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Autore: WillofD_04    15/10/2016    1 recensioni
Questa storia è il seguito di "Lost boys". Per leggerla non è necessario aver letto "Lost boys", ma è consigliato.
A quanto pare, l'avventura di Cami non è affatto finita, anzi, è appena cominciata! Che cosa le è successo? Sarà in grado, questa volta, di risolvere la situazione? Questo per lei sarà un viaggio pieno di avventure e di emozioni, che condividerà con persone molto speciali.
Non posso svelarvi più di così, se siete curiosi di sapere cosa le è capitato, leggete!
DAL TESTO:
Poco ci mancò che non caddi all’indietro dall’incredulità. Infatti dovetti reggermi agli stipiti della porta che era dietro di me per rimanere in piedi. Dieci paia di occhi mi fissavano, tutti con un’espressione diversa. C’era chi era divertito, chi indifferente, chi curioso e chi stupito.
«Oh cazzo...è successo di nuovo!» esclamai, al limite dell’esasperazione.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Fu bello scoprire che nel giorno del mio compleanno, Law fece lo stesso per me. Anzi, fece anche di più. Scoprì quando era il mio compleanno, per cominciare. Io non lo avevo detto a nessuno per non creare imbarazzo o far sentire i componenti della ciurma in dovere di fare qualcosa, e mi stupii non poco quando i miei compagni mi svegliarono entrando impetuosamente e chiassosamente nella mia stanza, gridando “tanti auguri”. Ryu aveva preparato una torta deliziosa per me e c’erano ben diciotto candeline sopra. Soffiai su di esse come se fosse di vitale importanza spengerle. Fu un giorno felice, ma anche malinconico, considerato che da sempre progettavo di passare il mio diciottesimo con i miei familiari e amici. Li pensai per tutto il giorno e mi scese anche una lacrimuccia. Stavo diventando grande, adulta, una donna, e loro non potevano vederlo. O forse sì, ma comunque non erano lì con me. Li avrei tanto voluti accanto in un giorno speciale ed importante come quello, ma dovevo accontentarmi dei miei compagni un po’ goffi e impacciati. E mangioni, soprattutto. Ero riuscita a prendere appena una fetta di torta prima che se la spazzolassero tutta in quattro e quattr’otto. Erano quasi peggio di Rufy. Ma avevo imparato a voler loro bene, come loro avevano imparato a farlo con me. O almeno credevo. Ma nessuno ancora mi aveva ucciso nel sonno e quello era un buon segno. Comunque, quel giorno non avevo turni di nessun genere e non dovevo fare niente. Anche io, come il chirurgo, dovevo compiere gli anni più spesso.
Quando tutti si furono dileguati, spuntò il mio capitano, con un pacchetto in mano. Me lo diede senza dirmi niente ed io lo aprii, non senza un po’ di emozione.
«Non può aprire il mio cuore. Ma almeno può chiudere la tua porta» sogghignò e io feci altrettanto. Mi aveva regalato una collana, il cui ciondolo era una chiave d’argento con una “C” arancione dipinta sopra. Per molti quello poteva sembrare un regalo stupido, ma per me significava molto. Quella chiave significava che Law mi rispettava, mi ascoltava e in qualche modo ci teneva a me. Era come se mi avessero dato una promozione, come se mi avesse detto che ora mi ero guadagnata la sua fiducia. Il primo giorno in cui avevo messo piede sul sottomarino gli avevo chiesto della chiave e mesi dopo ancora se ne ricordava. Per me questo valeva più di qualsiasi altra cosa. In più, l’arancio era il mio colore preferito, per cui non potevo non apprezzare il suo regalo. Era mio e mio soltanto e l’iniziale che vi era sopra lo dimostrava.
«Sai che odio i gioielli e che non li porto» dissi scherzosamente
«Lo so benissimo. Ti ho solo ricambiato il favore» fece sarcastico
«Beh, suppongo che dovrò ringraziarti».
Lui tirò fuori una bottiglia di vino bianco e me la tirò. Per poco non cadde.
«Goditela» ghignò e fece per andarsene.
«Law» lo richiamai. Si girò verso di me.
«Grazie, davvero».
Fece un cenno con la testa e si allontanò. Non dissi niente a riguardo perché sapevo che aveva del lavoro da svolgere. Da settimane ormai stava chiuso in laboratorio a dannarsi con qualcosa che gli impegnava le giornate e probabilmente non lo faceva dormire la notte, ma contai di tenere da parte un po' di vino per lui, così avremmo potuto scolarcelo insieme.
 
 
I giorni passavano e con essi la mia voglia di fare addestramento con Bepo. Fuori dalla palestra – o meglio, dalla stanza che era stata allestita come palestra – adoravo quell’orso polare, ma durante l’addestramento...avrei voluto essere più abile solo per vedere la sua testa rotolare giù dal corpo. Era come se si trasformasse quando combatteva o quando mi insegnava a combattere. Una sorta di Dottor Jekyll e Mr. Hide. Sembrava posseduto da un demone, tanto che qualche volta mi faceva paura. Oltre alla violenza fisica, il visone faceva anche violenza psicologica, alle volte. Era peggio che stare nella marina militare. Se avesse continuato di questo passo, sarei morta prima di poter combattere in una battaglia vera.
Camminavo verso la palestra, o meglio, trascinavo i piedi con la testa bassa, consapevole che mi avrebbe atteso un altro terribile allenamento. Non mi sbagliai. Fu un’ora e mezza di pura tortura. Il navigatore si era messo in testa che dovevo imparare a combattere anche senza ascia, nel caso i miei avversari mi avessero disarmato. Nei mesi precedenti avevo imparato qualche mossa “ginnica” e oggi toccava al salto mortale. Shachi e Penguin mi reggevano mentre io mi davo la spinta con le gambe e contraevo i muscoli. All’ennesimo salto di fila che feci, ricaddi in ginocchio. Ero esausta e mi era venuto a mancare anche il sostegno delle braccia dei miei due compagni, che ora si massaggiavano i bicipiti.
«Ancora. Devi riprovare finché non sarai in grado di eseguirlo perfettamente. In battaglia non ci saranno loro ad aiutarti e non avrai né tempo per pensare, né margine d’errore»
«No. L’abbiamo ripetuto almeno una cinquantina di volte di fila e siamo tutti sfiniti. Per oggi direi che può bastare» pronunciai in tono aspro, rialzandomi.
I due accanto a me annuirono dandomi ragione.
«Questi due sono sfaticati, un po’ di allenamento farà bene anche a loro. Per quanto riguarda te, finché siamo in questa stanza devi obbedire ai miei ordini.»
«Non lo farò. Non stavolta. E poi, mi pare che il tuo compito sia quello di insegnarmi a combattere. Non devo diventare prima ballerina.»
«Io lo faccio per te.» mi disse, lo sguardo fermo come non lo avevo mai visto
«Cosa? Farmi fare salti mortali fino a portarmi all’esasperazione? Ti posso assicurare che te ne sono molto grata» feci sarcastica alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
Lui non mi rispose. In meno di un secondo lo vidi volteggiare sopra le nostre teste, poi sentii uno spostamento d’aria all’altezza del viso e mi ritrovai a terra, con un dolore lancinante alla tempia, senza sapere come ci fossi finita.
Mi portai una mano alla testa. Buttai fuori l’aria come se in qualche modo avessi potuto buttare fuori anche il dolore e rimasi sul pavimento ancora per qualche istante. Ero stordita e la vista era sfocata.
«Ma ti sembra questo il modo di trattare una signora!?»
Sanji?
«Ma che modi sono!? Brutto visone ignorante!»
No. Penguin e Shachi.
Insultarono Bepo come non avevo mai sentito insultare nessuno. Mi vennero vicino per aiutarmi a rialzarmi, ma li fermai.
«Sto bene» annunciai tirandomi su. Da lassù il mondo sembrava girare un po’. Forse avevo una commozione cerebrale. L’importante era non avere segni, di qualunque tipo. Se quel maledetto orso avesse osato rovinare il mio bel faccino gliel’avrei fatta pagare.
Prima che potessi perfino respirare, vidi il visone girarsi su se stesso con una rapidità impressionante, alzare la gamba e puntarla dritta verso il mio volto. Non avrei fatto in tempo a scansarmi. Il suo piede si fermò a due centimetri dalla mia guancia destra. Deglutii e guardai l’arto poco distante da me, terrorizzata.
«Ora capisci? Non si può esitare in combattimento. In battaglia i nemici non si faranno scrupoli a farti del male e di certo non aspetteranno che tu ti riprenda prima di sferrarti un altro colpo. Per questo non devi mai mostrarti vulnerabile» lo disse in modo dolce, come il Bepo che conoscevo. Aveva ragione. Lo guardai e annuii. Abbassò la gamba e chinò il capo, in segno di scuse.
«Mi dispiace di averti fatto male. Possiamo fermarci per oggi. O preferisci fare una pausa e poi ricominciare?»
«Niente pausa. Riprendiamo» affermai decisa.
Non potevo permettergli di vincere.
 
«Cerca di prevedere dove colpirà l’avversario. Osserva gli occhi! E poi schiva!»
Guardai dove puntava il suo sguardo. Destra. Puntava a destra! Spostai il peso del corpo sulla gamba sinistra e cercai di schivare. Peccato che mi arrivò un pugno proprio sulla guancia sinistra. Non era un colpo forte, ma faceva male ugualmente.
«Non hai osservato attentamente!» si lamentò l’orso
«Sì invece!» mi massaggiavo lo zigomo e lo guardavo con odio
«Non hai guardato fino alla fine! Non hai percepito
Corrucciai la fronte. «Che devo percepire? Tu mi hai detto di guardare gli occhi per vedere la direzione in cui puntavano e io l’ho fatto!»
«Io ti ho detto di osservare gli occhi. È comune che un avversario faccia una finta, come ho fatto io ora. Devi percepire e capire. È in questo che consiste un combattimento. Potrai non essere forte, o agile, o veloce, ma se sai anticipare le mosse del tuo avversario, in parte hai già vinto»
«Quello che dici è giusto. Ma perché mi hai colpito!?» ero furiosa
«Perché devi darti una svegliata! È ora che iniziamo a fare sul serio. Non potrai nasconderti su questo sottomarino per sempre, Law prima o poi ti porterà con sé e se ci sarà da combattere non avrai scampo. Non ci sarà nessuno a proteggerti. Sarà tutto nelle tue mani»
Abbassai lo sguardo a quelle parole. Sapere che la mia vita era solo ed esclusivamente nelle mie mani, mi rendeva un po’ nervosa. Ovviamente sapevo che non poteva essere altrimenti, che la mia vita dipendeva da me e da me soltanto, però se pensavo che mesi prima non avevo nemmeno idea di come si tenesse un’arma in mano, mi veniva un po’ di magone. Certo, non pretendevo di avere un intero esercito a proteggermi, ma abbandonarmi a me stessa nel bel mezzo di una battaglia non mi pareva molto saggio.
Sbuffai mentre mi asciugavo la fronte imperlata di sudore con un asciugamano. Lo passai sul resto del viso e frizionai anche nuca e collo, poi bevvi un sorso d’acqua – che prosciugò mezza bottiglia – e mi alzai dalla panca su cui ero seduta.
«Su, riprendiamo» fece Bepo indicando l’ascia «oggi togliamo i proteggi lame».
Fino a quel momento mi ero allenata con le lame della mia Mr. Smee protette da copri lama in plastica, per rendere più sicuro l’addestramento.
«Sei sicuro che sia una buona idea?» Penguin mi precedette. Avrei voluto chiederglielo io.
«Dobbiamo iniziare a fare sul serio» si limitò a rispondere l’orso. Questo voleva dire che non pensava che fosse una buona idea, il che non era affatto rassicurante. Provai a dirgli che non mi sentivo pronta, ma lui ignorò tutte le mie lamentele e suppliche. Alzai gli occhi al cielo, consapevole che non c’era verso di fargli cambiare idea. Presi la mia ascia e mi misi in posizione. Gambe divaricate e piegate e mani sull’arma all’altezza del petto, come mi aveva insegnato il visone, che si mise anch’esso in posizione da combattimento. Ero un po’ agitata ma sapevo che l'agitazione non sarebbe servita a nulla, anzi, forse mi avrebbe addirittura nuociuto, quindi cercai semplicemente di liberare la mente.
«Avanti. Cerca di colpirmi. Senza paura.»
“Senza paura”. Era una parola – o due –. Era facile parlare quando si sapeva combattere. Non era per lui che avevo paura. Era per me stessa. Come darmi torto, in fondo? Cercai di scacciare quei pensieri di incertezza con un movimento rapido della testa e mi preparai a combattere. Sul serio, stavolta.
Bepo alzò le sue sottili e impercettibili sopracciglia, invitandomi a fare la prima mossa. Se era quello che voleva, l’avrei accontentato senza pensarci due volte. Allungai l’ascia di una misura e mi scagliai su di lui con una furia che non avevo mai avuto e che nemmeno pensavo di avere. Parò il colpo, come c’era da aspettarsi. Poi, fece una strana giravolta su se stesso e mi respinse. Indietreggiai di qualche passo, mi rimisi in posizione ed attaccai un’altra volta. Stavolta però, provai a colpirlo su un fianco. Non funzionò lo stesso, perché lui prontamente afferrò il manico della mia ascia e senza sapere che strana magia avesse fatto, mi ritrovai suo ostaggio. Era riuscito a strapparmi dalle mani la mia amatissima Mr. Smee e mi aveva intrappolato, la mia schiena contro di lui e la sua mano puntata alla gola, a simulare un coltello o una spada. Ero bloccata. E in trappola. “Se non sai cosa fare, improvvisa! Saper combattere è anche questo” le parole che mi aveva detto una volta l’orso polare mi risuonarono nella mente. E così feci. Improvvisai. Alzai di poco la gamba e colpii più forte che potevo il suo piede con il mio tallone. A quanto pare dovevo avergli fatto male, perché allentò la presa per un secondo, il secondo che mi bastò per liberarmi, riprendere l’arma e puntargliela alla gola. Niente esitazioni. Sorrisi soddisfatta e compiaciuta.
«Complimenti. Mi hai battuto» riconobbe lui «ma...regola numero uno in battaglia...»
Assottigliai gli occhi. Fu troppo tardi quando capii.
«Mai abbassare la guardia!» gridò afferrando il manico dell’alabarda e facendomi capovolgere in aria. La scelta più saggia sarebbe stata abbandonare la presa, ma non avrei lasciato la mia Mr. Smee in mano al nemico. Prima che potessi schiantarmi al suolo, poggiai una mano per terra e mi diedi la spinta necessaria a riatterrare in piedi. Tuttavia, l’ascia era ancora contesa tra me e l’orso, che la impugnava saldamente e ne approfittò del mio breve momento di leggera instabilità per muovere velocemente il braccio all’indietro, come se stesse sferrando un colpo di frusta. Feci un volo oltre le sue spalle di un metro e mezzo in altezza e almeno due in lunghezza ed insieme a me la mia arma. Per fortuna non sbattei la testa. Però caddi con un tonfo fragoroso, battendo la spalla e il fianco sinistri. Fu inevitabile sentire dolore. Non sapevo se era frutto della mia immaginazione o era successo per davvero, ma giurai di aver sentito un “crack”. Però non lasciai che ciò mi fermasse. Mi rialzai quasi subito e impugnai di nuovo l’ascia. Bepo mi aspettava sorridente. Forse era impressionato dal fatto che io fossi riuscita a rialzarmi. Ci scontrammo di nuovo; e di nuovo parò il colpo. Solo che stavolta insistetti. Pensavo che prima o poi avrebbe ceduto. Spinsi con tutta la forza che avevo. E fu quello il mio errore. Sentii un dolore acuto e lancinante alla spalla. Per un attimo vidi tutto bianco. Lasciai involontariamente la presa sull’ascia – che tenevo proprio nella mano sinistra – e subito dopo mi lasciai sfuggire un lamento sofferente. Quando la vista ritornò normale, la prima cosa che vidi fu il navigatore. Era in piedi, immobile ed impietrito. Poi mi resi conto che il lamento che avevo emesso poco prima, non era a causa della spalla. Guardai in basso, prima il mio avambraccio destro e poi il fianco. Erano entrambi coperti di sangue.
«Oh oh» dissi. Era davvero il mio sangue? Osservai Bepo. Non sembrava avere ferite, stava bene a parte lo shock dipinto sul suo volto. Fissai l’ascia, ora tutta insanguinata. Sentivo dolore, ma nemmeno troppo. Non ero neanche sicura di cosa mi facesse male.
«Bepo! Ma che cazzo hai combinato!?» dietro di me sentii le voci di Shachi e Penguin, ma non riuscivo a distinguerle bene. Spostai il peso del mio corpo all’indietro e i due pirati mi ripresero prontamente. A quella scena, l’orso sembrò riprendersi.
«Capitano! Capitano!» urlò, sfrecciando via dalla stanza.




Angolo autrice
Ciao a tutti!
Finalmente è arrivato il tanto atteso (?) momento: Cami che si cimenta con i duri allenamenti di Bepo e combina disastri come suo solito. A parte gli scherzi, come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere che ne pensate, se ne avete voglia. :)
Alla prossima!

P.s. Mi scuso per il breve paragrafo sul compleanno di Cami, fosse stato per me avrei dedicato un capitolo intero a quella giornata, ma per quanto possibile sto cercando di restringere i tempi perché ci sono ancora tante cose da dire e da fare e se mi soffermassi su tutto ciò su cui mi vorrei soffermare, "Lost girl" diventerebbe davvero una storia infinita. Rischieremmo di fare come con One Piece e io non voglio prolungare ulteriormente la vostra sofferenza. :D
Mi auguro comunque che sia stato un paragrafo esauriente e che abbiate apprezzato. :)
Di nuovo alla prossima!
   
 
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