Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: summers001    04/10/2016    2 recensioni
Captain Swan | AU | Nel mondo reale senza magia.
Dal testo:

"Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggisenoA Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

5.

 

2016, quattro di notte
Si dice che la notte porti consiglio. Forse più che la notte a farlo sono gli sconosciuti che incontri nei locali che ti regalano carne congelata, che a proposito gli stava congelando la mano. 
Una pallina di carta cominciò a volare via, prima rotolando poi portata via dal vento, ruotò vorticosamente a mezz'aria e poi sparì dietro un palazzo. L'universo gli stava dicendo che il suo problema era risolto. Ma perché aveva dato di matto? Da dove erano venuti i suoi dubbi?
Sarà che forse i suoi genitori erano divorziati e non credeva nell'amore per sempre? Che sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno in cui davanti ad un avvocato avrebbe dovuto litigare per la casa e la custodia dei figli con sua moglie, e che ci si stava già praticamente mettendo la firma così? I figli. Chissà se ne avrebbero mai avuti, non ne avevano ancora parlato. Avrebbe messo la firma anche su quelli.
"Ehi, aspetta!" sentì urlare Killian da dietro. Non credeva ce l'avessero con lui, chi poteva chiamarlo alle quattro di notte, su una strada deserta? "Ehi, occhi blu!" Forse invece sì. Si girò e vide una di quelle cameriere in pantaloncini rossi e camicetta corrergli dietro. Non sentivano freddo queste ragazze? La raggiunse, così che potesse tornare subito dentro e magari rivestirsi. Non era la stessa con cui aveva parlato, Wendy, quella per cui si era preso anche un bel cazzotto. Oh dio, il cazzotto! Strinse un pugno per non toccarsi la guancia a controllare.
La ragazza era non era molto alta, capelli rossi, viso innocente. Riconobbe la sua figura che aveva spiato con la coda dell'occhio nel locale. Quella si mise le mani sulle ginocchia per prendere fiato e poi sfregò le cosce fra di loro. Si soffiò le mani e alzò il viso verso di lui. Si mise una mano in tasca e tirò fuori un pezzo di carta. "Lo scontrino." gli disse lei.
Killian sorrise tra sé e sé grattandosi la nuca. Non era uno stupido, non in quel senso almeno. Prese lo scontrino, le strinse una mano per farle piacere e le sorrise di nuovo. Le bisbigliò un dolce grazie, le fece l'occhiolino e poi le suggerì di tornare dentro a riscaldarsi. Quando fu di nuovo solo si girò il pezzo di carta tra le mani e dietro alla ricevuta lesse un numero di telefono. Se l'aspettava. Non ebbe il cuore di buttarlo. Quella notte si sentiva insolitamente tenero. L'avrebbe probabilmente tenuto e l'avrebbe ficcato magari nell'album di fotografie. Prese il cellulare e ci fece una foto. Non perché gli interessasse quel numero, ma quella notte e tutto quello che gli stava succedendo, a partire dalla spogliarellista a quel momento, gli pareva importante. Ne scattò un'altra al pezzo di carne poggiato sulla sua guancia.
Che coglione.
Che stava combinando?
Per qualche motivo gli saltò in mente una notte. Aveva conosciuto Emma non da molto, le aveva presentato Walsh, lei era scappata quella sera perché non poteva sopportare di vederlo con un'altra e a dire il vero, neanche a lui faceva molto piacere. Aveva deciso qualche sera dopo di trovare una scusa, una qualsiasi, presentarsi col libretto degli assegni da lei e rimanere lì a parlare. Giurò a sé stesso di aver pensato solo di parlare con lei. E si sentì ancora più coglione di prima. Era andato prima da Ruby, le aveva confidato di questa donna fantastica, di come lei gli avesse fatto ripensare al suo matrimonio, a Milah ed a tutto quello che credeva di sapere. Poi si era fatto a piedi solo due isolati, perché caso volle che lei abitasse proprio lì vicino. Era rimasto sotto la sua finestra per un po', aveva guardato la luce spegnersi e poi se n'era andato. Che le avrebbe detto, s'era chiesto quella notte, che idiota ad essersi presentato là sotto senza dirle niente. Poi l'aveva vista con lui ed aveva pensato chissà che ed era scoppiato di gelosia. Forse in quel momento aveva capito.
Forse allora l'aveva saputo. Che amava Emma. Da pazzi, eh?
Si guardò attorno cercando di riconoscere la strada. Ad occhio e croce sapeva dove andare, non s'era allontanato poi tanto. Si sorprese di quanto poco gli fosse funzionato il cervello fino a mezz'ora prima.
Ad un tratto gli squillò il cellulare. Le note di Holiday dei Green Day suonarono per tutta la via deserta, attutite dalle tasche dei jeans. Recuperò l'arnese, silenziò la suoneria e rispose alla chiamata ancora camminando.
"Ehi fratello!" disse un uomo dall'altra parte della cornetta. Liam. Il suo aereo. Ma certo, pensò Killian portandosi due dita tra gli occhi. Come aveva fatto a scondarlo?
"Liam." rispose mesto allora il fratellino.
"Va tutto bene?" chiese allora Liam allarmato, aspettandosi di sentire una voce più allegra ed emozionata, magari nervosa, ma felice.
Killian sentì una fitta venire dalla guancia, mentre il sangue gli pulsava sotto la pelle gonfia. Con l'altra mano si piazzò di nuovo la carne congelata sulla faccia. "Lo vedrai." rispose. Ci fu del silenzio. Probabilmente Liam non sapeva cosa rispondere, se non un "ok" standard, o molto più probabilmente era preoccupato per lui e si stava immaginando qualunque tipo di scenario in cui potesse essersi cacciato. In mezzo minuto di converazione Killian tornò ad essere nella sua testa il ragazzo scapestrato che andava a rubare nei negozi di liquori, quello che veniva chiuso al fresco per una notte e Liam quello che non pagava la cauzione e gli lasciava imparare da solo la lezione, che guarda caso non imparava mai. Non voleva vederlo. Non voleva vedere ancora quello sguardo di disapprovazione sulla sua faccia. "Puoi prendere un taxi?" gli chiese allora.
"Non ti ho chiamato per un passaggio." rispose Liam, con quel tono freddo e quasi offeso che usava quando il fratello diceva una cazzata. "D'accordo, Killian," provò poi a fare il diplomatico "dormi, ci vediamo alle sette a casa di Ruby."
Killian si fermò e smise di camminare, poi prese un respiro. Forse aveva esagerato, non era più quella persona, né lui né Liam. A volte con lui doveva ricordarselo. "Certo, sai dov'è?". Liam conosceva Ruby ovviamente, anche bene. Una volta ingenuamente ci aveva anche provato con lei. Poi era partito, aveva trovato un lavoro che gli piaceva in Australia, dall'altra parte del mondo. Era la prima volta che ritornava a New York da sette anni. Non aveva mai visto la casa dove viveva, quella di Ruby, non aveva mai conosciuto la sua fidanzata. L'aveva vista solo in foto ed un paio di volte in video chiamata su skype. Alla prima volta lei non gli aveva fatto una buona impressione, poi aveva cambiato idea. Sapeva che lei gli faceva nient'altro che bene ed era stato felice di sapere che si sarebbero sposati. Il fratellino scapestrato stava finalmente mettendo la testa apposto. Di nuovo.
"Ho l'indirizzo." rispose Liam "Prenderò un taxi." gli lanciò una frecciatina, che fece sorridere Killian e allora dall'altro capo del telefono sentì un ghigno soddisfatto e divertito. In un secondo passò tutto e realizzò di non vedere l'ora di rivederlo! "A più tardi." salutò. La chiamata si chiuse e Killian rimase un attimo a sorridere ancora col cellulare in mano per poi riposarlo nella tasca.
Uno sbadiglio.
Finalmente! Aveva sonno! Affrettò il passo per raggiungere presto di nuovo il divano.
Intanto si mise a pensare ad un milione di cose: a Liam, a cui doveva ancora restituire un calcio nelle palle da più di vent'anni; a sua madre che aveva lasciato che la prossima signora Jones avesse il suo anello, che le era stato lasciato dalla madre di sua madre, che aveva avuto da sua madre ancora; a suo padre che aveva ricominciato a frequentare solo da pochi anni, che era stato rintracciato dalla sua attuale fidanzata e futura signora Jones (cosa che aveva fatto cambiare idea a Liam su di lei).
Gli piaceva troppo come suonava: signora Jones. Ma ovviamente poteva tenersi il suo cognome, se voleva. Per lei era importante. Ma meglio non farsi sentire a pensare quelle cose. Tornò allora su suo padre. Era stata lei a spingerlo da suo padre ed era stato lui a dirle cinquantamila volte che non avrebbe mai voluto incontrarlo. Ma lei no, s'era impuntata fino a negargli il sesso per due mesi. E l'aveva fatto per davvero! Santa donna! E dannata donna.
Da quando l'aveva conosciuta, la sua vita era stato un continuo cambiamento, che l'aveva spinto fuori dalla sua "zona di comfort", come l'aveva chiamata lei, che l'avevano reso spesso e volentieri irascibile e difficile da sopportare. Però c'era lei, pronta sempre a dargli una sberla (metaforica) e farlo tornare in sé. Ce l'aveva fatta a sopportarli tutti.
Una notte, a letto, parlando soltanto, gliel'aveva confessato: odiava i cambiamenti. C'erano tante ragioni per cui Killian odiava i cambiamenti. Se doveva proprio sceglierne uno, quello sarebbe stato l'abuso di cambiamenti che i suoi genitori gli avevano imposto a partire dai dieci anni: il trasferimento in America, terra di opportunità (del diavolo); la morte di sua madre; l'abbandono di suo padre alle sue zie (dopo aver insistito per il trasferimento); la morte della zia da cui stavano lui e suo fratello; il lavoro di suo fratello. L'unica costante in tutti quegli anni, che aveva adorato ed a cui si era aggrappato come ad una cima durante una tempesta era Ruby. Per questo erano così legati. Lei gli rispose che le sapeva già tutte quelle cose e sorrise e gli accarezzò una guancia. Andava tutto bene allora.
Invece, sposare Milah la prima volta sarebbe stato solo semplice perché non sarebbe cambiato niente. Le cose erano rimaste più o meno le stesse da quando si era messo con lei. O meglio erano cambiate un poco per volta: Milah non si era trasferita da lui e basta, lei lo sapeva che l'avrebbe fatto urlare come un pazzo. Allora era stata dolce e si era portata dietro prima solo lo spazzolino, poi le ciabatte, poi un cambio di vestiti ed alla fine era rimasta lì con lui. Alla fine passavano comunque tutto il giorno insieme. Col tempo però lei aveva cominciato a volere altri tipi di cambiamenti e no, non era pronto, non poteva essere assolutamente pronto. Per esempio una mattina trovò dei cuoricini disegnati sul suo calendario in cucina, quando chiese spiegazioni lei gli rispose che erano i suoi giorni fertili. Fu quello il preciso momento in cui tutto cominciò a vacillare e Killian capì tante cose.
Finalmente arrivò sotto casa di Ruby, cacciò le chiavi che s'era portato dietro ed aprì il portone. Cercò di fare piano piano quando si trovò davanti alla porta d'ingresso. La porta cigolò e lui la mandò a quel paese, maledicendo un secondo dopo anche se stesso per aver aperto bocca. La richiuse poi con la stessa attenzione.
Andò in cucina e aprì il frigorifero per posare quell'hamburger che teneva ancora in mano. Si dimenticò del piatto e lasciò lo sportello aperto mentre ne recuperava uno dalla credenza. Mise la carne al fresco, bevve un sorso d'acqua e richiuse il frigo.
Sul frigorifero di Ruby c'erano una serie di foto appese. Alcune avevano più di dieci anni, come il giorno del loro diploma con le tuniche blu brillanti ed i cappelli che erano finalmente volati via. Un'altra risalva al giorno di apertura del bar di lei. Ruby era seduta su una sedia di plastica bianca con le gambe incrociate e rideva, si portava una mano indietro acchiappando il braccio di Killian e con l'altra teneva le dita intrecciate alla fidanzata dell'epoca, una orientale dai lunghissimi capelli neri. In un'altra ancora c'erano solo loro due al gay pride del 2012, tutti sporchi di vernice colorata e brillantini appiccicati ovunque. Si ricordò di essere andato a lavorare coi capelli sporchi di blu e viola per una settimana. La foto più recente invece risaliva all'anno prima, il 2015, subito dopo la sua proposta di matrimonio, quando tutti li costrinsero a festeggiare: Ruby allungava il braccio mantenendo il cellulare, dietro di lei la futura signora Jones (ormai non se lo sarebbe mai levato dalla testa) che aveva appena tolto gli occhi dallo schermo del computer mentre stava ancora bevendo il caffé dalla sua tazza color crema con cui era fissata, e lui, Killian, in mezzo ad entrambe che alzava due dita contento, facendo le corna dietro la testa di entrambe.
Sorrise ricordandosi ognuno di quei momenti, ripercorrendo la sua vita da adolescente per un attimo, le sbronze al bar, le feste impossibili a cui Ruby lo trascinava, saltando poi alla sua vita attuale.
Un altro sbadiglio.
Il sonno finalmente divenne difficile da ignorare. Raggiunse il divano davanti alla televisione su cui si era già disteso qualche ora prima, ma questa volta fu facile addormentarsi.
Il suo ultimo pensiero fu alla sua fidanzata, non vedeva l'ora di vederla l'indomani.




13 maggio 2013
Proprio come Walsh aveva predetto e come Milah aveva fatto, un secondo invito non era tardato ad arrivare. Quando Milah la chiamò, al posto di mandare Jones da lei, sottolineò con voce acida che a quella cena "non ci sarebbero stati imprevisti", riferendosi alle sue fughe. Ad Emma toccò addirittura doversi scusare, inventandosi di una nonna in fin di vita che le risucchiava tutti i pensieri. Efficace, semplice. E' impossibile arrabbiarsi con la fittizia nonnina malata! Ovviamente Milah non sapeva che Emma non aveva mai conosciuto i suoi genitori, né tanto meno i suoi nonni.
Si mise d'accordo con Walsh perché quella volta sarebbe andata con lui all'appuntamento, così da non aver neanche il modo di scappare via, a meno che non se la fosse voluta fare a piedi. Così si era vestita, truccata, sistemata e spaparanzata sul divano aspettando il suo cavaliere dall'armatura splendente. Le scarpe erano davanti alla porta, il cappotto appeso ad un gancio proprio lì accanto: mancava solo lui.
Erano solo le otto di sera quando stava tamburellando con le dita sui polsi, fissando i numeretti dell'orologio digitale che cambiavano molto, molto, molto lentamente. Accese la tv e seguì uno chef infornare una crostata e tirarla fuori tutta croccante e dorata in meno di cinque minuti. Pensò di avere del gelato nel freezer.
Quando qualcuno bussò col pugno alla porta, pensò "ci siamo" e s'avviò ad aprire. Infilò prima i piedi nelle scarpe, appendendosi alla maniglia della porta, poi sganciò la catena di sicurezza ed aprì la porta.
Chi si ritrovò di fronte non fu il gentile nuovo amico Walsh, che probabilmente le avrebbe fatto un complimento, l'avrebbe ringraziata per l'enorme favore che gli stava facendo e sarebbero andati in auto, forse con un po' di imbarazzo durante la corsa, ad affrontare quella strana coppia di cui s'erano innamorati.
"Sei bellissima." le disse invece Killian Jones.
Emma neanche si fece troppe domande. Sembrava che stesse aspettando lui, che fosse lui il suo cavaliere. Aveva una giacca nera, la camicia grigio scuro e le scarpe tirate a lucido.
Emma si guardò la gonna, ne appiattì le pieghe sulle cosce nervosa, poi incrociò le braccia per proteggersi e bisbigliò un timido "Grazie." Si schiarì la voce per non sembrare una completa stupida e lo guardò con l'intenzione di fargli un complimento. La camicia gli stava un incanto, la giacca era lunga il giusto sotto alla cintura e coi polsini grigi che spuntavano fuori dalle maniche, i pantaloni gli fasciavano le gambe ed aveva un aspetto così pulito. E' così dannatamente facile innamorarsi di un uomo in giacca e cravatta, così facile farlo nelle serate speciali.
"Anche tu." ricambiò allora lei.
Killian sorrise, senza rispondere. Per qualche strano e assurdo motivo nessuno dei due riusciva ad alzare la voce o a spiccicare più di due parole. Era come se avessero le labbra incollate da una qualche magia esterna che toglieva le forze.
Emma continuò a guardarlo meglio. Persino la sua barba era ben curata, rada sul collo, che finiva appena sotto il mento sfumandosi, senza linee nette ed antiestetiche. Solo una cosa stonava ed Emma la notò quasi subito. C'era una macchia bianca punteggiata di blu, di dentifricio probabilmente, sul petto della giacca. Era sceso di casa velocemente e non se n'era accorto.
"Posso?" chiese lei.
Killian non capì subito, non finché lei si avvicinò e con l'unghia del pollice gli grattò via della polvere bianca. Teneva la testa bassa e la lasciò fare.
Le piaceva, le piaceva così dannatamente quella situazione. Profumava ancora di menta fresca. Le sarebbe piaciuto vederlo vestirsi e prepararsi per una cena nella sua camera da letto. Gli avrebbe annodato la cravatta e magari pizzicato il sedere nell'occasione. Voleva lavargli via il latte dalle labbra la mattina o leccargli il caffé agli angoli della bocca. Ed intanto, quando tutte quelle fantasie le ronzavano in testa, l'emozione era potenziata all'ennesima potenza dal suo alito caldo che le arrivava sulla fronte prima e sulle guance poi.
"Ecco." bisbigliò lei, alla fine.
Fece per allontanarsi perché doveva farlo, doveva prima di combinare una sciocchezza. Non ci aveva ancora mai pensato, ma sapeva che non avrebbe mai dovuto avere alcun tipo di contatto fisico con lui. Non l'avrebbe mai avuto, fine. Tutto quello che avrebbe avuto da lui sarebbe stata qualche fantasia che si sarebbe costruita in testa prima di addormentarsi, qualche sguardo fugace ed il piacere di vederlo da lontano mentre stava con un'altra. Poi però Killian le prese la mano, quella che ancora teneva il lembo della sua giacca per smacchiarla, e tutto le scivolò tra le dita, come se la realtà fosse acqua che cadeva via. Senza neanche pensarci Emma si allungò e lo baciò.
Non sapeva che aspettarsi.
Per due secondi si ritrovò a piggiare le sue labbra contro quelle immobili di lui, colte di sorpresa. Poi invece si mossero e stamparono un timido bacio tra quelle di lei, a cui Emma rispose di nuovo e tutto sfuggì di nuovo via dalle mani di entrambi.
Di certo Emma non li contò, ma di sicuro erano stati tanti. Dopo forse una vita o due, Killian si allontanò, non così lontano da non sentire più il suo alito, ma abbastanza da non sentire il calore della sua pelle. "E ora?" le chiese, senza neanche aprire gli occhi. La sua voce era calda e spensierata. Era dolce e morbida, era come il caramello. Come il caramello in una calda tazza di caffé quando fuori fa freddo.
Emma prese un respiro profondo e ripiombò nella realtà, come se l'acqua che le era scivolata prima via si fosse trasformata in pioggia e stesse cadendo su entrambi. Si allontanò e per fortuna non ebbe il tempo di rispondergli. Qualcuno stava salendo le scale ritmicamente. Si allontanò da lui, ricordandosi immediatamente di Milah, che magari per qualche oscuro motivo era lì anche lei. A proposito perché Killian era lì?
Alla fine Walsh salì le scale, ritrovando i due imbarazzati, uno con la mano sulla bocca, l'altra che si leccava le labbra. Solo uno stupido non avrebbe capito. "Ciao." disse solo lui allora. Fece finta di niente ed allungò una mano a Killian, che la prese e gliela strinse, si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla. Poi si avvicinò ad Emma, la abbracciò con le mani sulle spalle e le disse "Sei carina". Emma bisbigliò il secondo "grazie" della serata e gli depositò un bacio umido sulla guancia.
Si ritrovarono allora tutti e tre sul pianerottolo, con la porta di casa di Emma ancora aperta e la tv che risuonava nella tromba delle scale, mentre il solito chef mescolava uova e farina. Emma si schiarì la voce per riempire il silenzio. Quindi intervenne Killian, che tossì prima e poi si scusò con tutti "Vi lascio soli," bisbigliò ed Emma lo vide guardare altrove, negli angoli tra i muri. "ci vediamo al locale." Emma immaginò dovesse passare per casa sua, andare a prendere Milah e poi raggiungerli, mettendoci decisamente troppo tempo, in cui lui sarebbe stato lontano da lei, lasciandola sola con l'altro, morendo dentro di gelosia ad ogni chilometro che segnava il cruscotto della sua auto. Killian guardò verso Emma "Non fate tardi." disse e la sua voce tornò fredda, diversa da quella morbida e calda che aveva sentito prima.
Walsh doveva aver capito tutto quello che era successo prima e che stava succedendo in quell'istante, perché ridacchiò tra sé e sé con il viso nascosto nella solita sciarpa. "Non ci contare!" urlò a Killian che nel frattempo stava andando via. Si fermò un attimo per le scale, appendendosi al corrimano e poi ricominciò a scappare, per andare da Milah. Milah-quasi-Jones.
Emma guardò Walsh come a chiedergli che cavolo stesse dicendo. Si ricordò della faccia che lui aveva il giorno che lo incontrò fuori dal bar dove lavorava Ruby, la sua migliore amica. Walsh sembrò far finta di niente. No, quell'alleanza non sarebbe andata avanti a lungo.
Si morse le labbra arrabbiata, perché sapeva che avrebbero tremato dalla rabbia tutto il tempo. Ce l'aveva con lui, ce l'aveva con Walsh che aveva fatto di nuovo male a Killian, il suo Killian Jones, l'uomo dolce che si era paralizzato davanti a lei, incantato, e che non aveva preso l'iniziativa con lei. Lo stesso stronzo che aveva anche una fidanzata a casa. Emma ammise tra sé e sé di avere le idee confuse. Così partì col pilota automatico: sempre in silenzio con le labbra tra i denti, si infilò il cappotto nero, chiuse la porta senza tante cerimonie e volò giù per le scale, lasciando solo che Walsh la seguisse in silenzio.
In auto, la sua auto, quella di lui, le chiese "Qualcosa non va?". Emma rispose solo con un cenno del capo. Ma lui lo sapeva, aveva capito cosa c'era che non andava. Ad Emma non sembrava di aver parlato a Milah di lui, di averle lasciato capire che c'era qualcosa tra loro, e per di più tra Walsh e Milah non c'era lo stesso che c'era tra lei e Killian. Già, non era la stessa cosa. La serata si stava già trasformando, non che non se lo aspettasse, anzi.
Per quell'appuntamento era stata di nuovo Milah, sempre e solo Milah, a decidere un posto diverso dal solito. L'idea però era più appetitosa, almeno questo le si doveva riconoscere. Aveva scelto un sushi bar.
Dovettero aspettare pochi minuti perché Jones e Milah arrivassero al locale. Si salutarono tuttti. Killian le baciò a guancia, come se la stesse vedendo per la prima volta nella giornata. Poi entrarono tutti. Il posto era decorato a dovere: intrecci di bambù si arrampicavano sulle pareti e sul soffitto, lampadari tondi e lanterne di tutte le dimensioni scendevano su ogni tavolo ed al centro c'era un grande rullo che dalla cucina girava per tutto il locale, su cui c'erano già tanti micro piattini con appena due pezzi di sushi in ognuno. Emma pensò che avrebbe sofferto la fame.
Una cameriera mostrò loro quattro posti a sedere al centro della tavola, in linea dritta, uno accanto all'altro. Emma raggiunse il rullo per prima. Si sedette su quelle sedie alte, dal cuscino morbidissimo, poi si girò a guardare gli altri. Killian la raggiunse subito e la guardò dritto negli occhi. Lui si voltò non appena sentì i tacchi di Milah avvicinarsi, ma i suoi occhi erano fissi su di lei. Si disconnesse solo per prendere la sedia alla sua fidanzata, facendola accomodare lontano da Emma, vicino a lui, così da ritrovarsi al centro tra Emma e Milah. Walsh fu costretto a sedersi dal capo apposto.
Ordinarono del vino bianco, poi Milah cominciò ad aprire la cena con uno di quegli assaggini che ruotavano per la sala. Nel suo piattino c'erano due pezzi di sushi col polipo al centro. Ne prese uno con le bacchette e poi allungò l'altro al suo fidanzato, che si voltò verso di lei e lo prese in bocca. Emma avrebbe preferito trovarsi dall'altro lato del tavolo, evitando di ritrovarsi vicino a quello spettacolo pietoso. A venti centimetri da lei, Killian mangiava dal piatto della sua fidanzata, solo un'ora dopo averla baciata. Ed aveva avuto persino l'ardire di mostrarsi geloso. Ed Emma ne era rimasta dispiaciuta.
Incrociò per un attimo gli occhi di Milah che la stavano fissando chissà da quanto. Emma finse un sorriso, ma lei non ricambiò. Accidenti!
"Ti piace qualcosa in particolare?"
La voce di Walsh la salvò in extremis. Sapeva di non essere davvero arrabbiata con lui, sapeva di essere arrabbiata con Killian, forse sin dall'inizio, così si girò, pretese che nulla fosse e sorrise di nuovo. Anche Walsh allora le sorrise e questo la tranquillizzò. "Tonno." rispose, sorprendendosi della sicurezza che emanava la sua voce. Così si fa, Emma Swan!
"Tonno? Davvero?" chiese Walsh, mettendosi intanto a cercare tra i piatti che gli passavano davanti.
"Certo, che c'è di sbagliato nel tonno?" chiese Emma sorridendo e mettendosi a cercare anche lei. All'angolo dell'occhio riusciva ancora a vedere Milah che ancora afferrava piatti, mangiava, imboccava Killian e ripeteva lo stesso gesto. Lui stava giocando con una pietra di finta giada su cui c'era inciso a caldo il numero 3, tavolo numero 3. Sospirava e mangiava.
"Niente, niente!" le rispose Walsh, ridendo sotto i baffi, passando finalmente ad Emma il suo piatto di sushi col tonno. Si beccò un bello spintone che lo fece solo sorridere di più.
Emma si avvicinò il piatto, litigò con le bacchette non ricordando precisamente come andavano prese, finché alla fine con la mano acciuffò il rotolo di riso e se lo mise in bocca.
"Che classe." le disse Killian e tutti si girarono verso di lui, che guardava lei. Il labbro di Emma cominciò a tremare.
Oggi non ti era dispiaciuta la mia classe, pensò lei. Ingoiò saliva, stava per rispondere acidamente, come al solito, poi sentì il suo piede o meglio la scarpa, quella che si ricordava Emma essere nera lucida, sulla sua caviglia, scendere poi sul dorso del suo piede e di nuovo su, sulla caviglia. Che diamine stava facendo? Lo guardò per un attimo e lui la stava ancora fissando. Avevano ancora gli occhi di tutti addosso. Che cavolo doveva fare? Come cavolo ne poteva uscire? Si girò verso Walsh, sorrise, poi verso Milah-quasi-Jones e sorrise di nuovo. Quindi si scusò ed andò in bagno.
Che cazzo stava combinando? Che cavolo stava facendo Jones? Perché? Non se ne poteva andare a casa. No, quello era fuori discussione. Né poteva chiedere a Walsh di cambiare posto a sedere. Cosa avrebbe pensato Milah? E se lei avesse già capito? Si sciacquo le mani, la bocca e si mise le mani dei capelli, sperando di poterseli sistemare meglio davanti alla faccia.
Che stava facendo? Che diamine stava facendo?
Prese un respiro profondo, pronta a ritornare dall'altra parte, decisa a non fare niente, comportarsi normalmente, fare finta, fingere. Fingere, fingere. Non sarebbe mai stata l'altra. Poteva essere innamorata, ma amava più sé stessa, più di chiunque altro mondo.
Con la testa alta aprì la porta del bagno. Vide Killian Jones raggiungerla dal tavolo. Lasciò lì Milah bisbigliando una scusa e poi a grandi falcate percorse il locale.
No, no, no, no, no, no.
Emma si nascose dietro alla porta, ma cavolo non voleva. Doveva finirla, doveva smetterla. Decise in un lampo che sarebbe finito tutto, qualunque cosa ci fosse tra loro a cui non avevano saputo dare un nome. Sarebbe rimasta calma e avrebbe chiuso tutto. Ebbe il tempo solo di camminare avanti e dietro davanti alle porte chiuse delle toilette, prima che lui arrivasse. Emma prese un respiro e lo affrontò.
Avrebbe voluto chiedergli che stava facendo, perché, se per caso si fosse bevuto il cervello, che cosa voleva da lei, ma invece no. Era voltata di spalle quando lui entrò. Vide la sua figura riflessa nello specchio sopra al lavandino. "Non possiamo restare qui." disse solo.
"No." rispose lui. Con la stessa decisione di prima con cui s'era alzato e l'aveva raggiunta in bagno, con un solo passo la raggiunse, la costrinse a girarsi e la spinse contro un muro. Non era quello che avrebbe voluto Emma, non era come aveva deciso che andasse. "Voglio fare l'amore con te." le bisbigliò poi sulle labbra, con la stessa voce timida, pacata e calda, la stessa voce che le ricordava il caramello, con cui le aveva parlato a casa sua. Ed ancora non aveva capito che ci stesse facendo lì.
"Killian, che diavolo..." fece lei ribellandosi togliendoselo di dosso. Per quanto quella voce le piacesse, per quanto provasse a portarla via su un altro pianeta in cui erano soli, non era così. Lui le afferrò un polso, ma Emma semplicemente agitando la mano si liberò di nuovo. "Credevi davvero che mi sarebbe stato bene? Che l'avremmo fatto qui?" chiese sarcastica lei. Le parole che le fluivano dalla bocca le montarono di nuovo quella rabbia che covava dentro. Come osava.
"Non stavo pensando, però..." continuò lui con la stessa voce. Come al solito, aveva trovato un punto debole e continuava a battere lo stesso chiodo. Le si riavvicinò di nuovo, le prese entrambe le mani, la costrinse di nuovo e spinse il bacino verso di lei, schiacciandosela addosso e contro il muro. Emma riusciva a sentire quanto lui davvero volesse fare l'amore con lei. Di nuovo una fiamma di rabbia le bruciò nel cranio e spinse via Killian. Credeva di essere l'ultimo uomo sulla terra? Credeva di poterla usare così e poi tornare a cenare dalla sua futura moglie? Che schifo, che schifo, che schifo.
"Fottiti." gli sputò lei addosso. Lo spinse via e si liberò. Riaprì il rubinetto, si bagnò di nuovo le mani. Voleva sciacquarsi quello schifo da dosso.
Killian invece pareva non aver dato peso a niente di quello che aveva detto e fatto. Questo le bruciava ancora di più. Voleva fargli male, così come lui e la sua fottutissima futura moglie gliene avevano fatto a lei. Dallo specchio lo guardò mettersi le mani in tasca e fissarla. "C'è stato qualcosa con quel Walsh?" chiese poi.
"Che cosa?" fece lei. Sapeva di aver capito bene, forse voleva dargli l'opportunità di dire qualunque altra stronzata.
Killian chiuse gli occhi e alzò il mento per aria. Emma aspettò curiosa quello che stava per dire. Lo vide ingoiare saliva e farsi coraggio. Forse aveva esagerato, forse era difficile anche per lui. Ben gli sta, pensò anche. "Credo di essere geloso." disse lui poi. Non che non fosse chiaro, non che non avesse capito la prima volta. Quella nota di insicurezza che ci aveva messo, mescolata a quella spiazzante sincerità tuttavia non avevano cambiato la situazione. Un punto per il coraggio, certo, ma c'era una donna di là, la sua fidanzatina, che lo stava aspettando.
"Un po' ipocrita, non credi?" fece Emma sperando di averci messo tutto il disprezzo che sentiva di provare. Le tremava il labbro di nuovo e lo sapeva, ma non riusciva a fermarlo.
"Stiamo litigando?" chiese Killian serio.
"E per cosa?" rispose Emma. Si girò e si appoggiò col bacino sul lavandino. Sentì il vestito bagnarsi a quell'altezza. "Non c'è niente tra di noi."
Killian piegò il capo, fingendo confusione, e la guardò meglio. Probabilmente si stava chiendendo chi fosse quella che l'aveva baciato quella sera stessa. Si avvicinò a lei, portandola ad indietreggiare. Emma avrebbe voluto mantenersi salda sul posto, rimbalzarlo via, diventare all'improvviso imponente. O forse tirargli un calcio nelle palle e guardarlo steso per terra. I tacchi, però, ed il vestito elegante la rendevano impotente. In altre circostanze l'avrebbe fatto, anzi l'aveva già fatto. Poteva farlo, si convinse. E perché doveva? Perché stavano davvero litigando.
Decise di rimanere salda dov'era. Aveva il lavandino bagnato da una parte e lui dall'altra. Killian le sfiorò la mano con la punta delle dita prima e poi col palmo risalì in alto, fino ad afferrarle la spalla, il collo e poi i capelli. Le pupille degli occhi gli si fecero a mano a mano sempre più tonde e diedero ad Emma un brivido freddo sulla schiena, che la paralizzò. Una paura primordiale la prese per un attimo, chiuse gli occhi e cercò di non guardarlo mentre le diceva "Sai che non è così."
Ricominciarono allora con quella solita manfrina di frasi non dette, situazioni non spiegate. C'erano solo un mucchio di "lo sai" e la cosa snervante era che lo sapevano entrambi per davvero.
Gli occhi chiusi furono una vera salvezze e così Emma non si fece fregare di nuovo. Alzò le mani e mise gomiti e braccia tra loro due, spingendolo via. "Fammi essere chiara: tu vuoi stare con me," cominciò lei cercando di sottolineare parola per parola "e poi tornare a casa dalla tua fidanzata che probabilmente starà seguendo qualche stupido rito vodoo alla televisione per farsi mettere incinta da te?". A mano a mano che parlava si sentiva sempre più fiera di avergli tenuto testa.
Killian allora si fece serio. Ogni accenno di malizia scomparve dalla sua faccia. "Le cose non stanno come credi." cominciò a spiegarsi "Io... Milah ed io, noi non..." Tornò di nuovo quel ragazzetto un po' imbranato che non riusciva a dire che non faceva più sesso con la sua fidanzata e magari forse le stava dando anche la colpa. Dio, perché anche i cliché? Fu lì che Emma perse il controllo delle parole, non spiazzata ma forte.
"Ah, allora sì, allora va meglio, scusa per avertelo chiesto!" blaterò lei arrabbiata. Si guardò attorno e si rese conto di essere ancora in uno schifosissimo bagno, di non aver mai controllato se ci fosse qualcuno nelle toilette, di avere il vestito sporco di acqua e ruggine di lavandino e chissà cos'altro e quanto tutta quella situazione fosse patetica. Si diresse verso la porta, fece per aprirla, ma lui le afferrò la mano e la guardò con viso implorante accennando ad una serie di no con le labbra.
"No, no, Emma hai ragione. Io sono solo confuso, noi stiamo insieme da sempre, poi sei arrivata tu e..." cominciò ad implorare per davvero, evidentemente a corto di munizioni.
"Killian, basta!" urlò Emma e se ne rese contro troppo tardi "Perché ne vuoi parlare?" Ed aspettò per davvero una sua risposta. Rimase lì ad aspettare, lo guardò, lo vide aprire la bocca e poi richiuderla. Ed eccola, eccola la risposta che stava aspettando. Appunto. Così sorrise mestamente e se ne andò.
Quando aprì la porta vi trovò due ragazze ferme lì impalate, che non si guardavano neanche tra di loro. E poco più dietro di loro c'era Milah. Doveva aver sentito tutto o quasi. Forse anche la parte in cui l'aveva insultata. I capelli le ricadevano dritti e tristi sulle braccia nude, che copriva con una mano. Emma si rese conto solo allora dell'enorme casino che aveva combinato. E così erano in tre a soffrire. Neanche ci provò ad avvicinarsi o chiederle scusa.
Tornò da Walsh che era rimasto l'unico seduto al tavolo. Avrebbe dovuto ringraziarlo forse per non essersi piazzato anche lui davanti alla porta del bagno. "Potrei averti fatto un favore." gli bisbigliò poi. Afferrò la borsa, lo prese per il braccio e lo costrinse a seguirla. Walsh si portò via il cappotto e si fece trascinare verso l'auto senza chiedere spiegazioni.
Quando furono sotto casa sua, Emma lo ringraziò, aprì il portone, si tolse le scarpe e cominciò a salire appendendosi alla ringhiera passo dopo passo. Non fu mai così felice di rivedere il suo letto. Si lasciò cadere di peso e chiuse gli occhi. Poi fissò il soffitto. Che scema. Che scema, che scema, che scema. Recuperò una bottiglia di vino già aperta dal frigo e si promise solo un bicchiere, perché non voleva credere di essere contemporaneamente innamorata ed avere una dipendenza. Era confusa, arrabbiata, triste e sapeva che lo sarebbe rimasta per giorni. Voleva piangere, ma il suo orgoglio ed amor proprio glielo impedirono. Si consolò con quella bottiglia e s'addormentò con gli occhi che bruciavano per le lacrime prosciugate.


Quando qualcuno suonò non uno, ma una serie di pugni contro la porta, Emma si svegliò di colpo ed affianco al letto c'era la bottiglia di vino vuota. Mando a quel paese chiunque ci fosse dietro, immaginando che chiunque fosse se lo meritasse.
Poi i pugni ricominciarono e lei si ricordò che quello era proprio il motivo per cui non aveva un campanello: scarsa pazienza mentre qualcuno si divertiva ad imitare l'orchestra de La Traviata.
Era decisamente confusa. Guardò la sveglia sul comodino segnare le due e trentacinque di notte. Per un po' lasciò che chiunque fosse dietro a quella porta continuasse a rimanere da quel lato a bussare, magari si sarebbe stancato.
"Continuo fino a svegliare tutto il palazzo se non mi apri." urlò una voce, che riconobbe subito essere di Killian Jones. E non in versione docile che non spiccicava più di due parole una dopo l'altra.
"O entro da solo." annunciò alla fine, colpito da un lampo di genio. Non ci voleva molto ad accorgersi che la porta non era chiusa a chiave.
Emma si strinse il cuscino sulle orecchie attorno alla testa prima di alzarsi. Era ovvio che non potesse scappare se non dalla finestra, ed in più nel suo pigiama si sentiva cazzuta abbastanza da tirargli quel famoso calcio nelle palle che si era meritato fino a poche ore prima. Si alzò, raggiunse la porta, urlò un "finiscila" a lui che continuava a sbattere le nocche delle dita. Finalmente gli aprì. Per qualche strana ragione Emma si era immaginata che di lì a qualche decimo di secondo Killian Jones sarebbe entrato a casa sua a ritmo di furia, riprendendo il discorso dove l'aveva lasciato al ristorante. Qualunque cosa si fosse aspettata sarebbe stata decisamente meglio della realtà, che si presentò con un sonoro burp in faccia al sapore di vino scadente del supermercato. Dopodiché Killian cadde a terra e solo allora notò che in un mano teneva una busta di carta ed una bottiglia di plastica. Sul pavimento cominciò a formarsi una bella macchia di vino rosso e caffé.
"Vuoi un po'?" chiese lui da terra allungandole la bottiglia.
L'espressione di Emma espresse tutto il disgusto che sentiva dentro.
"Preferisco il bianco." ironizzò lei aiutandolo a rialzarsi.
"Lo so." rispose lui. Poi rimase fermo ad aspettare. Ci pensò un attimo ed alla fine riprese a parlare. "L'ho lasciata." annunciò solo.
"Che cosa?" chiese Emma. La notizia ebbe lo stesso effetto di un altro pugno contro la porta, rimbombando come un ossesso nel suo cranio, scavandole di già quelle occhiaie che l'avrebbero accompagnata per tutta la giornata successiva.
"Guarda." disse indicandole il suo cellulare, poi piazzandoglielo davanti alla faccia, mentre le sue pupille si riducevano allo spessore di un ago in mezzo ad un mare verde. Sullo schermo c'erano una miriade di messaggi, tutti dallo stesso mittente, che dicevano "mi fai schifo", "la devi pagare", "sei un verme", "torna a casa se hai il coraggio", e così via. Emma non era sicura di esserne felice. Assorbì la notizia come qualunque altra.
"E perché sei qui?" gli chiese battendo il piede a terra. Ma aveva davvero importanza? Tutta la rabbia che aveva provato fino a poco più di un'ora fa, svanì davanti alla vista di lui disperato, in quelle condizioni. Si sentì in colpa e chiese "Come stai?"
Killian si guardò addosso, poi guardò lei. Ok, era ovvio. Dai pantaloni sporchi di vino e caffé e dall'odore che emanavano era abbastanza chiaro che non stesse affatto bene. Le belle scarpe ed i bei pantaloni che avevano notato quella sera... beh, non erano più così belli. Poi gli si gonfiarono le guance ed Emma ebbe paura che stesse per vomitare e gli si avventò addosso, tirandolo via per le spalle per aiutarlo ad alzarsi. Killian si mise una mano davanti alla bocca e tutto finì lì. Per fortuna!
Si appoggiò con la schiena al muro dell'ingresso. Da quella posizione poteva vedere il letto sfatto, la bottiglia di vino di Emma accanto al letto, i vestiti appallottolati in un angolo. Rimase per un po' a fissare la casa. Poi Emma si accasciò anche lei al muro e scivolò piano piano fino a trovarsi col sedere sul pavimento freddo accanto a lui. Si prese le ginocchia con le braccia e contemplò le stanze vuote insieme a lui, non sapendo esattaente cosa dire. "Dovrei ringraziarti." fece lui alla fine.
"Prego." rispose lei. Era sicura che qualunque cosa stesse uscendo dalla sua bocca, fossero parole ubriache e non ci diede peso. Decise di dover essere solo di compagnia e allora rimase lì.
"Non ho mai cambiato niente in vita mia." cominciò lui girandosi verso di lei. Le parole puzzavano di alcol, stava per singhiozzare e non si reggeva bene. Teneva la testa bassa e le spalle curve, mentre coi piedi sguazzava ancora nel mare marroncino e rossiccio che le aveva versato sul pavimento.
Emma lo aiutò a tirarsi su a sedere, lo appoggiò meglio al muro meglio e gli allontanò un piede dalla macchia a terra. Ci finì dentro con una mano e se la pulì poi sui suoi pantaloni, che ormai erano già una tela artitica. "Come ogni uomo su questo pianeta." abbozzò una risposta.
"No, no, no, no, no, no." la corresse lui, vaneggiando "Niente, niente." disse deciso. Poi le puntò un dito vicino alla faccia "Ma tu, ma grazie a te..." e gli si gonfiarono di nuovo le guance. Emma incrociò le dita e pregò che non vomitasse e per fortuna tutto finì di nuovo.
Per quanto fossero ubriache però, quelle parole accesero una piccola fiammella nel petto di Emma. Grazie a lei, perché contava qualcosa nella sua vita aveva lasciato la fidanzata. La voleva davvero? La voleva così tanto da decidere di fare il primo cambiamento della sua vita? L'aveva così tanto sperato e desiderato, ma non si era mai preparata alla possibilità che sarebbe potuto succedere. Non voleva parlarne, credeva di averlo messo in chiaro in quel bagno. Non era sicura di riuscir a reggere quella conversazione. Sapeva che gli ubriachi hanno la lingua lunga e non era pronta a sentire qualsiasi altra rivelazione le avrebbe fatto, per quanto bella sarebbe stata. E se l'avesse detto che s'era innamorato di lei? Così s'alzò in piedi, lo aiutò a tirarsi su, se lo appoggiò con un braccio di lui sulle sue spalle e lo trascinò fino al suo letto.
"Domani sarà un nuovo giorno." biascicò poi lui, facendosi trasportare, e sorrise come un ebete verso di lei. "E tu starai qui con me." si mise addirittura a ridere "Per sempre!" esagerò, ruotando anche una mano e facendole perdere l'equilibrio. Quasi cadevano a terra insieme.
"Si chiama sequestro di persona." rispose lei affaticata, mentre se lo trascinava per tutta casa. Arrivarono finalmente al letto e lo lasciò cadere, facendo attenzione a non farsi trascinare.
"Non se sei d'accordo." Gli occhi di lui piano piano si chiusero. Allungò una mano e raggiunse un cuscino, che strinse in un pugno sotto al mento.
"E chi te lo dice?"
"Un'amica." disse solo, poi boccheggiò con la bocca impastata di saliva e s'addormentò. Emma collegò subito che quell'amica doveva essere Ruby.
Rimase qualche secondo a guardare l'uomo nel suo letto. Era una vita che non lasciava qualcuno dormire nel suo letto. Che cos'era successo in una sola notte? Osservò Killian e vide un sorriso sul suo viso e quella fiammella di prima le scaldò il torace, le tagliò il respiro e le fermò il cuore. Una piccola lacrima si presentò sul bordo delle palpebre, pronta a cadere. Prima che succedesse Emma prese un respiro profondo, ricaccio dentro la piccola bastarda, chiuse piano la porta e si avviò verso il salotto. La macchia di vino e caffé era ancora a terra. Raggiunse il divano e s'addormentò, bagnando nel sonno il cuscino. 


 




Angolo dell'autrice
Buon giorno a voi, pulzelle!
Ed eccoci qui di nuovo, quinto capitolo! Oggi apro dicendo che ci sono novità in vista, oltre il capitolo è chiaro. Essendo finalmente piena così di tempo libero (eh sì, qualcuno ha finalmente finito l'università lol), ho avuto modo di concludere questo capitolo e farmi ballonzolare in testa un paio di idee interessanti, di cui tre sono quelle che vorrei realizzare più di tutte: 1) una oneshot, missing moments, captain swan, tra l'ultima puntata della quinta stagione e la prima della sesta, riguardante la notte subito dopo il ritorno di tutti a casa. Sarà una fluff (credo), magari si trasformerà in NC17 lol (non credo), però non lo escludo. 2) Qualcuno ha mai letto The Selection? L'idea di partenza del libro mi è piaciuta molto, ma è stata realizzata veramente male, così avevo pensato "mo ci faccio una ff profonda!" e avevo buttato giù qualcosina, ma devo pensare bene alla struttura della potenziale storia. 3) Il lago dei cigni. Ho sempre associato Emma a questa fiaba, però quale? Il balletto o il cartone animato? Se il balletto, quale versione?
Sono aperta a consigli!
Nel frattempo fatemi sapere se questa storia vi sta piacendo, se c'è qualcosa che posso fare a riguardo e lasciatemi una recensione anche piccina picciò per darmi carburante ;P
Poi grazie un mondo a tutti quelli che mi seguono, alla velocità con cui leggete ogni mio capitolo ed ai messaggi privati ed i commenti che ricevo. Grazie!
Un bacio, un abbraccio e alla prossima! 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: summers001