Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Astarter    07/10/2016    5 recensioni
Aggiornamento 28/11/2019!
...
Quando fosse iniziata veramente con Jon, non lo capì mai, Sansa.
Nel percepire la sua indole di giustizia, lei aveva preso a detestarlo profondamente, ma non perché fosse Jon, il fratellastro che aveva sempre guardato con sdegno. Né perché ora regnasse sul castello che le spettava per diritto e successione. Non era quella la ragione.
Sansa anche se era restia ad ammetterlo lo odiava per quell'ingenuità che lui, a differenza sua, non aveva perso.
Bran era tornato a Grande Inverno, rivelando chi fosse in realtà Jon e lì quel giorno, qualcosa dentro Sansa si era liberato.
E c'era un'idea che le ronzava in mente, qualcosa che pareva la soluzione giusta a tutti i suoi timori.
Ci aveva pensato per giorni, settimane a cosa dirgli sedendosi sotto la chioma del grande albero cuore dalle foglie perennemente rosse. E alla fine era rientrata nel Bastione e l'aveva affrontato.
"Ma che stai dicendo? Tu se mia... " aveva sbottato Jon inorridito, senza però continuare, perché lei non era affatto sua sorella.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Confusione e raggiri



 
 
Sansa tornò in camera e trovò Jon seduto sul giaciglio, silenzioso com’era di solito, forse di più.
Imbarazzata e incredula per quel che era appena successo, andò a preparasi per la notte dietro il separé di legno, sentendo il cuore rimbombarle nelle orecchie.
Dopo aver preso posto nel letto, lo vide soffiare sulla candela, regalando alla stanza l’ingordigia della notte. L’unica cosa che percepì qualche minuto dopo fu il movimento di suo marito, che di sicuro s’era girato di lato, dandole le spalle.

Jon respirava con frenesia, cercando di arrestare i pensieri che scorrevano nella sua mente. Aveva perso il controllo, entrando in un vortice di sensazioni che nemmeno aveva previsto. Ma che cosa gli era preso? Non sapeva come comportarsi. Fino ad un mese prima lei era la sua sorellastra, fino a poche settimane fa, Sansa era sua cugina.
Ed ora… s’era ritrovato a gettarsi addosso a lei come se non ci fosse un domani? Le si era avvinghiato con un bisogno che l’aveva lasciato basito. Ma perché l’aveva fatto? Aveva sbagliato tutto, forse non erano veri i sospetti avuti su di lei. E magari la morte corporea subita pochi mesi prima aveva tirato fuori un lato che gli faceva vedere le cose in modo distorto. E un'audacia che prima, non si sarebbe sognato nemmeno di poter aver soprattutto con lei...
Dopotutto Sansa restava la donna che sin da ragazzina l’aveva sempre evitato, magari gli si era affezionata solo per un senso di paura verso qualsiasi altro uomo. Ma lui con quel comportamento era stato migliore di loro? Certo che no, forse lei l’avrebbe odiato dopo quel gesto.
C’era qualcosa che covava e che nemmeno aveva il coraggio di dire a voce, aveva ammonito lei, ma chi l’avrebbe fatto con lui?

Loro insieme erano qualcosa di rotto, qualcosa di malato e incurabile, non avevamo via di scampo. Quella consapevolezza si abbatté su di lui come un stilettata al petto.
Dopo quel matrimonio, la sua vita aveva cominciato ad assumere un tono inaspettato.
Probabilmente quel giorno la folla chiassosa, che continuava ad arrivare  fuori dai cancelli di Grande Inverno, si aspettava che le Nozze che univano loro due fossero l’unica risoluzione che lo sfortunato regnante appartenente anche alla casata dei Targaryen avesse trovato per legittimare ancora di più la devozione a Nord. E il fatto che fosse più Stark come pensiero. Forse avevano anche ponderato che loro fossero una coppia di cugini sventurati, che per evitare insidie s’erano infine fatti convincere da consiglieri e alfieri. Ed in parte era vero... 
Ma cosa avrebbe pensato suo padre che ora era diventato suo zio nel sapere che lui sarebbe convolato a nozze con Sansa? Che cosa avrebbe detto Catelyn Tully che lo aveva sempre odiato? E Robb, Rickon? Di certo, non avrebbero approvato. Arya! Lei gli sarebbe corsa incontro urlante, dicendo di fermare quell’assurdità o lo avrebbe abbracciato confermandogli che stava prendendo la decisione giusta?
Non lo sapeva. Solo Bran pareva essere d'accordo, ma non gli bastava.
Ricordò cos’era successo solo un’ora prima che convolassero a nozze…
«Fatemi passare, devo parlarle!» asserì Jon rivolgendosi alle guardie che sorvegliavano l’ala in cui Sansa era stata condotta per vestirsi.  
«Maestà, l’etichetta prevede di non lasciar passare nessun altro oltre le servitrici della vostra futura sposa. E’ stata Lady Stark stessa ad aver dato quest’ordine» le aveva detto mortificato.
Nel mentre una donna sulla cinquantina si presentò davanti al re, inchinandosi al suo cospetto e rialzando il capo subito dopo.

«Mio signore, porta sfortuna vedere la sposa prima della cerimonia!»
In altre circostanze Jon - per il carattere che aveva - avrebbe reclinato il capo, tornando sui suoi passi, ma quel giorno stava per uscire di testa. Aveva sbagliato a dare il suo consenso, in cosa si stavano imbarcando? Non poteva permettere che tutto accadesse davvero, era inaccettabile, era un incubo. Doveva vedere Sansa, prima che fosse troppo tardi.
Prima che tre parole cambiassero tutto per sempre.
Superò la servitrice, sordo alle sue proteste e spalancò la porta, intimando le restanti ancelle di lasciarli soli per qualche minuto.

La ragazza che si trovava in piedi davanti a tre grandi specchi ovali, sobbalzò, mentre lui incantato dalla sua figura restò immobile, incapace di distogliere lo sguardo da lei. Il viso incorniciato dai rossi capelli fiammanti semi raccolti in un’elaborata acconciatura colma di trecce. Gli occhi  azzurri come specchi d'acqua al mattino erano pieni di qualcosa che non seppe definire, una riga sottile e nera le orlava le palpebre.
Le braccia della giovane, magre e avvolte di stoffa ricamata, erano abbandonate lungo i fianchi, quasi non  avesse la forza di muoverle. E probabilmente era così.
Vedere il simbolo di casa Stark e del lupo bianco ricamato sul torace del suo lungo vestito amaranto e anche sul velo - come ulteriore prova dell’unione che stavano per realizzare - gli fece venire un brivido.
No, non poteva succedere veramente.

«Quale parte di non puoi entrare non hai capito, Jon?» gli rivolse un’occhiata di rimprovero. «Le mie ancelle devono finire di prepararmi.»
 Jon si impose di mantenere la calma. Doveva esporre le sue ragioni, prima di essere inghiottito da qualcosa che era stato troppo veloce.
«E’ proprio questo il punto! Come fa a starti bene tutto questo, come puoi voler sposare me?» replicò in fretta il ragazzo, cercando di usare il tono più convincente possibile.
Lei sospirò e si voltò a guardarlo, cercando di non far trapelare l’ansia che provava anche lei.
«Ne abbiamo già parlato, anzi discusso. Questa è la soluzione migliore se vogliamo tutelare il tuo ruolo qui a Nord. Siamo cresciuti, pensando di essere fratellastri, ma non siamo stati mai vicini, io per motivi legati a lealtà verso mia madre e tu perché preferivi Arya e io non ti davo spazio, quindi tutto questo legame fraterno tra di noi non c'era nemmeno prima di sapere di essere cugini. Senza contare poi tutto il tempo che siamo stati separati, io ad Approdo del re e tu a Castello Nero.»
«Si, ma non è questo il punto. Tu hai sempre voluto innamorarti, trovare l’uomo dei tuoi sogni. Ricordo cosa mi diceva Arya quando...»
«Veniva a prendermi in giro con te?» continuò la sua frase in tono sardonico.
«Dimmi che hai un piano alternativo» Jon si appigliò ad un’effimera speranza, magari quella di star sognando tutto.
«Nessun piano, queste nozze avverranno davvero» lo sentì respirare rumorosamente, notando le sue palpebre abbassate. «Tutto ciò in cui credevo si è dissolto, non penso più a certe idiozie. Tu non mi faresti mai del male, a me basta avere questa certezza» allungò il braccio carezzando la guancia di Jon che posò la mano sulla sua. «Ed ora va dai tuoi sudditi, sei un re, comportati da tale» riaprì la porta esortandolo ad andarsene.
Mentre lui le voltava le spalle poco convinto, lei schiuse le labbra.
«A proposito Jon, dato che ormai mi hai vista, potresti dirmi come sto?»

«Farai impallidire tutte le dame impettite che sono di sotto ad attenderti» le accennò un sorriso defilandosi.

S'erano sposati in un bosco poco lontano dalle mura di Grande Inverno, dov'era presente un altro albero dalle foglie rosse. Lei non aveva voluto che la cerimonia venisse effettuata nel parco degli Dei dove aveva sposato Ramsay...

Quel pomeriggio, Sansa durante l’ora dei pasti sedeva composta alla sinistra di Jon. Davanti a loro c’erano Bran, Meera, ser Davos, Brienne, il suo scudiero, Tormund e Dito Corto che senza preavviso era tornato a Grande Inverno, asserendo motivazioni sulla battaglia che a lei parvero inverosimili.
La presenza di quell’uomo che avrebbe potuto tranquillamente essere suo padre e che era anche stato innamorato di sua madre, la metteva a disagio, soprattutto perché ne conosceva l’animo nero. Aveva capito come fosse, ma era convinta che avesse altro da nascondere. Era anche vero che li avesse aiutati per riprendersi la loro casa, ma al solo scopo di avere controllo su di lei e perché non credeva che la situazione avrebbe finito per rivoltarsi contro di lui.
Pilucchiava ciò che c’era nella sua ciotola, cercando invano di arginare la voragine che le montava dentro, dal centro esatto del cuore, inglobando polmoni, ossa, sangue.
C’era così tanto sangue intorno a lei.

Una serie incessante di domande la stordivano, a cui il tuo ingegno non sapeva dare una risposta.
Inoltre anche l’atteggiamento di Jon la spiazzava, lui si comportava come se nulla fosse, come sempre aveva premure nei suoi confronti, quali le migliori stoffe per i suoi ricami, tavola imbandita di dolci. Ma niente altro…
Perché l’aveva baciata con quel trasporto per poi far finta di nulla?
Era solo per farle pagare il suo modo di fare che l’aveva fatto?
Tra tutti, perché doveva essere proprio lui a darle il colpo di grazia?

Non era un desiderio consapevole, ma più un sussurro di sottofondo. Bramava che Jon la guardasse di nuovo con le iridi ardenti, che gli aveva visto quella notte, voleva quel tocco punitivo sulla sua pelle. Desiderava che la stringesse, che non la facesse sentire sola. E invece parevano essersi scambiati i ruoli.
Per un attimo dubitò che quell'avvenimento avesse davvero avuto luogo.
Forse s’era solo sognata tutto, che stupida era stata... 
Ma dopotutto, cos'aveva da stupirsi? Come poteva una persona pulita come Jon sentire l’esigenza di una come lei, che era stata sporcata in tutti i modi possibili? 

Gli aveva nascosto fatti su Lord Baelish e ciò che aveva falsamente confessato in sua difesa, continuava a celargli segreti a riguardanti ciò che aveva subito e che sognava la notte.
Si vergognava della sua debolezza, non voleva esporsi tanto.
Liquidò quell'automortificarsi che la sua mente dispettosa le stava imponendo, quando sentì il legno della sedia accanto alla sua strusciare sul pavimento. Ma appena alzò il viso, scontrandosi con le iridi nere di Jon, avvertì un calore al ventre.
Era così avvenente...
Durante i banchetti ogni dama lo divorava con lo sguardo, facendole a volte saltare i nervi.

Qualche ora dopo aver colloquiato con Bran e Meera, si avviò nella direzione della stanza che suo marito usava per la corrispondenza.
Erano ore che se ne stava chiuso lì dentro e voleva sapere con chi stesse comunicando.
Jon sentì le guardie annunciargli l'entrata della regina e sollevò gli occhi dal banco, quando la vide entrare.
«A chi sono destinate le lettere che stai sigillando?» domandò la giovane, guardandolo seria.
«Sto dando il mio assenso ai lord che mi hanno chiesto le terre che i Bolton gli hanno sottratto.»
«Perché vuoi farlo? Quei lord non sono venuti in nostro aiuto nel momento in cui più avevamo bisogno, ed ora hai pure intenzione di ricompensarli?» gli domandò contrita, aggrottando le sopracciglia.
«Cosa dovrei fare, allora? Lasciare le loro famiglie senza il sostegno del loro raccolto?» replicò esasperato.
«Mi sembra che siano ancora vivi, troveranno un'altra soluzione.»
«Manderò queste lettere oggi stesso, ed è bene che te ne faccia una ragione, Sansa» la vide voltargli le spalle e uscire a passo svelto dalla stanza.
La moglie camminò nella direzione delle sue stanze infuriata, prima di vedere un'ancella venirle incontro con una lettera tra le mani.
Bianca come un cencio percorse i corridoi di Grande Inverno con il cuore in gola, tanto scossa dagli ultimi avvenimenti da riuscire a stento a sostenersi sulle gambe tremanti. Anche i suoi occhi sembravano stanchi, più scuri del normale. 
Quella lettera era di Dito Corto che le chiedeva di raggiungerlo nel parco degli Dei.
Non aveva idea di cosa volesse ancora. Sapeva di dover stare allerta.

*

Dopo aver consegnato le missive da spedire, Jon varcò la soglia della stanza che usava per parlare con ser Davos. L'ambiente era decorato con metalli di varia natura, armature e vessilli della casa Stark, che scivolavano sulle pareti grigie, come a sottolineare la severità di quella costruzione imponente. Nulla faceva presagire che in quell’atmosfera di pace sarebbe giunto presto un pericolo mortale, riguardante creature che da bambino aveva solo considerato come appartenenti alle favole.

«Ho mandato trenta uomini in queste zone» strusciò l’indice sulla mappa, mostrando i giacimenti d’Ossidiana esistenti a Nord.
«Avremo bisogno di fabbri in grado di forgiare le spade» suggerì ser Davos.
«Già, e ho anche intenzione di preparare coloro che ancora non sanno combattere. Dobbiamo istruire tutti» il re sospirò a pieni polmoni.
«Un popolo che non è unito anche in battaglia, non può sopravvivere» disse il suo consigliere.
Jon portò le mani sulle tempie esausto.
E cercando di trovare un po' di pace si affacciò alla fascia di pietra dell’arcata, notando Lord Baelish camminare sulla neve che aveva ammantato il terreno. Si chiese cosa ci facesse fuori, e subito dopo seguì il percorso che faceva, schiudendo le labbra nel riconoscere chi stesse raggiungendo.
Sansa.
Il re, da quando Dito Corto era giunto a Grande Inverno, si sentiva inquieto, lei non gli aveva detto nulla, dissimulando il tutto com’era solita fare. Aveva capito che ci fosse qualcosa che non andasse ogni volta che, evitando di farsi notare aveva scorto la sua espressione turbata.
Aveva studiato in silenzio Lord Baelish, reprimendo l’impulso di farlo tornare alla Valle, o di trafiggerlo, quando l'aveva scoperto osservare Sansa in modo interessato.
Come osava mancargli e mancarle tanto di rispetto?
Pensava di non essere notato? 
Lei era...
Si irrigidì, che pensieri stava facendo di nuovo? 


«Ser Davos, per oggi è tutto. Ci vedremo all’ora di cena» gli voltò le spalle.
«Posso chiedervi dove vi state recando, maestà?» sebbene gli avesse detto decine di volte di continuare a dargli del tu, Davos non ne voleva sapere nulla, e nostalgico forse d’un lungo tempo passato accanto un re, non ci aveva messo molto a rispettare l’etichetta.
«Ho bisogno di prendere aria e da solo» ho bisogno di capire, pensò prendendo un lungo respiro.
Già una volta, Sansa s’era fatta carico di tutto. E alla fine timorosa che Lord Baelish nemmeno rispondesse alla sua richiesta d'aiuto, aveva preferito restare zitta.
Jon doveva a quell’uomo la vittoria schiacciante sui Bolton, gli doveva la vita. Ma non era stato così ingenuo d’aver creduto che non ci fosse qualcosa sotto.
A che prezzo l’aveva fatto?
Le parole che lei gli aveva detto, qualche settimana prima che convolassero a nozze gli risuonarono in testa come una litania.

Solo un pazzo si fiderebbe di Dito Corto.

*

Sansa aveva raggiunto un albero ricolmo di neve e se ne stava in attesa.
In passato si era già trovata faccia a faccia con Petyr. Non poteva evitare di incontrarlo, non poteva permettergli di fare del male a Jon, non lo avrebbe sopportato.
Si appiattì contro il tronco, cercando di arginare il tremito che la pervadeva al contatto con quel solido supporto, capace di darle l’illusoria sensazione di avere la schiena protetta.
Le dita della ragazza avvertirono le asperità della corteccia su cui si erano posate.  

Dito Corto si fermò a pochi passi da Sansa, scrutandola con interesse, registrando ogni dettaglio.
Jon Snow sebbene fosse diventato suo marito, pensava solo all’imminente scontro, teneva a lei, ma non come un uomo dovrebbe tenere alla propria donna. Almeno questo aveva dedotto nel guardarli.
Non poteva pretenderla più come sposa al fianco. Gli insegnamenti che le aveva dato gli si erano rivoltati contro, perché Sansa s’era già tenuta al sicuro, lanciandogli quell’affronto e sposando quel ragazzo ingenuo. 
Ma non s'era rassegnato. Paziente avrebbe ordito i suoi intrighi attendendo che il re facesse la misera fine di chi l’aveva preceduto.
Gli uomini Stark erano condannati ad estinguersi ed ancora una volta sarebbe stato lui l’artefice di tutto. E lei gli sarebbe servita anche per la tessitura delle sue nuove macchinazioni.
«Lord Baelish » Sansa alzò il capo, quando lo vide.
«Desolato di averti fatto attendere, regina» la squadrò con un baluginio allucinato negli occhi.
Lei inspirò pesantemente.
«Aspetto che tu mi dica il perché hai voluto incontrarmi privatamente. Non è un comportamento da adottare con una donna sposata questo.»
A dispetto delle sue speranze, sembrava che neppure quel matrimonio l’avesse salvaguardata dalle sue mire. Durante i giorni passati al castello s’era accorto del distacco evidente che il re manifestava nei suoi confronti e questo l’aveva caricato di speranza.
«Volevo solo sincerarmi del tuo stato, perché preoccupato per te» fece un gesto elegante con la mano.
«Non ne hai motivo. Sono nella mia casa, e mio marito provvede ad ogni mia esigenza» gli rispose, cercando di mostrarsi serena.
«Converrai che una donna sposata avrebbe bisogno anche di un altro tipo di attenzioni. Attenzioni che io potrei darti…» le si avvicinò, carezzandole i capelli e fissandola con le sue iridi grigie.
«Lor Baelish» si scostò piano da lui. «Non è il caso che tu ti prenda tali libertà. Ti trovi al cospetto della regina del Nord, peraltro sposa del re proclamato da tutte le casate e gli alfieri» lo sguardo serio e irremovibile.
«Se non fosse stato per me il tuo caro re ora sarebbe morto, e tu mio amore avresti fatto la medesima fine.»
«E’ vero, ma non sei forse stato tu a voler metterti a mia disposizione, quando ci siamo incontrati? Le cose da allora sono cambiate, che tu lo voglia o no, Jon è il re di Grande Inverno, di tutto il Nord e io sono sua moglie.»
Sansa ansiosa di poter prendere congedo da lui, pregò che Spettro la raggiungesse, ma il metalupo quel giorno, non s’era visto in giro. E a meno che Dito Corto non le avesse usato violenza - cosa che era esclusa - Spettro non avrebbe fatto nulla.
Sperò allora che qualcun altro passasse nei dintorni, magari Brienne, ma lei a quell’ora si allenava con il suo scudiero.
«Il matrimonio dev’essere anche consumato, per essere valido. Così dicono le usanze del Nord» sorrise ambiguo.
Non sarebbe riuscita a sopportare la sua presenza un istante di più. Anche a quella distanza le pareva di sentire l’odore stomachevole dei suoi raggiri.  
«Noi abbiamo giurato davanti agli Dei. Jon resta mio marito in ogni caso.»
Ancora una volta Dito Corto era riuscito a insinuare insicurezza nel suo cervello.
«Un marito che nei tuoi riguardi manifesta una gelosia inesistente» mormorò, increspando le labbra.
Jon...
Completamente assuefatta da tutto ciò che le stava dicendo e ormai preda dei sussurri che lui in ogni modo le stava scagliando addosso, Sansa strinse i pugni delle mani, doveva andarsene.
Quando lo vide accorciare i metri che li separavano, indietreggiò, inciampando in una radice celata dal ghiaccio.
«Attenta, mia signora potresti farti male» il sorriso lascivo sul volto del Lord, mentre l'afferrava per la vita, lasciò il posto a un’espressione irritata.
«Grazie, ma ora è meglio che vada» mormorò cortese, cercando di divincolarsi da quelle braccia che le avvolgevano la vita. «Ho diverse faccende da sbrigare e devo dare ordini alla servitù per la cena.»
Ma il Lord fece finta di non sentirla e lei ingoiò a vuoto. Le parole amare appena subite l'avevano annichilita, e l’unico essere che avrebbe voluto vedere davanti a sé non aveva manto bianco, ne capelli biondi. Ma ondulate ciocche nere che gli lambivano le spalle, due occhi di tenebra e ciglia lunghe che gli orlavano le palpebre.
....Aiutami.
«Pensi forse di battere il tuo maestro con scuse così poco credibili?» le sussurrò, sfiorandole l'orecchio con le labbra.
Sansa strinse le mani sul suo braccio e cominciò a respirare affannosamente, alla ricerca di un pensiero che la tranquillizzasse e sopprimesse quel malessere che le rivoltava lo stomaco per quella vicinanza.
Vedeva appannato, le lacrime amare, tra non molto l’avrebbero tradita, rivelando tutta la sua debolezza, lasciandola desolata e vuota come un villaggio razziato.
Aiutami, Jon.
Si morse un labbro fin quasi a inciderselo, rifiutando le stille salate e la morsa che le bruciava la gola, perché sapeva che se si fosse arresa, dando voce a tutte le paure che le infestavano i pensieri, non sarebbe più stata capace di mantenere la lucidità necessaria a salvarsi.
«Lord Baelish» articolò glaciale il re del Nord, calpestando la neve e avanzando nella sua direzione. «Hai un solo istante per togliere le mani di dosso a mia moglie.»


 
   
 
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