal suo “adorabile spilungone” di due metri dal cuore d’oro.

“Figurati… Per qualunque cosa, sai dove trovarmi, questo e altro per te.”


                                                                                        *


“Oh, ma andiamo! Quello era fallo! Voi Serpeverde non siete in grado di giocare pulito.”

Charlotte sbuffò, trattenendosi dal scendere in campo per dirne quattro all’arbitro mentre Serpeverde incassava altri dieci punti, anche se il goal aveva portato ad una rovinosa caduta di un Battitore di Corvonero.

“Grazie tante… Ti ricordo che IO giocavo a Quidditch, sono stato anche Capitano.”

Will alzò gli occhi al cielo mentre, accanto a loro, Regan sembrava felice come una pasqua di essere di nuovo seduto sulle tribune di quello stadio e aveva l’aria di chi si sta divertendo un mondo mentre chiacchierava allegramente con Lyanna, commentando la partita con addosso un capello di lana verde scuro come a rimarcare l’appartenenza a Serpeverde.

Charlotte fece spallucce e Will non poté fare a meno di pensare che l’avesse detto proprio come frecciatina nei suoi confronti… era perfettamente da lei, dopotutto.

“Però mi stupisce che tu te la prenda tanto… Non ricordo che tu fossi una grande appassionata di Quidditch. Se non sbaglio, a tuo fratello piaceva molto di più.”

Il tono vago di William nascose la curiosità che provava da giorni, chiedendosi di continuo perché Charlotte avesse mentito a Lyanna su suo fratello. Forse l’aveva fatto perché non si parlavano più? 

D’altra parte Charlotte esitò per un istante, sentendosi raggelare al sentire nominare Sean. A volte riusciva a fargli qualche riferimento, ma sentirlo nominare da qualcun altro era diverso… e in quei rari momento la investiva la consapevolezza che non se l’era sognato o immaginato, ma se n’era andato per davvero.

“Si… A lui piaceva molto.” Charlotte deglutì, contando mentalmente il battito cardiaco come le aveva detto più volte di fare Luisa prima che partisse per Hogwarts.

Dieci, undici, dodici…

Accanto a lei Will la guardava con lieve curiosità, chiedendosi se avrebbe esplicitamente detto perché aveva negato di avere un fratello… Ricordava che fossero molto legati quando erano ad Hogwarts, ma le cose potevano benissimo essere cambiate nel corso degli anni. 

…tredici, quattordici, quindici…

Charlotte chiuse gli occhi sentendo le orecchie ronzarle fastidiosamente, stringendo le mani intorno alla ringhiera con un gesto quasi automatico, sentendo la voce di William farsi molto distante per qualche secondo.

Non adesso. Ti prego, non ora…


“Selwyn... Stai bene?” 

Will inarcò un sopracciglio, sfiorandole una spalla con la mano e facendola sussultare, spostandosi di qualche centimetro quasi come se la sua mano l’avesse scottata.

“Si, benissimo. Mi gira solo un po’ la testa, è meglio se mi siedo…”

Charlotte aprì gli occhi, lasciandosi quasi cadere sulla sedia dietro di lei mentre respirava profondamente, dicendosi di non agitarsi.
Sosteneva sempre di essere molto persuasiva… peccato che non potesse ordinare alla sua testa di non provocarle un attacco di panico in mezzo ad un centinaio di persone. 
Ebbe come la sensazione che Will si fosse seduto accanto a lei, forse le stava anche dicendo qualcosa… Ma sembrava che i suoi sensi la stessero abbandonando momentaneamente e non sentì qualunque cosa le stesse dicendo.

Quanta gente c’era intorno a lei? 

All’improvviso smise di sentire la cronaca e qualunque altra voce, concentrandosi sul fiume di persone che la circondavano…tantissime, forse anche troppe. All’improvviso, anche se non seppe mai spiegarsi il perché, si ritrovò quasi catapultata in un ricordo purtroppo non molto lontano, in una fredda notte di Dicembre, quando esattamente come in quel momento si era ritrovata circondata da un mucchio di persone. 

“CeCe, tranquilla...Sei ad Hogwarts, non in missione. Andrà tutto bene.”

Al sentire una voce familiare Charlotte sbattè le palpebre, ritrovandosi il volto di Regan a poco centimetri dal suo mentre le sue mani le stringevano le spalle. 
Charlotte annuì appena, respirando profondamente mentre tutti i suoni esplodevano intorno a lei e tornava a sentire di nuovo le voci che la circondavano. 

“Grazie…” Charlotte lo abbracciò istintivamente, sollevata di poter respirare normalmente visto il numero di volte in cui si era trovata senza fiato quando le capitava di stare in mezzo alla folla. 

“Stai bene vero?” Lyanna la stava osservando con aria preoccupata e Charlotte annuì, sforzandosi di sorridere debolmente mentre si staccava lentamente da Regan, che la guardava con lieve apprensione.

“Si, certo… Giramento di testa, tutto qui. Però preferisco andare adesso, scusate… Ci vediamo dopo.”

“Ti accompagno, se vuoi…”

“Non importa Reg, resta pure. Non voglio che tu perda la partita a causa mia…” Charlotte sorrise all’amico, che non sembrò molto convinto ma non replicò e la lasciò andare senza obbiettare, mentre William sfoggiava un’espressione leggermente contrariata.

Quando fu sparita infatti si rivolse a Regan, guardandolo con aria scettica e decisa allo stesso tempo, come se non avesse alcuna intenzione di non avere risposte:

“Regan… Che diamine le è preso? Per un attimo pensavo che sarebbe svenuta quando ho nominato Sean!”

“Tu non li leggi i giornali, vero Will?” Regan sospirò, voltandosi verso di lui e guardandolo quasi con aria stanca, come se non gli andasse per nulla di raccontare una certa storia. 
Senza capire cosa intendesse il collega inarcò un sopracciglio, invitandolo a spiegarsi mentre anche Lyanna sembrava curiosa, volendo sapere a sua volta:

“Ok… Ora vi spiegherò, ma non dite a Charlotte che lo sapete, altrimenti domani ritroveranno il mio cadavere sepolto nel parco.”


                                                                               *


Sorrise mentre planava verso il suolo, con la divisa che svolazzava vivacemente nel grigiore di quella giornata. Intorno a lui metà dello stadio esultava per la vittoria, anche se di certo tutti i Grifondoro eccetto Rod si stavano strappando i capelli per aver assistito alla vittoria di Serpeverde. 


Alla faccia dei Tassorosso


Con un sorriso Antares scivolò giù dalla sua scopa, soddisfatto al 100% di come fosse andata la partita: avevano vinto e lui si era fatto passare solo un paio di reti… Si era ampiamente rifatto dalla partita di Ottobre, non c’erano dubbi.

Intorno a lui tutti i compagni di squadra esultavano, al settimo cielo per aver vinto mentre poco lontano i Corvonero si disperavano. 
Il Portiere sorrise appena, non vedendo l’ora di informare anche una certa Corvonero della vittoria contro la sua Casa… certo lei non seguiva molto il Quidditch, ma gli avrebbe comunque dato soddisfazione dopo le stilettate di quella mattina.

Vedendo Rod avvicinarsi Antares rivolse all’amico un sorriso sinceramente allegro, di quelli che sfoggiava molto raramente… e i giorni in cui vinceva a Quidditch erano tra quelle circostanze. 

“Beh, alla fine hai vinto davvero… Per lo meno ti sei rifatto dalla figuraccia dell’altra volta.”

“Hai intenzione di rinfacciarmelo fino a Giugno, vero?”

“Forse… ma ricorda sempre che sei il mio migliore amico, anche se a nessuno il motivo è ben chiaro!” Rod sorride e Antares non riuscì a non ricambiare, guardandolo con esasperazione e divertimento allo stesso tempo: a volte non lo capiva proprio, ma ormai sapeva che non sarebbe ami cambiato… E dopo tutti quegli anni, di certo svegliarsi una mattina trovando un Rod noioso e silenzioso non sarebbe stata una bella sorpresa, visto che ormai lo considerava il fratello che non aveva mai avuto. 


                                                                               *


“Ehy, to’ guarda chi si vede! Non sei venuto alla partita? Mi spiace dirtelo, ma ha vinto Serpeverde…”

Rod sorrise mentre prendeva posto di fronte a Dante al tavolo dei Grifondoro, trovando il compagno di Casa già intento ad abbuffarsi. 
Il ragazzo si strinse nelle spalle, schiarendosi la voce prima di rispondere:

“Avrei preferito Corvonero, ma poco male… alla prossima partita vedremo come andrà. In ogni caso no, non sono venuto… Diciamo che ho avuto un imprevisto, ero con Jane.”

Nonostante il suo tono disinvolto Rod sfoggiò un sorrisetto che, come chi lo conosceva sapeva, non prometteva assolutamente nulla di buono. Dante infatti gli rivolse un’occhiata interrogativa, come a volergli chiedere cosa volesse dire quel sorrisetto:

“Oh, nulla… Non mi sorprende affatto che tu fossi con Jane Prewett. Passate un mucchio di tempo assieme, in effetto. E Antares mi ha detto che hai quasi picchiato Starkey perché aveva detto qualcosa su di lei.”

“Starkey è un idiota, se lo sarebbe meritato…”

“Non lo metto in dubbio, ti ricordo che io stesso una volta l’ho trasformato in un tacchino… Che cosa non si fa per una dolce fanciulla, vero Dante?”

Il sorrisetto quasi beffardo di Rod fece quasi andare di traverso il boccone a Dante, che tossicchiò prima di fulminarlo con lo sguardo, capendo che cosa intendeva:

“Piantala o ti trasformo in un pennuto a mia volta!”

“Non capisco perché ti scaldi tanto, non c’è proprio nulla di male… e poi di certo lo pensano tutti, visto che vi fate gli occhi dolci dalla mattina alla sera. E poi Jane è davvero carina…”

“ROD! TACI. Non c’è niente tra me e Jane!” Dante sgranò gli occhi, diventando all’improvviso dello stesso colore che il compagno indossava, facendolo sbuffare con aria esasperata, come se non capisse la testardaggine di Dante nel non voler ammettere quello che per lui era evidente:

“Certo, e io sono il Conte di Montecristo.”

“Non so chi sia, ma le tue parole trasudano ironia… quindi piantala o ti farò tacere io!”

Il tono di Dante era così repentino e minaccioso che il Grifondoro non osò continuare con la sua dolce e divertente tortura… Ma non smise affatto di sorridere, ripromettendosi di scavare più a fondo in futuro in quella storia che si prospettava tanto interessante. 


                                                                                  *


Lyanna teneva lo sguardo fisso sulla sua mano, rigirandosi la fede come aveva fatto milioni di volte negli ultimi anni. 
Corvonero aveva perso contro Serpeverde, ma non le dispiaceva più di tanto… in effetti aveva seguito poco e niente l’ultima parte della partita, completamente presa da quello che Regan aveva raccontato a lei e a Will.

Si era trattenuta dal correre da Charlotte e chiederle scusa per averle, anche se senza volerlo, chiesto di suo fratello… Ma Regan aveva pregato entrambi di fare finta di non sapere nulla visto che, come aveva sostenuto l’ex Serpeverde, Charlotte preferiva che pochissimi sapessero la storia intera e di certo si sarebbe sentita a disagio con la consapevolezza che lei e William sapevano come era morto Sean Selwyn, quasi due mesi prima. 

Lyanna sospirò, smettendo di torturare l’anello e alzando gli occhi per puntarli sullo specchio ovale che la rifletteva, restituendole uno sguardo quasi malinconico.
In effetti era da parecchio tempo che vedeva quell’espressione, quando si guardava allo specchio… E voleva che se ne andasse, lo voleva davvero.

Deglutendo Lyanna abbassò lo sguardo, puntandolo sulla foto che teneva incorniciata. Era l’unica che si era portata da casa e la ritraeva più giovane di qualche anno con addosso l’abito da sposa, sorridente e visibilmente felice come non si vedeva da mesi. 

“Scusami…” Le dita di Lyanna andarono di nuovo alla fede, ma per una volta non per rigirare l’anello d’oro… Lentamente la donna se lo sfilò, appoggiandolo sul ripiano di legno della toeletta e guardandolo roteare brevemente, mentre nella stanza calava il silenzio più completo se non il rumore del metallo che ondeggiava circolarmente sul legno.


Sentì gli occhi inumidirsi e sbattè più volte le palpebre per ricacciare a forza le lacrime indietro, posando di nuovo lo sguardo sulla foto:

“Scusami… ma non ci riesco più. Devo fare un passo avanti…”

Guardò il segno bianco che la fede le aveva lasciato, sapendo che le sarebbe rimasto per un bel po’… Si chiese che cosa le avrebbero chiesto i colleghi il giorno dopo… Ma non ci badò: forse doveva ammettere la verità e imparare dall’errore che Charlotte stava commettendo, anche se nel suo caso era passato molto meno tempo.

Lui continuava a sorriderle dalla foto e, per un attimo, Lyanna immaginò che cosa le avrebbe detto in quel momento. Probabilmente avrebbe annuito, avrebbe sorriso e si sarebbe chinato per darle un bacio sulla guancia, dicendole che doveva fare quello che si sentiva di fare e nient’altro.

E, anche se per un attimo, Lyanna gli sorrise di rimando, quasi a volerlo ringraziare perché rimaneva sempre e comunque la persona più comprensiva che avesse mai conosciuto. 


                                                                              *


Sospirò, guardando il piatto carico di cibo senza provare alcun languore: in genere era piuttosto golosa, ma quella sera non aveva nessuna voglia di mangiare, esattamente come la sera prima e a colazione, quando non si era nemmeno presentata in Sala Grande per i pasti, restandosene rintanata sotto le coperte senza aver voglia di fare nulla se non ripercorrere un mucchio di ricordi che comprendevano sua madre e suo padre. 

Aveva provato tante volte a chiedersi quando suo padre era cambiato, quando era diventata una persona diversa da quella che la prendeva tra le braccia alla sera, quando tornava dal Ministero e le sorrideva, chiedendole come stesse la sua piccola principessa. 

Jane chiuse gli occhi, ripetendosi di non pensarci, che ormai quella persona non esisteva più… suo padre era morto, ma non da due giorni: se n’era andato già molto tempo prima. 

Alzò lo sguardo con gli occhi leggermente lucidi, accorgendosi che Dante la stava osservando dal tavolo dei Grifondoro. 
Il suo sguardo era chiaro, diceva “Mangia”. Non aveva preso bene che non mangiasse da un giorno intero e se l’aveva trascinata quasi a forza fino alla Sala Grande.

La ragazza si morse il labbro, abbassando gli occhi sul piatto mentre stringeva debolmente la forchetta tra le dita, provando quasi un senso di nausea alla sola idea di ingerire qualcosa.
Amos era seduto davanti a lei e non sembrava molto contento dello scarso appetito dell’amica... ma non se la sentiva neanche di forzarla, visto il momento che stava passando.

“Se non te la senti lascia stare… E’ testardo, ma solo perché ti adora.”

Jane si voltò, trovandosi gli occhi chiari di Francies Julius puntati addosso. Nel vedere il fratellino di Dante la ragazza si rilassò, annuendo leggermente:

“Non so come farei se non avessi lui, a volte. Dev’essere un fratello maggiore fantastico.”

“Lo è, siamo fortunati.” Francies sorrise e annuì, parlando con sincero affetto mentre pensava ai fratelli a cui era tanto legato.

“Dimmi un po’… Hai detto tu a Dan che stavo male? Amos giura di non essere stato, quindi...” 

Il ragazzo, sentendosi chiamato in causa, alzò entrambe le braccia come a volersi dichiarare innocente, mentre Francies annuiva, scagionandolo così definitivamente: 

“Si… Scusa se non mi sono fatto gli affari miei, ma quello era pronto a tenermi in ostaggio…”

Francies sbuffò e Jane sorrise, voltandosi verso Dante e guardandolo con affetto: lui inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo da lei al fratello con aria quasi allarmata, come a voler chiedere se stessero parlando di lui. 

“Tranquillo Francies, so che è molto testardo quando vuole… Ma noi lo adoriamo proprio per quello che è, no?”


“Grazie tante Jane, mi sento escluso!” 

“Piantala Amos, voglio bene anche a te, ovviamente!” 


                                                                                     *


Si può sapere cosa stai facendo?

No, ora tu ti giri e te ne vai. Sissignore, ora vai in camera tua.

William Cavendish, cosa diamine stai facendo? Non puoi fare sul serio, non ti sta nemmeno simpatica!

Tu non vai a trovare nessuno, sono gli altri che vengono da te, specialmente le donne!


Will sbuffò, fermandosi nel bel mezzo del corridoio mentre l’indecisione si faceva prepotentemente strada nella sua testa.

Ma che diamine stava facendo? Era da almeno mezz’ora che tentava di andare da Charlotte, ma le dannate voci nella sua testa continuando a mettere in dubbio tutto quanto.

Perché lo stava facendo? Non lo sapeva bene nemmeno lui… era strano che fosse curioso, lui che non si era mai curato di nessuno se non di se stesso per praticamente tutta la vita. 

Sbuffando l’uomo riprese a camminare nel corridoio deserto, dicendosi che non serviva a nulla indugiare e che entro poco sarebbe potuto tornare in camera sua.
Non sapeva perché voleva andare da lei… Non si sentiva in colpa, però quasi sentiva di doverlo fare. Era strano e non riusciva a spiegarselo del tutto, però ormai era fatta.

Fermandosi davanti alla porta alzò una mano e, dopo aver indugiato ulteriormente, si decise finalmente a bussare leggermente.


Ok, sei in tempo. SCAPPA!

No che non scappo, io non vado da nessuna parte!


Will sospirò, certo di essere sul punto di uscire di testa visto che quasi parlava da solo. 

“Avanti.”

Al sentire la voce di Charlotte si decise e aprì la porta quasi con sollievo, felice di avercela fatta: ormai non poteva darsela a gambe, quindi doveva affrontare quella dannatissima e testarda donna a testa alta. 

Gli occhi di Will volarono sulla poltrona dove Charlotte era seduta, a piedi scalzi con un libro tra le ginocchia. Sgranò gli occhi al vedersi proprio lui sulla soglia della stanza, scattando in piedi quasi come una molla:

“Cavendish! Che… che ci fai qui? Pensavo fosse Regan…”

“Mi spiace aver deluso le tue aspettative, volevo solo assicurarmi che la mia nuova fonte di divertimento non fosse dipartita… Senza di te non avrei più nessuno da prendere in giro.”

In poche falcate Charlotte gli fu davanti ma gli occhi di William ebbero comunque il tempo di soffermarsi su una pagina di giornale appesa al muro color crema interamente vuoto.

“Mi fa piacere di interrompere la tua noia, Cavendish… Ti spiace se mi prendi in giro fuori?”

Senza tante cerimonie Charlotte lo spinse fuori, non badando al fatto di essere a piedi nudi e chiudendosi la porta alle spalle mentre lui la guardava come se la credesse definitivamente pazza:

“Certo che sei strana… Mi detesti a tal punto da non farmi nemmeno entrare in camera tua?”

“Forse. Ma grazie per essere passato.”

Charlotte sfoggiò un debole sorriso e Will abbassò lo sguardo, puntandolo sui suoi piedi nudi e inarcando un sopracciglio scuro perfettamente disegnato:

“Così ti prenderai anche una polmonite… Per essere la prima Auror donna del nostro Paese non sei così sveglia.”

“Fortunatamente ci sei tu a ricordarmelo, evitando che io mi monti inutilmente la testa. Non fa niente, io sopporto qualunque cosa.”

Lei sorrise e lui, puntando di nuovo gli occhi nei suoi, si trattenne dal dirle che non era vero e che lo sapevano entrambi… Ma tecnicamente non doveva sapere niente di quello che le era successo così si schiarì la voce, annuendo debolmente:

“Si, beh… Mi fa piacere che tu stia bene, qualunque cosa ti sia successa prima. Hai problemi con la folla?”

“A volte. Ora scusa ma la coperta e il mio libro mi chiamano, fa effettivamente freddino qui… Buonanotte Cavendish, ci vediamo domani!”

Lei gli rivolse un sorriso quasi frettoloso prima di tornare nella sua camera, dandogli appena il tempo di ricambiare il saluto prima di chiudere la porta.
Per un istante Will rimase immobile, contemplando la porta chiusa che aveva davanti. 

Dopo qualche secondi si ridestò, facendo dietro front per percorrere di nuovo il corridoio con un solo pensiero impresso nella mente: Charlotte Selwyn era incredibilmente brava a scappare… che fosse una dote innata o che l’avesse imparato con gli Auror, di sicuro su quel punto era imbattibile.


                                                                                  *


“Smettila di ridere, potrei anche sentirmi offeso! Non sei per niente triste di non poter passare la serata a chiacchierare domenica prossima, mi pare.”

Regan sbuffò, guardando male sua moglie mentre rideva a crepapelle, quasi rotolandosi sul pavimento del salotto di casa loro. 

Stephanie cercò di smettere di ridere ma le ci volle qualche altro secondo, mentre gli occhi le lacrimavano dalle risa:

“Scusa tesoro… Ma devi ammettere che è comico! CeCe ti ha incastrato e andrete a cena con Lumacorno! Dio solo sa quanto vorrei essere presente per vedere la scena!”

“Come sei carina, io passerò una serata assurda di sicuro e tu ridi alle mie spalle! Sei una moglie perfida.”

Regan mise su il broncio e Stephanie gli rivolse il suo dolce e tenero sorriso che, già dieci anni prima, l’aveva fatto sciogliere al primo sguardo.

“Scusa… Mi spiace, ma per favore vacci… Devi tenere d’occhio la nostra CeCe. E’ un pericolo per se stessa, in questo periodo.”

“Lo so, alla partita ha avuto un mezzo attacco di panico quando Will ha nominato suo fratello. Penso che avrebbe dovuto completare la terapia, ma la odiava…”

“E’ convinta di poter affrontare tutto, ma anche Sean diceva che prima o poi avrebbe avuto un esaurimento nervoso… Peccato sia successo con la sua morte, lui avrebbe saputo cosa fare.”

Stephanie sospirò con aria malinconica e Regan annuì, esitando per un istante durante il quale tra i due calò il silenzio, mentre entrambi pensavano alla loro amica che si rifiutava di ammettere di avere un problema. 

Poi però Regan rivolse alla moglie un sorriso, affrettandosi a cambiare argomento sapendo che faceva stare male anche lei:

“Cambiamo argomento… Come vanno le cose a Londra?”

“Non bene… Abbiamo preso Prewett due giorni fa ma quel maledetto ha pensato bene di togliersi la vita pur di non dirci niente su Grindelwald! E’ uno strazio Reg, sembra una partita a scacchi che non avrà mai fine. Per un motivo o per un altro tutti quelli che potrebbero portarci a lui muoiono.”

Stephanie sospirò, incupendosi prima di guardare il marito con malinconia:

“Mi manchi Reg… Vorrei che fossi qui.”

“Anche tu tesoro… Farò in modo di venire a casa presto per un fine settimana. Nel frattempo tieni alla larga i mascalzoni in mia assenza!”

“So trattare i criminali, tranquillo.”

“Non parlo di loro, parlo dei marpioni con cui lavori!”

La faccia seccata e seria di Regan fece di nuovo scoppiare a ridere la donna, che lo guardò con gli occhi carichi di affetto prima di sorridergli con dolcezza:

“Sapessi quanto ti amo, Regan Carsen… Vedi di tornare presto.”

“E tu cerca di non farti succedere nulla, ho bisogno di avere qualcuno da cui desiderare di tornare.”












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Angolo Autrice:


Buonasera! 
Questo è il terzo capitolo che pubblico oggi in tre storie diverse... quindi se per caso trovate qualche nome sconosciuto o cose strane, scusate ma il mio cervello è andato definitamente in tilt questa sera mentre finivo il capitolo. 

Grazie mille per i voti per la partita e per le recensioni :) 

Non mi dilungo oltre e vi saluto, scusate ma il letto mi chiama! Vi auguro un buon inizio settimana (se mai il lunedì possa essere un bel giorno) e una buonanotte... a presto, spero! 


Signorina Granger 

   
 
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