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Autore: Bec Hale    08/05/2009    9 recensioni
«Vedi, Hug …», cominciò lei, depressa, poggiando la testa sulle braccia che circondavano le ginocchia.
«Altolà!», esclamai, impedendole di dire altro, mentre sentivo il desiderio di prudermi - come se avessi l’orticaria - ad udire quel soprannome. «Non chiamarmi con quello stupido nomignolo! Sembra un esclamazione di disgusto!»
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hugo Weasley, Lily Luna Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ understand;



Non capivo perché tutte le ragazze, dai tredici anni in poi, accusassero sempre brutti momenti di depressione. E se solo osavi chiederne il motivo, ti si aizzavano contro peggio di uno Schiopodo Sparacoda appena uscito da un immaginario letargo, il che ti impediva di aiutarle in qualunque modo.
Mia sorella, purtroppo, aveva da poco compiuto quindici anni e ancora enunciava di essere depressa, di sentirsi brutta, che nessuno l’avrebbe mai voluta eccetera. E siccome eravamo a casa da scuola per le vacanze natalizie, tormentava sempre me in mancanza dei cugini che poi incontravamo alla Tana.
«Hugo!», esclamava sempre, prima di incominciare con le sue lagne e poggiare la testa sulle braccia, afflitta. «Hugo, ma tu, sinceramente, mi trovi carina?», e altre domande del genere. Mi era ignoto sapere perché non tartassasse, che so, mio padre con domande del genere. Magari ci saremmo fatti tutti una bella risata, a vedere Ron Weasley dare consigli di estetica o robacce varie, che mi facevano venire l’orticaria.
A volte mi minacciava con la sua bacchetta - anche se sapevo benissimo che non l’avrebbe mai usata fuori dalla scuola, per paura di essere espulsa - pur di risponderle, al che io commentavo distratto quanto fosse bella eccetera eccetera.
Victoire, per fortuna, quella fase l’aveva già superata e non avevo dovuto subirmi nessuna sua lagna. Dominique, che aveva sedici anni, era un tipo che teneva tutto dentro, e nonostante fosse - quasi - sempre malinconica, non dava mai fastidio a nessuno.
Con grande sollievo, mi accorsi che l’unica a rompere le scatole un po’ a tutti era mia sorella, l’unica ad esternare tutte le sue depressioni teatralmente - con me, per l’esattezza. Proprio me. E di nuovo pensavo a perché diavolo non si cercasse un altro confidente.
Almeno, pensai questo finché Lily non compì tredici anni e, a pochi mesi di distanza, ci ritrovammo a casa per le vacanze di Natale.
Eravamo alla Tana e fuori nevicava copiosamente, mentre tutto era avvolto da un pesante manto bianco e la neve vorticava forte. La mia famiglia era tutta riunita in salotto, oppure nelle varie camere, come i miei cugini. Per fortuna, Rosie quel giorno era abbastanza tranquilla, quindi mi rilassai, spaparanzandomi comodamente sulla poltrona davanti al camino.
Lily era stesa sul tappeto vicino al caminetto, col viso corrucciato e le sopracciglia aggrottate.
Quella espressione non mi era nuova: era troppo simile a quella di Rose nei suoi momenti di depressione. Tremai e feci per alzarmi e darmi alla fuga, magari rinchiudendomi in camera mia e trovando il metodo per isolarla dal rumore di pianti vari da dietro la porta.
«Hugo!», mugugnò. «Ti prego, non lasciarmi sola! Non pure tu!»
Io, col piede già sul primo scalino, maledissi Merlino in tutti i modi che mi aveva insegnato papà. Mi voltai con un sorrisino stentato sulla faccia.
«Ehm … non voglio lasciarti sola! Devo solo … ehm … andare al bagno!», mentii, pur di svicolare. «Fred mi ha fatto mangiare dei cioccolatini lassativi e ho mal di stomaco, devo scappare!», continuai, agitato, mentre già mettevo il piede sul secondo scalino.
Sentii Lily alzarsi e trascinarmi via dalle scale per un braccio, mentre boccheggiavo indignato.
«E’ la verità, te lo giuro!», protestai, ma ormai non se la beveva.
Alla fine, fui costretto a sedermi accanto a lei sul tappeto e starla a sentire. Non bastava solo mia sorella, no: adesso anche mia cugina! Ma cosa sembravo, mia madre, aperto a regalare consigli a destra e a manca?
«Vedi, Hug …», cominciò lei, depressa, poggiando la testa sulle braccia che circondavano le ginocchia.
«Altolà!», esclamai, impedendole di dire altro, mentre sentivo il desiderio di prudermi - come se avessi l’orticaria - ad udire quel soprannome. «Non chiamarmi con quello stupido nomignolo! Sembra un esclamazione di disgusto!»
«Come vuoi.», commentò lei, facendo un gesto con la mano come per dire che non era importante. «Ecco, in questo periodo, non so … boh. Mi sento depressa, senza neanche avere un vero motivo.»
«Bene, allora la mia presenza è completamente inut-» dissi, facendo per alzarmi, ma lei mi tirò un braccio impedendomi di concludere la frase, e mi fece cadere a terra di nuovo - senza neanche badare al fatto che probabilmente avevo preso una bella botta. Non mi permise neanche di borbottare qualche insulto su Merlino: che frustrazione.
«Okay», sibilai, stufo, «cerca di spiegarmi come ti senti»
Sì, certo, tu parla e io vado a prendere il lettino per le sedute - magari anche spiritiche, si sa mai, voglio essere pronto per ogni evenienza - e un bel blocco per gli appunti.
«Cercherò di essere chiara», mormorò, arricciando il naso. «Be’, ecco, vedi, questo periodo è talmente …» iniziò, prima di fare un gesto stizzito con la mano. «Talmente … ugh!» fece un versetto di stizza. «E io mi sento talmente… argh!», esclamò, quasi arrabbiandosi per non so quale motivo e facendo un altro verso di stizza.
Riassunto finale: con tutti quei versi al posto delle parole, non avevo capito un piffero.
«Capito ora?», mi chiese disperata.
Strabuzzai gli occhi, sconvolto. «Ah … ehm … veramente, io …», biascicai mentre cercavo di far funzionare i pochi neuroni che non erano andati in vacanza e non ballavano sotto la neve improvvisando il carnevale di Rio de Janeiro.
Mi sentivo lo psicologo di famiglia, ci mancavano solo un bel paio di occhialoni professionali sul naso e un blocco di fogli fitti di appunti ed ero perfetto.
Insomma, perché dovevano venire tutti da me? Era un lavoro anche il mio, solo che, essendo tutti dei gran tirchi alla pari di papà, alla fine non mi regalavano neanche un centesimo. C’est la vie.
Evitai di dire a Lily che non avevo capito un emerito cavolo fritto del suo - mimate tutti assieme le virgolette - discorso, per paura di qualche librata in testa o peggio, quindi continuai a sproloquiare senza arrivare a dire nulla di sensato.
«Oh, sì … ecco, ovviamente! Ah, ehm, vedi, che so … cer-», borbottai, mentre lentamente mi avvicinavo alle scale, la mia unica via d’uscita.
«Grazie, Hug!» mi interruppe Lily, radiosa, sorridendo da un orecchio all’altro. Mi lasciò - nuovamente - sconvolto: ma come? Un attimo prima era depressa e ora sembrava avesse preso una dose esagerata di Felix Felicis che come effetto collaterale le stava regalando una paralisi facciale.
Ignorai quello stupido nomignolo e la osservai annichilito mentre correva ad abbracciarmi. «Aveva ragione Rosie, dai ottimi consigli!», trillò, staccandosi da me e sorridendo, contenta, i capelli rossi un po’ elettrici, forse per tutta quella carica di entusiasmo.
«Ma quali ottimi consigli?!», chiesi, stralunato, evitando di mettermi le mani nei capelli e strappare i miei bellissimi ricci rossi (non fate quelle faccia, su, un po’ di vanità non fa mai male.)
«La prossima volta che mi sentirò depressa, verrò da te! Grazie, Huguccio!»
Cercai di calmarmi mentre la vedevo sparire su per le scale, verso la sua camera, canticchiando non so quale canzone Babbana.
Punto primo: da dove veniva fuori quell’altro soprannome idiota? Huguccio! Come se il mio nome non mandasse già al WC di suo, e sono educato!
Punto secondo: la prossima volta che mi sentirò depressa? Spero proprio che non succeda mai. Soprattutto perché i miei fazzoletti da naso sono tutti rovinati a forza di lavarli, e quindi le sue lacrime non troverebbero nessun morbido tessuto da innaffiare - e il suo naso non avrebbe nessuno pronto ad accoglierlo.
Punto terzo: Verrò da te?! Tutte le volte?
Che siano benedette le mutande di Merlino!, pensai affannato e troppo preoccupato per la mia sorte (quella del cervello, più che altro, volevo salvaguardare i miei neuroni).
Okay, è deciso: domani do le dimissioni, che la mia famiglia si trovi un altro strizzacervelli!



Angolo Autrice
Internet a quanto pare mi odia, dato che è da dieci giorni che non c'è ADSL e ora sto sfidando la mia sfiga connettendomi grazie al cellulare.
Appena riuscirò a 'tornare' alla vecchia connessione, posterò il capitolo già pronto della mia long.

Tornando alla fic...altamente demenziale, sì xD
E' solo che questo periodo è talmente stressante e tutto il resto che mi andava di scrivere qualcosa di allegro, non di deprimente come mio solito.
Non ho messo 'comico' fra le opzioni del genere perchè non so se faranno ridere alcuni pezzi, quindi lasciamo perdere...xD

Hope you like it ;D
Alla prossima.
Bec.


  
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