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Autore: Kimberly Horan    25/10/2016    1 recensioni
David e Philip hanno ormai sedici anni. Tanto uguali nell'aspetto quanto diversi per carattere ed indole.
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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“Quindi sono a Bologna?” Chiese William per l’ennesima volta, temendo di non aver capito bene.
“Sì”, ripeté Harry.
Kate sospirò, seduta sulla poltrona. “Questa è davvero una bella notizia”.
“Sì”, concordò Will. “Sì, lo è davvero”.
Harry guardò Sofia, che nel frattempo era rimasta in silenzio da quando le aveva dato la notizia. Era in piedi vicino alla finestra, intenta a guardare fuori l’andirivieni di macchine che entravano e uscivano nel cortile interno di Bakingham Palace.
Sua maestà il re era stato informato del ritrovamento dei nipoti, ma oltre ad un sollievo generale e all’interruzione delle ricerche, non c’erano state altre disposizioni sul da farsi.
L’intera faccenda era stata gestita con il massimo della riservatezza o meglio, come aveva detto Sofia fin dall’inizio, con il massimo di menzogne improvvisate ed inventate sul momento.
L’assenza di David e Philip dovette essere giustificata con Eton e i professori, esattamente come dovette esserlo con la stampa che iniziava a mostrare curiosità nell’assenza dei principi. Lo stesso discorso valeva anche per George e Charlotte, ma chissà perché la stampa sembrava sempre più interessata ai figli del duca di Windsor che a quelli del duca di Cambridge.
Sofia raggiunse il marito e lo prese sotto braccio. “Harry, ora dobbiamo andare o faremo tardi”.
Lui la guardò un po’ perplesso. “Per cosa?”
“Per l’intervista. Non ti ricordi? Quella per quel giornale dell’altro ieri”.
Harry scosse leggermente la testa, ma Sofia gli strinse il braccio per fargli capire che doveva reggerle il gioco.
“Oh!” Esclamò poco convinto. “Sì, giusto”.
Lei fece un profondo respiro e tentò di sorridere a Will, che naturalmente non si era accorto di nulla come al solito. Un po’ per ingenuità, un po’ per scarsa fantasia non ci pensava nemmeno che quella poteva essere una scusa, e nemmeno una delle più originali. Lui era semplicemente fatto così.
“Fortunatamente, ora che sappiamo dove sono, possiamo tirare un bel sospiro di sollievo, perciò non preoccupatevi e andate. Ci risentiamo stasera”.
La duchessa di Windsor fece un debole sorriso e se ne andò trascinandosi dietro Harry, che ancora la guardava in modo strano, non capendo cosa avesse in mente.
“Aspetta un attimo, non abbiamo nessuna intervista”, le disse fermandola in fondo al corridoio.
“Lo so benissimo”, rispose lei sbuffando. “Ma era un buon modo per andarcene senza che nessuno sospettasse qualcosa”.
“Mi dici cos’hai in mente?”
“Senti, non ho alcuna intenzione di starmene qui con le mani in mano come abbiamo fatto in questi ultimi giorni. Se la famiglia reale è tranquilla e beate bene, ma per quanto mi riguarda voglio riavere i miei bambini a casa perciò vado a riprendermeli”.
Harry si trattenne dal ridere. L’espressione seria di Sofia era decisamente divertente. Nei giorni passati si era trattenuta ma sapeva benissimo che fosse dipeso da lei gliene avrebbe dette quattro a tutti quanti. La cosa che non poteva sopportare era che tutti sembrassero così dannatamente tranquilli mentre lei era entrata in paranoia.
“Guarda che non sto scherzando Harry!” Lo richiamò all’ordine, infastidita dal fatto che lui non la prendesse sul serio.
“D’accordo, scusami”, disse lui cercando di tornare serio. “Anche io rivoglio i ragazzi a casa, ma non possiamo andare a prenderli”. Le parlò con dolcezza e le accarezzò il volto. Nonostante gli anni di matrimonio, Harry la vedeva sempre come la piccola ragazza di cui si era innamorato e la cosa gli faceva una gran tenerezza.
“Ma che dici? Certo che possiamo andare a prenderli!” Erano i loro figli, dopotutto, e finché sarebbero stati minorenni loro avrebbero avuto voce in capitolo.
“Nel senso che Enea ha detto di lasciarli lì da lui per qualche giorno ancora. Gli farà bene”.
Sofia si morse un labbro nervosa, e incrociò le braccia sul petto. “Io non ho mai ascoltato quello che dice Enea e non ho intenzione di iniziare a farlo ora. Lui sarà anche mio fratello e tuo padre sarà anche il re, ma io sono la loro madre e se dico che voglio riavere i miei bambini a casa li riavrò. E nulla mi potrà fermare”.
Harry inarcò un sopracciglio, sorridendo. Finalmente, dopo tutto quel tempo in cui era stata costretta a starsene buona, poteva sfogarsi. “Tu sei la loro madre e io sono il loro padre”, osservò lui.
Lei lo guardò con aria implorante. La voglia di riabbracciare Philip e David era talmente tanta che sarebbe stata disposta ad andarci anche da sola…ma se ci fosse stato Harry sarebbe stata infintamente più felice. In fondo quei due fuggitivi erano frutto del loro amore.
“E va bene: andiamo a riprenderceli”. Harry le fece l’occhiolino e lei sorrise.
“Dobbiamo prenotare i biglietti per il primo volo disponibile”.
“Non sarebbe più comodo prendere l’aereo privato?”
“Così ci scopriranno e faranno delle obbiezioni”.
“Giustamente. Beh ora però sembriamo noi quelli che devono fuggire”, rifletté Harry divertito. Ora sapeva da chi avevano ereditato David e Philip la propensione alla fuga e ai dettagli per non farsi scoprire.
“Se questo ci riporterà i nostri figli a casa sì!”
Sofia ed Harry si diressero al parcheggio e salirono in macchina. “E con Richard cosa facciamo?”
“Non può assentarsi da scuola: in questo periodo ci sono troppe verifiche. Chiamerò a casa per disporre il tutto e a lui diremo che siamo dovuti partire per un impegno importante”. I domestici non sapevano nulla della fuga dei ragazzi, ma un viaggio all’ultimo minuto era già capitato altre volte, perciò non avrebbe destato troppi sospetti. Per quanto riguarda il piccolo di casa Windsor, beh era meglio che non sapesse nulla neanche lui, giusto per sicurezza.
Harry si fermò in seconda fila, proprio davanti all’ingresso della scuola. Entrò nell’edificio e in portineria chiese di poter parlare con il figlio. Guardò in continuazione l’orologio da polso e prese a camminare nervosamente avanti e indietro.
Richard lo raggiunse qualche minuto dopo, con un sorriso enorme dipinto sul volto. “Che succede?” Chiese con il fiatone.
“Hey! Io e la mamma dobbiamo partire per un viaggio di lavoro e sono venuto a dirtelo di persona”.
“Così all’ultimo momento?” Chiese sospettoso Richard.
“Sì, ma non possiamo rimandare. La mamma ha già disposto tutto e comunque non staremo via molto. Cerca di comportarti bene nel frattempo, d’accordo?” Harry si sentiva agitato. Non gli piaceva mentire ai suoi figli, ma in quel momento era la cosa migliore da fare.
Richard si mise sull’attenti come fanno i militari e disse: “Sissignore!”
Harry alzò gli occhi al cielo sorridendo. “Forza capitano, ora torna in classe!” Gli baciò la fronte e lo lasciò andare, poi tornò da Sofia in macchina.
“Com’è andata?” Gli chiese apprensiva come al solito.
“Alla grande: se l’è bevuta e non sospetta niente”.
“Bene. Gli hai dato un bacio da parte mia, vero?”
 Harry esitò un istante, mentre metteva in moto l’auto. “Credo di essermene dimenticato”.
Sofia gli diede un pizzicotto in una gamba. “Come sarebbe a dire che te ne sei dimenticato?” Fantastico! Ora Richard avrebbe pensato che lei non gli voleva bene.
“Oh andiamo tesoro! Ha tredici anni, lo sai come sono i ragazzi a quell’età: si vergognano di certe dimostrazioni d’affetto”, si giustificò lui.
In linea di massima era la verità, ma David e Philip non si erano mai fatti particolari problemi al riguardo, e Sofia era certa che neanche per Richard sarebbe stato imbarazzante. “Sì, certo: come no”.
Sofia ed Harry salirono sul primo aereo disponibile e durante quelle due ore di viaggio lei gli chiese: “Che cosa diremo ai ragazzi quando li rivedremo?”
Già, che cosa avrebbero dovuto dirgli e come avrebbero dovuto comportarsi? Avrebbero dovuto essere arrabbiati? Sgridarli? Sì, se la meritavano una bella sgridata, se non altro per averli fatti stare così tanto in apprensione, ma cosa avrebbero fatto davvero non ne aveva idea. “Qualcosa ci inventeremo”, le disse lui guardandola intensamente negli occhi ed intrecciando le loro mani. Sofia gli sorrise, poi si sporse in avanti e lo baciò delicatamente.
L’aereo atterrò stranamente in orario, nel pieno pomeriggio. Da lì presero un taxi e si fecero accompagnare in zona universitaria.
“Chiamo Enea per sapere dove sono”, disse Sofia.
“Non credi che sia meglio che lo chiami io?” Si offrì Harry, ma lei scosse la testa.
“Pronto?” Sofia ebbe un tonfo al cuore nel sentire la voce del fratello. Probabilmente perché era nervosa all’idea di rivedere i suoi bambini. Sapeva che erano vicinissimi e la voglia di riabbracciarli era tanta, veramente tanta.
“Enea, dove siete?” Chiese con voce quasi tremante. Per fortuna Harry aveva capito a cosa stesse pensando e le accarezzò la schiena per tranquillizzarla.
“Perché me lo chiedi? Non dirmi che….”, ci fu una breve pausa e poi riprese a parlare con un tono di voce più basso. “Ti avevo detto di lasciarli qui da me ancora per qualche giorno, Sofia! Benedetta bambina, perché non mi ascolti mai?” Bambina…definirla ancora bambina, dopo quasi diciassette anni di matrimonio e tre figli era davvero una follia, ma d’altronde per Enea lei sarebbe per sempre rimasta la piccola di casa, perciò non c’era da prendersela.
“davvero credevi che avrei aspettato buona e tranquilla a casa? Ora dimmi dove siete”, usò un tono quasi minaccioso, tanto che Harry la guardò sorpreso, inarcando un sopracciglio. In cuor suo amava quando Sofia parlava così ad Enea.
“Siamo all’Archiginnasio”.
“Bene, aspettateci lì”, senza aggiungere altro riagganciò il telefono. Dalla via principale del quartiere universitario si diressero a piedi verso la loro destinazione. Svoltarono l’angolo ed entrarono nel giardino interno dell’edificio.
Sofia impiegò qualche istante a orientarsi, ma alla fine trovò la direzione giusta e la lo le scale giuste da salire. Quel posto le aveva sempre dato un senso di smarrimento e dopo tutti quegli anni la cosa non era cambiata.
Arrivati in cima allo scalone trovarono Enea nel corridoio, insieme a George e a Charlotte. I due principi trattennero il respiro nel vederseli lì davanti. Sofia li guardò con aria di rimprovero, ma alla fine il suo sguardo si addolcì.
Poco più in là, da quello che veniva chiamato Teatro anatomico, uscì Philip, che non appena vide Sofia la guardò con aria dispiaciuta. “Mamma”, sussurrò ancora incredulo nel vederla lì. Lei si sentì improvvisamente bruciare gli occhi e si trattenne dal piangere mentre gli correva in contro e lo abbracciava. Il suo bambino.
Sorridendo scrutò il suo volto e in quel momento le sembrò trascorsa un’eternità dall’ultima volta che lo aveva visto. Sentì che tutta la rabbia che aveva provato era come svanita nel nulla. “Stai bene?” Gli chiese semplicemente. Lui annuì e poi guadò il padre, che gli passò una mano tra i capelli rossi, scostandoli dal volto pieno di lentiggini.
“Dov’è David?” Gli chiese Harry.
“Nella sala”, gli fece cenno con la testa per indicare l’entrata. Harry guardò Sofia, che gli sorrise ed annuì, facendogli capire di andare da lui.
“Mi dispiace tanto mamma”, Philip abbassò lo sguardo.
“Non importa tesoro mio”. Lo abbracciò forte sorridendo.
 
 
 
Harry entrò nella sala lentamente. David era lì in piedi, intento a guardarsi intorno e a scattare qualche foto. Allungò un braccio e lo posò sulla spalla del figlio, che si volto con naturalezza.
Ritrovarsi il padre lì non era certo una cosa che aveva calcolato, e anche se rimase a bocca aperta, sentì una gran felicità nel cuore. Un certo sollievo.
“Hey”, la voce di Harry gli morì in gola per l’emozione del momento.
“Hey”, rispose lui altrettanto emozionato.
Harry si schiarì la voce imbarazzato. “Mi…mi dispiace di essere stato tanto duro con te”.
“E a me dispiace di essere scappato di casa”, rispose David altrettanto imbarazzato.
Entrambi erano rossi in volto, come sempre gli accadeva in questi momenti. Mannaggia al rossore simpatico.
“David, perché te ne sei andato?”
Lui fece spallucce. “Volevo solo essere come la mamma”, ammise.
Harry scosse la testa e gli prese il volto tra le mani, guardandolo dritto negli occhi. “Una scuola non ti renderà più simile a lei di quanto tu non sia già ora. Basta guardarti e vedere in te il suo riflesso”. Era la verità. Tutti i loro figli erano come Sofia. Nei modi di fare, nel modo di comportarsi, nel carattere. E lui li amava ancora di più proprio per questo.
Harry sbuffò e abbracciò il suo bambino dandogli un grosso bacio in testa. Lo strinse così forte che per un attimo lo lasciò quasi senza fiato. Tutti e due avrebbero voluto dirsi tante cose, ma per quel momento lasciarono perdere e rimasero in silenzio, perché, alla fine, lo scambio di sguardi che avevano avuto quando si erano rivisti aveva già detto tutto.
“Alla fine lo zio Enea vi ha detto dove eravamo eh?”
“Sapeva che se non l’avesse atto avrebbe dovuto vedersela con la mamma”. Harry e David scoppiarono a ridere ed uscirono in corridoio, raggiungendo Sofia, Philip e gli altri.
“Ciao mamma”, David l’abbracciò e lei tirò un sospiro di sollievo nel rivederlo.
“Lo sapete che vi aspetta una punizione esemplare, una volta tornati a casa, vero?” Quella domanda retorica rovinò l’atmosfera d’affetto familiare, ma c’era da aspettarselo.
Mentre stavano uscendo dall’edificio Philip gli si avvicinò e gli disse: “Sei un disastro su tutta la linea, lo sai?”
“Dai che alla fine ci siamo divertiti!” Rispose lui di rimando. “E comunque siamo entrambi un disastro su tutta la linea!”
Philip gli sorrise divertito e gli mise un braccio intorno al collo con fare affettuoso, mentre David ricambiava il gesto.
  
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