°La Rosa Blu °
Atto.6
“Garry”
Nella
parte poco illuminata del corridoio da cui arrivavano i lamenti,
Ib poté vedere una sagoma scura riversa sul pavimento. Si
avvicinò in tutta
fretta pur rimanendo vigile e sospettosa, intanto che seguiva
l’onda di
sollievo per aver trovato qualcun altro di “
reale”. Si trattava di una persona
di sicuro più alta di lei, sdraiata sulla pancia con le
braccia distese vicino
al capo e le mani serrate a pugno. Da quel poco di
luminosità che litigava con
le lame di ombre che li avvolgeva, riuscì ad identificare
solo il lungo
cappotto che indossava l’altro e una fitta chioma di capelli
mossi; in un primo
momento sembrò che fosse svenuto, ma un nuovo lamento fecce
fare a Ib un salto
all’indietro.
<< Va tutto bene? >> chiese alla sprovvista
la ragazza,
avvicinandosi ancora.
Purtroppo, non ottenendo risposta, fu costretta a formulare nuovamente
la domanda scrollandogli la spalla per avvertirlo della sua presenza.
<< Urghhh… fa … male.
>> rispose la persona sul pavimento in
un sussurro strozzato. Nella sofferenza rilasciò i pugni e
si ancorò alle
mattonelle sopra la sua testa, come se il solo parlare fosse uno sforzo
sovrumano. Nello stesso momento qualcosa cadde sul pavimento, un
oggetto grande
quanto il palmo; era l’ennesima chiave scarlatta. A Ib
balenò subito un’idea
folgorante come un lampo tra le nubi minacciose. Per essere in possesso
di un
oggetto simile doveva trattarsi di qualcuno che si trovava nella sua
stessa
situazione e per cui erano state imposte le stesse inquietanti regole
ed indizi.
Doveva essere di sicuro qualcuno che era alla mostra insieme a lei ed
era
finito intrappolato in quel pazzo labirinto, almeno lo sperava.
Altrimenti… poteva
essere tutta una messa in scena.
Ib non sapeva che fare: se prestargli soccorso o diffidare. Era
paralizzata
da una dilaniante dicotomia: da una parte la confortante sicurezza di
un’altra
persona al suo fianco voleva dire avere una spalla a cui affidarsi
nell’affrontare i pericoli futuri; dall’altra, come
un arma a doppio taglio,
c’era la possibilità che si trattasse di un trucco
architettato per ingannarla.
Valutò attentamente le alternative, perché dopo i
manichini che camminavano, le
persone che uscivano dai quadri e tutte le orribili stramberie che
aveva visto
fino ad allora, non avrebbe retto all’ennesimo brutto
scherzo. A conti fatti
però, la bilancia pendeva nettamente verso la lista dei
contro, che non per
quella delle mozioni a favore. Da un lato c’erano tutte
argomentazioni molto valide
e difficili da tralasciare come ad esempio il motivo per cui si
trovasse lì il
ragazzo, cosa fosse successo, oltre al fatto che erano sconosciute le
sue fattezze,
nascoste dal velo nero ed impenetrabile della penombra. Soprattutto
quest’ultima osservazione la faceva desistere
dall’azzardo di inginocchiarsi e
capire cosa avesse quell’uomo che non andava. Se per lo meno
avesse visto il
suo viso, con un eventuale riconoscimento tra i volti visti di sfuggita
tre i
corridoi della Galleria, tutto sarebbe stato più semplice e
avrebbe messo a
tacere tutte le sue paranoie. Chi poteva sapere se invece di una
normale
faccia, si fosse trovata di fronte ad un viso di porcellana simile a
quello
delle bambole impiccate?
A quel punto per lei sarebbe stata la fine, letteralmente. Malgrado
ciò
una piccola e tenace vocina nella sua testa, troppo dolorosa da
ignorare, le
insinuava il dubbio speranzoso che le sue idee fossero solo castelli in
aria,
costruiti dalla paura e dall’ansia della situazione irreale.
Questa la invitava
insistentemente ad aiutare lo sconosciuto, fidandosi del suo istinto
nonostante
iniziasse a dubitarne. Era stanca e provata, nonostante gli effetti
benefici
che l’acqua attinta per la rosa le aveva dato, non ne poteva
più di quel posto.
Le sarebbe piaciuto avere qualcuno su cui contare e fare affidamento,
convincendola che tutto sarebbe andato per il verso giusto e sarebbero
usciti
di lì. Oltretutto l’indecisione non stava affatto
migliorando il suo umore. Aveva
voglia di mettersi le mani nei capelli ed urlare fino a non avere
più voce,
finché i polmoni non si fossero svuotati completamente
liberandola da un peso,
se solo quel gesto avesse significato la fine di ogni preoccupazione.
Rimase
intontita, mordendosi un labbro per la frustrazione del non saper
prendere una
decisione ed accettarne le conseguenze.
Fu lo sconosciuto allora, a smuoverla dalla sua indecisione e
allontanarla dal baratro, erompendo in un sonoro attacco di tosse come
se
stesse soffocando, mentre il corpo si contraeva in spasmi dolorosi che
irrigidivano
gli arti ed incurvavano la schiena. Di certo tutto quel dolore non
poteva
essere una finzione e se non lo era, lei non se la sentiva di
abbandonare
qualcuno in difficoltà. In fin dei conti se si fosse trovata
nella sua stessa
situazione avrebbe voluto che qualcuno la trovasse e soccorresse.
Inoltre aveva
una brutta sensazione, un subdolo e strisciante senso di ansia che le
era
rimasto da quando aveva visto il suo nome in quel “ quaderno
delle presenze ” anche
a causa dei tanti nomi cancellati e ormai prossimi a diventare delle
tracce
indefinite nel mare di pagine ingiallite. Si impose per
l’ennesima volta di
usare tutto l’autocontrollo che le restava per gestire al
meglio la situazione.
Per prima cosa doveva trovare la causa del dolore. Perciò
ispezionò superficialmente,
e per quanto l’imbarazzo lo permettesse, il corpo riverso.
Non trovò nessuna
ferita aperta e sanguinante, nulla di nulla, perciò la causa
doveva essere
diversa e perciò non evidente sul suo corpo. Magari
ripercorrendo il percorso da
cui era venuto, o scappato, avrebbe trovato degli indizi utili alla
causa. Le
si prospettavano così due alternative, entrambe valide o
forse no: il tornare
indietro imboccando il passaggio che aveva intravisto sulla sua destra
quando
aveva lasciato la biblioteca, oppure continuare per quel corridoio. Un
nuovo
suono strozzato affrettò i tempi di scelta, propendendo per
continuare nella
stessa direzione. Oltrepassò l’arco di pietra
difronte a sé e proseguì dritto
finché non si trovò il passo sbarrato da un
manichino nero senza testa e adornato
da una cravatta azzurra a sottolineare la mancanza.
La statua faceva da guardia ad una porta alle sue spalle.
“ Possibile che sia passato di qui? ” si chiese Ib
osservando la
disposizione della figura antropomorfa.
Con un penoso risultato a
smuovere la statua dal suo posto che di conseguenza non si mosse
nemmeno di un soffio. Era troppo pensante per le scarse
forze della ragazza, che si vide costretta a rinunciarvi. Da quel lato
non
poteva passare e era improbabile che l’altro fosse venuto da
lì, perché in quel
caso la statua non ci sarebbe stata. Perciò dovette tornare
indietro, correndo
a perdifiato nella direzione opposta per non sprecare altri secondi
preziosi.
Ripassando accanto al corpo disteso ebbe appena il tempo di percepire
che le sue
condizioni si fossero aggravate per aumentare il livello
d’urgenza della sua
ricerca.
La parte inesplorata si rivelò essere simmetrica alla
precedente o
quasi, fatta eccezione per un piano rialzato su cui erano posizionati
lo stesso
modello di tavolino e di vaso incontrarti in precedenza. Lo spazio
terminava poi
con un vicolo cieco, dopo una piccola sala munita di porta. Si
aggrappò
all’uscio e si sorprese nel trovarlo aperto. Contro ogni buon
senso entrò lo
stesso. Una tenda da campeggio con sacchi a pelo e attrezzi vari
stipati al suo interno, le
diede il benvenuto dall’angolo buio del suo spazio di
esposizione. La quiete a
cui era abituata era alterata da ringhi sommessi, che costrinsero Ib,
colta alla
sprovvista, a prendere parte alla scenografia del campeggio.
Si sporse cauta oltre il bordo della parete a cui si era appoggiata per
poter vedere il resto della stanza. Nella zona attigua vi era una delle
donne
dei quadri con mezzo busto fuori dalla cornice e il vestito ceruleo
semi
inghiottito dalla tela. I lunghi capelli castani formavano una cascata
spettinata
che si raccoglieva in ciocche serpentine sul pavimento, tanto lunghe da
rassomigliare ad uno strascico infangato. La creatura aveva il capo
chino,
intenta a sfoltire i rigogliosi petali di una rosa blu cobalto. La
ragazza
finalmente comprese la dinamica degli avvenimenti. La persona
agonizzante aveva
perso la sua rosa, probabilmente rubata dall’opera vivente, e
poi fosse
scappata facendo perdere le tracce di sé, mentre il mostro
infieriva sul suo
bottino. Doveva recuperarla prima che venisse tirato via
l’ultimo petalo,
altrimenti non sapeva
cosa ne sarebbe
stato del suo proprietario. Probabilmente si sarebbero avverati gli
scenari ipotizzati
per sé ed alcuni visti accadere al fiore dopo che il suo
fisico era stato ferite.
Da ciò era riuscita a dedurre che la corolla rappresentava
il suo corpo e che
qualsiasi cosa fosse capitata al fiore o al possessore, si sarebbe
ripercosso sull’altro.
Intervenne senza perdere nemmeno un secondo a pensare. Si sporse oltre
lo
spigolo del muro per attirare l’attenzione della donna, che
sentendo violato il
suo momento di divertimento le rivolse uno sguardo iniettato di sangue
e
follia, schiudendo la sua dentatura da squalo per la nuova ed
indesiderata
comparsa..
Il profumo del fiore che l’opera vivente percepiva addosso
alla ragazza
era molto più invitante e robusto di quello che stava
martoriando e quindi, colta
dalla smania ossessiva di possedere quel raro esemplare da
brutalizzare, si
lanciò contro Ib artigliando la moquette rossa con una
velocità inaudita. Il suo
ringhio famelico raggelò ad Ib, che tuttavia per un riflesso
incondizionato ebbe
appena il tempo di ripararsi all’esterno e bloccare
l’uscita prima che la
signorina del dipinto vi si gettasse contro con tutto il suo peso
artistico.
Nonostante la sua trovata, non ebbe molto di cui rallegrarsi,
poiché doveva
recuperare lo stelo abbandonato all’interno della prigione
improvvisata. Sebbene
non se la sentisse di affrontarne la carcerata e attirarsi
ulteriormente le sue
antipatie, cercò di concentrarsi nella ricerca di una
soluzione.
Mentre pensava colpi si spostarono dalla porta al vetro della finestra
a nastro adiacente che poco dopo andò in frantumi, facendone
riemergere
l’essere che protendeva le unghie affilate contro la sua
preda, come un gatto affamato
davanti una
boccia di pesci rossi. Non aspettò di sentire il tonfo del
legno che picchiava
contro il pavimento mentre cadeva, e si riparò nuovamente
dietro la porta
invertendo i ruoli da carceriera a detenuta.
Da quello che aveva letto nella biblioteca era sicura, o ci sperava
fortemente, del fatto che la donna in blu non sapesse usare le
maniglie. Di conseguenza,
lasciò andare la maniglia pregando che
l’informazione non fosse l’ennesima trabocchetto;
poi si precipitò a recuperare la rosa. Era messa davvero
male. I petali superstiti,
tutti spiegazzati e rigati, erano a malapena attaccati al calice, uno
addirittura le scivolò sul dorso della mano per poi
infrangersi ai suoi piedi
con una aggraziata danza di morte. Sembrava che dovessero cadere tutti
da un
momento all’altro con la minima folata di vento.
“ Devo sbrigarmi! ” si mise fretta Ib.
Non c’era margine d’errore; doveva tornare subito
al vaso per curarla,
altrimenti avrebbe perso l’unica possibilità di
compagnia in quel viaggio
allucinato. Ib salì sullo sgabello che la sua antagonista
aveva usato come
appoggio per sfondare la finestra e osservò la scena per
pianificare una
strategia per liberare il passaggio.
Il quadrato con attaccato all’essere strisciava in ogni
direzioni
mentre la proprietaria graffiava tutto ciò che incontrava,
cercando una via di
accesso, fortunatamente senza successo.
Forse poteva sfruttare il momento in cui percorreva il perimetro alla
base della finestra e sgattaiolare via non appena avesse girato
l’angolo che
portava ad una rientranza nel muro. Era la sua unica chance, anche
perché di
armi a portata di mano non ne aveva ed il vetro era fuori questione. Se
si
fosse ferita avrebbe dovuto pensare prima alla sua di rosa e non alla
cugina
dai toni freddi, cosa che non poteva permettersi sapendo che in palio
c’era la
vita di una persona.
Non appena la dama sparì dalla visuale, Ib piazzò
lo sgabello a cavallo della cornice
della finestra e si precipitò alla porta con la fretta di
chi è inseguito da
uno sciame di vespe assassine. Il trambusto attirò il mostro
che tornò sui suoi
passi come una furia e non appena raggiunse il corridoio, la ragazzina
si era
già nascosta dietro alla sporgenza della parete. La dama
inizialmente sembrò
confusa guardandosi intorno famelica. Sentiva la rosa della ragazza
tutt’intorno come un aroma per ambienti, ma alla fine
optò per irrompere nella
saletta dalla porta socchiusa da cui proveniva con intensità
maggiore il
profumo. Non appena si dileguò oltre l’uscio Ib le
sbatté la porta alle spalle
e recuperò la seggiola dal davanzale, così che
non potesse essere usato
nuovamente come mezzo di fuga. Poi ancora con l’adrenalina in
circolo rintracciò
il vaso della Benedizione eterna.
Pochi minuti
dopo era tronata difronte allo sconosciuto con la rosa
color degli abissi stretta in pugno e la sua ben nascosta nella tasca,
pregando
che si svegliasse e che il suo atto di coraggiosa disperazione non
fosse stato
vano.
Il
personaggio oggetto delle sue cure prese all’improvviso un
respiro profondo
come se stesse emergendo da un’apnea prolungata e spalancando
gli occhi con uno
scatto secco quasi meccanico. Non appena riuscì a
focalizzare i dintorni di dove
si trovasse e controllare se vi fossero minacce, facendo leva con le
braccia,
si ritrasse di scatto accorgendosi dalla figura che lo sovrastava.
<<
Mostro!
Non c’è più nulla che puoi prendere.
Stammi lontana!>> fece sentire la sua
collera una voce maschile con toni bassi e autoritari.
La ragazza
rimase un attimo di stucco, riconoscendo i tratti che aveva sbirciato
di nascosto
nel silenzio della visita in quello che le sembrava accaduto secoli
prima. Davanti
a lei c’era proprio il giovane che aveva attirato la sua
attenzione al primo
piano della mostra. Non poteva credere che tra i tanti partecipanti
all’evento,
esattamente l’unico che l’avesse sinceramente
incuriosita, la stesse osservando
da dietro una frangia laterale ribelle e mossa che ricordava era lilla
e
striata di nero. Purtroppo non riuscì ancora a capire di che
colore fossero gli
occhi o come apparissero i tratti del viso visti da di fronte, ma
sperava che
sarebbero rimasti insieme il tempo necessario per soddisfare le sue
curiosità. Tralasciando
però le frivolezze, non sapeva se esultare dalla gioia per
l’incontro miracoloso
o voler scappare a gambe levate per l’eventualità
che potesse essere
riconosciuta e morirne per l’imbarazzo. Nel dubbio
ammutolì di colpo tenendo il
fiore stretto al petto.
<<
A…aspetta,
tu non sei Quella. Possibile… possibile che tu sia qualcuno
della Galleria? >>
chiese incredulo il ragazzo, soffermandosi sulla minuta e immobile
figura con
gli occhioni spalancati e le mani tremanti, inginocchiata ai suoi
piedi. << Certo che
lo sei!- gioì lui rassicurato - Oh, grazie al cielo!
C’è qualcun altro qui a
parte me. Credevo di essere impazzito!>>
continuò stupito, abbandonando
l’atteggiamento truce.
<<
S-stai …
bene? >> balbettò Ib, cercando qualsiasi cosa
di sensato da chiedere per
distogliere l’attenzione dal discorso pazzia
poiché non si sentiva ancora fuori
pericolo.
<< Sì, ora sì. Grazie.
>> le sorrise prendendo la
rosa che la ragazza gli porgeva timidamente.
<<
Sai come
siamo finiti qui? >> chiese di getto sentendosi
più sereno e tranquillizzato da
un’altra presenza umana.
La ragazza
negò con un gesto della testa, visibilmente a disagio e poi
gli diede una breve
resoconto di quello che le era capitato da quando si erano spente le
luci al
museo fino a quel momento. Sentiva il bisogno di raccontalo a qualcuno,
anche
solo per il fatto di sfogarsi, dimenticandosi per un po’ di
dove fosse in
realtà.
<<
Capisco…
neanche tu hai idea di come le cose siano arrivate a questo punto. Alla
fine
sembra che siamo finiti in situazioni molto simili, devo dire; anche
per queste
rose. Mi compaiono delle ferite addosso quando perde i petali e credevo
di
essere spacciato. Grazie per avermela riportata >> le
raccontò, concedendole un
sorriso riconoscente.
Quindi era
davvero suo il nome che la ragazza aveva letto nell’albo e
che rischiava di dissolversi.
- Ib- rispose monocorde, cercando di trattenere lo sconcerto per le
nuove
implicazioni degli indizi trovati. Era stata sul punto di vedere la
fine
destinata ai giocatori di quella partita e il peggio era che non erano
ancora
fuori pericolo.
<<
Perfetto
Ib, allora pronta ad andare?!>> sentenziò
porgendole la mano per aiutarla ad
alzarsi.
<<
Vuoi
proseguire con me?>> chiese stupita
dall’improvvisa intraprendenza del giovane, ma
accettando comunque la stretta dello sconosciuto. Il tocco
bastò a
rassicurarla, come quando da piccola stringeva l’orsacchiotto
di peluche
implorandogli di proteggerla dai mostri nell’armadio.
<<
Certo che
sì, non posso mica lasciare una bambina a gironzolare in un
posto così pericoloso.>>
<<
Non sono
una bambina. Ho quindici anni nonostante
l’altezza.>> disse con stizza punta nel
vivo.
<<
Perdonami,
non volevo offenderti.>> si affrettò a
rimediare Garry riconciliante, per poi
incamminarsi imbarazzato e senza chiederle altro, se non che lo
seguisse.
<<
Woooooo!>>
urlò di terrore finendo con il sedere per terra, quando un
quadro gli sputò davanti
dell’acido corrosivo, suscitando il riso
soffocato della ragazza. << Mi sono solo un
po’spaventato! D-davvero, ecco
tutto! Cooooomunque andiamo avanti e fai attenzione, soprattutto alle
cose come
quella.>> dissimulò il ragazzo, alimentando il
divertimento di Ib che cercava di
non scoppiargli a ridere in faccia.
Alla fine
insieme riuscirono a spostare la statua ed aprire il passaggio alle sue
spalle
con l’ultima chiave che Garry aveva ricevuto e Ib gli aveva
restituito.
<<
Tu invece
come sei arrivato qui? >> gli chiese Ib incuriosita,
mentre passavano da una
stanza all’altra. Il bisogno di conoscenza fu
più forte del senso d'imbarazzo.
<<
A dire il
vero non ricordo molto. Come te ero nella galleria e stavo guardando un
quadro
piuttosto interessante quando le luci si sono spente. Poi mi sono
risvegliato
che ero già in questo museo, se così possiamo
dire. La rosa blu era in un vaso
su un tavolino con un mazzo di chiavi accanto e un bigliettino mi
raccomandava
di prendermi cura del fiore. Ho lasciato la saletta senza la minima
idea di
dove andare. Ero così confuso, in più avevo
l’impressione di aver dimenticato
qualcosa di fondamentale, ma non sapevo cosa e tutt’ora mi
sfugge. Comunque
l’ultima zona che ho visitato è stata quel
corridoio, dove ho incontrato la
donna in blu. All’inizio pensavo volesse indicarmi la strada
e invece… ti risparmio
i dettagli, ma puoi immaginarlo. A proposito! Come hai fatto a
recuperarla?>>
la interrogò preoccupato, ricordandosi solo allora del
dettaglio importante che non le aveva chiesto.
<<
L’ho
trovata in una saletta.>> rimase sul vago per non
doverglielo raccontare. Non
voleva agitarlo più di quanto non fosse necessario, inoltre
se gli avesse
rivelato quel particolare, avrebbe dovuto parlargli anche
dell’esistenza del
libro dei nomi. Perciò voleva che
quell’informazione destabilizzasse anche lui, era meglio che
almeno uno dei due restasse speranzoso per entrambi. <<
Era messa male perciò ho trovato un vaso e l’ho
curata.>> disse facendo sembrare le sue azioni come la
cosa più naturale del mondo ed intanto osservava le iridi
azzurre del ragazzo.
<<
Non so
ancora come ringraziarti.>> le disse
sincero sostenendo il suo sguardo. Garry sapeva che c'era qualcosa che
non andava, ma preferì non insistere, ritenendo
più rispettoso non indagare oltre. Era
comprensibile, anche lui non sarebbe andato a raccontare tutto alla
prima persona che incontrava, malgrado si trovassero a dover affrontare
le stesse situazioni. Se si fosse mostrato
troppo incalzante, avrebbe ottenuto l'effetto opposto a quello
desiderato e la ragazzina non si sarebbe fidata di lui.
La loro
conversazione però
si interruppe difronte alle nuove opere che agghindavano la stanza.
<<
E queste
cosa sono?!>> si allarmò Garry, tendendo ogni
muscolo del corpo in posizione di
difesa. Era convinto che da un momento all'altro potessero balzare via
dalla parete e iniziare l'inseguimento, perciò Ib decise di
intervenire prima che Garry impazzisse per il dubbio.
<<
Sono il
prossimo indovinello. Da quando sono qui ogni stanza è un
rebus da risolvere
per passare alla successiva. Non credo che ci faranno nulla questi.
Tranne le
donne con gli abiti non ci sono altri quadri capaci di
inseguirci.>>
<<
Devi
averne passate tante, eh?>> la scrutò
pensieroso il ragazzo, rilassandosi un pò e concentrandosi
invece sulla ragazza. Capì che allora le sue supposizioni
fossero vere.
La ragazza nel tentativo
di rassicurarlo si era lasciata sfuggire proprio ciò che non
voleva rivelargli
e per il disagio distolse lo sguardo puntandolo sulla statua
più vicina, una delle
due mani scheletriche protese verso l’alto.
<<
Quindi è
così che funziona.>> mormorò lui
fidandosi delle parole dalla compagna,<<
D’accordo,
vorrà dire che adesso li risolveremo insieme e non dovrai
più preoccuparti di
affrontarli da sola. In due è meglio, no?>> le
chiese tendendole il palmo aperto per sancire
nuovamente l’accordo e, stavolta, nel modo giusto. L'unione
faceva la forza, il ragazzo ne era sempre stato convinto e allora
più che mai.
Ib rimase di
stucco per la sorpresa e la contentezza. L'altro non poteva immaginare
quanto la
sua proposta la confortasse e alleggerisse il peso che si era portata
dietro
fino a quel momento.
Non rimase imbambolata a valutare i pro e i contro quella volta;
afferrò
la mano del ragazzo con gli occhi che le pizzicavano per le lacrime
ringraziando silenziosamente quell'incontro fortunato.