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Autore: fera_JD    22/10/2016    0 recensioni
Questa è la storia di una vita, che si intreccia con le vite di altri, crea legami e li spezza, cambia e influenza il mondo che la circonda come esso influenza lei. è una vita come tante altre, ma allo stesso tempo non lo è.
Dalla storia:"E per questo ti ritieni mia amica?"
"Non proprio per questo ma sì, ti ritengo un amico. O devo ritenere queste una amicizia unilaterale?" chiese lei con un cipiglio malizioso.
"No be... insomma... io..." balbettò lui in evidente imbarazzo. Di certo non era abituato a dichiarazioni di quel genere, be di nessun genere. Barbara nel vederlo così in difficoltà scoppiò a ridere, non riusciva neanche a guardarla negli occhi.
"Va bene così Smilzo! Non devi dire niente, ho capito." gli disse lei con un sorriso incoraggiante e Severus si arrischiò a incrociare il suo sguardo e all'improvviso l'ansia scemò via.>
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Oh Sinnerman
All on that day
   I cried  power!!!!!!!
Power to da lord
    Bring down
Power to da lord
     Power!!!
 
7 aprile 1980 0.15 AM
Era notte fonda e Barbara non era nel suo letto. Aveva scoperto che non aveva più bisogno di dormire come prima, riusciva a mantenersi vigile e attenta anche con solo tre o quattro ore di sonno e questo l’aveva portata a rimanere fuori casa anche in orari poco ortodossi. Stare fuori dall’abitazione dei suoi poi, le permetteva di respirare a pieni polmoni che con l’olfatto che si ritrovava la puzza stantia di casa sua le risultava difficile da sopportare.
La ragazza era nel bosco vicino alla città e sentiva ancora i rumori di Knaresborough che arrivavano fin lì; il ronzio dell’elettricità dei lampioni, un auto solitaria che percorrevano una strada, le voci delle persone che ancora non si erano arrese a Morfeo.
Rumore di civiltà.
Non era quello che voleva sentire in quel momento.
Si posizionò controvento dando le spalle alla città lasciando che gli odori della foresta la avvolgessero. Chiuse gli occhi e con un po’ di concentrazione richiamò dal suo animo l’abilità del Lupo, traendo così un’immagine della foresta e dei suoi abitanti grazie a tutti i suoi sensi. Sentì il lieve fruscio dei piccoli animali che zampettavano nel sottobosco: l’odore terroso di foglie in decomposizione e il profumo della resina di abete; quello di un topo di campagna ucciso da una donnola e sentì l’odore dolciastro della magia.
Barbara sussultò lasciando andare di colpo il Lupo e facendo tornare così i suoi sensi ai livelli di intensità umani. Sapeva di non essere molto distante dalla casa di Bernard, ma avvertire quel profumo così all’improvviso l’aveva sorpresa.
La ragazza volse lo sguardo verso la direzione dove sapeva fosse la casa del mago. Era passato quasi un anno dal loro litigio e ancora faceva fatica a dimenticarlo, come faceva fatica a dimenticare il vecchio Dungwort e tutti i suoi racconti.
Barb cominciò a camminare senza una meta precisa persa nei suoi pensieri.
Aveva compiuto giusto il giorno prima il suo diciassettesimo compleanno, non c’era stata una festa né grandi abbracci o auguri. Solo una birra con gli amici al pub e degli auguri che sapevano di circostanza dalla sua famiglia, anche se poteva scommetterci una mano che l’unica ad esserne davvero ricordata era la piccola Amy che si era premurata poi di informare il resto della famiglia. Un sorriso amaro emerse sulle labbra della giovane mentre la mente tornava ad uno di quei pomeriggi passati nel salotto dai mobili di legno rosso di Bernard.
I diciassette sono un compleanno importante nella comunità magica!” le disse il vecchio mago posando un vassoio di biscotti sul basso tavolino di vetro  “Segnano l’entrata del ragazzo nella vita adulta ma più importante non si è più soggetti alla Traccia.” Finì di dire Bernard ridacchiando.
“La traccia?” chiese Barb non capendo a cosa si stesse riferendo l’amico.
“è un incantesimo  che è su ogni giovane mago o strega che permette al Ministero della Magia di scoprire se un minorenne compie magie, magari davanti ai muggle, che è assolutamente proibito per via dello Statuto di Segretezza. Quindi per evitare effrazioni è stata insignita la Traccia sui ragazzi, solo a 17 anni si è liberi dell’incantesimo.” Spiegò Bernard con lo sguardo lontano perso nei ricordi, probabilmente stava ricordando la sua giovinezza quando era toccato a lui compiere diciassette anni.
Barb ghignò “Immagino  che tutti i maghi diciassettenni si diano alla pazza gioia con incantesimi e magie?!”
“Oh ci puoi scommettere! In ogni famiglia magica è un giorno davvero speciale!”
Speciale.
Per lei non  lo era stato. Ma in fondo, si diceva Barbara, non era una strega per lei quel giorno era stato come qualsiasi altro. La mattina si era alzata, era andata a scuola, era uscita con la propria compagnia a fare un giro in città e poi erano andati al pub. Infine era tornata a casa, aveva fumato una sigaretta sul balcone in compagnia del fratello maggiore e poi era andata a dormire. Fine del suo diciassettesimo compleanno.
Non era una strega, eppure faceva parte di quel mondo nascosto e segreto sia ai suoi amici che alla sua famiglia. Era stanca di mentire e di nascondere la sua natura, ma più di tutto era stanca di sentirsi costantemente sola e fuori posto.
Barb sospirò, fermandosi a pochi metri dalla fine del bosco, senza accorgersene era arrivata al limitare della casa di Dungwort. Il vecchio mago era stato l’unico suo appiglio verso quel mondo a cui sentiva di appartenere e perdendolo ora si sentiva come una barca smarrita in una tempesta.
La ragazza fece per girarsi con l’intenzione di tornare sui suoi passi per perdersi di nuovo nel cuore della foresta quando un urlo fendette l’aria, bloccando la mannara sul posto. Barb conosceva quella voce, era la stessa di quei caldi pomeriggi conditi di biscotti e tazze di tè in mezzo a strani alambicchi e libri che parlavano di magia. Era la voce di Dungwort e stava urlando di dolore.
La mannara richiamò il Lupo con la velocità di un nanosecondo ampliando i propri sensi come aveva fatto prima, ma questa volta non per bearsi della natura che la circondava, bensì per sapere su chi avrebbe dovuto affondare i suoi artigli.
In casa di Bernard c’erano altri quattro uomini, quattro maghi che puzzavano di marcio. Non era il solito profumo di fragole e miele, ma era come coperto di un orrido lezzo di uova marce o almeno era ciò che più gli si avvicinava.
La ragazza superò in pochi secondi i metri che la separavano dalla casa, dirigendosi verso la finestra del salotto che sapeva  essere priva di persiane. Quando guardò all’interno senza farsi vedere, le si gelò il sangue a quella visione. I quattro maghi che sapevano di uova marce, non sembravano essere degli ospiti graditi, portavano dei lunghi mantelli neri che nascondevano anche la testa in un cappuccio a punta, mentre il viso era coperto da una spaventosa maschera d’argento che ricordava vagamente la forma di un teschio. Ma il peggio era lo stato in cui si trovava Bernard: era ricoperto di sangue che gli imbrattava il viso e le mani che teneva chiuse a pugno vicino al petto.  Rannicchiato sul pavimento disseminato di tutti i suoi strani marchingegni completamente distrutti, era nel  mezzo dei quattro uomini incappucciati che rivolgevano verso di lui le loro bacchette.
Barbara non capiva cosa esattamente gli stessero facendo, era sicuramente una tortura magica per come il vecchio mago si contorceva sul pavimento ma alla ragazza era bastata quella visione e il sentire le sue urla di dolore per farle salire il sangue alla testa. Avrebbe voluto entrare senza pensarci due volte come aveva fatto in precedenza, quando aveva sentito il suo orgoglio venire ferito quel maledetto mattino di luglio ma qui non c’era in ballo solo lei, c’era la vita di Bernard e la ragazza non poteva permettersi passi falsi.
Doveva trovare una soluzione e in fretta: non sapeva quanto Bernard potesse resistere ad un trattamento del genere, ne sapeva il motivo di quell’attacco. Se quei tipi erano venuti solo per ucciderlo ogni secondo poteva essere quello che avrebbe segnato la morte del vecchio mago. Doveva entrare in casa, ma senza che se ne accorgessero, almeno così avrebbe avuto dalla sua l’elemento sorpresa.
All’improvviso si ricordò della portafinestra della cucina posta sul retro della casa. Quella porta si apriva con una pietra del giardino dove era inciso una runa o qualcosa del genere… la ragazza si ricordava che Bernard chiudeva la propria casa con degli incantesimi particolari apposta per proteggersi, ma la porta della cucina nonostante fosse protetta dagli incantesimi aveva anche quel metodo di accesso. Lo aveva fatto per lei, Dungwort aveva avuto paura che un giorno Barb avrebbe potuto scontrarsi contro uno dei suoi incantesimi protettivi nel tentativo di entrare in casa senza avvisarlo in anticipo e per questo le aveva inventato quel “rituale” per aprire la porta sul retro. La ragazza avrebbe solo dovuto prendere la piccola pietra incisa e accostarla alla serratura della porta, ma in realtà per tutto il tempo in cui erano rimasti amici Barb aveva sempre usato la finestra per entrare o uscire facendo scattare ogni volta l’allarme e causando il quotidiano infarto al vecchio mago. La ragazza lo faceva per fargli uno scherzo e perché era divertente vedere il vecchio Dungwort arrabbiato come nei suoi ricordi di bambina, ma ora un atroce dubbio si era insinuato nella sua mente. Se la sua continua intrusione in quel modo clandestino fosse diventato una quotidianità per Bernard e il vecchio mago avesse tenuto la guardia bassa quando aveva sentito suonare gli allarmi pensando che poteva essere lei? Se fosse colpa sua se lui, ora era in quella situazione incapace di difendersi da quei criminali? Barbara non voleva neppure pensarci. Con passi veloci e nel più completo silenzio la mannara si diresse verso il retro della casa pensando che se anche fosse stato così avrebbe rimediato, fosse stata l’ultima cosa che faceva.
Intanto nel soggiorno i quattro uomini in nero impegnati nella loro opera non si accorsero dei movimenti della ragazza fuori dalla casa, sicuri che nessuno avrebbe avuto l’ardire di affrontare dei Death Eaters quali erano loro. Dietro le argentee maschere i maghi ghignavano di piacere nell’infliggere dolore a quel povero vecchio la cui unica colpa era quella di essere imparentato con dei muggle, ma ancor peggio aveva compiuto il peccato di volersi opporre al loro Signore e Padrone. Quell’uomo meritava la morte ma questo non voleva dire che prima non si potevano divertire un po’.
All’improvviso però un rumore sordo mosse il silenzio della casa che prima era stato rotto solo dalle grida del signor Dungwort. Quel suono inaspettato fece distrarre i Death Eaters dando così al povero Bernard un attimo di respiro dalla loro tortura. Uno dei quattro si allontanò per controllare cosa avesse causato quell’interruzione sgradita, camminando fino alla cucina dove credeva di aver sentito provenire il rumore.
“Lumos” pronunciò il mago oscuro e un fascio di luce chiara si irradiò dalla punta della sua bacchetta illuminando l’ambiente. La cucina era deserta,immacolata e in ordine, nulla sembrava fuori posto anche le porte e le finestre erano chiuse. L’unica cosa che sembrava essere incoerente con il resto della stanza era una pietra posta al centro esatto del tavolo. Il mago si avvicinò per vedere meglio e scoprì essere una normale pietra se non fosse stata per la runa di apertura incisa sulla superficie.
Non fece in tempo a cogliere il significato di quell’oggetto che subito dopo un forte tonfo si sentì per tutta la casa, come quello di un corpo morto che cade pesantemente sul pavimento.
“Ehi Selwyn che stai combinando?!” chiamò uno dei Deatheaters dal soggiorno ma non ricevette alcuna risposta dal compagno.
“Tsk, quell’idiota! Vado a vedere dove si è cacciato. Tu non ti muovere feccia!” sputò il mago dando un calcio al povero Bernard ancora disteso a terra.
L’uomo si diresse verso il luogo dove aveva visto scomparire il compagno poco prima illuminando l’ambiente con l’incantesimo di luce, ma nonostante il lumos attivo vide quei due penetranti occhi gialli solo troppo tardi. Barb con un basso ringhio  si lanciò sull’uomo con gli artigli protesi verso di lui, il Deatheater non fece in tempo nemmeno ad urlare che la licantropa gli era già addosso.
I due complici rimasti al sentire quel ringhio provenire dall’oscurità e i conseguenti rumori dovuti alla colluttazione si allarmarono non capendo cosa stesse succedendo. La casa doveva essere deserta oltre a loro e nessuno aveva fatto scattare gli allarmi magici penetrando dall’esterno, quindi chi o cosa stava decimando la loro squadra.
“Ehi tu vecchio!” esclamò uno dei due a Dungwort ancora scosso da leggeri tremori per essere stato torturato con la maledizione Cruciatus fino a pochi minuti prima. “Che cosa sta succedendo?! Se hai piazzato delle trappole ti farò rimpiangere di essere nato!”
“No” disse una voce cavernosa e profonda quanto un abisso. I due Death Eaters si guardarono intorno freneticamente e spaventati, puntando le loro bacchette verso l’oscurità della casa in ogni direzione possibile.
Una risata bassa e ringhiante scosse il silenzio della casa, quella voce non sembrava provenire da nessuna parte precisa tranne forse dai più oscuri meandri dell’inferno. I due uomini cominciarono a sudare freddo dietro alle loro maschere, mentre i loro movimenti diventavano sempre più sconnessi più la risata si faceva più forte e più vicina.
Anche Bernard cominciava a spaventarsi, anche se sinceramente non poteva pensare che la sua situazione potesse peggiorare più di così. Poi due sinistri occhi gialli penetrarono il buio della notte e il cuore del mago sussultò.
“Sarete voi a rimpiangere di essere nati.” Disse Barb prima di balzare addosso ai due Deatheaters rimanenti, dilaniando carni e ruggendo di furia. Nel bel mezzo della lotta Bernard riuscì a rotolare in un angolo per sfuggire agli incantesimi dei due maghi che stavano lanciando in ogni direzione senza mai centrale il bersaglio. Trovato riparo dietro la parete dell’anticamera si arrischiò a guardare verso il proprio soggiorno che era diventata il campo di battaglia di due maghi oscuri e una licantropa arrabbiata. Bernard non credeva ai suoi occhi, tra tutti coloro a cui aveva pregato di intervenire da quando quella tortura era iniziata non aveva pensato minimamente alla ragazza, certo che anche se lo avesse sentito o visto se ne sarebbe giustamente andata. A buon ragione anche, per come l’aveva trattata non si meritava quello, non si meritava che Barbara combattesse per lui.
Il vecchio mago posò lo sguardo sulla giovane, era quasi irriconoscibile così stravolta dalla furia della battaglia. Gli occhi gialli ad illuminare il buio, le zanne che le stravolgevano i lineamenti dandole un’ aria selvaggia e animalesca, per non parlare di quegli artigli sporchi di sangue. Barb faceva paura, non si poteva negarlo eppure gli stava salvando la vita e lui non se ne sarebbe rimasto con le mani in mano.
Bernard riuscì ad alzarsi in piedi seppur traballante e all’inizio dovette appoggiarsi alla parete per non cadere, la tortura lo aveva sfiancato e non era più nei fiori degli anni. In qualche modo riuscì a raggiungere la cucina avendo capito come Barb aveva fatto ad entrare senza far partire l’allarme. Alla fine quella pietra era servita a qualcosa. In cucina trovò il corpo di un Deatheater  steso a terra inerme ma soprattutto con ancora la bacchetta in mano. Dungwort gliela strappò via e senza pensarci due volte si affrettò a raggiungere il soggiorno per dare manforte alla mannara. Appena varcata la soglia si trovò di fronte uno di quegli incappucciati di nero e fu con enorme piacere che il vecchio lo schiantò facendogli sfondare la parete opposta, ma purtroppo quei maledetti avevano la pelle dura.
Il Death Eater si rialzò pronto a combattere di nuovo, ma venne attaccato da Barb che lo atterrò con un calcio. In quel momento gli sguardi del vecchio mago e della giovane si incontrarono e per un attimo Bernard ne venne di nuovo pietrificato.
“Bernard giù!!” urlò Barb al vecchio mago giusto in tempo di evitare un incantesimo lanciato proprio dietro di lui. Il Deatheater, il secondo che era sparito nell’oscurità poco prima era rinvenuto ed era anche piuttosto infuriato.
“Lurida cagna! Ti ucciderò feccia!!” urlò lui cominciando a subissare di incantesimi, tutti oscuri, la ragazza che dovette cominciare una fuga a slalom per evitare quei fiotti di luce.
Dungwort intanto aveva trovato riparo dietro il divano ribaltato e da lì lanciava incantesimi verso gli altri due, ma non potevano continuare così. Alla fine Barb venne schiantata da uno dei tre verso la libreria posta esattamente dietro le spalle di Bernard, ora i due erano sullo stesso lato dell’abitazione: doveva approfittarne. Il più fretta che poteva il vecchio mago creò uno scudo magico, forte abbastanza per impedire ai loro incantesimi di colpirli, dove invece andavano a cozzare contro la barriera magica che li proteggeva formando dei brevi scoppi di scintille.
“Barb stai bene?” chiese Bernard con il fiatone, quell’incantesimo era complesso e gli bruciava parecchia energia.
“Dovevo colpire più forte quel pezzo di merda!!”disse Barb per tutta risposta guardando verso il Deatheater che l’aveva chiamata cagna. “Tu piuttosto ce la fai a camminare?”
“Non ne sono sicuro… di certo non ce la farò a scappare sulle mie gambe…” rispose lui mentre già gli tremavano gli arti per lo sforzo che ora stava facendo.
Barb si morse il labbro mentre si guardava intorno freneticamente alla ricerca disperata di un modo per uscire da quella situazione senza abbandonare Bernard in mano a quegli aguzzini. La ragazza posò lo sguardo sulla poltrona ribaltata a pochi metri di distanza da loro e le venne un’idea, anche se non era delle migliori.
“Bernard tieniti pronto!” esclamò la ragazza.
“A cosa?!”urlò a sua volta il mago, ma venne strattonato da Barb all’indietro e l’incantesimo che fino a quel momento era riuscito a tenere in piedi per miracolo crollò. Non fece però in tempo a chiedere spiegazioni che si vide volare la sua poltrona di raso ad un palmo dal naso diretta esattamente verso i tre Deatheater che li tenevano sotto scacco. Quella mossa non prevista li colse di sorpresa e dovettero in fretta spostare la loro attenzione verso il pezzo del suo mobilio prima di essere schiacciati. Bernard non vide la fine della corsa della poltrona perché con un rapido movimento Barb se l’era caricato in spalla come se fosse un bambino e stava correndo verso la finestra – chiusa- della stanza.
La licantropa sfondò la finestra con un unico balzo e mentre sentiva ancora le maledizioni dei maghi oscuri che venivano lanciate loro dietro scavalcò il giardino della casa di Dungwort e senza mai voltarsi indietro inoltrandosi nella foresta.
Barb corse alla sua massima velocità e al massimo che le sue gambe potevano dargli, non si fermò, nè rallentò, sempre con tutti i sensi vigili a captare ogni eventuale segno che li stessero inseguendo. Ne un odore o un suono però gli arrivò all’orecchio, c’erano solo loro due che schizzavano ad una velocità sovrannaturale per la foresta inglese.
Dopo svariati minuti di corsa all’impazzata, Bernard si arrischiò a parlare. “Barbara credo che ti possa fermare. Non penso che ci stiano inseguendo.”
La ragazza non era del tutto sicura, ma rallentò l’andatura cercando nel contempo di ampliare i suoi sensi come non aveva mai fatto, ma nessun lezzo di uova marce sembrava aleggiare nell’aria. Alla fine Barb si fermò vicino ad un grosso tronco caduto, era nel cuore della foresta, in pochi si arrischiavano a insinuarsi fino a quel punto. Dovevano essere al sicuro.
Senza dire una parola la mannara fece scendere Bernard che andò subito a sedersi sul tronco, le vecchie gambe non lo reggevano più. Era stanco e dolorante e l’unica cosa che avrebbe voluto era dormire dimenticando quella serata, ma non lo fece perché era in debito. Quella ragazza gli aveva salvato la vita nonostante lui l’avesse tradita proprio nel momento in cui avrebbe dovuto essere dalla sua parte, ma la paura e i pregiudizi alimentate dalle parole dei suoi amici gli avevano ottenebrato la mente da ogni logica e senso di buon cuore. Sapeva di aver sbagliato appena aveva lasciato che Barb uscisse per sempre da casa sua e si sentiva ancora di più un verme per non aver neanche tentato di rimediare nei mesi successivi. Non si meritava quel salvataggio, non da lei, ma allo stesso tempo le era incredibilmente grato per essere intervenuta e di non averlo lasciato morire.
“Barbara…” sussurrò lui richiamando il suo sguardo giallo su di sé. Quegli occhi gli facevano ancora paura, come quegli artigli e le zanne che spuntavano dalle labbra ma sapeva che non li avrebbe mai rivolti verso di lui. Ora lo sapeva.
“Grazie, per avermi salvato.”
Barb rimase per un po’ a fissarlo muta scrutando il viso del vecchio mago ancora sporco di sangue che andava a mischiarsi con le rughe che gli incorniciavano occhi ricolmi di rammarico e tristezza verso sé stesso.
La ragazza abbassò le palpebre con un sospiro tornando al suo aspetto umano, quando riaprì gli occhi erano di nuovo del suo caldo marrone scuro e un leggero sorriso le illuminò il volto.
“Non c’è di che.” Gli rispose Barb sedendosi al suo fianco sulla vecchia corteccia ricoperta di morbido muschio.
“Non me lo meritavo… per quello che ho detto io…” stava dicendo Dungwort ma Barbara lo bloccò alzando gli occhi al cielo.
“Il passato è passato Bernard. Delle scuse mi bastano e avanzano.” Disse la ragazza sorridendogli.
“Mi dispiace Barb, davvero scusami. Ho lasciato che i pregiudizi sulla tua razza mi impedissero di vedere la persona che c’era dietro. Io.. non so proprio come farmi perdonare…”
Il mago non potè continuare che venne ammutolito per il gesto improvviso della giovane. Barb in uno slancio l’aveva abbracciato lasciandolo di stucco. “Lo hai già fatto.” Disse la ragazza stringendo le magre spalle del vecchio amico. Le era mancato così tanto e la paura di perderlo in quel modo le aveva dilaniato il petto dalla paura. Era felice che tutto si fosse risolto per il meglio.
Dungwort era rimasto totalmente spiazzata per quel gesto di affetto inaspettato e non gli importava se sentiva dolore in ogni parte del corpo per via di quella stretta, anzi lui stesso strinse più forte quell’adorabile ragazza che non solo gli aveva colorato gli anni della sua vecchiaia con la sua freschezza ed esuberanza, ma gli aveva appena salvato la vita mettendo a rischio la propria. Non avrebbe mai potuto ringraziarla abbastanza.
Dopo un paio di minuti Barb sciolse l’abbraccio senza smettere di sorridere. “Allora qual è la prossima mossa? Di certo non puoi tornartene a casa come niente fosse” chiese la ragazza tornando al problema principale.
“Già, questo è sicuro. Immagino che avrai capito che quei maghi erano Death Eaters.” Disse Bernard tornando cupo.
“Si, lo avevo immaginato. Ma cosa volevano da te?”
Bernard sospirò prima di dire “Nel mio albero genealogico sono presenti alcuni componenti muggle. Non sono totalmente un purosangue come direbbero loro e questo è già un motivo per cui mi volevano morto ma è più probabile che volessero eliminarmi per il mio lavoro con gli Auror. Rifornisco i nostri, con pozioni particolari create appositamente per utilizzarle nella guerra contro di loro. Sono un pozionista piuttosto capace nonostante la mia età!” concluse Bernard con un mezzo sorriso d’orgoglio.
“Oh andiamo non sarai poi così anziano!” esclamò Barb sorridendo.
“Ti potrei stupire ragazzina!” disse furbescamente lui  “Comunque il punto sta nel fatto che ora conoscono la mia casa. Non sono più al sicuro lì.”
Barb perse un battito “Quindi te ne andrai?”
Non poteva credere che proprio ora, che lo aveva appena ritrovato, lo stava per perdere di nuovo. A volte la ragazza si chiedeva cosa avesse mai fatto per meritarsi certe sfortune.
“Sì” ammise Bernard “Ma non da solo.”
Il mago estrasse la bacchetta sotto lo sguardo confuso di Barbara, e con un movimento ampio della mano sussurrò la formula Expecto Patronum. All’improvviso dalla punta della bacchetta uscì un leggero fumo bianco che in pochi secondi andò a concretizzarsi in una bellissima civetta che sembrava risplendere di luce propria. La ragazza rimase incantata ad osservarla svolazzare intorno per un paio di secondi prima che questa volasse verso il suo evocatore che le consegnò il messaggio della loro posizione e di un veloce resoconto di cosa era successo.
“Che cos’è?” chiese Barb con gli occhi ancora piena di meraviglia.
“è un Patronus, un incanto molto difficile e creato dalla magia più pura perché scaturita dai tuoi ricordi più felici.” Disse il mago estendendo il braccio e lasciando volare via la civetta che in pochi secondi scomparse tra la luce delle stelle di quella notte che ora sembrava un po’ meno oscura.
“Era davvero bellissima…” sussurrò Barbara guardando sognante il punto in cui il Patronus era sparito. Bernard invece posò il suo sguardo sul volto della giovane chiedendosi se riuscisse ancora a vedere il suo incantesimo, nonostante lui con i suoi stanchi occhi di vecchio mago lo avesse perso di vista già da molto tempo. Barbara aveva un incredibile potere sulla sua nuova natura, non solo riusciva a trasformare il suo corpo, seppur non completamente, nella sua forma lupesca, ma possedeva abilità che non credeva che i lupi mannari potessero avere…
Solo in quel momento mentre scrutava la figura della mannara se ne accorse.
“Barb.” La chiamò lui agitato “Hai un… pezzo di vetro… lì sul petto…”
La ragazza abbassò lo sguardo su di sé vedendo solo in quel momento il pezzo di vetro, probabilmente della finestra, che le perforava pelle e maglietta posto poco sotto la  clavicola destra.
“Oh cazzo! Ecco perché faceva male!” esclamò la ragazza afferrando l’angolino dell’oggetto sporco di sangue che sbucava fuori dalla pelle e tirando fuori una scheggia di vetro di almeno sei centimetri. Dungwort era esterefatto per la naturalezza con cui quella ragazzina si era estratta quell’oggetto dal corpo ma lo stupore fu ancora maggiore quando vide la ferita rimarginarsi sotto i suoi occhi. Barbara gli aveva detto che guariva velocemente ma non avrebbe mai creduto che il processo avvenisse ad una tale rapidità.
“Sai che questo non è affatto normale vero?” disse Bernard con ancora gli occhi fuori dalle orbite.
“Davvero?!” esclamò sarcastica Barb “Pensavo che tutti potessero guarire a vista d’occhio, così si spiegava la sovrappopolazione globale!” ridacchiò lei.
“No, io volevo dire…” stava dicendo il signor Dungwort quando due sonori crack fendettero il silenzio della foresta. Subito dopo in un turbine di magia i due amici di Bernard comparvero a pochi metri di distanza. Erano già in posizione di attacco pronti con le bacchette alla mano nell’affrontare ogni nemico possibile ed immaginabile, peccato che puzzavano entrambi di paura. Barb storse il naso vedendo comparire proprio i due uomini che gli avevano portato via l’amico.
Bernard invece li guardò con sollievo e si alzò subito dal tronco anche se con una certa fatica per farsi  vedere dai due maghi.
“Richard, Patrick siamo qui!” li chiamò Bernard.
“Dungwort! Per Godric cosa è… Ugh quella è la mannara!” esclamò Richard con la sua classica voce baritonale e bloccandosi subito sul posto appena aveva visto la figura della ragazza.
Barbara si alzò anch’ella dal tronco affiancando Bernard a braccia conserte e senza smettere di guardarli male.
“La mannara ha un nome, stronzo.” Disse lapidaria la ragazza “Ma dovevi chiamare proprio ‘sti due idioti?” chiese rivolta al vecchio mago che tentava di fare da pacere.
“Barbara stai calma. Richard, Patrick state tranquilli. Siamo al sicuro… giusto?” disse lui un po’ titubante guardando verso Barbara. Aveva ancora paura che quei criminali potessero sbucare da un momento all’altro ed era un timore che si poteva ben comprendere dopo quello che gli avevano fatto.
La ragazza per tranquillizzarlo annuì, lasciando perdere i due maghi appena arrivati e allontanandosi dal gruppo.
Davanti all’indifferenza e all’apparente mancanza di ostilità da parte della licantropa i due uomini si arrischiarono ad avvicinarsi e Barbara li lasciò fare percependo che la loro vicinanza tranquillizzava Bernard.
I due maghi si premurarono di offrire a Dungwort le prime cure, facendo rimarginare buona parte delle ferite che quegli animali ammantati di nero gli avevano procurato e nel frattempo Bernard li metteva al corrente di quanto era accaduto.
“Se non fosse stato per Barbara sarei morto a quest’ora.” Concluse il signor Dungwort spostando lo sguardo sulla ragazza rimasta in disparte.
Partick a quella frase si fece coraggio e si avvicinò alla mannara con fare contrito e leggermente insicuro. “Grazie per aver aiutato Dungwort e scusaci per l’altra volta. Ti abbiamo giudicato male.”
“è vero.” Concordò Richard senza però guardarla negli occhi. “Ci siamo sbagliati sul tuo conto.”
A Barbara non le andava di perdonare così facilmente quei due, era solo colpa loro se i rapporti con Bernard erano finiti in quel modo. Avrebbe voluto rimandarli a quel paese ma incrociò lo sguardo del signor Dungwort, le stava praticamente chiedendo con gli occhi di accettare le loro scuse. Aveva un’espressione così supplichevole che non riuscì ad ignorarla.
Alla fine la mannara dovette dargliela vinta e con un sospiro disse ai due maghi “Va bene, scuse accettate. Ora che si fa? Immagino che porterete Bernard in un posto sicuro.”
“Sì, informeremo gli Auror di quanto accaduto al resto penseranno loro, anche alla sicurezza di Dungwort.” Spiegò Patrick.
“E anche alla tua sicurezza Barb.” Aggiunse Bernard.
“Come scusa?” chiese Barbara non capendo a cosa si riferisse.
“Barb devi venire con noi.” Stava dicendo il vecchio mago con sicurezza nonostante i suoi stessi amici si guardassero in modo confuso. “I Death Eaters ti hanno visto. Se scoprono chi se e dove vivi, daranno al caccia a te e alla tua famiglia.”
Quelle parole furono una doccia fredda per Barb.
La ragazza si pietrificò, non aveva pensato che la sua famiglia potesse rimanere coinvolta, non credeva nemmeno che lei stessa avrebbe avuto delle ripercussioni. Si dette della stupida per averlo creduto, era ovvio che avrebbero potuto risalire a lei, la mezza trasformazione non la rendeva irriconoscibile. Aveva pensato che solo perché non era una strega, non sarebbe stata oggetto di interesse per i Death Eaters, ma ora che li aveva sfidati…
Se l’avessero cercata desiderosi di una vendetta e l’avessero trovata in città o anche solo nei dintorni avrebbero scoperto chi fosse e avrebbe messo in pericolo la sua famiglia.
Non c’erano altre soluzioni, aveva voluto giocare con il fuoco e ne era rimasta scottata.
Doveva andarsene prima di trasformare quel fuoco in un incendio.
“Dungwort aspetta.” Disse Richard posando una mano sulla spalla del vecchio. “Non prometterle cose che non possiamo decidere noi. Non siamo sicuri che gli Auror proteggeranno un lupo mannaro anche se ti ha aiutato.”
“è assurdo Richard! Devono aiutarla! Non può restare qui senza protezione, la uccideranno!!” esclamò Bernard arrabbiato.
“Questo lo so ma non cambia il fatto che gli Auror non si arrischiano a proteggere chiunque con i tempi che corrono poi…” stava continuando a dire Richard nonostante l’espressione contrita.
“Non servirà.” Disse la voce di Barb richiamando l’attenzione dei maghi su di sé. La ragazza era immobile con la testa bassa e le mani chiuse a pugno in un evidente stato di tensione. “Me ne andrò da sola.”
“Barbara che stai dicendo?” chiese Bernard confuso.
“è da un po’ di tempo che ci stavo pensando. Andare via di casa… ho messo dei soldi da parte, non sono molti ma dovrebbero bastarmi per qualche mese… Andrò a nord, me lo hai detto tu Bernard  che gira voce che si siano dei branchi di licantropi nelle foreste della Scozia. Magari riesco ad unirmi a loro… così starò con i  miei simili.” Disse la ragazza con voce tremolante e un sorriso sbozzato.
“Barb…” sussurrò il vecchio mago avvicinandosi alla mannara a cui stavano diventando gli occhi lucidi.
“Non ti preoccupare Bernard, me la caverò e così se i Death Eaters mi cercheranno in città non mi troveranno e anche la mia famiglia non avrà problemi. No?” Barbara continuava a sorridere nonostante le lacrime avevano cominciato a solcarle il viso.
Bernard non si sprecò a parole, abbracciò quella ragazza che gli aveva salvato la vita mettendo in gioco il suo futuro e i suoi cari. Non le era passato neanche nell’anticamera del cervello che le sue azioni potessero avere conseguenze tanto gravi, l’unica cosa a cui aveva pensato quando aveva sentito l’urlo di Bernard era come fare per aiutarlo. Ancora una volta Barb si chiese se fosse una persona altruista o incredibilmente stupida, anche se in quel momento propendeva più per la seconda opzione.
“Barb, vieni con noi. Convincerò io gli Auror, non permetterò che rifiutino di aiutarti, solo perché…”
“Sono un licantropo.” Finì di dire per lui la ragazza allontanandosi dal mago e sciogliendo l’abbraccio. “Non ti preoccupare Bernard saprò cavarmela in qualche modo. Sono in gamba lo sai!” disse con più sicurezza la giovane e con una nuova fiducia negli occhi. “Poi non voglio creare problemi ai vostri poliziotti. Hanno già molto a cui pensare. Promettetemi solo di dire loro una cosa da parte mia.”
“Qualsiasi cosa ragazzina.” Rispose con voce ferma Richard.
Barbara sorrise a quelle parole, sembrava che Richard l’avesse accettata davvero per quello che era, ne era felice…
“Dite loro che li devono prendere. Fermate quei cazzo di bastardi fanatici!” disse Barb stringendo i pugni in un moto di rabbia repressa.
I tre maghi sorrisero a quella ragazza mannara che con il suo coraggio e altruismo, nonostante lei stessa lo credesse stupidità, aveva insegnato loro che la prima impressione non è sempre quella giusta.
Pochi minuti dopo Bernard e i suoi amici erano scomparsi lasciando dietro di loro solo raccomandazioni e consigli oltre ad una buona quantità di lacrime, anche Richard non era riuscito a trattenersi.
Barbara tornò in città che erano da poco comparse le prime luci del giorno e con l’animo pieno di dubbi ed insicurezze. La fiducia che aveva mostrato fino a poco prima davanti ai maghi era totalmente scomparsa appena l’eco della smaterializzazione si era diradato, lasciandola sola in  una foresta di domande senza risposta.
Nella sua vita non aveva mai avuto grandi certezze, né veri e propri piani per il futuro, si diceva che doveva solo andare avanti giorno per giorno, ma non aveva mai sperimentato una così totale mancanza di linee guida. Fino ad allora aveva comunque avuto la scuola, la sua famiglia, le sue abitudini quotidiane che la coprivano dal sentirsi totalmente allo sbando in quel vasto mondo. Ma ora…
Barb si trovava ferma sul ciglio della strada deserta con le ombre che pian piano si diradavano tutto intorno a lei e più la luce arrivava a scaldare il mondo più la ragazza si sentiva impreparata ad affrontarlo. Davanti a lei c’era solo un immacolato ed enorme foglio bianco; dove sarebbe andata? Cosa avrebbe fatto?
Sarebbe sopravvissuta?
Aveva paura di muovere il primo passo in quella gigantesca e pericolosa tela bianca, ma alla fine è la vita stessa che ti spinge ad andare avanti perché semplicemente non si può fare altro.
Così come sospinta da un vento immaginario Barbara fece quel passo che segnò l’inizio della sua nuova vita.
 
Note dell’autrice
UFF… questo capitolo non finiva più!! È molto più lungo dei miei soliti aggiornamenti, ma dopo che sono mancata per più di una settimana (colpa degli esami che finalmente sono finiti!! Libertà!!) mi sembrava d’obbligo regalarvi un capitolo degno di questo nome! Quindi questo sarà l’ultimo, no  non è vero, il penultimo capitolo che si svolgerà a Kanesborough dove Barb lascerà la sua città natale per cominciare la sua vita nel mondo nascosto!! E… rullo di tamburi tra un  paio di capitoli torneranno anche i personaggi della nostra cara zia Rowling!
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto, io ora ringrazio sempre e comunque amas95 che mi recensisce ogni volta!! Grazie mille ancora!!!!
Un ringraziamento speciale va anche a aghy e Marika1505 che hanno messo questa storia tra le seguite!! Grazie grazie grazie!!!
Per ultimo, ripeto che se volete vedere il volto di qualche personaggio o una particolare scena o paesaggio o quello che volete, inerente alla storia scrivetemelo nelle recensioni e farò il possibile per disegnare ogni vostra richiesta! (che poi allegherò al capitolo successivo ovviamente!)
Per ora sto lavorando al disegno della famiglia Martin chiesto da amas95, che spero di finire per domani!!
A presto
JD
  
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