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Autore: Nocturnia    18/10/2016    4 recensioni
Cibo raffermo, persiane abbassate.
Un'ombra seduta a quel che resta di un tavolo, sfocata - piegata.
Un rubinetto mai riparato, un simbolo che non vale più niente - BSAA.
È così che troveranno l'eroe di guerra Christopher James Redfield; in mutande e con il cranio spappolato come un frutto marcio.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Chris Redfield, Claire Redfield
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'The Devil in I'
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They look like people
Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Il Dott. Herman e Aelita Muller sono invece un'idea della sottoscritta. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.




"As a first rule of thumb, therefore, you can tell a true war story by its absolute and uncompromising allegiance to obscenity and evil."

- Tim O'Brien -





They look like people




Il Dott. Herman ha labbra sottili, un naso storto.
La narice sinistra è leggermente più grande di quella destra, un'asimmetria che cattura tutta la sua attenzione.
Il Dott. Herman ha due lauree, diversi dottorati e altrettanti premi.
Sfilano tutti alle sue spalle, soldatini che indossano la lorica dorata del successo.
Chris li conta uno per uno, ricomincia dall'inizio.
"Signor. Redfield."
Uno, due, tre, quattro, cinqueseisetteottonovedieci.
"Come procede l'esperimento che le ho assegnato?"

"Quindi, in sostanza, possiamo dire che l'agente Valentine era solo un semplice esperimento per Albert Wesker?"

"Bene."
"Tiene nota delle sue attività durante la giornata?"
"Sì."
"E dei suoi sogni?"
"Incubi."
Herman annuisce, continua a scrivere.
"Dei suoi incubi."

"Sono morto?"
"Non ancora, Redfield; non ancora."

"Sempre."
Herman alza lo sguardo, cerca gli occhi febbricitanti di Chris.
"Le dispiace farmelo leggere?"

"Hai vinto."
Un sorriso; denti bianchissimi e che lo cercano nel buio.
"Lo so."

Chris gli porge un taccuino rilegato in pelle rossa, un regalo di Claire.
Herman lo apre, sfoglia le prime pagine.
"A volte dimentico di segnare l'ora: spero non sia un problema."
"Assolutamente." ribatte Herman, e inclina il mento verso il basso, lasciando scivolare gli occhiali sulla punta del naso.
"Bene."
Chris storna lo sguardo, lo posa sulle nubi che vanno gonfiando il cielo.
Herman stringe tra le dita pagine inghiottite da una sola parola:

 Kijuju.



Un rubinetto gocciola; forse quello del bagno, forse quello della cucina.
Chris allunga i piedi sotto il tavolo, lo fissa sfogliare il giornale con una calma innaturale.

Fastidiosa.

"Qualcosa d'interessante?"
"Le solite cose: un incidente stradale. Un bambino scomparso. La cronaca sportiva."
Il caffè è una macchia scura nella tazza, la ciambella dura e senza sapore.
"Ecco una cosa interessante."
Mani pallide, dita lunghe e fredde; distendono le pagine del giornale come un ventaglio bianco e nero - indicano una foto grottesca e sbagliata.
Chris si sporge in avanti, studia il corpo dell'uomo.
"È stato morso."
"Esatto."
"Mangiato, per l'esattezza. Un atto di cannibalismo."
"Dovremmo fare qualcosa, no, agente Redfield?"
Chris si porta una mano sotto al mento, annuisce.
"Vado a prepararmi." dice, e si alza "È il caso di convocare anche il team Bravo?"
"No; possiamo occuparcene noi."
Una sedia vuota, la voce di una fantasma; sul tavolo un giornale vecchio, rovinato dal tempo.
Alla fine, tutto quello che resta di un uomo e della sua storia.



Non c'è mai fine all'orrore.
L'innocenza ha un limite, la crudeltà no.
È un abisso senza fondo, un buco nero; un bocca che mastica e inghiotte - tutto.

Un non - morto.

Chris ha provato a contrastarla: a metterla all'angolo.
Ha lottato per abbatterla, per circoscriverla.
Ha perduto ogni cosa nel farlo - ogni speranza.
Ha dimenticato cosa volesse dire essere amato, il sapore della fiducia.
Ha abbandonato dietro di sé i suoi sogni, rinchiusi e gettati via come fossero niente - un fardello insopportabile.
Ha combattuto Chris; si è comportato come il soldato che è sempre stato.

E ha perso.

"Perché sei ancora qui?"
"Non lo so."
Chris ride - inghiotte vetro e rabbia.
È la prima risposta sincera che gli ha sentito pronunciare da allora.



Osserva le pillole scivolare giù per lo scarico del lavandino, sfumature rosse e gialle.
Claire si era raccomandata di prenderle, di non mancare neppure una dose.
Gli aveva stretto la spalla, regalandogli un sorriso ridicolmente sincero.
Ti faranno bene gli aveva detto manderanno via il dolore, almeno per un po'.
Avrebbe voluto accontentarla.
Avrebbe voluto rispondere al suo abbraccio come un tempo.
Avrebbe voluto cancellarle le lacrime dagli occhi e la pietà dalla voce.

Ma non poteva.

"Le hai mentito."
"Hai sempre saputo come sottolineare l'ovvio."
"Non che tu mi abbia reso il compito difficile; sei un uomo sorprendentemente semplice, Christopher."
"Un uomo che ti ha preso a calci in culo."
Un suono seccato - irritato; labbra che si piegano in una smorfia contrariata.
"Che c'è? Ho toccato un nervo scoperto?"
"Uno dei tanti."
Chris socchiude la bocca, alza un sopracciglio.
"Tu non sei reale; non mi parleresti mai in questa maniera."
Spalle che si piegano, schiacciate da un peso invisibile.
"Non mi conosci, Redfield." e la sua voce è stanca, le parole arrotondate "Non mi hai mai conosciuto."
Chris tace, incapace di rispondere.



"Perché continui a farti del male?"
"Di cosa stai parlando?"
Claire solleva la scatola vuota di pillole, gliela scuote davanti al viso.
"Le hai buttate."
"Mi rallentavano i riflessi, i pensieri; mi ritrovavo a dormire nel bel mezzo del pomeriggio ovunque, dalla cucina al bagno. Cristo, Claire; una volta mi sono addormentato persino sul cesso."
"È proprio questo il loro scopo!" replica Claire, sbattendo la scatola sul tavolo "Spegnere il cervello, andare avanti. Dimenticare."
Chris intreccia le dita tra loro, se le porta al petto - un gesto incredibilmente infantile.
"Non voglio dormire, Claire."
"Chris..."
"Sogno quando dormo, Claire. Sogno e vedo tutto - ancora, sempre. Di nuovo."
Claire gli cerca gli occhi, le mani.
"È normale, Chris. Nessuno di noi è stato più lo stesso da Raccoon City, tu più di tutti puoi capirlo. Ma c'è un mondo lì fuori, un universo che vive e che ha bisogno di te."
Chris storna lo sguardo, china il capo.
"Io ho bisogno di te, Chris."
Redfield sospira, chiude gli occhi.
La voce del mostro è un respiro freddo lungo la pelle e nel cuore.



"Tu non sai cosa sia il dolore."
Silenzio.
"Non ne hai la più pallida idea."
Un fremito sotto la pelle; labbra arricciate sui denti, mandibola contratta.
"Non hai mai amato nessuno, non ti è mai importato di nessuno."
Spalle orrendamente tese sotto la camicia, battito cardiaco accelerato, nocche sbiancate.
"Cosa può saperne un uomo come te della sofferenza? Della perdita? Del mentire alle persone care perché non si può fare altrimenti?"
Occhi durissimi, spietati; pupilla ridotta a un filo nerastro e feroce.
"Nulla."
Una sedia che si sposta; il volto di Chris a pochi centimetri dal suo.
"Proprio nulla."
Una corrente gelida - l'impronta delle sue dita attorno al collo, il movimento improvviso di un fantasma.

Di un ricordo.

"Il dolore è tutto quello che mi resta, Christopher."



Cibo raffermo, persiane abbassate.
Un'ombra seduta a quel che resta di un tavolo, sfocata - piegata.
Un rubinetto mai riparato, un simbolo che non vale più niente - BSAA.
È così che troveranno l'eroe di guerra Christopher James Redfield; in mutande e con il cranio spappolato come un frutto marcio.
Ci ha pensato bene; un colpo alla tempia potrebbe non sortire l'effetto sperato: lasciarlo in coma e con la bava alla bocca.

No grazie: se era lo stato vegetativo che cercavo potevo sempre farmi infettare da uno dei virus di merda di Wesker.

Uno sotto al mento potrebbe deviare; sbattere contro l'osso della mandibola e ridurlo solo a una pozza di sangue e cervella semicosciente.

E Claire aveva già sopportato abbastanza orrori senza dover raccogliere gli avanzi di suo fratello dal pavimento.

Alza la pistola d'ordinanza, ne fissa il logo dorato.

BSAA; una missione, una fede.

Arma il cane, socchiude le labbra - si prepara a diventare uno dei tanti fantasmi che ormai lo tormentano da mesi.

Click.

Il carrello si arresta all'improvviso, Chris apre gli occhi.
Ha la canna della pistola in bocca e ne percepisce il sapore metallico sulla lingua - cordite e fumo.
"Suicidio, Christopher."
Dita fredde, affusolate. Da pianista.

O da chirurgo pazzo.

"Che modo indegno di porre fine alla tua vita."
La pistola cade a terra, scivola sul tappeto azzurro e giallo che gli aveva regalato Claire a Natale.
Chris crolla in ginocchio, non riesce a trattenere un conato.
Quelle maledette dita gli sosterranno la fronte per tutto il tempo.



"Sono passati sei giorni."
Chris lo ignora; si volta dall'altra parte e fissa le crepe che percorrono il muro della stanza.
"C'è un odore rivoltante."
Arriccia il naso, si stringe le braccia al petto.
"Tu hai un odore rivoltante."
Chiude gli occhi, dietro le palpebre serrate volti deformi e nerastri - che grondano come cera da una candela.
Un suono di gola - frustrato.
Persino i fantasmi non provano altro che disgusto.



Il rumore dell'acqua che scorre, l'odore dolciastro del sandalo.
Finestre spalancate, sacchetti della spazzatura lasciati fuori dalla porta.
"Claire è stata rapita una settimana fa." gli dice solo, e Chris Redfield assomiglia oggi un po' più a se stesso "L'hanno ritrovata stamattina al largo di un'isola sperduta ai confini della Russia."
Silenzio.
"Tu ne sai qualcosa?"
Altro silenzio.
"Lo prendo come un sì."



"È morta."
Occhi persi, assenti.
"Si è sparata un colpo in testa."
Un tremito all'anulare sinistro; pelle pallida, tirata sugli zigomi.
"Ironico, uhm?"
Labbra piegate in una smorfia asimmetrica, incerta.
"Hai fermato me dall'uccidermi, ma non hai potuto fermare lei."
Un respiro sfiatato: un rantolo senza suono.
"E sai qual è la cosa più strana?"
Un movimento rapido delle ciglia, un battito fragile - quasi impercettibile.
"Che era sopravvissuta. Che tutta quella merda alla quale vi siete esposti l'ha riportata in vita. Uno spettacolo che nessuno avrebbe voluto vedere, nemmeno lei stessa."
Spalle curvate in avanti, un'arroganza svenduta - schiacciata.
"Barry l'ha uccisa. E Claire. E Moira. Non è stato facile. Non è stato bello, ma è finita."
Un moto di rabbia; pupille che si dilatano fino a diventare buchi nerastri e senza fondo.
"Chissà quale maledizione ti porti dietro per condannare tutto quello che tocchi, Wesker."
Per quella notte i fantasmi non hanno più voce.



Ha ripreso a lavorare; è tornato al BSAA.
L'aria gli è sembrata piena di polvere, il cielo troppo chiaro.
Claire gli ha preparato il pranzo

neanche fosse un bambino al suo primo giorno di scuola

ha promesso che sarebbe venuta a cena da lui per festeggiare.

Per controllarlo.

Wesker l'ha osservato andare via senza dire una parola.



Piers: il suo nuovo partner si chiama Piers Nivans.
È giovane - viso pulito, semplice.
È un tiratore scelto (proprio come lo era lui) ha il coraggio negli occhi e la forza nel cuore (un tempo ormai lontano)
Chris è il suo capitano (come l'altro) e lo sprona sempre a fare di meglio - di più (Mi rendi orgoglioso Chris. Ma d'altronde, cos'altro potevo aspettarmi? Sei uno dei miei uomini, in fondo.)
Il destino ha un senso dell'ironia di merda.



I fantasmi sono ciò che rimane di noi - dei nostri sensi di colpa.
Impronte nella polvere, sfumature dell'anima; immagini residue di quello che eravamo.
Si delineano tra le ombre della nostra mente, gridano dal fondo del nostro cuore.
I fantasmi esistono

sono tra di noi

e portano i nostri nomi sulle labbra.

Christopher.

Il dolore muta in fastidio e diventa poi una grottesca forma di conforto.



"Mi hanno considerato sano di mente."
Wesker scivola con lo sguardo sulla libreria del suo ufficio, sfiora con l'indice un volume d'armi e artiglieria pesante.
"Idoneo al reintegro."
Passi lenti, misurati.
"Herman non capisce un cazzo."
Studia una foto sua e di Claire, stira le labbra in una piega beffarda quando vede quella di Jill.
"Non dovresti essere qui."
Mani dietro la schiena, occhi nudi - uno rosso, l'altro così azzurro da essere ghiaccio e acciaio.
"Se sono davvero sano di mente non dovrei vederti."
Un sospiro, irritato; forse solo annoiato.
"Non dovrei poterti parlare e non dovresti potermi rispondere."
"Non gli hai detto la verità."
Ha una sfumatura ruvida la sua voce, come se non fosse stata usata per giorni.
"Non potevo."
Wesker si volta, lo soppesa.
"Non volevi."
Chris assottiglia gli occhi, scopre i denti.
"Nessuno mi avrebbe creduto."
Wesker libera una risata offensiva, avvelenata.
"Cosa c'è a cui credere, Christopher? Hai steso tu il rapporto in cui mi dichiaravi morto."
Appoggia i palmi delle mani sul mogano lucido della scrivania, schiude le dita.
"Tu mi hai visto morire, tu mi hai ucciso."
Wesker inclina il viso nella sua direzione, alza un sopracciglio.
"Tu hai ricevuto una medaglia all'onore per avermi frantumato il cranio con due RPG-7; per avermi lasciato crepare come un cane."
"Volevi distruggere il mondo."
Una scintilla sul fondo di quella pupilla da rettile; un serpente nascosto nell'erba che attende la sua preda.
"Perché?" inizia, sorridendo - un taglio osceno su quel viso durissimo "Se non avessi voluto uccidere sei miliardi di persone mi avresti risparmiato la vita?"
Chris apre la bocca, la richiude.
Scacco matto.



"Chi era?"
C'è rabbia nella voce Chris, un ringhio che sporca ogni parola.
"Chi era?" ripete, e stringe le dita in pugni chiusi.
Wesker lo fissa immobile, una statua pallida e silenziosa.
Chris alza il mento, arriccia un labbro - snuda i denti.
"Perché mi trovo sempre a raccogliere la tua merda, in un modo o nell'altro?"
Un baluginio divertito; un rosso che diventa quasi nero.
"È tuo figlio."
Wesker solleva appena un sopracciglio, tace.
"È tuo figlio e si chiama Jake."
Chris lo osserva spostare il peso da un piede all'altro, passarsi la lingua sulle labbra.
"Ha i tuoi occhi."
Un moto inconstante; qualcosa che si muove sotto la pelle - vicino agli zigomi.
"Ti assomiglia."
Un cane ulula in lontananza, gli inquilini del 7B cominciano a litigare.
"È immune al virus Progenitore e a tutti i suoi derivati, compreso il C; grazie a lui stiamo sviluppando il vaccino."
Le luci della notte gli tagliano il viso, lo rendono ancora più lontano - più irreale.
"La macchina perfetta."
Qualcosa cade; Jenny del 7B sbatte un piede sul pavimento e comincia a urlare.
"L'alfiere del nuovo mondo."
Dan mastica un insulto a mezza bocca, sbatte la porta dell'appartamento.
"Ironico." conclude - sentenzia.
Il singhiozzo del vecchio ascensore, il borbottio furioso di Dan giù per le scale.
"L'uomo che voleva distruggere il mondo ci ha regalato l'unica possibilità di salvarlo."
Chris gli dà le spalle, esce dalla stanza.
Si chiamava Aelita gli dirà nel mezzo della notte Aelita Muller.
Tra di loro solo il rumore della pioggia.



A volte gli fa quasi piacere avere qualcuno con cui parlare; aprire la porta di casa e ascoltare l'ennesima lamentela (o battutina sarcastica.)
A volte si stupisce di se stesso; del senso di normalità che la pazzia gli ha dato.
A volte ride - con lui.
A volte gli chiede un parere, persino un'opinione.
A volte ammette che le cose sarebbero potute andare diversamente.

Avrebbero dovuto andare diversamente.

A volte si chiede se non sia morto anche lui.



"Non vuole parlarmi."
Chris sbadiglia, si passa una mano tra i capelli spettinati.
Wesker si fissa le unghie, infila l'indice sotto quella del pollice.
"Dice che sono un persona orribile." alza un sopracciglio, assottiglia gli occhi.
"L'ho ringraziato." e sospira, studiando Chris dalla testa ai piedi.
Redfield lo ignora, cerca i cereali al miele.
"Ragazzino testardo, orgoglioso; mi ricorda te."
Chris si volta, improvvisamente sveglio.
Wesker sorride, si appoggia con i fianchi al bancone della cucina.
"Dice che è stato un piacere morire per te, capitano."
Chris ingoia un pugno di lacrime pesanti come il rimorso.



La scena è surreale - impossibile.
Wesker si stira all'indietro, getta una carta sul tavolo.
"Stai barando."
Sorride, mostra i denti.
"Non puoi avere una Scala Reale."
"Punta."
"No."
Una voce petulante; giovane.
"Hai paura?"
"Non di te."
Wesker amplia il sorriso, accavalla le gambe (un'abitudine che Chris ha sempre trovato terribilmente noblesse oblige)
"Allora scopri."
Piers irrigidisce la schiena, stringe le labbra in una linea sottile, pallida.
Doppia coppia.
Wesker apre le dita, lascia cadere le carte sul tavolo.
Scala Reale.
"Pare che io abbia vinto. Ancora."
Piers si volta, nota la sua presenza.
"Chris." lo chiama, e gli tende la mano "Vuoi venire a giocare con noi?"

Vuoi ballare con i morti e i loro rimpianti?

I fantasmi del passato sono a volte l'unica cosa che ci permette di lottare per il futuro.



Claire si è addormentata.
Stringe ancora il telecomando tra le mani e russa leggermente, lamentandosi quando Chris cerca di sistemarle il cuscino dietro la testa.
"L'incantevole piccola Redfield."
Chris lo fissa in tralice, per nulla amichevole.
Wesker alza gli occhi al cielo, allarga le braccia.
"Certamente non ha preso da te."
"È un insulto?"
"Ti ho mai fatto un complimento, Christopher?"
"Touchè."
La città si agita sotto di loro, luci che scivolano sui vetri come dita supplici e adunche.
"Perché non te ne vai?"
"Sto aspettando."
"Che cosa?"
Wesker studia ancora per qualche secondo Claire, rialza lo sguardo.
"La mia seconda possibilità."
Il cuore di Chris manca un battito.



Gli sembra più pallido: più debole.
All'inizio erano state solo piccole cose; il mancare una battuta o l'evitare una replica acida.
Poi aveva smesso d'irritarlo. Di parlare con lui. Di cercarlo.
Si era alzato sempre meno e quando lo faceva barcollava, appoggiandosi ai muri in cerca di sostegno.
Le ginocchia l'avevano tradito qualche giorno prima, lasciandolo claudicante e riducendolo poi immobile sul divano - una sagoma sgualcita che si limitava a tossire di tanto in tanto.
Faceva quasi impressione; se ne stava, le mani rattrappite sulle braccia e gli occhi infossati nelle orbite - pozze rossastre che galleggiavano in una sclera nerastra, infetta.
Chris aveva osservato la pelle tendersi sugli zigomi, farsi sottile come carta velina.
Le labbra si erano spaccate, asciugate ora dopo ora.
Sotto il suo sguardo si erano riaperte vecchie ferite (un taglio alla tempia, uno al braccio, dove Sheva l'aveva colpito anni prima) lo squarcio del Tyrant una bocca grottesca e molliccia.
Chris si avvicina - cauto.
Gli sfiora una spalla, ascolta il suo respiro - irregolare, sibilante.
I capelli paiono fili di lino in controluce e nuove rughe gli segnano la fronte, i contorni della bocca.
"Cosa ti sta succedendo?" gli chiede, e ha quasi paura della risposta.
Wesker alza a malapena lo sguardo, assomiglia a una predatore ferito a morte.

Non l'ha mai visto così; nemmeno mentre moriva e gridava e la lava se lo divorava vivo.

"Sto morendo." gli dice, e sorride, lasciando colare fili di sangue lungo il mento "Ho finalmente la mia seconda possibilità."
Una settimana dopo Chris partirà per il Giappone; al suo ritorno di Wesker non ci sarà più alcuna traccia.
Il suo dolore non era bastato a trattenerlo.



Natalia è morta davanti a lui, Alex è rinata da ciò che rimaneva della sua pelle.
Chris ha alzato la pistola, ha sparato.

L'ha mancata.

Qualcosa (qualcuno) gli ha stretto il polso un'ultima volta prima di andarsene.
Il commiato del capitano al suo soldato più fedele.



Rapporti da stilare, verità da nascondere.
La penna indugia sul foglio, lascia una macchia bluastra.
Chris chiude gli occhi, li riapre.
"Una volta mia avresti urlato contro per un tale esempio d'incompetenza e sciatteria sul lavoro."
Il silenzio che lo accoglie è uno schiaffo per la coscienza.



Claire gli nasconde qualcosa.
Dice di essere andata a Parigi per conto di TerraSave, ma Chris sa che gli ha mentito.
È nervosa, e ossessionata.
Tiene di nuovo la pistola sotto al cuscino e nei suoi occhi c'è lo stesso disagio che l'aveva accompagnata per mesi dopo Raccoon City.
Ci sono vecchi fantasmi e nuovi rimpianti - Steve e Neil.
Ci sono segreti che la stanno divorando viva, un'inquietudine che rischia di annientarla.
Chris rovista nella sua valigetta, getta un'occhiata alla porta del bagno.
Il volto di Alex Wesker gli sorride da una foto in bianco e nero.



I fantasmi non sono mostri da film dell'orrore; non vivono in case diroccate e cimiteri abbandonati.
I fantasmi non sono diversi da noi - vivi, morti: a volte una differenza irrilevante.
I fantasmi sono tutto ciò che rimane di una storia, di una memoria.
Sono l'estensione di ciò che è stato, una disperazione che prende corpo e sostanza.
Un margine, una cicatrice.
Chris fissa una tomba vuota (Jill) una sfigurata (Wesker.)
Marmo bianco, scritte dorate; numeri che si confondono in mezzo a mille altri.
Non ha più i suoi fantasmi con sé Chris, ma questo non lo rende un uomo libero.
Si aggrappa al suo dolore, alle ferite che la guerra gli ha lasciato addosso.
Le tiene sempre aperte, si infligge una sofferenza terapeutica - che gli ricorda che è vivo - che respira ancora.
Che è ancora possibile urlare e piangere e bruciare.
Jill gli ricordava i suoi errori, la sua colpa; Wesker il suo coraggio, la sua forza.

Piers quello per cui combattere, in cui sperare.

C'è odore di terra bagnata e rose nell'aria; decadenza e nostalgia.
Chris chiude gli occhi, china il capo.

Sorride a stesso.

Non torneranno.

Non finché non andrà a riprenderli.

Riapre gli occhi, ascolta il vento.

I loro bisbigli, le loro risate.

Certi fantasmi non si rendono conto di essere tali fino a quando non è ormai troppo tardi.





"Until you find something to fight for,
you settle for something to fight against."
- Chuck Palahniuk -




Note dell'autrice: per meglio comprendere lo svolgersi degli eventi qui narrati si consiglia la lettura della one-shot "Paranoia", "The biology of evil" e "Beautiful Life"


   
 
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