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Autore: Chipped Cup    15/10/2016    3 recensioni
[ Captain Swan | AU senza magia ]
Emma Swan, ventotto anni, sola, un lavoro scadente che la faceva a malapena arrivare a fine mese. Oramai ci aveva messo una pietra sopra e aveva accettato, seppur malvolentieri, quella schifosa vita che le era capitata. Poi la svolta: una chiamata, un'offerta di lavoro nella piccola cittadina di Fort Kent, Maine, le da la spinta che le serviva per ricominciare. Emma Swan arriva in città senza troppe aspettative, tutto quello che chiede è un po' di pace, ma con Killian Jones, padre trentenne e solo, tra i piedi e un segreto a lungo custodito che sembra voler spuntare fuori ad ogni costo rimescolando così tutte le carte in tavola, la sua nuova vita a Fort Kent sarà tutto fuorché tranquilla.
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Dalla storia:
Emma sorrise. Un sorriso sincero, entusiasta, tenero e rassicurante. Aveva appena avuto la dimostrazione del grande cambiamento che stava affrontando Killian Jones: piano piano stava lasciando andare la sua “parte oscura” e stava crescendo, maturando e diventando responsabile. E lo faceva per suo figlio, ma anche per lei. Se prima poteva aver avuto dei dubbi su di lui, in quel momento vennero spazzati via come una ventata d'aria fresca.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Un incontro da dimenticare




Una birra. Una bellissima, rinfrescante e rigenerante birra. Era tutto quello che desiderava dal momento in cui la sveglia aveva suonato di primo mattino, sbattendolo giù dal letto di controvoglia. Probabilmente aveva anche sognato di berla, magari in uno di quegli iconici boccali che aveva trovato in diversi irish pub che aveva frequentato durante la sua giovinezza, i suoi anni migliori. La schiuma che puntualmente andava a finire sulla sua barba, il sapore amaro che gli scendeva in gola. Si stava facendo del male da solo, con tutte quelle immagini. Già non aveva pensato ad altro per tutto il giorno: sognava il momento in cui sarebbe rientrato a casa, avrebbe scalciato via le sue Converse nere e bianche consumate sulle punte, si sarebbe buttato sul divano di casa e si sarebbe goduto quella benedetta birra. O magari poteva anticipare i tempi e fare un salto al Rabbit Hole, proprio in quel momento, bere qualcosa prima di andare a prendere Henry. Quanto tempo aveva prima che il ragazzino uscisse da scuola? Guardò il polso sinistro, la lancetta dei secondi continuava a ticchettare avanti e indietro. Ah già, orologio rotto. Comunque gli rimanevano una manciata di minuti, ad occhio e croce, quindi l'idea della birra era da accantonare e rimandare a quella sera. Alzò gli occhi blu verso il semaforo che non si decideva a scattare, l'indice destro picchiettava contro il volante della sua Ford, spazientito. Non gli andava di far tardi, non voleva che suo figlio fosse costretto adaspettarlo fuori la scuola, da solo.
Voltò il capo alla sua sinistra, non sapendo come trascorrere quei secondi interminabili e si accorse di uno strambo catorcio di colore giallo, decisamente molto vecchio e malandato, decisamente appariscente. Si domandò come avesse fatto a non vederlo prima e soprattutto da quanto tempo fosse lì. Guardò, incuriosito, l'interno della vettura, potendo solamente notare una chioma bionda chinata verso il sedile del passeggero, probabilmente alla ricerca di qualcosa. Sembrava stesse mettendo a soqquadro quel piccolo spazietto e questo lo fece sorridere divertito sotto i baffi, tanto che si dimenticò di essere fermo nel bel mezzo di una strada, si dimenticò del semaforo, che nel frattempo era diventato verde, e delle altre auto che aveva dietro. Anche la bionda, evidentemente, si era dimenticata dove si trovasse, tant'è che gli altri automobilisti cominciarono a suonare i loro clacson per ridestarli dal loro stato di trance. Killian mise in moto, non prima di aver lanciato un'ultima occhiata alla donna, che adesso si era sporta dal finestrino e mostrava un bel medio contro le altre vetture. Che tipa! Poi lei proseguì diritta, verso la città, mentre lui svoltò a destra, in direzione della scuola elementare di Fort Kent.


Fort Kent, Maine; Luglio 2013


Acqua fredda, quasi ghiacciata, scorreva dal lavandino della cucina, e rinfrescava le mani che, pazientemente, lavavano i pochi piatti e le poche posate utilizzate da Killian e da suo figlio per la cena. Qualche altro uomo single avrebbe sicuramente utilizzato piatti, bicchieri e forchette di carta, il tutto per evitare di lavare più cose possibili una volta terminato il pasto, ma lui no. Killian, in qualche modo, adorava quel momento, lo trovava rilassante. Sapeva di essere pazzo, non era una cosa normale amare quell'azione quotidiana quale era il lavare i piatti, eppure in quegli istanti si ritrovava a sgombrare completamente la mente, aiutato forse dallo scorrere dell'acqua. Era come se il sapone sciacquasse via anche i suoi pensieri. Arrivava poi il momento, tra un coltello e una pentola, in cui, con la coda dell'occhio, osservava, o per meglio dire controllava, Henry che giocava in giardino. Erano in piena estate, le giornate erano più lunghe, e il bambino approfittava veramente di ogni istante libero per correre dalla sua personalissima altalena, alla macchinina elettrica che gli aveva regalato suo padre lo scorso Natale. Una volta assicuratosi che stesse bene e che non avesse bisogno di niente, Killian chiudeva il rubinetto e cominciava ad asciugare tutto.
Si asciugò, infine, le mani su uno strofinaccio, mentre vedeva Henry spegnere e uscire dalla sua piccola auto giocattolo blu, e correre a perdifiato verso qualcosa. Killian non poté impedirsi di affrettarsi a vedere cosa avesse attirato l'attenzione del bambino, pronto ovviamente a fermarlo se fosse stato necessario, ma poi notò la Berlina nera parcheggiata nel vialetto e si tranquillizzò. Un'occhiata rapida all'orologio, giusto per domandarsi il motivo di quella visita così improvvisa.
Uscì fuori anche lui, restando appoggiato con la schiena allo stipite della porta, mano sinistra nella tasca dei suoi jeans. Henry era corso fino alla portiera e adesso saltellava prima su un piede e poi sull'altro, entusiasta di vedere la sua zia preferita e, magari, anche speranzoso che gli avesse portato qualcosa, un nuovo giocattolo sarebbe stato perfetto ma anche qualche ottimo dolce al cioccolato poteva andare bene.
La donna dai corti capelli neri uscì dall'auto e subito si abbassò per abbracciare il bambino, che si lasciò anche baciare la guancia sinistra procurandosi un bel segno rosso causato dal rossetto. Vide la mora prendere la sua borsa, infilarci una mano dentro e cacciare fuori una vaschetta dalla quale si intravedeva una fetta di torta al cioccolato e panna montata. Henry batté le mani su di giri, le abbracciò la vita velocemente, le tolse la vaschetta dalle mani e corse verso casa. Notando il padre, però, si fermò.
«Posso papà?» Aveva cancellato l'ampio sorriso dalla faccia, nascondendo in quel modo il piccolo spazio che aveva lasciato la caduta di un canino superiore da latte che tanto faceva sorridere Killian, e messo sopra uno sguardo da cucciolo arrendevole. L'aveva preso sicuramente da lui, Killian ne era certo, quante volte aveva usato quello sguardo? Occhi penetranti che non sbattevano ciglio, piccola smorfia con l'angolo della bocca, capo appena appena chinato verso destra... nessuna donna era mai riuscita a dire di no a quella faccia, e lui proprio non riusciva a dire di no al figlioletto. Per cui sospirò sconfitto, gli scompigliò i capelli e gli disse di lasciargliene almeno un pezzettino.
«Però poi ti lavi i denti, ragazzino, e fili a letto, intesi?» Henry parve accettare quel compromesso e non provò a negoziare l'orario delle nanne come avrebbe fatto in qualsiasi altra sera. Quando rientrò in casa, Killian si voltò verso la donna che ormai lo aveva raggiunto e lo guardava con aria colpevole. «Che ti avevo detto sul non viziarlo troppo, Regina?» Quella non rispose, si limitò solamente ad alzare gli occhi verso l'alto per esprimere il suo disaccordo, strinse la mano intorno alla borsa ed entrò in casa. Quel comportamento insospettì l'uomo: non era assolutamente da Regina perdere la minima occasioni di bacchettarlo esprimendo il suo parere, perciò la raggiunse accennando una piccola preoccupazione. «E' successo qualcosa?»
«E' finita», pronunciò flebile mentre si sedeva sul divano e, una volta essersi tolta i tacchi a spillo e averli poggiati sul pavimento ben diritti, allungava le gambe poggiando la schiena su un cuscino. Killian, normalmente, le avrebbe detto senz'altro qualcosa, magari le avrebbe fatto notare che anche lui voleva mettersi comodo sul suo divano oppure le avrebbe chiesto gentilmente di scansare i suoi regal piedini, ma lasciò perdere, per quella volta. Si poggiò su uno dei due braccioli, ruotando scomodamente la schiena e il collo così da poterla guardare in volto. Aprì la bocca deciso a mettere insieme qualche parola ma lei lo bloccò sul nascere. «Non ti azzardare, non voglio sentire nessun “mi dispiace” o robaccia varia, sai che li detesto.»
«Lo so bene», annuì con il capo ed incrociò le braccia, notando che lei non osava guardarlo in volto, forse, si disse, per mantenere il solito tono freddo e distaccato e non farsi leggere negli occhi, quei tristi occhi che si riempivano, ogni tanto, di lacrime. Quando succedeva, Regina prendeva un respiro profondo, deglutiva, chiudeva le palpebre e aspettava che le lacrime andassero via, poi concentrava la sua attenzione su tutto quello che aveva intorno, ma non su Killian. Mai far trasparire pienamente la propria debolezza, era la prima regola. «Però è così», continuò l'uomo, alludendo al fatto che, volente o nolente, a lui dispiaceva davvero per la loro rottura «Robin mi è sempre sembrato un brav'uomo, quello giusto; cos'è andato storto?» Sapeva che nell'ultimo periodo le cose tra i due, che avevano anche cominciato a convivere, non stavano andando bene nonostante il forte sentimento che li legava, ma nessuno si era mai preso la briga di entrare nei dettagli.
«Diciamo che è difficile mandare avanti un rapporto quando ti senti in obbligo verso la tua ex moglie», sospirò, osservando i cuscini del divano davanti a lei «alla fine hanno deciso di riprovarci, per Roland». Killian aveva conosciuto Robin a lavoro circa un anno prima, appena divorziato dalla moglie – neanche ricordava il nome della donna – e con un figlio di poco più di un anno che viveva con lei nella Grande Mela. Non aveva combinato nessun incontro con Regina, era capitato e basta e ricordava quanto la donna era rimasta colpita dai modi gentili dell'uomo. L'amore era sbocciato nel giro di poco, li trovava fatti l'uno per l'altra, ma poi Marian – ah già, ecco come si chiamava! – era ricomparsa. Robin era un uomo d'onore, forse anche troppo secondo Killian, e quella notizia ne era la prova.
«Sapevo a cosa andavo incontro, Jones, non fare quella faccia da imbecille», lo rimbeccò la Mills, che aveva tolto le gambe dal divano ed ora sedeva composta «mi preparo a questo momento da quando Marian è tornata in città, non sono sconvolta come pensi», su questo Killian aveva da ridire, ma alla fine accontentò la donna e lasciò cadere il discorso. Non nominarono più Robin per tutta la sera, non osò nemmeno chiederle se fosse già andato via di casa o se, per evitare di vederlo, avrebbe preferito dormire lì, per quella notte, nella stanza degli ospiti che praticamente usava solo lei. Tirò fuori del vino rosso, ne versò due bicchieri e accese la tv. Dopo circa un'ora e mezza di silenzio, interrotto di tanto in tanto da commenti rivolti allo show che stavano guardando, fu di nuovo Regina a prendere la parola «Da quanto tempo non esci di casa?» Killian si voltò verso di lei con il sopracciglio sinistro alzato, guardandola interrogativo. «Intendo dire uscire, conoscere gente, svagarti un po'. Non puoi lasciare queste mura solo per andare a lavoro o a fare la spesa!»
«Regina, nel caso non te lo ricordassi, ho un figlio di sei anni», rispose pacato lui, togliendole il bicchiere vuoto dalla mano mentre si alzava con l'intenzione di posarli, entrambi, nel lavandino; lei lo seguì, si riprese il suo bicchiere e tornò a versarsi un altro po' di vino «mi sentirei un mostro a lasciarlo da solo. E per cosa poi? Conoscere qualcuna? Non credo che lui sia pronto a vedere un'altra donna nella mia vita», commentò risoluto, guardando d'istinto verso la porta chiusa della camera di Henry che era andato a dormire poco prima.
«Non ti ho detto mica di trovarti moglie, Killian», replicò ancora l'altra, apparentemente decisa a smuoverlo da quell'assurda decisione che sembrava aver preso ormai da tempo «Sono passati quasi due anni, devi ricominciare a vivere. Ti dico solo di prenderti delle serate per te, magari esci con qualche collega. Ci sono io qui con Henry, se è questo che ti preoccupa. Ma torna a vivere.»


Fort Kent, Maine; Aprile 2016


La prima cosa che si trovò davanti fu la cucina. O forse avrebbe dovuto dire sala da pranzo? O magari era il salotto? Era confusa, le due stanze non erano separate neanche da un piccolo muro, come avrebbe dovuto chiamarle adesso? Be', il soggiorno si rivelò più grande di quello che aveva immaginato: subito alla sua destra vi trovò un vecchio divano coperto da un telo color panna molto vecchio stile – il suo primo pensiero fu quello di sbarazzarsene quanto prima –, sembrava comodo ma rimandò quel test a più tardi; ancora alla destra del divano, a sfiorare l'altra parete, vi era un mobile non troppo grande con sopra una una piccola tv che sembrava piuttosto datata; sopra di essa, sul muro, vi erano le tracce di due mensole perciò si disse che avrebbe fatto meglio a procurarsele anche lei. Dalla parte opposta della stanza vi era un frigo di metallo, grigio, che si rivelò piuttosto graffiato; due banconi e un semplice angolo cucina; un tavolo e sei sedie chiudevano quel quadretto. Era piuttosto spoglio, si disse Emma, avrebbe pensato a come riempire gli spazi vuoti più avanti. O magari no, tanto era intenzionata a restare in quel posto per il minor tempo possibile, giusto?
Percorse il piccolo corridoio che separava l'ingresso dalla camera da letto, spinta da un briciolo di curiosità di scoprire quella nuova casa. Alla sua destra trovò un piccolo bagno e una cameretta – praticamente vuota, tolta una piccola libreria senza nessun volume –, ma non vi ci soffermò troppo. La camera da letto era, per sua fortuna, la più arredata con tanto di comò in legno vecchio stile, letto matrimoniale, due comodini ovviamente in legno, un grande armadio e uno specchio subito affianco. Si buttò sul letto, senza un reale motivo, e si sentì affondare in quel materasso davvero troppo morbido per i suoi gusti. Cercò di non pensarci e prese a fissare il soffitto battendo le ciglia di tanto in tanto. Era tutto vero, aveva lasciato Boston per tornare nella cittadina della sua infanzia, Fort Kent. In quel momento si trovava nel vecchio appartamento di Belle French, che le aveva già fatto fare il tour completo della libreria proprio al piano di sotto. Le aveva dato le chiavi di casa e l'aveva lasciata salire, a scoprire quello che racchiudevano quelle piccole mura. Probabilmente era ancora in libreria ad aspettarla, sorriso soddisfatto e gentile sul volto, in attesa di sapere un suo parere. Un parere su cosa? Sulla casa? Sul lavoro? Sulla città? Sulla sua nuova vita?
Sospirò, Emma, socchiudendo appena gli occhi per poi riaprirli dopo qualche secondo, come a volersi assicurare che non si trattasse di un sogno. Un sogno bello o brutto? Non sapeva neanche come definirlo, non riusciva a capire cosa fosse quella strana sensazione che le si era messa addosso fin dal primo momento in cui aveva attraversato il confine della cittadina. Non era emozionata, quello no. Non era benché meno spaventata. Ma qualcosa era, qualcosa cercava di farle arrivare un messaggio attraverso quella sensazione alla quale non sapeva dare un nome, ma sapeva anche che non l'avrebbe scoperto così su due piedi.
Avrebbe voluto che August fosse stato lì, a casa dei suoi genitori, e non in giro per gli USA a cercare storie interessanti per i suoi servizi. Avrebbe potuto aiutarla con le valigie e gli scatoloni, maledizione certi erano davvero troppo pesanti. Arricciò le labbra a quel pensiero, dicendosi che avrebbe portato sopra solamente le cose più leggere e che avrebbe aspettato lui per prendere il resto.
Dopo circa cinque minuti si tirò su, si alzò in piedi e, dopo aver osservato la sagoma che aveva lasciato sulle lenzuola bianche, decise di scendere al piano di sotto e congedare Belle.

Il primo giorno come libraia si stava rivelando incredibilmente noioso, il tempo stava trascorrendo davvero lentamente, tanto che cominciò a chiedersi se Belle non se la fosse svignata di proposito. La città era piccola, gli abitanti pochi, e nessuno di loro sembrava intenzionato a perdere tempo dietro ai libri. La stessa Emma non era una donna amante della lettura, anzi, i suoi libri si contavano sulla punta delle dita. Per questo ebbe non poche difficoltà a scegliere cosa leggere per passare il tempo nel negozio; la libreria era davvero molto fornita, i volumi divisi nei più svariati generi, tanto che lei non sapeva da dove cominciare. Passò subito oltre i romanzi rosa, lasciò perdere la narrativa e la letteratura classica, giudicò la fantascienza un po' troppo impegnativa per lei, così alla fine ripiegò su uno degli ultimi thriller usciti – nonché il suo primo thriller in assoluto.
Abbassava gli occhi continuamente per verificare quante pagine aveva letto in quell'arco di tempo che lei reputava infinito; le sembrava di star leggendo da ore, ma la pagina 27 le assicurava il contrario. La campanella piazzata sopra la porta accorse in suo aiuto offrendole una scusa per chiudere, finalmente, quel libro. Si alzò dalla sua postazione dietro il bancone e osservò la ragazza appena entrata, che chiudeva la porta alle sue spalle.
«'Giorno Belle, finalmente avete riap-», si bloccò non appena la vide, dopo essersi girata a fronteggiarla. Mise su un'espressione più che confusa, addirittura si volse quasi ad assicurarsi di essere nel posto giusto: doveva essere una cliente abituale, ma non così tanto da essere a conoscenza del cambio del personale. «Tu non sei Belle», osservò la ragazza facendo scappare una risatina ad Emma, che subito tolse la mano destra dalla tasca posteriore dei suoi jeans per porgergliela.
«No, infatti», cominciò con ancora il sorrisetto divertito sulle labbra «sono Emma, la nuova... libraia», si presentò, facendo ancora un po' di fatica ad accettare quel grande cambiamento che stava affrontando. La ragazza le strinse la mano gentilmente, Emma la osservò attentamente mentre mostrava un sorriso di scuse e si portava una ciocca, sfuggita dalla sua lunga treccia laterale, dietro l'orecchio sinistro.
«E' un piacere, Emma. Io sono Elsa», era molto... bionda, notò Emma, sicuramente molto più di lei; era alta e snella, aveva dei lineamenti molto delicati, occhi grandi e bocca carnosa. Avrebbe potuto fare la modella, giudicò la giovane Swan, ma la vedeva troppo introversa e immaginò che lavorasse in tutt'altro settore. «Sei nuova in città, vero?» Le domandò subito, portando entrambe la mani sulla sua borsa a mo' di protezione – Emma era brava a studiare le persone e si divertiva a definire il loro carattere.
«Diciamo di sì», rispose, chinando appena il capo. Aveva imparato a conoscere Fort Kent come le sue tasche, ma in qualche modo era pur sempre l'ultima arrivata e di certo non aveva intenzione di annoiare l'altra con la storia della sua vita. Era troppo lunga, tra l'altro, ci sarebbero volute delle ore. «Allora, in cosa posso esserti utile?» Improvvisamente si ricordò in cosa consistesse il suo lavoro e quasi rimpianse il tempo passato nella lettura. Avrebbe dovuto consigliarla? Sperava fortemente di no, non aveva avuto materialmente il tempo per accrescere la sua conoscenza; Belle aveva imparato a conoscere i suoi clienti e, sicuramente, sapeva a memoria le trame della maggior parte dei libri presenti in negozio, mentre lei brancolava nel buio totale.
«Ho ordinato un libro qualche settimana fa,» la informò l'altra, mentre Emma si tranquillizzava, Elsa la vide rilassare anche le spalle, abbassandole, ma non disse niente al riguardo e nascose il sorrisetto con la mano destra, fingendo di grattarsi la punta del naso «speravo fosse arrivato, altrimenti ripasserò fra qualche giorno». La giovane Swan si mise subito a trafficare col computer, guardando tra i nuovi arrivi alla ricerca del romanzo storico tanto atteso dalla ragazza. Alla fine lo trovò e non le fu neanche difficile rintracciarlo tra gli scaffali. Domandò ad Elsa se fosse un regalo per impacchettarlo, ma l'altra scosse la testa, porgendole i soldi. «Grazie mille, Emma», si avvicinò verso l'uscita ma poi tornò indietro, verso il bancone, tirando fuori un foglio di carta e una penna dalla sua borsa «Questo è il mio numero», affermò scribacchiando qualche cifra sopra il pezzo di carta «so cosa vuol dire essere la nuova arrivata in città, immagino che non conoscerai ancora nessuno del posto». Emma la ringraziò, senza preoccuparsi di nascondere la sua faccia più che sorpresa da quell'azione, e la salutò con la mano quando la vide girarsi dall'altra parte della vetrina. Non sapeva bene come fosse successo, ma aveva appena trovato un'amica.


Fort Kent, Maine; Novembre 2013


Non passò molto tempo prima che Regina cominciò a pentirsi del consiglio dato a Killian Jones. Sapeva come fosse da ragazzo, sempre in mezzo ai guai, sempre ubriaco con i suoi amichetti e sempre in cerca di qualche ragazza da portarsi a letto. Avrebbe dovuto pensarci meglio, prima di lanciarlo nuovamente nella mischia come un cane sciolto. L'amore, per sua moglie e per Henry, aveva in qualche modo calmato quel lato del suo carattere. Forse lui stesso aveva creduto di essere riuscito a soffocare quella parte di sé, e invece era bastato davvero poco a farla riemergere.
Le cose ormai andavano così: Henry passava, ogni due settimane, la notte a casa di Regina. Il bambino era sempre contentissimo di dormire a casa della sua zietta preferita che lo riempiva di dolci e giochi nuovi e Regina era felice di passare del tempo col bambino che tanto amava come fosse un figlio. Killian ogni tanto usciva con Robin – Regina gli aveva detto che le andava bene – o con altri conoscenti; si chiudeva in qualche locale, beveva una birra o si concedeva un qualche alcolico; solitamente l'altro gli faceva da spalla, anche se la maggior parte delle donne cadeva ai suoi piedi già all'accenno di un suo sorriso. Scambiava il suo numero con le più carine, o le più formose, o, anzi soprattutto, con quelle che non cercavano niente di serio. Regina gli aveva detto che non doveva cercarsi una moglie e, beh, lui l'aveva presa assolutamente sulla parola.
Regina era uscita, una sera di metà novembre, insieme a una sua vecchia amica, Kathryn Nolan. La classe di Henry era in gita scolastica, perciò la donna dubitava che Killian se ne sarebbe rimasto chiuso in casa. Con quell'idea in testa, entrò in uno dei suoi vestiti migliori, rosso fuoco, corto fino al ginocchio (si premurò di indossare delle calze nere per non rischiare di ritrovarsi due ghiaccioli al posto delle gambe) e con una scollatura importante che metteva più che in evidenza il seno: non sapeva se l'uomo fosse uscito insieme a Robin o se ci fosse stata anche solo una piccola possibilità di incontrarli, in ogni caso lei era determinata di farsi trovare in forma smagliante. Ebbe solamente un ripensamento, mentre agguantava la borsa nera e passava davanti allo specchio nell'ingresso. Si domandò cosa stesse facendo e cosa voleva ottenere nel farsi vedere in quel modo dal suo ex compagno; girò anche i tacchi, decisa a cambiarsi, e l'avrebbe fatto se non fosse stato per il tempestivo arrivo di Kathryn.
Le due donne non si vedevano da qualche settimana, cenarono insieme mentre Regina si impegnava con tutta se stessa di non parlare di lavoro, cosa che era diventata un po' la sua ossessione e il suo argomento preferito negli ultimi mesi, perciò non fu per niente facile. Entrando, poi, in un locale e sedendosi in uno dei pochi tavoli liberi, cominciò a chiedersi quanto tempo fosse passato dalla sua ultima serata 'tra donne'. Non riusciva a venirle in mente una data precisa, questo significava che era passato davvero molto, molto tempo.
«Regina!» L'inconfondibile voce di Killian Jones interruppe il noioso monologo di Kathryn sulla sua volontà di cambiare taglio di capelli; la mora ringraziò, mentalmente, il cielo per quell'interruzione, anche se poi si ritrovò a roteare gli occhi notando le occhiate accattivanti che l'uomo aveva preso a lanciare alla bionda. «Non ricordo neanche quand'è stata l'ultima volta che sei uscita di casa fuori dall'orario di lavoro, siamo già a Natale per caso?» Scherzò lui, poggiandosi col gomito sinistro sopra all'alto tavolo, guardando di sfuggita Regina per poi tornare a concentrarsi sull'altra donna. Non si era mai tolto il sorriso sornione dalla faccia, e alla Mills cominciò a dare fastidio quel suo atteggiamento.
«Killian», lo salutò schioccando la lingua, decidendo di ignorare la sua battutina e anche la risata sciocca della sua amica. Davvero l'aveva trovato divertente? Preferì non sapere la risposta, lasciando correre. «Ti ho mai presentato la mia amica?» Domandò retoricamente, notando come i due continuassero a lanciarsi occhiatine. Diede una bottarella alla gamba della bionda, sperando che si ricomponesse: il suo matrimonio non stava andando molto bene, negli ultimi tempi, ma diamine, un po' di contegno! «Kathryn Nolan, Killian Jones», li presentò, infine.
Killian afferrò delicatamente la mano destra della donna e la sfiorò con la bocca, restando con gli occhi blu incollati nei suoi per tutto il tempo «Incantato», mormorò, ignorando quasi completamente Regina che non perse tempo e lo colpì con un pugno sulla spalla alla prima occasione. L'uomo si girò non capendo cosa avesse fatto per meritarlo, trovandola con uno sguardo di fuoco che gli procurò altre domande. Regina indicò, con la coda dell'occhio, la mano sinistra di Kathryn e Killian non si fece troppi problemi nell'abbassare lo sguardo in modo da scoprire, e osservare, la fede che portava all'anulare. «Mi stavo solo presentando!» Affermò, alzando le mani, in tono innocente ma divertito. Lei, allora, decise di non ribattere, tanto sarebbe stato completamente inutile, e lo guardò aspettandosi di vederlo andare via nel più breve tempo possibile. Quello, invece, afferrò uno sgabello vuoto dal tavolo alle loro spalle e lo piazzò in mezzo alle due donne. Regina, allarmata, spalancò la bocca e voltò la testa da una parte all'altra, immaginando di vedere Robin comparire da un momento all'altro. Calma Regina, calma, ti stai comportando come un'adolescente in crisi ormonale. «Sono solo, tranquilla», le sussurrò lui, piegandosi appena verso di lei così da avvicinarsi al suo orecchio, una volta notato quel suo attimo di panico.
«Cosa diamine stai combinando?!» Lo rimbeccò lei, parlando, sì a voce bassa, ma duramente. Aveva lanciato un'occhiata alla sua amica che, o davvero non si stava accorgendo – o magari non gli stava dando semplicemente importanza – del loro scambio di battute, o era troppo imbarazzata da mettersi a ribattere, stava di fatto che aveva preso, per la terza volta quella sera, il menù degli alcolici e stava scorrendo la lista con l'indice destro.
Killian alzò il capo e allargò le braccia, sorridendo allegramente a entrambe, «Vi offro da bere!» Esclamò a voce alta, in modo da farsi sentire forte e chiaro dalla bionda che adesso aveva alzato gli occhi verso di lui e sorrideva incantata. Regina era disgustata dal comportamento di entrambi, tanto che dopo poco tempo si alzò, scusandosi, e dicendo di aver bisogno di una boccata d'aria. Fuori, però, trovo un paio di fumatori impegnati in un'accesa discussione. Il vento freddo trasportava il fumo delle sigarette e lo sbatteva tutto in faccia alla mora che cominciò a scacciarlo via con la mano sinistra. Fu tutto inutile e nel giro di mezzo minuto girò i tacchi infastidita. Tornando al tavolo trovò Killian solo, intento a finire il suo Martini. Si tolse la giacca nera, mentre lui intercettò il suo sguardo smarrito. «Kathryn è andata un istante in bagno», la informò con semplicità. Regina neanche si sedette che lo colpì, per la seconda volta quella sera e decisamente più forte, sulla spalla sinistra con un pugno. «Ahi! E questo per cos'era?!»
«Lei è sposata, razza di imbecille!» Lo rimproverò impegnandosi con tutta se stessa nel mantenere un tono basso per non attirare l'attenzione della gente, ma le risultò molto, molto, complicato. Era tanto adirata perché voleva bene ad entrambi, si diceva, ed odiava vedere lui provarci con lei come se fosse una delle tante, facendo finta di non aver notato la fede nuziale, tanto quanto odiava vedere lei fargli gli occhi dolci incurante di avere un marito premuroso a casa che voleva tentarle tutte per salvare il matrimonio.
«Questo lascialo decidere a lei», scherzò lui incurvando gli angoli della bocca verso l'alto. Non aveva intenzione di rubare la moglie di nessuno, non gli avrebbe fatto onore. Certo, se era lei la prima a volerlo le cose erano ben diverse; alla fine Killian aveva semplicemente flirtato un po', per come la vedeva lui, Regina stava leggermente gonfiando le cose.
«Lei... lei è incinta!» Si ritrovò a esclamare la mora, prendendo alla sprovvista l'amico e, soprattutto, se stessa. L'aveva sparata grossa, e soprattutto, perché si era lasciata sfuggire una cosa del genere? Soprattutto quando Kathryn le aveva semplicemente confessato di essere un tantino preoccupata per un ritardo, non c'era niente di certo e sicuramente la bionda avrebbe potuto strozzarla con le sue mani se lo avesse scoperto, se ne avesse avuto sia il coraggio che la forza ovviamente.
«Lei è... cosa?» Ripeté Killian, sollevando le sopracciglia e sbarrando gli occhi sorpreso e, appena appena, sconcertato «Stai dicendo sul serio?» Si beccò lo sguardo di fuoco di Regina e decise che non era il momento più adatto di mettere in dubbio le parole della Mills. Abbassò il capo, grattandosi appena il lobo sinistro, si sentiva un verme per i pensieri che aveva avuto solo qualche attimo prima «Va bene, va bene», affermò a un tratto alzandosi e poggiando delle banconote sopra al tavolo «sarà meglio che vada allora, saluta Kathryn da parte mia e dille che è stato un piacere conoscerla», mormorò posando il portafogli nella tasca posteriore dei suoi pantaloni, prima di infilarsi la sua amata giacca di pelle. «A proposito, Regina», la richiamò prima di andare via «dovresti metterlo più spesso questo vestito, mette in luce la tua parte migliore», non si vergognò minimamente ad osservare, con piacere, il davanzale dell'altra, sorridendo sghembo e scappando via prima che potesse ucciderlo.
Regina abbassò lo sguardo all'istante e notò subito come la scollatura si fosse abbassata e mostrasse più del necessario. Sentì le guance arrossarsi, forse per la terza volta in tutta la sua vita, e si sbrigò a tirare su il vestito. Alzò la testa, poi, per affrontarlo, ma lui era già lontano.


Fort Kent, Maine; Aprile 2016


Aveva preso lo stipendio il giorno prima, così non aveva perso tempo per pagare le bollette e riempire il frigo e la dispensa. Aveva dimenticato solamente di comprare una torta gelato per quella sera, ricordando, solo una volta a casa, di essere stato invitato, insieme a Henry, da Regina a cena. Era uscito di nuovo, quindi, lasciando l'auto in centro e incamminandosi a piedi verso il supermercato. Dopo circa un centinaio di metri, la sua attenzione fu rapita dall'insolito maggiolino giallo, che aveva visto, quando? Due, forse tre giorni prima?, parcheggiato davanti la Chipped Library. Non se lo ripeté due volte e si precipitò dentro al negozio, curioso di conoscere la sua proprietaria: se l'immaginava altrettanto stramba e unica nel suo genere.
«Salve!» Salutò, lasciando che la porta si richiudesse da sola alle sue spalle e cercando la donna con lo sguardo. Sapeva soltanto che fosse bionda, nient'altro, non era riuscito a vederla bene. Aspettò che Miss French gli venisse incontro ad accoglierlo e quando non successe decise di dare un'occhiata in giro. La libreria era formata da due stanze: le novità e i più venduti erano sistemati in quella d'ingresso, quelli invece più datati, o i grandi classici, si trovavano nell'altra. Non trovando nessuno nella prima, non perse tempo e si avviò verso la seconda. Non fu difficile notare la donna bionda dalle gambe lunghe, impegnata ad ordinare i libri da una scala non troppo alta. Lo sguardo di Killian non poté non soffermarsi sul fondoschiena della giovane, sodo e messo in risalto dai jeans stretti. «Ma che bel panorama», sentenziò sorridendo sotto i baffi, immaginandosi una qualche reazione che però non arrivò; fu allora che, guardandola meglio, notò gli auricolari nelle orecchie e gli fu tutto chiaro.
Si morse il labbro inferiore, con le braccia incrociate al petto, godendosi la scena il più a lungo possibile. Quando capì che quella ne aveva ancora per molto, si avvicinò lentamente alla scala e le diede un piccolo colpetto con il piede. La scala traballò, la giovane si spaventò colta alla sprovvista e perse così l'equilibrio. Killian l'afferrò al volo senza troppi problemi, specchiandosi subito negli occhi verdi della bionda che gli era appena caduta tra le braccia e che, adesso, lo guardava con un mix di spavento e sollievo. L'aveva immaginata in tanti modi, nella sua testa, mentre aspettava che suo figlio uscisse da scuola, qualche giorno prima, ma non era andato mai lontanamente vicino a quella disarmante bellezza che si trovava davanti. Le lunghe ciglia si muovevano piano, la mano sinistra si era posata istintivamente sulla spalla dell'uomo e Killian sorrise nel ritrovarsi quelle sottili e dall'apparenza morbide labbra a pochi centimetri dal suo viso. La giovane fece per aprire bocca, probabilmente per ringraziarlo o elogiare i suoi pronti riflessi, ma l'altro spostò, quasi senza accorgersene, la mano sinistra di pochi centimetri dal corpo della donna, andando a posarla proprio sul suo sedere, e lì vi rimase il tempo necessario per far andare la giovane Swan su tutte le furie.
«Mi tolga le mani di dosso!» Scattò Emma, tirandosi via dalla presa e dimenticando subito le buone maniere «E' pazzo? Come si permette?» Esclamò fuori di sé, cominciando a colpire l'uomo con il libro, dalla copertina flessibile e dalle poche pagine che le era rimasto in mano per tutto il tempo, un paio di volte sulla spalla destra, mentre lui alzava il braccio per coprirsi, o forse per nascondere il ghigno divertito che aveva messo su.
«Ehy, calma! Calma! Non l'ho fatto apposta», esclamò sulla difensiva, non convincendo neanche se stesso. In compenso, la bionda posò il libro, forse temendo una possibile denuncia per aggressione che per altro, e lo guardò in attesa di sentire le sue scuse. Killian si ricompose, si sistemò la giacca ed allungò la mano verso di lei «Killian Jones», si presentò «è davvero un piacere.» Emma lo guardò inorridita e accigliata, incrociò le braccia e continuò ad aspettare delle scuse. «Tu sei?», domandò alla fine lui, ignorando qualsiasi formalità e dandole subito del tu.
«Stanca», mormorò lei a denti stretti, guardandolo torva. Okay, doveva mantenere il sangue freddo e comportarsi in modo superiore, doveva reprimere l'istinto che aveva di urlargli contro fino a farlo scappare via, così come doveva resistere dal saltargli addosso. Per pestarlo. Calma Emma, sei nuova in città, nessuno ti conosce e ti faresti solamente tanti nemici. Per quanto poteva saperne, si trovava davanti un brav'uomo che, per davvero, accidentalmente le aveva tastato il sedere, soffermandovicisi a lungo con un mal celato piacere. Sì, certo, e lei era la Fata Turchina. Tra l'altro c'era la faccenda della scala, era stato sicuramente lui a procurare quell'incidente, non poteva di certo traballare improvvisamente da sola, no? Si trovava davanti un pazzo bello e buono, a suo parere, ma doveva comunque rimanere calma e non scendere alle provocazioni o Belle l'avrebbe cacciata su due piedi; se invece quello avrebbe continuato a darle fastidio, o avesse anche solo provato a provocarla in qualche modo, sarebbe tornata alla carica «Senta, se non è qui per acquistare dei libri, può anche andarsene. Ho del lavoro da sbrigare», concluse, senza smettere di fissarlo dritto negli occhi neanche per un istante. Non guardò neanche la sua mano destra, tesa e in attesa di stringere la sua, non le balzò per la testa l'idea di accontentarlo e di presentarsi. Non ne aveva la minima intenzione e soprattutto aveva altro da fare invece di perdere tempo con una persona del genere.
Killian arricciò le labbra e alzò le mani in segno di resa «Va bene, ho recepito il messaggio», affermò, comunque divertito da quella situazione e soprattutto da quella donna. Passò accanto al bancone e lanciò un'occhiata veloce ad uno dei fogli sparsi accanto alla cassa, riuscì a leggere un nome, non ebbe tempo di fare altro perché lei prese a seguirlo fino alla porta, per assicurarsi di vederlo andare via. «E' stato comunque un piacere», affermò lui, improvvisando un mezzo inchino «Miss Swan», si tirò su e andò via, riuscendo, però, a notare l'ultima occhiataccia sorpresa e scocciata della nuova arrivata in città.
Emma lo osservò allontanarsi, la strana sensazione di qualche giorno prima, tornò a farle compagnia.


Angolo dell'autrice:
Okay, è stato un PARTO. Scusate il ritardo, per mesi mi sono detta 'sarà sicuramente più facile scrivere l'AU, sicuramente non ci metterò troppo tempo ad aggiornare' e poi eccomi qui, IN RITARDO. Vi dirò, scrivere questa storia si sta rivelando sicuramente più facile dell'altra (come avevo previsto), e il ritardo è dovuto principalmente a due cose: 1) non avevo ben chiaro come strutturare i flashback, l'ispirazione è venuta scrivendo praticamente, e 2) .... sapete quando cominciate una nuova serietv senza troppe aspettative, ma poi questa serie vi prende a tal punto che DOVETE finirla, al costo di non dormire/bere/mangiare per giorni? Ecco, sono io con Doctor Who. In più il risultato neanche mi soddisfa pienamente, anzi secondo me il capitolo fa abbastanza schifino, ma vabbè, scusate.
Scuse a parte, mi sono divertita a mettere tanta carne sul fuoco in questo capitolo, e tante cose non erano neanche premeditate. Il primo incontro non poteva non essere disastroso, così come lo è stato nella serie. Speravo di rendere meglio l'idea che avevo in testa, ma alla fine è venuto fuori questo :/ ma isomma, finalmente il nostro Jones è arrivato. Pareri? lol Il primo flashback ce lo mostra calmo e gentile, ma già dal secondo è più sfacciato e pieno di sé (quanto mi manca Hook ç.ç)
Ah, spero di riuscire a mantenere i caratteri dei personaggi, soprattutto con Killian spero di essere riuscita a trasmettervi e a mantenere il suo lato pirata stravolto in una chiave più moderna. Fatemi sapere se ci sto riuscendo o se sto completamente sbagliando strada perché ci tengo!
Oltre a Killian, ho introdotto Regina (su tutti), e qui vi chiedo... quale sarà il rapporto tra i due? Cosa li ha legati e come si saranno evolute le cose nel corso degli anni tra loro? Abbiamo poi visto Elsa (non potevo non inserirla, mi manca davvero tanto), e... Kathryn NOLAN? Incinta? Sì, sto ridendo da sola immaginando le vostre reazioni. Chi saranno i prossimi a comparire nella storia? Vi dico subito che ho già cominciato a scrivere il terzo capitolo, e, se non cambio idea, dovrebbero comparire ben QUATTRO personaggi dello show. Secondo voi chi sono? :P E la madre di Henry? E' Milah o qualcun altra? E che fine ha fatto? Davvero non vedo l'ora di farvi leggere il prossimo capitolo ragazze!
Questo angolo è lunghissimo, per cui vi saluto e vi ringrazio per continuare a seguirmi :)
Un bacio a tutte, a presto :*

  
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