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Autore: reginamills    09/10/2016    1 recensioni
{Sequel di Take Me Away} | Outlaw Queen AU. Robin Locksley aveva tutto: una bellissima casa, una moglie che amava con tutto sé stesso e che lo ricambiava, un bambino in arrivo e perfino un fedele amico: si tratta di Wilson, il Golden Retriever che lui e Regina avevano adottato. Ma ecco qui: un battito di ciglia e tutto ciò che ama di più sembra scomparire davanti ai suoi occhi. E, come se non bastasse, il passato sembra ripresentarsi...
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Salve di nuovo! Eccoci qui con un nuovo capitolo, finalmente. 
Scusate la lunga attesa e mi dispiace dovervi informare del fatto che ce ne saranno altre, di lunghe attese: l'università occuperà la maggior parte del mio tempo, ma questo non significa che io non posterò più. Probabilmente, per farmi perdonare, proverò a scrivere dei capitoli più lunghi :)
Intanto, spero che questo vi piaccia. Buona lettura!

 

Merda. Merda, merda, merda. Come aveva potuto essere così stupido? Era così indaffarato a fare la perfetta casalinga di Atlanta che non si era ricordato di guardare l’orologio. Sua figlia era in ritardo. In ritardo, e non capitava mai. 
Per fortuna la scuola lo aveva chiamato, sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa. 
Sudava, sudava freddo mentre correva in macchina e sfrecciava sulla statale. Come aveva potuto? Era un idiota, un perfetto idiota. Imprecò più volte quando finì imbottigliato nel traffico intenso di quasi l’una del pomeriggio. 
Era un pessimo padre. Pessimo. 
Dio, se Regina fosse stata lì lo avrebbe preso a schiaffi ed avrebbe avuto tutte le buone ragioni del mondo per farlo.
Suonò il clacson più e più volte prima di arrivare finalmente a destinazione, parcheggiando con una sgommata piuttosto intensa proprio davanti al cancello della scuola. 
“Renee” gridò, precipitandosi fuori dalla macchina. Sua figlia gli corse incontro, lasciando per un attimo la mano della sua amica Brianne. “Oh mio Dio, piccola, mi dispiace tanto.” la strinse forte a sé, lasciando andare, con un sospiro, tutta l’ansia e la paura che lo avevano guidato fino a lì. “Papà, è tutto ok, davvero…”
“No che non lo è, non mi ero reso conto che fosse così tardi, sarei dovuto venire prima, mi dispiace tantissimo.” la piccola quasi soffocava tra le braccia forti del padre ma riuscì comunque a sorridere e ad accarezzargli la schiena dolcemente.
“Va tutto bene, papà, sta tranquillo. Io e la mia amica Brianne stiamo bene.” per Robin fu come un pugno allo stomaco: la dolcezza infinita della sua bambina, il modo in cui lei sembrava doverlo sempre consolare, a soli otto anni.
“Ti voglio tanto bene, piccola. Lo sai che morirei se ti accadesse qualcosa.” finalmente, mollò la presa e la guardò negli occhi, accarezzandole il viso, i capelli, la fronte, come se volesse scolpire quel volto così perfetto che aveva avuto paura di non rivedere mai più.
“Non succederà papà. Non permetterò che tu rimanga solo un’altra volta.” e, per un istante, il mondo gli crollò addosso. Cosa avrebbe dovuto rispondere ad una bambina di soli otto anni che si metteva in bocca delle parole così importanti, così piene di significato e così maledettamente vere? Fortunatamente per lui, non l’avrebbe mai dovuto scoprire: “Papà, ti presento la mia amica Brianne.” Renee sorrise, e Robin fu grato al cielo per l’ennesima via di fuga che gli era stata offerta.
Solo allora gli occhi azzurri di Robin incontrarono quelli verdi e stranamente familiari della bambina che, imbarazzata, sedeva ancora sulla panchina, cercando di guardare qualsiasi cosa fuorché lui.
Le labbra di Robin si piegarono in un tenero sorriso: “Ciao Brianne! Io sono Robin.” 
La piccola cercò di sorridere ma continuò a guardare in basso: “E’ un piacere signor Locksley.” 
“Ehi, ehi, ehi! Ok, signorina, ascoltami bene: solo i miei alunni mi chiamano signor Locksley e, a giudicare dalla tua età, direi che non sarai una di loro ancora per molto, molto tempo.” tentò di farla ridere e sembrò funzionare: alzò lo sguardo e rivelò nuovamente i suoi occhi scintillanti:
“Lei è un insegnante?” disse, sconcertata.
“Preside, a dir la verità.” Robin le offrì un sorriso.
“Wow! Renee, tuo padre è davvero forte!”
“Te l’avevo detto!” e tutti e tre si lasciarono andare ad una risata. 
“Coraggio ragazze, saltate in macchina. Prossima fermata: casa di Brianne!” 
Robin si assicurò che entrambe si sistemassero sui sedili posteriori, con le rispettive cinture allacciate, poi salì in macchina e alzò di poco il volume della radio. 
“Papà, Brianne può venire a pranzo da noi?” chiese Renee, esitante.
“Tesoro, mi piacerebbe moltissimo ma non pensi che sua madre sia già preoccupata?”
“Possiamo chiamarla! Lei è a lavoro adesso. Ad aspettarmi a casa c’è la mia tata e non penso le dispiacerà andarsene prima.” le bambine risero insieme. 
“E va bene, visto che avete deciso di coalizzarvi contro di me, non mi resta che unirmi a voi.” scherzò Robin. “Renee, ti dispiacerebbe prendere il cellulare dalla mia borsa e farti aiutare da Brianne a comporre il numero di sua madre?”
“Certo papà.” Renee fece come le era stato chiesto e, come abitudine, mise il telefono in viva voce avvicinandolo al viso del suo papà, per quanto la cintura glielo permettesse, in modo da non dargli problemi alla guida. Un paio di squilli, poi una voce stranamente familiare, alla quale Robin però non fece caso: 
“Pronto?”
“Salve, parlo con la mamma di Brianne?” Robin cercò di imitare una voce buffa che fece ridere le due bambine. 
“Sì, è successo qualcosa?” il tono preoccupato della donna sembrò tuttavia smorzare i toni:
“Assolutamente no, signora, non deve preoccuparsi. Sono il padre di Renee Locksley, la compagna di classe di sua figlia. Sa, il pullman oggi non è passato, sembra ci sia stato un qualche sciopero,” e, per un attimo, Robin ricordò quei terribili momenti di panico. “Comunque, sono passato a prendere le ragazze e… sembra si siano decise a pranzare insieme. Volevo soltanto chiederle il permesso, Brianne mi ha detto della tata…”
La donna sembrò pensarci un attimo, poi ridacchiò: “E va bene, passo a prenderla alle tre. Certo, se per lei va bene.”
Robin sorrise: “Perfetto.”
“Molto bene. Grazie infinite, signor Locksley.” si salutarono e Renee riagganciò.
Sì, Renee Locksley aveva finalmente invitato un’amica a casa sua. E, fra lei e il padre, proprio non si poteva dire chi dei due ne fosse più contento.

Finirono di pranzare tardi. Robin aveva preparato il piatto preferito di Renee e la piccola Brianne, che non era solita mangiare pasta quanto la famiglia Locksley, aveva gradito molto e aveva finito per sporcarsi la camicetta rosa. 
“Non preoccuparti, te ne presterò una delle mie.” aveva detto Renee, e l’aveva fatto. Era una delle sue preferite, verde mela, ma a lei non dispiaceva affatto separarsene. 
Era una sensazione tutta nuova per lei: avere finalmente un’amichetta nella sua camera, prestarle le sue cose, condividere momenti assieme. E Brianne non era un’amichetta qualsiasi, ma una bambina che aveva un sacco di cose in comune con lei e che poteva capirla. Sì, decisamente qualcosa di nuovo, qualcosa da tenere stretto.
Mentre suo padre era intento a lavare i piatti e Renee mostrava a Brianne tutte le sue bambole, suonarono alla porta. Poteva immaginarlo: era la madre di Brianne. A Renee sarebbe piaciuto se fosse rimasta più a lungo, ma avevano entrambe dei compiti da fare per il giorno dopo.
Fu Robin ad andare ad aprire, lasciando che la signora dall’altra parte venisse accolta da uno stupore più che ricambiato:
“Oh mio Dio… Jane?”
“Robin?” La donna, sconcertata almeno quanto lui, si ritrovò ad arrossire. A Robin ricordò sua figlia, Brianne, e non potè far a meno di sorridere:
“Beh, questo sembra…”
“Imbarazzante?” lo anticipò, mentre lui si spostava per lasciarla entrare in casa.
“Stavo per dire… uno strano scherzo del destino.” rise, posando lo strofinaccio che aveva stretto forte durante lo stupore precedente. La donna non rispose, ma si guardò intorno e fece un apprezzamento sulla casa. “Le ragazze sono di sopra, in camera di Renee.” spiegò Robin. Poi, si fece serio: “Io… Non avevo idea che Brianne… avesse perso il suo papà. Mi dispiace tanto.”
“E io non sapevo di Renee. Dev’essere stata dura.” Jane abbassò lo sguardo. “In un certo senso, almeno Brianne ha avuto l’occasione di conoscere suo padre e di ricordarsene.”
Robin annuì, concentrando lo sguardo sul parquet: “Già.”
“Mamma!” sentirono la voce di Brianne e i passi delle due piccole pesti scendere furiosamente le scale. In poco più di due secondi, le braccia della piccola si strinsero forte attorno alla vita della donna: “Renee mi ha prestato la sua maglietta perché io ho macchiato la mia, ti prego non arrabbiarti. La pasta che ha fatto il signor Locksley era davvero buona.” Robin voleva aggiungere qualcosa di simpatico al commento della bambina, ma il suo sguardo si perse su sua figlia: era rimasta ferma, sulle scale, a guardare con gli occhi sognanti la sua nuova migliore amica che stringeva forte tra le braccia una figura che lei non aveva mai avuto modo di conoscere. Quasi gli venne da piangere, e non fu facile per lui trattenersi dal correre ad abbracciarla forte.
“Davvero?” rise Jane. “Renee, grazie mille per il prestito. Te la restituiremo lavata e profumata.” Robin osservò il modo in cui il labbro della sua piccola si fece tremolante mentre mormorava un tenero “Non si preoccupi signora, gliel’ho regalata.” ed arrossiva.
Dio, la amava. Amava sua figlia da morire. 
Jane le regalò un sorriso: “Sei stata molto gentile, tesoro. Grazie.” 
Renee lo ricambiò, ma era timido e distaccato: “Si figuri.” poi ci pensò un attimo, “Brianne può tornare a casa mia qualche volta?” 
Jane guardò Robin, incerta sul come rispondere, e lo trovò a sorridere. Annuì: “Certamente. E sai, a dir la verità ci farebbe molto piacere se venissi anche tu da noi qualche volta. Magari per una merenda, che ne dici?” Finalmente il sorriso di Renee si ampliò e il labbro superiore scoprì i denti:
“Mi piacerebbe moltissimo, signora Compton.”
“Chiamami Jane, va bene?” le si avvicinò e le porse la mano, proprio come aveva fatto Robin con sua figlia poche ore prima. 
Renee la strinse dolcemente. 

Dopo quella giornata estenuante, che si era rivelata stranamente piacevole, Robin rimboccò le coperte di Renee, rimase un po’ di tempo con lei, poi le baciò la fronte e le augurò la buonanotte. 
La piccola aspettò un minuto buono dopo che il padre avesse chiuso la porta, poi riaprì gli occhi e si affrettò ad aprire il cassetto del suo comodino per prendere il suo diario.
Come era d’abitudine, accarezzò la fotografia della sua mamma e vi si perse per qualche istante prima di girare le pagine già scritte ed impugnare la penna:

Cara mamma,
ciao! Sono tornata dal piccolo viaggio che abbiamo fatto per il mio compleanno e papà ha promesso di stampare tutte le fotografie che ho fatto con i personaggi delle favole. Ti piaceranno, vedrai!

Si ritrovò a sorridere:

Sai, mammina, oggi sono successe tantissime cose. Ora, anche io ho un’amica del cuore. Le mie compagne ne parlavano tanto e sono contenta di aver scoperto finalmente di cosa si tratta. E’ una sensazione bellissima: Brianne è tutto ciò che si può desiderare in un’amica. E’ simpatica, mi fa ridere tanto, e non rifiuta mai di giocare con me. Oggi è venuta a casa nostra, papà ha cucinato le linguine alle vongole e a lei sono piaciute tanto.
Lo sai, mamma, io e Brianne abbiamo moltissimo in comune. Anche lei ha perso un genitore (il suo papà) e oggi era molto imbarazzata quando ha incontrato il mio. Papà è stato davvero meraviglioso, l’ha fatta sentire subito a suo agio.
Sai, più tardi è venuta la mamma di Brianne a prenderla. Per un istante sono stata davvero molto invidiosa, mamma.

Ed arrossiva, arrossiva come non mai davanti a un foglio di carta riempito a metà di parole così cariche di significato, come se stesse confidando il suo più grande segreto a qualcuno che fosse effettivamente lì per ascoltarla.

Lei l’ha chiamata “piccola mia”, l’ha stretta forte tra le sue braccia e l’ha baciata sulla guancia. Sono cose che desidero fare anche io ogni giorno della mia vita, mammina. Sono sicura, però, che anche Brianne è triste quando abbraccio il mio papà… vorrei tanto che la morte non esistesse. Non è giusto che una bambina debba perdere uno dei suoi genitori. Chi ne ha due deve essere davvero molto fortunato, e Brianne per un po’ lo è stata: mi ha raccontato che il suo papà è volata in cielo quando lei aveva compiuto da poco quattro anni. L’ha conosciuto, capisci? Deve essere ancora più doloroso così… o forse no. Almeno lei può ricordarsi che cosa si provava a ricevere un suo abbraccio o di cosa profumava...

In quel momento, proprio mentre desiderava intensamente ciò che la sua amica aveva avuto la fortuna di avere quando probabilmente era troppo piccola per rendersene conto, un profumo di fragole e fiori di pesco che Renee non aveva mai sentito prima, invase la stanza completamente. 
Si ritrovò a sorriderne inconsciamente.

 
Probabilmente la maggior parte di voi si starà chiedendo dove voglio andare a parare... lo scoprirete tra poco. Pochissimo, direi.
Grazie per aver letto! Un bacio e alla prossima :)
   
 
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