Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Stella94    04/10/2016    3 recensioni
Dal primo capitolo:
"─Dove andrai?
Gli domandò con voce gracile, quasi con timore. Perché non voleva pensarlo nuovamente lontano, non voleva pensare che stava per perderlo ancora, non voleva pensare che non poteva più raggiungerlo, che lo aveva riabbracciato solo per dirgli addio.
Jon si voltò verso di lei. Il fuoco gli illuminò il profilo del viso più maturo di come ricordava. Aveva occhi grandi e profondi, due cerchi oscuri ricolmi di ombre nelle quali ci si specchiava vedendosi fragile, vulnerabile, un fuscello nella balia della tempesta.
─Dove andremo semmai."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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                                                       La via verso il tramonto

 
 
 




La strada alle sue spalle si perdeva nella nebbia e nella neve, un paesaggio spettrale dalle ombre lunghe e affilate, ma che continuava a richiamare la sua attenzione, come se ci fosse qualcosa che necessitava di essere vista.
Avevano già viaggiato a lungo, dopo aver lasciato la Barriera in un miscuglio di abbracci e rassicurazioni, l’espressione di Brienne di Tarth dura e contrariata, il braccio teso lungo la spada che portava al fianco.
Sansa ricordava bene le sue parole. Lungo tutto il tragitto ci aveva pensato spesso, sentendole rimbombare nella testa come il fragore di un martello che picchia duro contro la roccia.
La donna guerriera si era rivelata ostile alla sua scelta, altrettanto avversa a lasciarla andare. Jon le aveva assicurato che l’avrebbe protetta, ma Brienne di Tarth si fidava solo di Brienne di Tarth, e con le labbra piegate in una smorfia gli aveva intimato di stare attento, pregandoli alla fine di accettare nuovamente i suoi servigi e permetterle di seguirli a Porto Bianco, dove avrebbero preso la nave che li avrebbe condotti a Sud.
Ma anche Jon Snow si fidava solo di Jon Snow, ed era stato gentilmente risoluto nel rifiutare la sua richiesta, ricordandole, senza pavoneggiarsi troppo, di essere un guerriero altrettanto valido.
E così tutti li avevano guardati, lasciare la Barriera, il Nord, un pezzo della loro vita.
Sansa si sentiva scomoda sul cavallo, con Jon che la teneva ben salda da dietro imprigionandola tra le sue braccia, ma stava zitta e teneva i denti ben saldi, combattendo il freddo e un senso di vuoto che diventava sempre più profondo nello stomaco.
Aveva alzato il cappuccio del mantello sulla testa per evitare di essere riconosciuta, addosso abiti pesanti, di lana e cotone spesso. Si era premurata di magiare bene prima di partire, di lavarsi sfregandosi con forza, di adempiere a tutti i suoi bisogni corporali e di riflettere con attenzione su ogni singola conseguenza che quella scelta avrebbe portato.
Sembrava che ogni cosa fosse nel posto in cui avrebbe dovuto essere, ma continuava a stare fissa sul sentiero che avevano già percorso, come se avesse abbandonato un moribondo per strada e si sentisse in colpa di non avergli prestato le cure che necessitava.
─Non fai altro che guardarti le spalle. Non avere paura. Nessuno ci sta seguendo.
Procedevano sicuri sul cavallo bianco di Jon, Spettro che teneva il passo scomparendo di tanto in tanto.
─Ho come l’impressione di aver dimenticato qualcosa.
Confessò Sansa, riportando l’attenzione sulla stradina fangosa che si apriva davanti ai loro occhi come una cupola di rami secchi e neve.
─Io sono qui ─ Jon la guardò dall’alto, il grigio del cielo nei suoi occhi era macchia bianca di luce ─Cos’altro puoi aver dimenticato?
Sansa gli sorrise, esponendo le guance arrossate dal gelo sotto il cappuccio di lana grigia.
A volte lo dimenticava quanto fosse bello essere solo Sansa. E non Sansa Stark, la figlia di Eddard, moglie di un Lannister e di un Bolton. Forse era per questo che adorava la compagnia di Jon.
Con lei poteva essere quel pezzo di se stessa che si era sempre negata. E stava imparando ad amarlo, più di quanto avesse immaginato.
Si spostò lentamente sulla sella del cavallo. Erano in viaggio da ore, senza fermarsi per sgranchirsi le gambe, concedersi un pasto, chiudere gli occhi per qualche minuto. Jon era apparso testardamente risulto nel voler raggiungere entro la notte Ultimo Focolare, così avrebbero potuto attraversare il Lago Lungo, e allontanarsi dalla Strada del Re. Sia Sansa che Jon erano stati d’accordo sul fatto che sarebbe stato più sicuro percorrere le strade che tagliavano tra i boschi, ed evitare quelle principali, esposte agli occhi della gente e ai cavalieri di Bolton.
Per fortuna Jon conosceva ogni anfratto di quelle foreste, ogni più piccolo sentiero o scorciatoia.
Era stato suo padre Eddard a mostrargliele nelle battute di caccia, e molte altre erano state scoperte di fortuna che aveva condotto insieme a Robb. Ricordava quei giorni come i più felici della sua vita, i più rimpianti dei suoi ricordi.
Sansa non conosceva qui luoghi, nonostante il Nord fosse stata la sua casa per molti anni.
Le signore non andavano a caccia e non percorrevano viottoli insidiosi. Uscivano servendosi di case su ruote, andavano a cavallo ma solo se scortate, e si potevano di certo considerare piacevoli passeggiate, più che scorazzate in sella ad un animale.
Non era abituata a muoversi in quel modo. Sentiva un fastidio lanciante tra le cosce, la schiena percorsa tutta da un doloroso bruciore. Aveva stretto i denti per molto, ma era stanca, affamata, le facevano male le ossa e gli occhi stavano per chiudersi.
Voleva lasciarsi andare indietro, sul petto di Jon che profumava di bosco bagnato, limone e zucchero bruciato.
Ma non voleva mostrarsi debole e in qualche modo deluderlo. Vedeva il suo viso dal basso, concentrato, dagli occhi di ombre carichi di convinzione. Jon aveva affrontato numerose battaglie, se ne rendeva conto, in posti decisamente più angusti e difficili dei sentieri di Grande Inverno.
Possedeva quella giusta resistenza che lo avrebbe fatto stare in sella anche tutta la notte, se fosse stato necessario.
Ma tutte le forze di Sansa la stavano abbandonato, e non c’era modo di resistere, la neve fin sotto le ossa.
─Jon, perché non ci fermiamo qui? Troviamo un posto dove poter passare la notte. Ogni cosa andrà bene. so adattarmi.
Il ragazzo si guardò intorno con gli occhi ridotti in due fessure oscure e impenetrabili.
─No ─ rispose con un tono che non ammetteva replica ─Questi boschi non sono sicuri.
─Non ci sta seguendo nessuno ─ Protestò lei allora, osservando con disperata cocciutaggine ─ Potremmo fermarci anche solo per qualche ora. Cosa potrebbe succederci?
─Sansa, il sole non è ancora calato e ti sto dicendo che questo posto non è sicuro. Capisco che sei stanca, lo sono anch’io. Ma dobbiamo proseguire.
─Mi dispiace, non ci riesco ─ Sansa cercò la sua attenzione afferrando un braccio teso sulle briglie. Quando la ottenne scoprì un’espressione dura sul viso del fratello, come una roccia massiccia di determinazione e severità. Tuttavia Sansa possedeva la sua stessa testardaggine, e non si fece intimorire ─ Io non sono come te, Jon. Non voglio essere il tuo peso morto sulle spalle, ma non ti chiederei di fermarci se non ne avessi davvero bisogno.
─Non possiamo. Non qui. Non ora.
─Anche il cavallo ha bisogno di riposarsi. E dobbiamo mettere qualcosa nello stomaco se vogliamo proseguire il viaggio senza ammalarci. Edd mi ha consegnato delle provviste. Potremmo nasconderci in un luogo appartato e stare lì per un po’. Ci farebbe bene.
─Non lo nego ─ Imperterrito Jon spronò il cavallo al trotto ─ Ma tu non conosci questi posti quanto me, e nella nostra attuale posizione non è saggio concederci al ristoro. Devi imparare ad ascoltarmi, Sansa.
─E tu ad ascoltare me. Ho bisogno di scendere da questo cavallo, e di riposarmi, anche solo per qualche minuto. Sono esausta.
 
Si fermarono, nonostante l’evidente riluttanza di Jon nell’arrestare in loro cammino nel bel mezzo di un bosco sconfinato, dominato da animali feroci e chissà quali altre minacce altrettanto brutali.
La neve continuava a cadere in piccoli fiocchi soffici e bianchi. Scelsero di ripararsi in una caverna non troppo profonda che Jon si era premurato di controllare. Impossibilitati ad accendere fuochi, mangiarono del pane duro e qualche fetta sottile di formaggio di capra.
Jon era sempre più inquieto e nervoso. Guardingo, teneva le orecchie tese, la mano sempre ferma sull’impugnatura di Lungo Artiglio, mentre Sansa osservava ogni cosa le stesse intorno, come se l’avessero appena lasciata libera di vedere il mondo.
Non aveva mai davvero capito quanto fosse innaturalmente spettacolare Grande Inverno. Con i suoi cieli sempre grigli, e un’aria pura, di pino e di ghiaccio, che ti entrava dentro, fino ad abbracciarti il cuore.
Il paesaggio che si apriva davanti ai loro occhi, era macchia bianca di querce e faggi.
Gli alberi, alcuni del tutto spogli, tendevano i loro rami rinsecchiti verso il cielo, quasi a volerlo toccare, sotto la terra era neve e fango, sulla quale cerbiatti e lepri sbucavano di tanto in tanto, fuggendo spaventati.
Niente sarebbe stato come il Nord. Nulla avrebbe avuto più importanza di casa sua.
Quando riportò l’attenzione su Jon, lo trovò chino ad affilare la lama della sua spada. Non era mai stato un ragazzo sociale ed espansivo, ma tutta quella riservatezza faceva parte del suo fascino. Jon lasciava a te capire cosa nascondesse dentro, e Sansa desiderava ardentemente imparare a farlo.
─Quella Donna Rossa, non voleva lasciarti andare. Tu ha supplicato affinché tu rimassi alla Barriera.
Convenne Sansa, sperando di poterlo costringere a rompere il silenzio, nella testa ancora le immagini di quella donna tanto bella quanto misteriosa, che scuoteva la testa afferrandogli un braccio.
Mio Signore, vi imploro. Il vostro posto è qui.  
Il ragazzo alzò gli occhi verso di lei, la testa leggermente abbassata.
─Crede che io sia il suo Dio.
─Ed è così?
Jon si rimise in piedi rifoderando Lungo Artiglio. Gonfiò il petto come esausto e sconfitto.
─Un vero Dio avrebbe potuto prometterti qualcosa di più di una vita di bugie, fughe e miseria. ─ C’era sincera amarezza nel suo tono incrinato dalla frustrazione ─ Vado a cercare Spettro, così possiamo riprendere il cammino. Tu resta qui.
Le diete le spalle e si incamminò curvo affondando gli stivali nella neve. Più lo vedeva allontanarsi e più sentiva aprirsi un vuoto nello stomaco, come un soffio funesto, gelido e paralizzante. La paura che non ritornasse più a riprenderla.
─Jon? ─ Si affrettò a chiamarlo con apprensione, lui che si voltò offrendogli un’espressione imperturbabile scalfita dalla neve ─Tutto ciò di cui ho bisogno è avere te al mio fianco.
Lui annuì soltanto con le labbra stette. Sembrava aver capito ma era difficile sapere quanto di Jon si nascondesse in Jon.
A poco a poco divenne solo un punto grigio nell’orizzonte bianco, pieno di ombre. Poi scomparve.
 
 
Le ore scorrevano e Sansa Stark aspettava impaziente che Jon facesse ritorno.
Non era stanca, ma solo preoccupata, che qualcosa fosse andato storto o che suo fratello si trovasse in pericolo. Cominciava a pentirsi di averlo pregato affinché si fermassero per riposarsi.
Si sentiva decisamente più in forma, e capace di affrontare un’intera notte di cammino, se ce ne fosse stato bisogno, ma all’improvviso era sola, infreddolita e vulnerabile, con rumori tutti intorno che si facevano sinistri, grida lontane che giungevano come inquietanti sussurri.
Osservò il circondario, mosse alcuni passi, poi ritornò indietro. Forse avrebbe dovuto mettersi sulle sue tracce, ma la neve aveva già coperto le impronte lasciate da suo fratello e per quanto si sforzasse ad ammettere il contrario, Sansa Stark, lady di Grande Inverno, non conosceva Grande Inverno, né chi lo dominava o i sentieri che si diramavano nelle sue colline rocciose.
Forse un tempo avrebbe pianto, ma non era più la ragazzina di un tempo.
Il valore di Jon Snow era innegabile. Si era spinto oltre la Barriera, tenendo testa ai bruti e meritandosi quindi il loro rispetto. Aveva visto gli Estranei e imparato come ucciderli. Aveva sofferto la fame in luoghi tetri, si era gettato contro l’impossibile e vinto addirittura la morte. Jon sarebbe ritornato, forse gli Déi avrebbero ascoltato le sue preghiere.
Era da molto che non lo faceva, ma si mise in ginocchio e si rivolse al Guerriero, alla Madre, e alla Vecchia. Pregò con le mani giunte e il viso abbassato. Pregò con gli occhi chiusi sussurrando appena.
E poi lo sentì. Un latrato di cani diventare più acuto e prepotente. Spalancò le palpare con forza rimanendo immobile.
Voci di uomini erano accompagnate da nitrirti di cavalli. Urlavano, parevano un esercito, si scambiavano ordini, qualcuno fece notare di aver visto qualcosa proprio nel luogo in cui stava ancora inginocchiata.
Il panico la pervase come lunghe dita serrarsi intorno al collo. Sentì quasi i polmoni stringersi, diventare piccoli, incapaci di inglobare aria.
Dov’era Jon? Perché non tornava?
Si sporse dietro il riparo offerto dalla roccia, e li vide bene quegl’uomini. Armigeri di Ramsay Bolton, gente fedele al Lord di Forte Terrore, armati di lance, spade e picche, accerchiati da cani dalla quali fauci tetramente spalancate, colava una lunga bava bianca e densa, segno che avevano fiutato la preda e non vedevano l’ora di attaccarla.
Sansa strinse le palpebre e guardò il cielo. Si facevano sempre più vicini. Se fosse scappata l’avrebbero sicuramente vista, se fosse rimasta dov’era l’avrebbero sicuramente vista.
Era un topo in trappola, come di quelli piccoli che squittivano tentando inutilmente di aprirsi una via di fuga tra la dura roccia, mentre il suo predatore si faceva sempre più vicino con l’ascia e con la daga.
Sarebbe stata squarciata alla svelta? Ramsay l’avrebbe stuprata ancora prima di ucciderla? Di quali immani torture si sarebbe servito per punirla di un affronto simile?
Era stata una sciocca, fin dal principio, e lo era stata ancora di più perché aveva sminuito il giudizio di suo fratello, pregandolo a compiere scelte che l’avevano sempre visto contrario.
Proseguire, proseguire. Dobbiamo proseguire.
Ora quelle parole le sembravano vuole, sussurri che si stavano trasformando in urla, implorazioni gridate dal fondo di un pozzo oscuro.
Non poteva più stare ferma. Doveva muoversi, correre, tentare di sfuggire agli uomini di Bolton se voleva almeno tentare di salvarsi la vita.
Jon le aveva lasciato il cavallo. Gli armigeri si stavano dirigendo nella sua direzione attirati dall’animale che pascolava placido tra la neve e il fango.
Doveva salire in sella prima che fossero troppo vicini da impedirle qualsiasi movimento. Scoccò un’occhiata a Ombra, il cavallo bianco di suo fratello. Prese due boccate d’aria, il latrato dei cani sempre più vicino. Ancora un lungo respiro, le gambe parevano cederle.
Si rimise in piedi a fatica, la paura era come una voragine nello stomaco vuoto. Strinse i denti e corse. Corse veloce verso la sua salvezza, verso la via di fuga, verso il nulla, o verso tutto.
Rapidamente si mise diritta in sella all’animale. Agitò le redini e questo partì alla svelta, tra un nitrito e uno scalpitio di zoccoli che affondarono nella neve fresca.
Gli uomini dietro di lei si accorsero subito della sua presenza. Il cappuccio che teneva sulla testa si era afflosciato lungo le spalle, i lunghi capelli ramati e lucenti come papaveri rossi agitati dal vento in un campo di margherite candide.
Gli scagnozzi di Bolton urlarono inviperiti, i cani abbagliarono più forte facendo tintinnare le lunghe catene che tenevo strette al collo.
Sansa non era mai stata una brava cavallerizza, non quanto sua sorella Arya o i suoi fratelli maggiori.
Era impacciata ed insicura. Tirava le briglie, poi le agitava.
Ombra correva senza seguire una direzione precisa. Schivava rami, superava con un salto tronchi abbattuti lungo il cammino, buche scavate in profondità, rocce spesse e acuminate, ostacoli improvvisi che gli intralciavano la strada.
Sansa sentiva il cuore in gola, l’aria del Nord sferzarle le guance fino a farle male. Non era sicura della direzione che stava prendendo, dove Ombra si sarebbe fermato o se si sarebbe fermato. Sapeva solo che doveva correre, muoversi alla svelta, tenere gli occhi aperti, la bocca stretta.
Non aveva dubbi che gli uomini alle sue spalle la stavano raggiungendo. Erano esperti cavallerizzi, valorosi guerrieri, che sapevano maneggiare alla perfezione lance, spade e picche, abituati a percorrere lunghe leghe senza mai concedersi respiro, dominavano gli animali su ciò cavalcavano con indubbia destrezza.
Era come avanzare contro un dirupo. Poteva vedere già l’orizzonte aprirsi in un oceano di ombra e tenebre.
Se solo potessi vedere Jon ancora una volta.
Accadde tutto in fretta. Ombra stramazzò a terra, probabilmente colpito da una freccia lanciata senza scampo da uno degli uomini di Ramsay.
Sansa crollò al suolo, atterrando nella neve e nel fango. L’imbatto fu doloroso, improvviso ed accecante. Per qualche secondo perse il contatto con la realtà, che divenne un buco vuoto, dominata da un impercettibile ronzio. Poi sbatté le palpebre più volte, e le ombre divennero macchie bianche, fino ad acquistare contorni nitidi, di facce brutte, dalle bocche aperte in agghiaccianti sorrisi, l’espressioni disgustosamente vittoriose sui loro volti rossi dallo sforzo.
La ragazza si piegò su se stessa. Poco lontana da lei il cadavere di Ombra giaceva inerme in una macchia rossa di sangue tanto vivida contro la neve.
Per la sua ingiustificata stupidità, avevano perso anche il cavallo, innocente e fedele che senza mai chiedere nulla li aveva quasi condotto alla salvezza. Perché non riusciva a cambiare?
Si raggomitolò su se stessa, sputando la paura e l’orrore. Osservava i suoi assalitori con un braccio tenuto inutilmente a proteggerle il viso.
Uno di loro si fece più vicino. Sansa lo riconobbe subito. Era uno dei più fedeli sottoposti di Ramsay. Jeremy faccia da ratto, lo chiamavano, e Sansa aveva subito capito il motivo di un nomignolo tanto spregevole.
Jeremy era alto, ben piazzato, dalla faccia sottile da cui sbucavano quasi per errore due incisivi sempre sporgenti. Jeremy preferiva tenere la bocca chiusa per questo, ma era fedele a Ramsay e implacabile in battaglia.
Si chinò per osservarla meglio, il cane che teneva al guinzaglio sfoderò le zanne facendo colare bava sulla neve.
─Lady Bolton, non immagini quanta gioia mi arreca vederti ─ Bofonchiò con i suoi denti che sbucavano dalle labbra. Gli altri quattro uomini alle sue spalle sghignazzarono divertiti. Era assai evidente che Jeremy si stava solo prendendo gioco del suo terrore. ─ Boschi oscuri e freddi sono questi per una fanciulla bella e delicata quanto te.
Allungò una mano spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, che si era appiccata sulla guancia. Sansa provò disgusto misto ad un senso di strazio che la spinse ad arretrare sulla neve, quasi volesse sprofondare nel terreno.
Come sarebbe stata la fine? Avrebbe riabbracciato i suoi genitori quando il suo cuore si fosse stancato di battere?
─Fareste bene a lasciami andare.
Jeremy ridacchiò, i compagni alle loro spalle lo imitarono producendo verso rochi e strozzati.
─Lasciarti andare? ─ L’uomo sembrava trovare una sorta di godimento nel prenderla in giro, come se per lungo tempo avesse covato dell’odio, e adesso, in un’evidente posizione di vantaggio, si concedesse una sudata rivincita ─E’ da giorni che siamo sulle tue tracce, mia signora. Alla fine gli Dèi ci hanno concesso fortuna, ed eccoti qui, sola e smarrita, senza nessuno al tuo fianco a proteggerti. Ma non temere, ti riporteremo da casa da Lord Bolton. Immensa sarà la sua gioia quando ti riaccoglierà nelle sue braccia. L’amore è forte.
Sansa si sentiva nauseata, le girava la testa, la gola secca.
Quell’altra Sansa, la Sansa ancora bambina, si sarebbe nascosta dietro la sua granitica cortesia.
Ma non era più quella Sansa. Ora strinse i pugni al suolo tenendo lo sguardo ben fisso sul nemico. Prima di intraprendere il viaggio, Jon le aveva consegnato un piccolo pugnale che teneva nascosto sotto le gonne.
Non ne aveva mai usato uno, né tentato di minacciare un uomo con’arma, ma avrebbe lo stesso tentato.
─Lord Bolton non è capace di amare, ma solo di uccidere, torturare e mutilare. Non ho nessuna intenzione di ritornare a Grande Invero per lasciare che faccia di me ciò che più gli compiace ─ Lentamente arretrò nella neve, facendosi forza sulle ginocchia per mettersi in piedi. Veloce estrasse il pugnale nascosto sotto le gonne, stringendo l’impugnatura con entrambe le mani. ─Sono pronta ad uccidere o a uccidermi, se fosse necessario. State lontani da me!
Cercò di metterci determinazione nella voce, così come nella sua postura, a gambe aperte e braccia tese. Jeremy Look però, se ne fu davvero spaventato, non lo diete a vedere, così come i suoi uomini dietro le sue spalle. Al contrario, resero i loro sorrisi maggiormente sghembi, l’impugnatura delle loro spade brillavano nella luce grigia del pomeriggio.
─C’è fuoco nei tuoi occhi, Lady Bolton ─ Convenne con il suo solito tono scherzoso ─  Un fuoco che eccita. Fece un cenno con la testa a uno dei suoi uomini, questo si avvicinò mentre Sansa continua ad arretrare, la presa sul pugnale sempre più incerta.
Senza nessuna fatica l’armigero la disarmò strattonandola fino a farla quasi precipitare nuovamente al suolo. Ma l’uomo la tenne, robusto, forte e imponete dietro di lei, bloccandole le braccia alla schiena mentre Sansa inutilmente si dimenava.
Urlò, senza alcun risultato, numerosi uccelli spiccarono il volo verso il cielo.
Ora tutti i servitori di Bolton le stavano intorno, come i loro cani sembravano sbavare alla vista di una ricompensa preziosa. Sansa non riusciva a guardare neppure i loro volti. Le sembravano solo ombre, buchi scavati nella nebbia. Questi si scambiavano battute difficili da comprendere, occhiate lascive, che penetravano nel suo corpo più di lame.
Ad un tratto si guardò intorno e capì. Non aveva via di fuga, l’aria era pesante e sapeva dell’odore dei suoi assalitori, rancido e stomachevole. I cani abbaiavano in lontananza, legati con delle catene al tronco di un albero di faggio.
Jeremy si fece particolarmente vicino, le mani alle brache dei pantaloni mentre cercava di slacciarsi i lacci dalle fibbie.
Sansa percepì come un incendio freddo, il cuore gonfiarsi nel petto e poi esplodere.
Gli occhi dell’uomo parvero accendersi, lucciole di brace grosse quanto sassi. Era uno spettacolo inquietante, che la spinse ad urlare più forte, a scalciare con tutta la determinazione che le rimaneva nelle gambe.
─Lord Bolton ci ha espressamente ordinato di portarti a casa viva se ti avremmo trovata, ma è stato abbastanza vago sul come ─ le parole gli colavano dalla bocca come il suono di viscidi vermi che solcano un terreno colloso. ─Non vedo perché non approfittarne. Dopo che ti avremo scopata uno dietro l’altro, sono certo che sarai tu stessa ad implorarci di portarti a Grande Inverno. Buona, ubbidente, remissiva.
Le afferrò il viso con una mano, stringendolo con tanta prepotenza da farle mordere la lingua.
Sansa era atterrita dal panico, paralizzata dalla paura e dalla consapevolezza che per quanti sforzi avesse fatto,  non sarebbe mai riuscita a sfuggire ad un stupro.
Non di nuovo. Non di nuovo. Non di nuovo.
Jon, torna da me. Jon dove sei? Sono stata una sciocca. Corri. Ho bisogno di te.
Sansa pensava a tutto questo mentre Jeremy Look l’aggrediva con brutalità e folle desiderio, entrambe le braccia bloccate da altri due uomini che si facevano beffa della sua vulnerabilità.
Look le afferrò un seno da sopra il vestito, lo strinse digrignando i denti, cacciò la lingua dalla bocca e gliela passò untuoso sulla guancia. Fece un verso d’apprezzamento, come se avesse appena gustato qualcosa di squisito. La ragazza chiuse gli occhi e pianse lacrime invisibili, mentre il suo mondo ritrovava a crollare, il cielo a cascarle addosso. Non era dolore, ma qualcosa che faceva ancora più male. Come la consapevolezza di non essere niente, nella desolazione del buio più totale.
Il suo aggressore le infilò la mano sotto la gonna, tastandola, facendo ripugnanti apprezzamenti che i suoi compagni trovarono divertenti. Poi tirò fuori la sua erezione, provò a stappare le gonne della ragazza lacerandone il tessuto.
─Jon…
Implorò soltanto Sansa, o forse immaginò di averlo implorato, mentre lo capiva che anche gli altri dietro di lei erano pronti a servirsi del suo corpo, discutendo di cosa l’avrebbero costretta a fare a breve, tra un ringhio e una risata, un sussurro che le arrivava dritto dietro l'orecchio.
Avrei dovuto uccidermi prima.
Look, impaziente ed eccitato,  lasciò stare la gonna lacerata e afferrò i suoi stracci per alzarglieli fin sopra la vita.
Ma poi ci fu una folata di vento freddo. In un battito di ciglia. Solo un’ombra bianca, un ringhio, seguito da una morsa.
Sansa si sentì improvvisamente libera, mentre crollava a terra confusa e disorientata.
Si guardò intorno, atterrita in un giubilo di urla e di lame sguainate. Look stava a terra dimenandosi come un folle. Sopra di lui incombeva una figura grossa, imponete, bianca, dalle zanne lunghe. Spettro.
Il meta-lupo lo attaccò con rabbia mentre Jeremy urlava scalpitando, in uno zampillio di sangue che gli colava dalla giugulare.
 Sansa girò la testa sconcertata, poi guardò il cielo. E stagliato contro le nuvoli grigie c’era Jon, Lungo Artiglio tesa in una mano, l’acciaio di valyria che risplendeva d’argento nella luce del tardo pomeriggio.
─Mi stavi chiamando?
Le chiese osservandola con gli occhi carici di furiosa determinazione.
E uscì da quel vuoto e tutto dentro di lei si accese.
 
 
CONTINUA…

 
 
Ed eccomi qui con il secondo capitolo di questa Jonsa. Prima di arrivare alle Isole dell’Estate, ho voluto movimentare un po’ il loro viaggio e descrivervelo. Mi pareva giusto così. Quindi, prima di arrivare alla meta, ne passeranno un po’. Ho lavorato tanti giorni a questo capitolo, scrivendo cose, cancellandole e poi scrivendone delle altre, spero che vi sia piaciuto.
Vi comunico anche che questa storia avrà due versioni. Questa che sarà pubblicata su EFP, e un’altra versione estesa ( con lemon ) in un altro sito, oppure provedderò solo a pubblicare il capitolo esteso altrove, comunque non dovete preoccuparvi perchè sicuramente vi comunicherò dove. 
Vi ringrazio per il vostro appoggio. Ogni volta mi commuovo a leggere le vostre recensioni, e vi sono grata per tanto affetto!
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo! A presto!
 
 
 

 
 
 
   
 
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