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Autore: MissKenobi    14/10/2016    4 recensioni
“Non ricordi?”
Scuoto la testa, intontita.
Come diavolo è potuto succedere tutto questo?
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 
 
 






“Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più.”
-Massimo Gramellini
 
 
 




Sai a cosa ho pensato in quel momento; il momento in cui mi hanno detto che avevi avuto un incidente?

Quel giorno tua madre mi aveva chiamata al telefono.

Io non avevo risposto.
Ero troppo impegnata; troppo presa dal mio lavoro, troppo stanca per stare ad ascoltare le sue proposte per il pranzo di Natale, troppo occupata per ascoltare come stavano crescendo le sue piante in giardino.

Ricordo di aver risposto alla quinta telefonata, Emma.

Alla quinta.

Per giorni mi sono tormentata; pensavo ingenuamente che se avessi risposto prima, le cose sarebbero state diverse.  

Avrei risposto alla chiamata e tua madre mi avrebbe parlato davvero del pranzo di Natale.

“Emma ha avuto un incidente, Regina. Ho provato a chiamarti un miliardo di volte. Dov’eri finita?”

Sai a cosa ho pensato in quel momento, Emma?

Ho pensato che non riuscivo a ricordarmi l’ultima volta che ti avevo detto di amarti.

Ho pensato che se non riuscivo a ricordarlo, molto probabilmente, era perché non te lo dicevo da troppo tempo.

Da quando eravamo diventante una di quelle coppie?

Quelle coppie che smettono di dirsi ti amo perché tanto ormai non ha più senso, perché tanto ormai non ha più importanza, perché tanto ci sarebbe stata sicuramente un’altra occasione per farlo.

Ero terrorizzata, Emma.

Ero terrorizzata dall’idea che saresti morta.

Tu saresti morta, ed io non sarei neanche stata in grado di ricordarmi l’ultima volta che ti avevo detto di amarti.

Avresti potuto perdonarmi?

L’avresti fatto?

Sì, l’avresti fatto.

Tu di amarvi me l’avevi detto la sera prima, Emma.

Ed io, invece, non ricordavo l’ultima volta che ti avevo risposto.


“Cosa significa che non si ricorda di te?” mi chiede mia madre seduta sul letto di camera mia. Nostra.

“Quello che ti ho detto, mamma. Ha dimenticato quattro anni della sua vita.”

Ero tornata a casa da circa due ore e mia madre, Cora, non faceva altro che ripetermi la stessa domanda.

Henry, non c’era; era con la mia agente e migliore amica, Kathryn.

Tornare a casa, dopo quello che era successo, era stato strano; tutto sembrava così vuoto, così insignificante.

Ogni cosa mi ricordava di te; era tutto come lo avevi lasciato: il tuo libro di Stephen King sul comodino, i tuoi occhiali da sole buttati distrattamente sul divano del salotto, i vestiti che avevi indossato il giorno prima dell’incidente, ancora da sistemare.

“Non tollero questo disordine in casa mia! A volte mi sembra di stare con una ragazzina, Emma.”

“Casa nostra”

“Cosa?”

“Non casa tua, Regina. Casa nostra.”

“Sei un idiota, te l’ha mai detto nessuno?”

“Tu, di continuo.”

A mia madre, Emma, non era mai piaciuta particolarmente.

Non era alla mia altezza, diceva lei.

Come se qualcuno lo fosse mai stato.

 Nessuno era mai stato abbastanza per lei.

“Che poi che diamine ci faceva a New York?”

“Non lo so.”

“Scommetto che era andata a trovare quel suo ex ragazzo…sai quello che doveva sposare.”

“Smettila.”

“Come si chiamava…Neal…?”

“Ho detto basta!”

Vederla seduta sul quel letto, il nostro letto, mi dava la nausea.

“Dovresti imparare a gestire questa rabbia, sai che non ti fa bene.”

“Vattene.”

“Scusami?”

“Ho detto, vattene.”

“Sei chiaramente fuori di te, Regina” dice alzandosi finalmente dal letto.

L’ultimo posto dove ricordo di averti vista, Emma.

“E’ evidente che in questo momento tu non riesca a pensare in modo lucido” aggiunge avvicinandosi e mettendo una mano sopra la mia, quasi per rassicurarmi.

Mi ritraggo bruscamente, perché so, so che a mia madre non interessa nulla del mio dolore.

A mia madre non interessa niente di Emma, del suo incidente o del fatto che non si ricordi più di me e di nostro figlio.  

“Hai mai pensato che potesse fingere?”

“Fingere cosa, mamma? Fingere di avere perso la memoria? Sei completamente impazzita?!”

“Impazzita?” dice camminando nella stanza come se fosse la padrona di quella casa, come se fosse la regina “da quando sei diventata così ingenua, figlia mia?”

“Perché dovrebbe anche solo pensare di fare una cosa del genere?”

“Perché sono dei pezzenti; lei e la sua famiglia.”

Ora basta.

 “Vattene, prima che io faccia qualcosa di cui potrei pentirmi, madre.”

“D’accordo” dice alzando le mani in segno di resa “me ne vado…ma pensaci. Sei tu che un mese fa sei venuta da me parlando di quanto non riuscissi a sopportarla. Sei tu, Regina, che mi hai parlato di volerti separare dalla tua amata Emma, o sbaglio?”

“Era prima…”

“Prima di cosa? Di questo? Avevate dei problemi, Regina. Lo sapevano tutti; il fatto che la tua principessina sia caduta sulle scale e abbia magicamente dimenticato quattro anni della sua vita, non cambia le cose. Potrebbe rovinarti lo sai? Quale giudice negherebbe l’affidamento di Henry alla povera ragazza smemorata? Per non parlare dei soldi che dovresti darle! Per l’amor del cielo, Regina, ti ho cresciuto meglio di così. Non ti ho cresciuta per farti mandare sul lastrico da una donnetta di periferia da quattro soldi.”

“Non ti permetto di parlare di lei in questo modo!”

“Ti ha proprio rovinata, Regina” aggiunge con disprezzo “e ti rovinerà ancora se non fai qualcosa in fretta. Ti sta ingannando. Prima te ne renderai conto e prima ci liberemo di lei una volta per tutte.”

“Vattene, non voglio sentire un’altra parola! Come puoi anche solo pensare che Emma mi farebbe una cosa del genere? Non mi porterebbe mai via Henry! E’ mio figlio!”

“Esatto, è tuo figlio; faresti bene a ricordartelo. Non suo” dice avvicinandosi alla porta “quando sarai tornata in te, Regina. Sai dove trovarmi. Forse non sono mai stata una brava madre, ma sono sempre stata e sempre sarò uno dei più bravi avvocati del paese. Possiamo ancora vincere noi, non le permetterò di portati via tutto quello per cui abbiamo lavorato in questi anni.”

“Non si ricorda neanche di me; come pensi si possa ricordare dei nostri problemi?”

“Hai ragione, cara. Forse non si ricorderà dei vostri problemi, se è così che vuoi chiamarli; ma credi davvero che questa donna che dice di non conoscerti, voglia rimanere un minuto di più sposata con te?”

 

Non riesco più a dormire nel nostro letto Emma; in realtà non riesco più a dormire e basta.

Passo le notti a pensare a come riuscire ad andare avanti.

Passo le notti a pensare a come spiegare ad Henry che non ti ricordi più di lui.

Non lo vedo da una settimana, sai?

Ho paura di vederlo; vederlo significherebbe dirgli quello che ti è successo…e dirlo ad lui, renderebbe tutto reale.  

Come posso spiegare ad un bambino che la madre non si ricorda più di lui?

Mi manchi, Emma.

Giro per casa indossando le tue magliette, perché sono una delle poche cose che ancora sanno di te, in questa casa che ormai non sa più di niente.

Mi manchi così tanto che passo le mie giornate a guardare il telefono; pensando di chiamarti, di scriverti, per poi non farlo mai.

Sei tu, invece, a chiamarmi una sera.

“Regina”

“Ciao, Emma” ti rispondo.

“Come stai?” mi chiedi.

Dovrei essere io a chiederlo a te.

“Sto bene”.

Ancora bugie.

Stai mentendo.”

Rido.

 “Perché ridi, Regina?”

“Perché tanto tempo fa mi hai detto che potevo mentire a tutti, ma non a te. Suppongo che avessi ragione.”

Silenzio.

L’unica cosa che riesco a sentire è il tuo respiro.

“Emma? Sei ancora lì?”

“Sì, Regina…posso chiederti una cosa?”

“Tutto quello che vuoi” rispondo senza neanche pensarci.

“Tu riesci a dormire?”

“No, Emma”

Avrei potuto mentirti ancora, ma che senso avrebbe avuto?

 Mi hai detto che non posso mentirti, giusto?

“Pensi che passerà mai tutto questo? Passerà mai tutto questo dolore?”

Hai sempre pensato che io avessi tutte le risposte del mondo, Emma.

Ogni volta che avevi paura, venivi da me. 

Ho sempre pensato che fossi come Henry; entrambi venivate da me per essere rassicurati.

Lui per la paura del buio e dei mostri, tu per la paura di non essere mai abbastanza.

“Non lo so, Emma. Non so se passerà mai.”

Ancora silenzio.

Lo stesso silenzio che ha distrutto la nostra relazione.

“Buonanotte, Regina”.

“Buonanotte, Emma”. 

 
Ecco a voi il quatrto capitolo; questa volta facciamo un giro nella testa di Regina.. Vi ringrazio come sempre :) Alla prossima e fatemi sapere cosa ne pensate! 
 
   
 
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