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Autore: Martiverse    19/10/2016    1 recensioni
Raccolta di brevi storie Akuroku per celebrare il mese di Halloween.
➀ “Noi siamo migliori amici…” non c’era ironia nella sua voce, né alcun senso di minaccia... come se l’averlo quasi ucciso rientrasse nelle occupazioni di routine giornaliere. [...]
➁ “Sei qui da solo?” chiese, affabile ed indagatore come il migliore dei lupi cattivi.
Roxas annuì scuotendo la testa un po’ troppo forte, senza perdere il suo sorriso alticcio. [...]
➂ Il cerone bianco, le lacrime disegnate sul volto... sembrava una bambola di porcellana venuta male. [...]
➃ “Sono davvero la cosa più importante nella tua vita?” chiese Roxas.
Conosceva la risposta a memoria, sperava solo che per una volta Axel dicesse di no. [...]
➄ In realtà trovava pietoso il sottomettersi fin da subito, dando una conferma elargita della dipendenza dal suo fascino [...]
➅ Rosso gelido, come la luce accesa del pronto soccorso.[...]
➆ L’aveva assassinato con il proprio amore e condannato con la sua disattenzione. Se solo l’avesse amato di più! Se solo l’avesse amato di meno…[...]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Lemon, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun gioco, Contesto generale/vago
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Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...Hello there ≧◉◡◉≦
Ecco qua il nuovo capitolo, come promesso... e stavolta in orario, non è neanche notte ahahah
Per una volta possiamo assistere ad un raro caso di Axel figo nelle mie storie, auguri x°D
...e come nella maggior parte delle mie storie... eeeeeeeeeeh (͠≖ ͜ʖ͠≖)👌
Plus, grazie per la recensione Libery89 ;w; E' bello sentire un parere <3
 

5 ➣ Disgusting (Kesha)
 
Axel aveva spezzato almeno un centinaio di cuori.
Non importava che fossero di donne o uomini, puntualmente riusciva ad entrargli sottopelle e farli innamorare.
Forse era qualcosa nel suo aspetto eccentrico che attirava le prede, come il colore sulle foglie d’una pianta carnivora… o forse era il suo atteggiamento così dannatamente sicuro di sé a far colpo.
Aveva l’incredibile capacità di saper parlare ed ascoltare in maniera equa, memorizzando tutti i dettagli con una precisione chirurgica. Così sembrava sempre attento e partecipe, uno che ci tiene davvero! Perché non è da tutti ricordarsi la data di compleanno della Zia Adelina, o quale corso di danza ha frequentato il cugino di secondo grado che si è trasferito a Sidney.
Sapeva sempre cosa dire in ogni situazione e non c’era il verso che un appuntamento potesse andar storto quando l’interlocutore ride sempre al momento giusto o ti fissa con due occhi verdi maledettamente ipnotici…
Non aveva neanche bisogno di sforzarsi più di tanto, era una di quelle persone che nasce già con la camicia!
Elegante nei modi e curato nell’aspetto, aveva anche ricevuto il dono divino di poter mangiare come una scrofa senza metter su neanche un filo di grasso.
Aveva un unico, gigantesco, difetto.
Si annoiava alla svelta.
Non era mai riuscito a stare con nessuno per più di una settimana. Così, mentre la controparte già pensava al matrimonio con il principe dei sogni, Axel se la svignava dalla finestra e cambiava scheda al cellulare.
Il primo giorno era una sfida adrenalinica, un incontro in cui doveva concentrarsi al cento per cento per capire ogni cosa del suo interlocutore. Di solito offriva una cena in un locale costoso e stava a chiacchierare davanti ad un bicchiere di champagne, cosa che faceva sempre colpo.
Amava scoprire il vero essere delle persone in poco tempo. Gli pareva di aver tra le mani un enorme cubo di Rubick e di doverlo sbrogliare alla svelta… ma sempre un tassello per volta.
Allora girava, spostava le caselle, faceva domande e dava risposte, si esponeva quanto bastava a farsi rivelare dell’altro.
Il secondo giorno era una pausa. Spegneva il cellulare ed elaborava tutte le informazioni che era riuscito a ricavare.
Gli piaceva sparire per far sì che l’altro si riempisse la testa della sua mancanza, che lo percepisse come vuoto ricordando la serata che avevano passato insieme, della mano che aveva cautamente allungato sulla sua, dello champagne nei bicchieri…
Il terzo giorno Axel accendeva il cellulare e trovava un paio di chiamate perse dalla sua preda. Non erano mai mancate e tutte le volte lo facevano sorridere dandogli la conferma del proprio fascino.
In realtà lo trovava un gesto pietoso…sottomettersi così tanto fin da subito, dare una conferma così elargita della dipendenza dal suo charme… ma visto che non era stato lui a chiamare lo poteva catalogare solo come un complimento per se stesso.
Rispondeva con un messaggio, per far desiderare ancora un po’ la propria voce.
Poi, il quarto giorno, vi era il fatidico appuntamento… ed Axel non aveva mai sbagliato una meta. Sapeva sempre dove portare le sue prede, quali erano i loro interessi e i loro hobby.
Axel offriva un passaggio fin sotto casa perché era un vero galantuomo ed i due si salutavano sulla soglia in modo così intimo che sembrava quasi si conoscessero da una vita…
Non entrava mai, nonostante gli inviti.
Li lasciava a pensare a lui per tutta la notte, a quello che sarebbe potuto succedere se invece avesse accettato quella tazza di thè serale…
Il quinto giorno era il preferito di Axel.
Era quello in cui si svegliava con una colazione bella proteica, buttava giù un succo d’arancia e si avviava alla casa della sua vittima come se fosse la sua.
Bussava alla porta e si presentava con un sorriso di quelli che solo lui sapeva fare.
Le fini sopracciglia appena un poco sollevate, le labbra dischiuse senza però mostrare i denti…
Era un maledetto magnete, dannato il momento in cui si finiva nel suo cerchio d’attrazione…
Per un attimo sul viso delle sue vittime c’era un'ombra di sorpresa… ma bastava che lo guardassero negli occhi per allacciarsi al suo collo a cercare le sue labbra.
Che il letto fosse al primo o al secondo piano non importava. Che volessero farlo in cucina, in sala, sul divano... era assolutamente identico. Negli anni aveva accumulato così tanta esperienza da non aver timore di nessun luogo e nessuna cosa.
Sapeva dove mettere le dita, quanta pressione esercitare sulla pelle.
Aveva esplorato decine e decine di bocche e la mappa era ormai ben impressa nel suo cervello. Non poteva sbagliare strada, non era assolutamente possibile. E sempre, sempre, maledettamente sempre tutti quanti cedevano come burro sotto il calore delle sue mani esperte. Qualsiasi cosa volesse fare, poteva.
Perché sapeva come fargli dire di sì.
Il sesto giorno di svegliava in quel letto che non era suo, dopo una giornata da acrobati.
A volte gli offrivano la colazione a letto, ogni tanto trovava un biglietto che gli segnalava l’orario di ritorno con consequenziale invito a pranzo.
In soli sei giorni entrava così profondamente nel cuore delle persone che veniva automaticamente inglobato nella loro routine giornaliera. Era una maledetta spina infetta, di quelle che più cerchi di tirarle fuori, più scivolano in profondità.
Così Axel iniziava a convivere con la sua vittima una lunga giornata di ruotine. A volte faceva la spesa, a volte andavano al parco, ognuno aveva i suoi rituali giornalieri e i suoi orari.
La sera si ritiravano in camera e finivano di nuovo uno tra le braccia dell’altro.
…e tutto era già diventato così noioso, ora che non c’era niente da conquistare.
Così il settimo giorno Axel scappava dalla finestra, dalla porta di servizio, da qualsiasi cosa gli consentisse di prendere una boccata di libertà.
E la spina era ormai così profondamente infilata nel cuore delle vittime che il suo addio le spezzava… quanti cuori aveva infranto?
Axel rimase sdraiato sul letto, fissando il soffitto con le mani riunite sul torace.
Sinceramente non gli era mai importato di ferire le persone… ma il problema era un altro.
Il problema era un ragazzino biondo che doveva avere almeno quattro anni meno di lui… un maledetto studentello universitario che ancora odorava di diploma.
Era un casino il modo in cui si era presentato… il modo in cui l’aveva guardato mentre si erano trovati a parlare davanti ad un caffè.
Aveva questi due occhi blu profondi come l’oceano… e quando il loro sguardo si era incrociato Axel si era sentito come se quel tipetto sapesse già tutto di lui. Avrebbe potuto confessargli qualsiasi cosa!
Non si aspettava di rivederlo ancora. Quasi per scaramanzia era tornato nei giorni successivi nella biblioteca dove l’aveva incontrato… ed il terzo giorno? Eccolo là.
Il suo cardigan a scacchi da secchione e quegli occhietti maliziosi che lo spiavano da dietro la copertina d’un libro.
L’aveva invitato a cenare in un ristorante costoso ed Axel aveva accettato senza pensare... per essere chiari: non è che gli piacesse così tanto da fargli spezzare il suo normale rituale di corteggiamento… solo che gli piaceva il ristorante, ecco. Mica il tipetto.
La cena era andata bene. Axel si era automaticamente offerto di riaccompagnarlo a casa, così abituato a rispettare la propria routine di corteggiamento… ma lui non si era fatto riaccompagnare, se n’era andato salendo su autobus come un normale studente senza patente… ed Axel aveva desiderato dannatamente sbatterlo sul proprio letto e premergli un polso dietro la schiena, metterlo sotto per punirlo di un voto andato male e dargli ripetizioni speciali di anatomia…
Con la testa piena di lui non era neanche riuscito a tornare a casa; com’era salito in auto si era sganciato i pantaloni ed aveva seguito le sue fantasie fino a dimenticare ogni cosa.
Aveva dormito male, dannatamente male!
...e la mattina seguente era tornato subito alla biblioteca, sorseggiando un orribile caffè d’asporto preso a pochi centesimi.
Lui era di nuovo lì, con quei suoi occhi grandi.
Gli sembrava ancora più malizioso… anche se non stava facendo assolutamente niente per tentarlo. Credeva di intravederlo a leccarsi le labbra, che lo facesse apposta a far cadere le pile di volumi solo per piegarsi e mostrargli il suo sedere maledettamente troppo perfetto sotto quei pantaloni qualunque!
“Ehi, ciao. Mi daresti una mano a rimettere a posto questi libri? Ultimamente con tutti questi esami non so più dove ho la testa…”
Certo che sì, cazzo! Come lo capiva, anche lui aveva la mente ancorata da un'altra parte…
Sollevò la pila di libri e seguì Roxas tra gli scaffali, lasciandone uno di qua, uno di là…
Poi Roxas aprì una porta e lo aiutò a scaricare gli ultimi volumi nella sala dei libri di medicina.
Quelle lezioni di anatomia. Quelle dannate lezioni di anatomia.
Affondargli la testa tra i libri e sentirlo suo mentre si aggrappa agli scaffali.
Axel fissò Roxas ed i due rimasero in silenzio…
…poi Roxas alzò una sedia e la puntò contro la porta. Scosse la maniglia per vedere se la sua chiusura reggeva e quando si ritenne soddisfatto tornò a girarsi verso Axel.
Subito le mani lunghe di lui gli affondarono tra i capelli dorati. Gli carezzò il collo, gli baciò la giugulare.
Axel non aveva mai fatto una cosa del genere prima d’ora. Non perché fossero in una stramaledetta biblioteca pubblica, ma perché aveva mandato completamente a puttane il suo calendario di corteggiamento.
Febbrilmente slacciò la cintura del ragazzino, mentre le mani di lui andavano ad abbassargli i pantaloni.
Sentirlo mugolare fu un afrodisiaco per le sue orecchie. Axel aveva ancora i pantaloni alle caviglie quando si chinò sul ragazzino e gli strinse i fianchi premendo con forza le dita sulla sua pelle chiara.

La schiena di Roxas sbatté contro la libreria. Cercò di aggrapparsi allo scaffale ma finì solo per rovesciare a terra qualche libro.
Axel passò la lingua tra le sue gambe, bagnandogli la pelle. Voleva tutto di lui, percepiva un legame che mai aveva sentito prima d’ora. Ci aveva parlato per così pochi giorni… eppure gli sembrava di conoscerlo da tutta la vita!
I suoi modi sbarazzini e gioviali, il suo aspetto da angioletto… se si sforzava abbastanza poteva anche fingere d’averlo incontrato tanto tempo addietro, inventarsi qualche storiella che giustificasse il fatto per cui era finito in una biblioteca pubblica a fargli un pompino.
Roxas gli piantò le mani tra i capelli e mosse le dita sulla sua testa, stringendo ed allentando la presa in modo adorabile.
Non capiva quanta esperienza avesse quel benedetto ragazzino. Gemeva come fosse la sua prima volta, ma sembrava che ogni sua mossa fosse misurata apposta per lui, ritagliata appositamente per fargli perdere la testa.
Axel lo assaporò ingordamente, mandando a quel paese ogni pensiero coerente. Si riempì ancora una volta la testa di fantasie su quel corpicino… quante cose avrebbe potuto fargli! Si alzò e ne cercò le labbra.
Roxas mugolò, insoddisfatto, e gli strinse una mano tra i capelli per tirarlo più verso di sé nel loro bacio.
“Girati…” ansimò Axel al suo orecchio.
Si sorprese di scoprire la propria voce a vibrare dall’eccitazione. Se non si fosse dato una mossa sarebbe venuto come un principiante.
…ma tutta quella situazione paradossale lo faceva ammattire! Quel ragazzino così serafico… e la biblioteca! Potevano bussare alla porta da un momento all’altro! Cazzo, l’adrenalina gli scorreva nelle vene come non mai.
Come aveva fantasticato, Roxas strinse le mani su uno scaffale più alto e premette la fronte sudata contro le dorsali dei dizionari di medicina mentre Axel gli stringeva i fianchi e si calcava dentro di lui.
Li avrebbero sentiti di certo.
Bastava che qualcuno passasse davanti alla porta e non avrebbe potuto ignorare il suo ansimare roco ed gemiti alti del ragazzino, per non parlare del rumore secco e viscido delle proprie spinte!
Eppure quello che sarebbe dovuto essere un sentore di pericolo nella mente di Axel non serviva ad altro che amplificare il piacere, facendogli perdere il controllo sempre di più.
Quando venne disse il suo nome come facevano sempre tutti gli amanti a cui aveva strappato il cuore.
Ed era questo il problema.
Lui, Axel, il donnaiolo, il Don Giovanni per eccellenza… aveva finito per ritrovarsi con una scheggia nel cuore.
Una scheggia ch’era d’amore, un amore insopportabile che non riusciva a gestire!
Il cellulare posato accanto al suo orecchio gli faceva compagnia nel suo muto momento di silenzio… la scheggia si era piegata di lato e gli aveva spezzato il cuore a metà.
Adesso capiva come si sentivano le vittime.
L’aveva chiamato come un cane patetico almeno tredici volte... ed il numero che gli aveva dato Roxas non esisteva neanche.

   
 
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