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Autore: determamfidd    30/10/2016    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le ore iniziarono a scorrere più lente, più lente, e poi i giorni. Il tempo era diventato tanto prezioso nelle ultime settimane della Guerra dell'Anello che ogni secondo era stato riempito al massimo, stretto fino a squittire. Ora, esisteva qualcosa come il tempo libero. C'erano attimi solo per il piacere e gli interessi.

Thorin giocava a carte con Frerin e Víli, lottava un duello di pratica o due con Dáin, suonava l'arpa con Frís, e passava tempo alla forgia con Thráin. I suoi passi divennero più calmi, la sua postura più rilassata. I pensieri oscuri attraversavano la sua mente a volte, eppure non mettevano radici per crescere come un tempo. Lui fece nuovi inchiostri per decorazioni, aiutò Bifur a creare un Olifante giocattolo meccanico, e diede a sua madre la lampada completata. I suoi occhi divennero più limpidi, le sue mani ruvide e bruciate come lo erano state un tempo. Il suo sonno era senza sogni. I giorni iniziarono ad allungarsi dinnanzi a lui.

Un tempo, Thorin li avrebbe ritenuti vuoti. Morti e tetri, senza scopo o utilità. Ora, gli sembravano pieni di potenziale, di possibilità. Il suo laboratorio era pieno di piani e schizzi e immagini.

Guardava la sua barba allungarsi allo specchio ogni giorno, e si chiedeva cosa sarebbe successo ora.


«Tieni»

Bani guardò su con occhi vacui dai grafici sotto le sue mani. Una tazza era davanti a lei, sistemata su un vassoio. Del vapore si alzava dal bordo. Batté le palpebre, e un piatto con del pane e delle uova e una fetta di carne fredda apparve accanto alla tazza. «Eh?»

«Non mangi da sette ore» disse la voce, divertita e preoccupata al tempo stesso. Bani si tolse gli occhiali con movimento lento. Le faceva male la schiena, ricordandole che non aveva cambiato posizione tutto quel tempo. I suoi occhi bruciavano e pizzicavano mentre metteva a fuoco il volto di Barís. «Fammi un piacere e metti dentro qualcosa?»

«Come sarebbe un piacere a te?» mormorò lei, la mano che cercava la tazza. Un sorso più tardi, e il calore le riempì la pancia, rilassando la tensione e la leggera nausea che erano apparse senza che lei se ne accorgesse. «Oh, Mahal, è meraviglioso. Grazie, Usignolo.»

Barís si sedette sul bordo del suo tavolo da lavoro, le sopracciglia corrugate. «Su cosa lavori di tanto importante? Le cose si sono calmate considerevolmente, dopotutto.»

«Progetto nuovi magazzini» disse Bani, e sbadigliò «Tutti sembrano essersene dimenticati, ma quella donna è ancora in giro. Che trama, probabilmente.»

L'espressione di Barís si incupì. «Non c'è pericolo di morire di fame ora. Forse ci lascerà stare.»

«No, non moriremo di fame, e tutte le possibilità di salire al potere le sono state tolte. Ma chi sa cosa potrebbe fare per vendetta?» Bani sbadigliò di nuovo «Lei è il tipo che vuole “provare” di aver ragione, anche se ha orribilmente, orribilmente torto. Io non ripeto i miei errori. Quindi, dobbiamo progettare qualcosa di più sicuro dei vecchi magazzini, e non vedo nessun altro che lo faccia. In più, gli Elfi continuano a chiedere cose fatte di legno. Non ho quasi avuto tempo, tutto considerato. Ci servono più carpentieri in questa dannata montagna, francamente: abbiamo un numero imbarazzane di scultori e via dicendo – tutta gente che non ha idea di cosa fare con un albero se non bruciarlo.»

«Devi dormire» disse Barís, sorridendo un poco «Stai blaterando.»

«Lo so» Bani le sorrise a sua volta. I loro occhi si incrociarono, e ci fu una breve pausa. «Dopo che ho mangiato. Non dovevi farlo, sai.»

Barís mise il vassoio sul tavolo, e le sue dita indugiarono sul dorso della mano di Bani. «Volevo farlo» disse. La sua bellissima voce era bassa e speranzosa. «Ecco... è un'idea che vorrei provare.»

Bani rise, un suono breve e rasposo nella sua gola secca, ricordando la conversazione frettolosa sulle idee e sui successi davanti al fuoco. «E pensi che questa funzionerà?»

Gli occhi di Barís erano caldi e molto, molto dolci. «Lo spero.»


L'aria del mattino era ancora fresca per le ultime tracce della notte. I mattinieri stavano iniziando a sistemare le bancarelle del mercato. Molti dei detriti erano stati rimossi, ma c'erano ancora cicatrici ovunque uno guardasse: edifici distrutti e mura mancanti, segni di spade su legno e pietra.

Solo, Gimli marciava nella città con passo sicuro. Molti dei mercanti alzarono lo sguardo e lo guardarono passare, e lui annuì cortesemente ai loro saluti. Sembrava fosse ancora una curiosità per il popolo di Minas Tirith. Ma il loro spettegolare era innocente e non sembrava lo infastidisse più. Evidentemente aveva altre cose in mente.

«...deve far rima con fast» borbottò fra sé e sé, e scosse la barba con fastidio.

Aprendo la porta di una forgia, chiamò il proprietario, un Uomo chiamato Iorlas, zio del giovane amico di Pipino Bergil. «Sono Gimli, come accordato!»

«Inizi presto la giornata, Mastro Nano!» giunse la risposta «Scenderò fra un po', quando sarò asciutto e pulito e nutrito. Vorresti del tè? Lo sto preparando.»

«Non per me, grazie, ma la tua gentilezza è molto apprezzata!» Gimli sbadigliò un poco e si grattò il collo, mormorando assentemente «Past, cast, last – night gathers fast? Mmh. Night gathers fast – aye, forse. Forse.»

«Qualcosa ti preoccupa?» chiese Thorin, e Gimli quasi urlò per la sorpresa, saltando e portandosi una mano al petto per lo shock.

«Grandissimo bastardo» ansimò, e Thorin gettò indietro la testa e rise. Non aveva mai avuto questo effetto prima, ed era molto più gratificante di quanto non avesse immaginato.

«Busserò la prossima volta, che dici?»

Gimli borbottò irritato, fissando truce l'aria. «Sei una vera canaglia, Thorin Scudodiquercia. Bene, ora che mi hai tolto almeno dieci anni di vita, cosa succede?»

Thorin si sedette, e si sistemò. Le sedie erano decisamente troppo alte: impossibili, anche per un fantasma. «Perché dovrebbe succedere qualcosa?»

«Non c'è sempre un nuovo problema?» disse Gimli, e si alzò le maniche e prese il mantice per la forgia. Iniziò a pompare, lente forti spinte che riaccesero i tizzoni morenti dal loro sonno notturno.

«Pessimista! Non è da te, Gimli» Thorin aggrottò le sopracciglia «Ebbene, suppongo ci sia un problema. Tuo padre ha ricevuto la tua lettera.»

Il ritmo di Gimli rallentò solo leggermente, e i suoi occhi si assottigliarono in determinazione. Ma la sua bocca non si strinse, né lui sobbalzò. «Di già? È stato un corvo veloce, allora.»

«Anche Thranduil ha ricevuto la sua»

«Mh. Mi aspetto si stiano mandando missive di accuse fra la Montagna e il Bosco?»

«Non... precisamente» Thorin sospirò «Thranduil sta passando l'inverno a Erebor. Ha portato abbastanza cibo per salvarli dal morire di fame. La guerra l'ha ammorbidito nei nostri confronti, sembra. Ma dopo le notizie mi aspettavo quasi che ritirasse il suo aiuto. Però, nonostante lo stupore e la rabbia, rimane, anche se sono quasi venuti alle mani...»

«Oh denti di Mahal» disse Gimli, gli occhi molto larghi. La sua voce era debole. «Oh mahumb.»

«Il tempismo non è stato il migliore, no» confermò Thorin «Oppure potresti aver ereditato un tocco della mia pessima fortuna.»

«Papà sta bene, vero?» le mani di Gimli strinsero i manici del mantice, come se fossero l'impugnatura di un'ascia «Non è giovane com'era un tempo, e Thranduil potrebbe aver... Non è stato ferito, vero?»

«Nessuno ha colpito l'altro, grazie a Durin» le spalle di Gimli si rilassarono per il sollievo «Si ringhiano e si guardano storto e fanno commenti commenti sottovoce. L'aria è fredda come il Ghiaccio Stridente, ma grazie a Mahal non è stato versato sangue. Credono entrambi di essere stati crudelmente traditi, però, e si odiano e disprezzano piuttosto apertamente.»

«Sì, queste sono sciocchezze» disse Gimli, suonando molto più come se stesso «Papà non ha fatto nulla di avventato per la rabbia, vero?»

«Tua sorella e tua madre hanno abbastanza buon senso per calmarlo, come il fratello di Legolas Laerophen»

«Il fratello di Legolas?» Gimli si raddrizzò «Lo conosci?»

«L'ho osservato, aye» Thorin si schiarì la gola, sentendosi stranamente irritato improvvisamente «Non è... l'Elfo peggiore che io abbia incontrato.»

Gimli sbuffò. «Non farti del male. Cosa ne pensi di lui?»

«Non preferiresti chiederlo a Legolas?»

«Legolas risponderà come un Elfo che conosce suo fratello da innumerevoli anni. Vorrei la risposta di un Nano, che ci conosce ed ha affetto per entrambi. Vorrei la risposta della mia guida, se potessi»

«Gimli, tu sei stato la mia guida in più modi di quanto non possa immaginare» iniziò lui, ma fu interrotto dallo sbuffare di Gimli.

«Thorin, mio parente e mio re. Mi hai guidato attraverso ogni sfida e pericolo di questa missione. Mi hai dato notizie e speranza e consigli, persino quando ero troppo sciocco per ascoltarti. Se vuoi negare il tuo posto nella mia vita e nel mio cuore, allora puoi star zitto» la voce di Gimli era calda e ruvida per l'affetto, e Thorin comprese: Gimli gli voleva bene a sua volta.

Che strano; quanto inaspettato! Thorin aveva pensato per talmente tanto tempo che fosse Gimli a dare a lui direzioni e speranza. Aveva sempre supposto... ma forse era stato reciproco. Forse era stato più di una voce senza corpo al vento; forse Gimli era grato a Thorin quanto Thorin lo era a Gimli.

«Allora mi considererò fortunato» disse Thorin, piano.

Gimli ghignò. «Io il pessimista e tu l'ottimista. È di certo un cambio di tono!»

«Dunque cosa stavi facendo qui?» Thorin guardò la piccola stanza, nemmeno lontanamente lussuosa o spaziosa quanto una forgia Nanica.

«Davo retta ai tuoi consigli» Gimli premette il mantice un'ultima volta, prima di asciugarsi la fronte «Le preparazioni per l'incoronazione sono rapide, e sia io che Legolas non abbiamo nulla da fare. Dunque occupiamo il nostro tempo. Io sono stato con gli operai, a ripulire i detriti dalla città. Legolas sta lavorando sodo con il nuovo germoglio bianco nel cortile superiore – questo giardinaggio è puzzolente e incomprensibile, per me – ma del resto, lui dice lo stesso di ciò che faccio io. Però, finché continua a lavorare col fertilizzante e via dicendo, io farò tesoro della mia ignoranza finché posso! Ora, ho un compito mio, che preferirei tenere segreto, se posso» Si asciugò il sudore sul collo, prima di infilare una mano nella tunica e tirarne fuori il piccolo disco d'oro appiattito.

«Ah. Stai facendo il fermaglio da matrimonio» comprese Thorin «Buona idea.»

«Lo dici solo perché era una tua idea» disse Gimli, ridendo.

«Naturalmente!» Thorin ridacchiò, e si mise comodo «Dunque, che forma pensi di dargli?»

Gimli parve improvvisamente piuttosto timido. Era strano, per Thorin, vedere questo Nano, dopo tutto quello che aveva fatto e passato, dondolarsi e muoversi come un ragazzino di quarant'anni. «Ecco. Beh, non ho avuto molte occasioni di lavorare l'oro...»

«Tu – tu non sai lavorare l'oro» disse Thorin, piatto.

«Non sono un fabbro!» Gimli alzò le mani in aria «Sono stato un minatore e un guerriero, so scrivere e cucire, ascoltare la pietra e esplorare grotte, ballare la giga, distillare la birra, cucinare e cantare e so cavarmela con un violino. Ma sono sempre stato un disastro come fabbro! Farò del mio meglio, ma so che non sarà ciò che Legolas si merita. Come posso fare qualcosa di degno della sua bellezza? Ma devo provare. Ho trovato questo luogo e Iorlas è abbastanza gentile da lasciarmi rovinare dei buoni metalli. Ma temo che rovinerò la reputazione del nostro popolo, per come sono ridotto.»

Thorin raddrizzò le spalle e si spinse giù dalla sedia troppo alta. «Gimli, non sono mai stato abbastanza fortunato da lavorare spesso l'oro nella mia vita, ma ero e sono un gran bravo fabbro. Posso insegnarti.»

Gimli sembrava dubbioso. «Ne se sicuro? Intendo, non posso nemmeno vederti dimostrare.»

«Ti dirò cosa devi fare. Hai buone mani e una mente rapida: posso insegnarti» ripeté Thorin, prima di aggiungere: «per esempio, il fuoco è troppo caldo. Quella fiamma scioglierebbe l'acciaio, dopo tutti i tuoi sforzi! E ti serve un contenitore in ceramica. E delle pinze. Hai il tocco del fuoco?»

«Aye, per quanto l'abbia usato» disse Gimli, confuso, ma c'era una speranza nascente sul suo volto «Ma, Melhekhel – come dici, è oro. L'oro non ti addolorerà? Perché non accetterò una parola se ciò che faccio qui ti farà del male.»

Thorin batté le palpebre, sorpreso dalla domanda. Onestamente non ci aveva pensato.

«Non mi infastidisce» disse infine «Se dovrò andarmene, lo farò. Ma non provo rabbia, né desiderio o senso di colpa.»

Il volto di Gimli si rilassò. Sembrava sia sollevato che compiaciuto. «Buono a sapersi.»

«Suppongo sia passato molto tempo» disse Thorin lentamente, come se stesse provando se le parole potessero sopportare il suo peso.

Gimli sorrise. «È così.»

«Bene» Thorin si riscosse. Basta con le sue indecisioni e insicurezze. Il mondo era nuovo. «Allora lascia che il fuoco ritorni a essere solo dei tizzoni, mentre prendi ciò che ti serve. Hai dell'acqua?»

«Acqua? Oh, per raffreddare» il volto di Gimli era cupo «Sono ancora più perso di quanto non pensassi.»

«In questo, posso essere la tua guida» gli disse Thorin «Hai dei metalli minori, con i quali far pratica? Dei progetti?»

«Ho delle idee per la forma» Gimli sospirò, e si toccò il lato della giacca come per accarezzarlo «Non ho idea se funzioneranno. Sto provando a unire stili Elfici e Nanici, e... beh, è discutibile il fatto che ci sia riuscito o meno. Ho una buona mano per fare schizzi di miniere e tracciati, ma i gioielli sono la passione di Mamma. Gimrís ha l'occhio per i dettagli, non io! Dannazione, non mi piacciono nemmeno le trecce complicate!»

«Sciocchezze. Suoni il violino con bravura, e sei maestro nelle forma di guerra più complesse e intricate che siano state inventate, e alcune che non lo sono» disse Thorin brusco «Questo è solo un tipo diverso di dettaglio.»

«Lo dici ora» disse Gimli, un po' tetro «Non mi hai mai visto. Uso un martello come fosse un'ascia. Ho rotto il metallo prima d'ora.»

«Mostrami i disegni» ordinò Thorin, ignorando l'umore di Gimli «Posso dirti se funzioneranno o meno.»

«Ma-»

«Gimli» disse Thorin, e improvvisamente comprese da dove il pessimismo di Gimli potesse arrivare «mia stella, tuo padre non ti diserederà, non importa quanto sia arrabbiato e confuso. Facciamo questo fermaglio da matrimonio, così che lui veda quanto ami il tuo Elfo. Quando lo vedrà e udirà la sua storia, non avrà altre obiezioni da fare.»

Gli occhi di Gimli erano enormi, e lui deglutì. Si rigirò la pepita nella mano, un'azione nervoso, prima di esalare un respiro che sembrava salire dalla sua pancia. «Giusto. Lo so, lo so... solo. Ah, non c'è nulla da dire, eh? Diamo un'occhiata, allora.»

Tirò fuori qualche pezzo di pergamena dalla giacca, lisciandoli sull'incudine. Thorin li guardò, chiedendo a Gimli di descrivere alcuni dettagli che non riusciva a capire.

«Molti di questi funzionerebbero» disse infine «Gimli, non voglio più sentirti insultare il tuo occhio: hai ovviamente preso qualcosa delle abilità di tua madre. L'oro è troppo morbido per essere battuto sottile come il terzo disegno e tenere la forma, ma il resto sono fattibili. E molti sono meravigliosi.»

Gimli sbuffò un poco sotto la barba, spostando il peso da un piede all'altro, compiaciuto e un po' imbarazzato dal complimento. «Ti ringrazio. Gli elementi Elfici non ti dispiacciono?»

«Li trovo piuttosto adatti» Thorin alzò lo sguardo, e rise alla faccia di Gimli «Ragazzo, portavo una spada Elfica, ricordi? Potrò aver portato avanti il feudo più feroce della Terra di Mezzo in vita, ma non mi ha mai impedito di apprezzare sia bellezza che abilità dove le ho trovate.»

«Suppongo sia vero»

«Ti serviranno strumenti da incisore per questo, con le foglie che si attorcigliano attorno ai diamanti» continuò Thorin «Non abbiamo stampi né matrici, e perciò fondere è fuori questione. Ma penso che potresti cavartela con l'incidere.»

Gimli deglutì ancora. «La tua fede in me è lusingante, Signore.»

«Se puoi usare il mio nome quando sei irritato con me, di certo puoi usarlo quando non lo sei?» disse Thorin dolcemente «Non è difficile da pronunciare.»

Gimli storse il naso, ma fece spallucce e disse: «va bene. Come vuoi allora, Thorin.»

«Allora possiamo iniziare. Per prima cosa ti serve oro di qualità inferiore, per fare pratica. Filo d'oro, perché proveremo anche qualche tentativo a decorare con il filo, per vedere se ti riesce. Piccoli scalpelli e lime, il più piccoli possibili. Se ne trovi qualcuno a punta, ancora meglio» iniziò Thorin, contando sulle dita mentre diceva le cose che Gimli avrebbe dovuto usare per fare il suo fermaglio da matrimonio.

«Aspetta, aspetta, me lo devo segnare, non sono un Elfo che si ricordi tutto in un colpo solo!» esclamò Gimli, tirando fuori una penna e girando il progetto rifiutato «Lime... scalpelli... contenitore di ceramica... Iorlas ha delle pinze, ma pensi sarebbero troppo grandi? E hai parlato di filo d'oro...»

Infine Gimli si segnò tutto ciò che Thorin voleva, e si sedette. «Ah, mi sembra di aver iniziato una nuova missione!» borbottò, strofinandosi le mani sulle cosce «Spero di avere gli stessi risultati in questa. Thorin, controlla la mia lista, per favore?»

Thorin guardò sopra la spalla di Gimli la sua (sorprendentemente ordinata) scrittura, lasciando gli occhi correre sulla lista. «Aye, mi sembra corretta» Poi delle parole in fondo alla pagine lo attirarono «E questi? Dei versi? For you are my guiding star / I will never fear tomorrow...»

Gimli squittì e prese il foglio rapido come un fulmine, nascondendolo contro il petto. «Non ho ancora finito!»

«Gimli, stai scrivendo una poesia per Legolas?» disse Thorin, piuttosto sorpreso. Anche se conosceva l'anima lirica ed eloquente di Gimli, non gli sembrava da lui comporre poesie d'amore.

«Una canzone» disse Gimli, nervosamente, ancora stringendosi il foglio al petto «Volevo fare qualcosa anche per le tradizioni, sai? Indosserà le mie trecce e i miei fermagli, com'è uso del nostro popolo, dunque volevo anche fare qualcosa che sia Elfico nell'anima. Ha detto che gli Elfi dei boschi sono più inclini al canto che ad ogni altra musica, ed è vero che le canzoni gli nascono spontanee.»

«Ciò è molto gentile» disse Thorin, e non menzionò le centinaia su centinaia di doni decorati di fiori che riempivano le sue stanze: attrezzi da giardino e pentole e persino un gran pentolone – tutti convenientemente a misura di Hobbit «Ricordo che hai scritto canzoni per lavorare in miniera, in gioventù. Come va?»

«Non altrettanto facilmente» Gimli sospirò «Una canzone per lavorare è una cosa: ti serve solo un buon ritmo per pestare i piedi, e un ritornello che sia divertente da urlare. Penso che la nostra storia sia... molto più grande di solo noi due.»

«Hai pensato a una musica?»

Gimli canticchiò una frase, dolce e avvolgente come i versi della musica Elfica, sicura e ritmica come le migliori canzoni Naniche. Tirò insistentemente i pensieri di Thorin. Lui si premette una mano al petto, contro il nuovo dolore.

«Ebbene, ci scambieremo idee mentre lavori, eh?» Thorin spinse via i ricordi di Bilbo che stavano alzando la testa rapidi e feroci. Il comporre di Gimli era ovviamente meglio del suo lavoro di fabbro, se solo un assaggio della sua musica poteva toccarlo tanto profondamente.

«Non riesco a credere che sto per essere un apprendista di nuovo» gemette Gimli «Ho quasi centoquaranta anni! Ho la mia capacità di minatore e ascolto della pietra, la mia maestria nelle armi!»

«Mai troppo tardi per iniziare, ragazzo mio» gli disse Thorin, e ignorò le lamentele che seguirono «E ciò che imparerai qui ti aiuterà a sistemare quei capelli Elfici dorati che ami tanto. Andiamo, il giorno sta passando! Né quel fermaglio né quella canzone si faranno da soli!»


«I suoi capelli... sono pettinati. Che facciamo ora?» disse Bomfrís, deglutendo.

«Ora chiudiamo la tomba» disse Barís, e strinse la mano di sua sorella «Ti senti bene?»

Bomfrís si toccò l'addome con dita caute, e fece una smorfia. «Aye, non è più tanto strano. Solo... fastidiosamente lì. Continuo a scordarmi e a sbattere contro le cose.»

«Non fare l'eroe» disse Gimrís «Se devi andare, vai.»

«Dimmelo, piccolo corvo» disse Alrís. Barur stava stringendo sua madre fra le grandi braccia robuste, il volto di lei premuto contro il suo petto. Accanto a loro era Bofur. Tenevano le loro schiene girate risolutamente.

«L'ho dovuto lasciare allora. Non lo lascerò ora» borbottò Bomfrís, e strinse la mascella «Va bene, chiudiamola.»

Barís strinse la mano di Bomfrís un'ultima volta. Poi si girò verso Gimrís, e insieme le due Nane sollevarono la lastra intagliata, e la sistemarono su ciò che restava di Bombur.

Le eco della pietra che chiudeva la tomba corsero stranamente per i sepolcri. Nessuno parlò per un lungo momento.

«È fatto, Mamma» disse Barur piano «Ora è in pace.»

«Non è stato così brutto» disse Bomfrís «I corvi dicono che è stato lasciato solo, e le nevi invernali, almeno...»

Bofur chiuse gli occhi, le labbra bianche. Alrís fece un suono di angoscia, e seppellì il volto nell'abbraccio di Barur. Barís sibilò a sua sorella un sta zitta! Bomfrís si fermò, la bocca aperta e gli occhi pieni di rimpianto.

«Ha i suoi gioielli migliori» disse Barís «Ha il suo bastone con sé. I suoi capelli sono in ordine, e la sua barba è pettinata nella treccia lunga, come gli piaceva.»

«Lui...» iniziò Bofur, ma abbassò il mento e non riuscì a finire.

«Ha indosso la sua giacca» disse Gimrís «Come sta la tua testa?»

Lui la scosse. «Fa male.»

«Allora vieni» disse lei, e andò da lui e gli prese il braccio «Ti rimetterò a posto, vecchio sciocco. Devono seppellire altri qua: possiamo ritornare più tardi.»

«Ho sentito che vogliono spostare il vecchio Dáin ad Est» disse Bofur, e sospirò «Tutti i miei amici se ne stanno andando.»

«Andiamo, Mamma» disse Bomfrís, prendendo il braccio di sua madre «Possiamo tornare domani sera con gli altri, ora che è sotto la pietra.»

Alrís annuì. Barur e Bomfrís la affiancarono mentre lentamente si allontanavano dalle tombe.

Barís sospirò, e si voltò di nuovo verso la bara di pietra. Il simbolo angolare che lui aveva indossato per tutta la vita vi era intagliato sopra, e il suo nome del cielo era scavato ai piedi. «Addio, Babbo» sussurrò lei.

Raccogliendo le gonne, si voltò per seguire la sua famiglia e la sua migliore amica via dalla sala.

Nell'oscurità dietro di lei, nascosta fra le grandi lastre delle nuove bare, qualcosa si mosse.


BLAM!

«Ah, forse ti servono colpi un po' meno potenti» disse Thorin, facendo una smorfia.

Gimli guardò il cerchio appiattito che era il suo primo tentativo, e fece spallucce. «Beh, è per questo che abbiamo tutto il metallo di pratica.»

«Ci vorrà più del previsto» borbottò Thorin.


«No, dovresti tenerlo nella canzone» disse Thorin a Gimli quattro giorni più tardi, mentre lui cautamente colpiva il piccolo rettangolo d'oro che aveva ricavato dalla sua vecchia pepita «Ci sta bene.»

«Ma non sembra un po'... forzato?» disse Gimli, e si raddrizzò e si asciugò la fronte «Tutto questo è dannatamente preciso. I miei muscoli si sono tutti tesi, ed è solo una piccola parte!»

«Stai usando solo un blocco a C per ora» disse Thorin irritato «Non hai idea di cosa sia preciso. E i versi sono perfetti. Lasciali.»

«Where you go there I will follow / for you are my guiding star» Gimli canticchiò la frase sottovoce, e fece una smorfia «Non so. Penso sia un po' troppo per i miei gusti. Soprattutto il riferimento alla stella.»

Thorin decise di non ascoltare i consigli amorosi di Gimli. Mai. «Quante volte hai giurato di seguirlo, Gimli?»

Gimli si mosse a disagio. «Un po'.»

Thorin sorrise.


«Che vuol dire non sei sicuro delle dimensioni delle sue dita?» abbaiò Thorin, il giorno dopo.

Gimli divenne rosso fuoco.

Oh Mahal. «Ripensandoci, non rispondere» Thorin si massaggiò la base del naso.

«Ebbene, ero un tantino occupato al momento!»

«Non desidero sapere altro, grazie mille» Thorin si fece forza «Bene. Dovrai prendere le misure prima o poi.»

«Non dorme con gli occhi chiusi» gli ricordò Gimli.

«Allora usa le tue come paragone. Gli tieni la mano abbastanza spesso» disse Thorin. Concentrandosi di nuovo sul piccolo cerchio d'oro che Gimli aveva così cautamente creato dalla sua vecchia pepita, disse irritato: «puoi almeno limare i bordi, anche se non puoi decidere le dimensioni, né metterlo insieme.»

«Ancora limare!» gemette Gimli «Non posso attraversare di nuovo i Sentieri dei Morti? Il mio gomito sta per cadere!»

«Questo è il lavoro del fabbro. Smettila di frignare, inùdoy, e muoviti»


«There's a light on the horizon...»

Due giorni dopo e l'anello stava prendendo forma. Gimli cantava piano fra sé e sé mentre colpiva cautamente con il piccolo martello coperto di feltro. «There's a ship upon the sea... Now the world is so much wider... for you wander it with – Dannazione!»

«Non fa rima» disse Thorin tranquillo «Cosa c'è ora?»

«Mi sono appena ricordato! L'incoronazione è fra una settimana, e non ho nulla da mettermi!» Spingendosi una mano fra i capelli rossi, Gimli guardò la tunica presa in prestito e troppo lunga, nera e argento come la maggior parte dei vestiti a Minas Tirith «Non posso mettermi abiti da Uomo, cosa direbbe Gimrís quando lo venisse a sapere?»

«Mh» Thorin si mise un dito sulle labbra «Non mi hai detto che Dori ti ha insegnato a cucire?»

«Aye, ma io non sono Dori» disse Gimli, frustrato «Posso aggiustare le mie cose. Fare qualcosa dal nulla ha bisogno di pensiero e tempo.»

«Hai un altro progetto allora, no?» Thorin si mise comodo «E hai la pessima abitudine di sottovalutare le tua abilità, mia stella. Farai un buon lavoro.»

«Conoscerò più mestieri di quanti capelli io abbia in testa, di questo passo» Gimli sospirò irritato «Non ho nemmeno iniziato a pensare a come sistemare i capelli della Dama. Va bene, visto che per il mattino abbiamo finito, andrò al mercato. Sono certo di aver visto del tessuto blu. Forse Ioreth delle Case di Guarigione può prestarmi i suoi aghi...»

«Indosserai i nostri colori?» Thorin era compiaciuto e sorpreso – anche se, pensandoci bene, forse non avrebbe dovuto esserlo. Aveva da tempo associato Gimli ai rosso ruggine dei Barbafiamma più che ai blu metallici dei Longobarbi. Eppure Gimli era di certo entrambi.

«Aye, Papà mi strapperebbe la barba altrimenti!» Gimli trasferì attentamente l'anello nel mandrino appuntito e appoggiò il martello di feltro «Mi serviva comunque una pausa.»

«Sei migliorato oltre misura, inùdoy» lo incoraggiò Thorin «Andrà bene. Un nuovo progetto ti riposerà la mente.»

Gimli rise. «Fosse Legolas qui, direbbe che è la frase più Nanica che abbia mai udito! Sta diventando sospettoso, si chiede dove io sia tutto il mattino. Mi ha chiesto dell'odore di fuoco e metallo su di me.»

«E tu cosa gli hai detto?»

«Oh, che ci sarà una sorpresa per lui» gli occhi di Gimli brillavano «Sta per esplodere: tutta quella curiosità Elfica! Ma non ha fatto pressioni per sapere altro, il che è una benedizione. Non ho il cuore di negargli qualcosa che lui mi chiede, quindi va molto meglio così!»

«Cosa fa per resistere alla curiosità mentre tu passi il mattino qui?»

«Oh, è fino ai gomiti nella terra, a cantare per l'Albero Bianco» Gimli sorrise «Quando non è là, gira per la città, incoraggiando le cose selvatiche a crescere e a cantare agli uccelli che tornano per la primavera. Ho cercato di aiutare, ma temo di essere un peso. Cosa ne so io di cose che crescono? Sono tornato alle nostre stanze quel giorno coperto di fango con le sue ammonizioni nelle orecchie. Ebbene, non è certo colpa mia se non so distinguere un fiore da un'erbaccia, no?»

«Forse un altro mestiere da imparare?»

«No, grazie» Gimli tirò su col naso «Sam e Legolas possono divertirsi loro!»


Tutta la Compagnia, eccetto Aragorn, era stata alloggiata insieme in una bella casa sul sesto livello. Non era del tutto sfuggita alla distruzione della città, ma aveva mura intatte e un tetto, e le sue finestre erano rivolte al sole nascente.

Una bella mattinata primaverile, una tromba d'argento risuonò dalla valle sotto Minas Tirith.

«Cosa diavolo succede ora?» disse Pipino, quasi facendo cadere il suo tè. Merry stava già saltando fuori dalla sedia in cerca della sua spada.

Gimli alzò lo sguardo dal suo piatto, le sopracciglia alzate. «Suona familiare.»

«Pace, Merry» disse Legolas, e c'era una luce di comprensione sul suo volto «Conosco quel suono. Abbiamo dei visitatori per l'incoronazione.»

«Chi sarà venuto fin qua, secondo voi?» si chiese Sam, e scodellò altre salsicce e uova nel piatto di Frodo. Frodo sembrava vagamente intimidito dalla torre di cibo impilata davanti a lui. Fíli e Thorin si scambiarono un'occhiata, e dietro di loro, Kíli ridacchiò.

«La stessa gente che è venuta l'ultima volta, senza dubbio» Gimli si spinse via dal tavolo, e si pulì le labbra col tovagliolo «Ebbene, faremo meglio a renderci presentabili, suppongo...»

Il sole era alto nel cielo quando Faramir incontrò Aragorn davanti alla Torre di Ecthelion nel Cortile della Fontana dinnanzi al popolo riunito di Gondor. Sembrava guarito, e c'era una gioia sorpresa nei suoi occhi che era nascosta a malapena. Si inginocchiò senza esitazioni quando Aragorn gli si avvicinò. Stringendo un bianco scettro d'occasione, disse: «l'Ultimo Sovrintendente chiede il permesso di lasciare il suo incarico.»

Aragorn osservò il giovane uomo per un momento, e poi chiuse la mano attorno allo scettro. Ma non lo prese. «Quell'incarico non è terminato» disse «È tuo, e sarà tuo e dei tuoi discendenti fino a quando durerà la mia stirpe. Fai ora il tuo dovere, Sovrintendente della Città Bianca!»

La bocca di Faramir si spalancò, e lui guardò Aragorn con meraviglia. Poi si alzò in piedi e gridò: «Mirate! Uomini di Gondor, è finalmente giunto colui che reclama il titolo di Re. Ecco Aragorn figlio di Arathorn, capo dei Dúnedain di Arnor, Capitano dell'Esercito dell'Ovest, portatore della Stella del Nord, possessore della Spada Forgiata a nuovo, vittorioso in battaglia, mani di guaritore, Gemma Elfica, Elessar della linea di Valandil, figlio d'Isildur, figlio di Elendil di Númenor. Volete che egli sia Re ed entri nella Città e vi dimori?»

Quando il ruggito scosse le fondamenta del Mindolluin stesso, Kíli alzò gli occhi al cielo. «Domanda idiota.»

«Se n'è dimenticato uno» aggiunse Fíli «Thorongil.»

«Aragorn ha decisamente troppi nomi» borbottò Kíli.

«Ha un aspetto migliore ora, non dite» disse Frerin, indicando Faramir «Sembra... più giovane. Meno perseguitato dalle sue perdite.»

Thorin tenne una mano sul collo di suo fratello per un momento. «Aye.»

Frerin strinse le labbra, pensieroso. «Anche terribilmente bello. Voglio dire, in modo ingiusto.»

Thorin sentì le sue sopracciglia che si alzavano, e controllò attentamente la sua espressione.

Quando l'urlo terminò, Frodo portò la corona a Gandalf, il quale la poggiò, luminosa e lampeggiante, sul capo di Aragorn.

«Vengono ora i giorni del Re» annunciò Gandalf, prima di abbassare la voce e parlare direttamente ad Aragorn come amico. C'era un tocco di Gandalf il Grigio nei suoi occhi, pieni di caldo orgoglio. «Che siano benedetti.»

Il Re fece un respiro profondo, raddrizzò le spalle, e si alzò e permise alla popolazione raccolta di guardarlo. Mentre le urla di gioia risuonavano nuovamente, Frerin mormorò: «ha mantenuto la sua promessa a Boromir.»

Il cuore di Thorin si strinse momentaneamente. Avrebbe voluto che Boromir avesse potuto vedere ciò, la sua amata città salva infine e che brillava della luce di libertà e nuovi domani. «L'ha fatto.»

«Gimli sta bene» aggiunse Fíli criticamente «Si è persino pettinato i capelli.»

«Chissà dove ha preso la tunica blu Durin» disse Kíli.

«L'ha fatta lui» rispose distrattamente Thorin «Il tessuto è degli Uomini. Lui ha detto che gli serviva una pausa dai metalli e dal fumo e dai martelli troppo piccoli, e quindi ha ripreso il suo ago nelle pause.»

«Interessante» disse Frerin, prima di guardare Thorin «Ed è questo che l'hai aiutato a fare quando vieni qui ogni mattina?»

«È una sorpresa» disse Thorin in tono di superiorità «ed è di Gimli. Io non dirò nulla.»

«Odio i segreti» borbottò Kíli.

«Divertente, perché tu ne avevi uno» rispose immediatamente Frerin. Kíli storse il naso.

«Odio i segreti di cui non faccio parte» corresse.

«Ed ecco un altro» disse Fíli, bloccando il litigio «Dev'essere stato quello il trambusto di stamattina.»

«Sapevo di riconoscerlo!» esclamò Frerin, mentre le alte figure sottili degli Elfi si avvicinavano, il loro stendardo alto davanti a loro. Elrond era lì, e Galadriel, Celeborn e un Elfo torreggiante con capelli gialli come il sole. «Era un corno Elfico!»

E poi lo stendardo fu spostato di lato, e la sua portatrice si rivelò essere Arwen. I suoi capelli scuri erano legati in un intreccio di catene argentee, e il dolore e l'oscurità erano svaniti dai suoi occhi.

«Guardate la faccia di Aragorn» sussurrò Kíli, e se c'era un piccola nota d'invidia nella sua voce, Thorin non poteva biasimarlo.

Thorin trovò molto più istruttivo guardare Elrond. Il Signore di Granburrone sembrava lacerato fra una totale gioia e un terribile dolore, e il suo sorriso tremava mentre sua figlia correva fra le braccia dell'uomo che amava.

«Vedo la tua espressione, Thorin Scudodiquercia, e la tua pietà di fa credito» mormorò Gandalf, osservando il Re che toccava il volto di Arwen con dita dolci «Se raccontassi la storia di tutto ciò che Lord Elrond ha perduto, allora l'aria stessa piangerebbe. Egli non è abituato alla gioia senza dolore. Ma cercherà lo stesso la gioia.»

«Non sapevo» ammise Thorin. Sembrava fosse passato molto tempo da quando era stato nell'aria pesante di Granburrone, fumando silenziosamente nei vecchi risentimenti mentre Elrond dirigeva il Consiglio.

«No» disse Gandalf, i suoi occhi dolci «Ma ora ti chiedi.»

«Oh guardate!» disse Frerin, e strinse il braccio di Fíli «Guardate, eccola!»

Thorin si voltò per vedere Éowyn, il suo volto libero da ombra, in piedi orgogliosa accanto a Faramir. Lui guardò rapidamente suo fratello, ma il volto di Frerin era completamente rapito. La sua labbra erano aperte, e i suoi occhi stavano brillando.

«Già una era abbastanza» stava dicendo, mordendosi il labbro. C'era un leggero rossore sui suoi zigomi. «Ma entrambi...?»

Fíli lanciò a Thorin un'occhiata sofferente e tentò di levarsi Frerin dal braccio. «Zietto, sei peggio di un magnete. Mollami, ora!»

«Ma sono così belli assieme» gemette Frerin «E così bravi e coraggiosi...!»

«Urgh»

Mentre il Re e la sua futura Regina iniziavano la loro processione fra il loro popolo, Gimli si fece rapidamente avanti verso gli Elfi. «Mia dama» disse, il suo cuore nella sua voce, e si inchinò «Mio Sire.»

«Portatore della Ciocca, vedo che la tua ascia ha trovato il giusto albero» disse Galadriel, e si chinò e gli prese le mani, facendolo alzare «Mi rallegra il cuore vederti in salute.»

«Ed il mio è pieno per la vostra vista» disse lui, semplice ed elegante.

Celeborn sorrise quel suo sorriso piccolo e inscrutabile. «Ha quell'effetto.»

Gimli rise. «Aye, è vero. E i miei saluti a voi, Lord Elrond» disse, con un inchino cortese «Spero il vostro viaggio non vi abbia portato per strade oscure quanto quella che abbiamo camminato noi!»

«No, non così oscure, anche se di certo sono stato testato» disse Elrond, e chinò la testa, studiando Gimli «Ti ha protetto dalla verità?»

Gimli aggrottò le sopracciglia, e poi Thorin ricordò lo strano avvertimento che Elrond aveva dato nella tenda di Théoden prima della lunga marcia per i Sentieri dei Morti. «No» disse lentamente «Ma del resto, trovo che poco protegga dalla verità. Né asce né armatura né orgoglio può pararla per sempre.»

«Ed anche ciò è la verità» disse Galadriel «Ben detto, mio campione.»

Elrond annuì, e il suo sguardo si fermò su sua figlia e Aragorn. «Invero.»

«Amici miei, abbiamo visto la luce trionfare infine» disse Gandalf, ed aprì le braccia e lui e Galadriel si abbracciarono con calore. Poi lei gli baciò la guancia, mentre Celeborn gli prendeva la mano.

«Ti temevamo perduto» disse.

«Sono più difficile da perdere di quanto non vi aspettereste» mormorò Gandalf, e fece l'occhiolino a Thorin.

«Temo noi non ci siamo presentati» disse Gimli, girandosi all'alto Signore dai capelli dorati e facendo un breve inchino «Gimli, figlio di Glóin, di Erebor. Al vostro servizio.»

«Glorfiendel della casa del Fiore Dorato» disse lui «Al mio servizio, eh? Allora sapresti dirmi dove uno può trovare da bere da queste parti? Voglio lavarmi la polvere del viaggio dalla bocca!»

Gimli lo fissò per un momento, e poi la sua bocca si aprì in un enorme ghigno. «Penso che andremo molto d'accordo» disse «Aspetta un momento, so dov'è la birra – e altrimenti, di certo lo sa Pipino!»

«Potrebbe non avere un finale dignitoso» disse Gandalf, osservando Gimli che si inchinava di nuovo prima di correre via.

«Glorfiendel?» domandò Thorin «Mi suona familiare.»

«Dovrebbe» disse Gandalf, e salutò con la mano oltre il campo affollato verso Faramir ed Éowyn «Non sono molti coloro che possono dire di aver ucciso un Balrog, dopotutto.»

«Balakhûnel» sussurrò Fíli, meravigliato.

«A parte me, naturalmente» aggiunse Gandalf con un piccolo sorriso modesto.

Thorin non poteva vedere sopra le teste di tutti gli Uomini ed Elfi nella corte della torre. Ma riuscì ad udire la voce squillante di Pipino e il basso rombo di Gimli fra i sussurri, trasportati dalla dolce brezza mattutina: «Pipino, ragazzo mio! Sai dirmi dove sono i barili di birra?»

«Oh, certo!» fu la risposta allegra di Pipino «E dato che stai andando, potresti prenderne una anche a me?»

«Di già, meleth nín?» rise Legolas.

«Non per me, amore – ah, diciamo, non solo per me? C'è una richiesta da uno dei nostri nuovi ospiti, vedi. Un po' di polvere della strada in gola»

«Non dirmi che la dama beve birra?» Sam suonava un poco stupefatto.

«Non ne ho idea, ma non mi sorprenderebbe se lo facesse!» disse Gimli «No, il tipo alto e dorato di Granburrone, vorrebbe una birra. E dovremmo brindare al nostro amico e la sua futura moglie! Porta sfortuna altrimenti. Tradizione Nanica.»

«Lo è davvero?» disse Legolas, scetticamente «Penso te la sia inventata.»

«Tremenda sfortuna. E siccome hai detto ciò, devi berne due» gli disse Gimli, con finta serietà. La risata allegra di Legolas risuonò, e poi ci fu il suono di un rapido bacio. «Ora, Pipino, dove?»

«Nella grande Sala della Cittadella» disse Pipino «Te lo assicuro, è una vista molto più invitante tutta piena di tavoli e barili di quanto non lo era quando arrivai per la prima volta!»

«Stai sorridendo» disse Gandalf, piano.

«C'è molto di cui essere felici, oggi» disse Thorin, e mise un braccio attorno alle spalle di Fíli, colpendogli la tempia con la propria fronte «Oggi è un buon giorno.»

«Sembrano poco più che bambini!» giunse un sussurro, seguito dalla voce inconfondibile di Ioreth.

«No, cugina, non sono bambini. Sono dei Perian, della lontana terra dei Mezzuomini, e dicono che siano principi di grande fama. Io so tutto, perché ne avevo uno da curare nelle Case. Sono piccoli ma valorosi. Pensa, cugina, che uno di essi è andato nella Terra Nera solo con il suo scudiero, ed ha combattuto contro l'Oscuro Signore appiccando fuoco alla sua Torre. O almeno queste sono le voci che corrono in Città. Sarà quello che cammina insieme con la nostra Gemma Elfica. Pare che siano cari amici. E il Sire Gemma Elfica è davvero una meraviglia: certo, piuttosto duro quando parla, ma come diciamo noi ha un cuore d'oro, e mani che sanno guarire. “Le mani di un Re sono mani di guaritore”, dissi, e fu così che si scoprì tutto. E Mithrandir mi disse: “Ioreth, la gente ricorderà a lungo le tue parole”, e...»

Fu interrotta dal ritorno di Gimli, che stava portando due boccali. Legolas era dietro di lui, tenendo un vassoio di bicchieri di vino. «Ecco, amico!» disse Gimli «La tua birra! Che ti lavi via le miglia!»

«I miei ringraziamenti, signore barbuto!» disse Glorfindel, e la prese dal Nano e ne bevve metà in un solo sorso «C'è un distillatore da queste parte che conosce bene il suo mestiere» disse, alzandola e guardandola con apprezzamento.

«Manthêl!» disse Gimli, e bevve un sorso a sua volta.

«Temo non sia Dorwinion» aggiunse Legolas, offrendo il suo vassoio con un piccolo ghigno «Ma è lo stesso una buona annata, anche se forse non al livello delle birre da queste parti.»

«La bevanda preferita di tuo padre è ben conosciuta» disse Celeborn con un sorriso «Salute, Cugino. Mae g'ovannen. Il tuo viaggio è stato lungo, ed è giunto a un trionfo strano e insolito.»

Êl síla erin lû e-govaned 'wîn» rispose Legolas, mentre gli Elfi lasciavano rapidamente vuoto il suo vassoio «Sono giunto su un sentiero più strano di quanto avessi mai potuto sognare, ma la mia ricompensa è oltre ogni prezzo.»

Gli occhi acuti di Galadriel lo fissarono. «L'acqua si agita nel tuo sangue» disse «Hai udito il richiamo dei gabbiani. Temevo sarebbe accaduto.»

«Ah, non prenderà il volo per un bel po', non se ho il potere di evitarlo» ringhiò Gimli.

«Con i poteri che possiedi, posso difficilmente immaginare di lasciarti solo per mezza giornata» lo prese in giro Legolas. La sua mano si poggiò sulla spalla di Gimli e la accarezzò, a suo agio e affettuoso «Nano misterioso! Non mi dirai cosa stai pianificando?»

«Sono invero una persona molto misteriosa e piena di segreti, dovresti saperlo ormai» disse Gimli, stringendo la mano di Legolas. Kíli e Fíli sbuffarono all'unisono.

«Oh, se Balin e Óin ti avessero sentito dirlo» disse Kíli, reprimendo un ghigno.

Elrond e Galadriel si bloccarono, e poi incrociarono gli occhi di Gandalf. Lo Stregone annuì, talmente poco da essere a malapena percettibile.

«Strano e insolito decisamente» disse Elrond lentamente.

Gimli si fermò, il boccale a metà strada verso le sue labbra. I suoi occhi scuri si alzarono per guardare gli Elfi attorno a lui. «E il pensiero non vi dispiace?»

«Aaaah!» disse Glorfindel, spingendo via il proprio boccale con un sospiro «Questa birra è finita troppo in fretta! Amico Nano, dove hai detto che sono i barili? Devo andare a trovarne altra!»

Elrond lanciò a Glorfindel uno sguardo di a malapena contenuta esasperazione. «Cosa?» disse il Signore dorato, per nulla preoccupato dell'aver interrotto «Ho sete, e scommetto che anche lui lo è. I Nani amano la birra. Vero, no?» la domanda era a Gimli, ma non aspettò che lui rispondesse prima di fare spallucce a Elrond «Vedi?»

«La apprezzo» disse Gimli, rigido «Sono appena dentro la cittadella.»

«Ah, bene, bene» Glorfindel iniziò ad allontanarsi, le sue lunghe gambe e notevole altezza lo rendeva simile a una lancia di luminosa luce dorata. I suoi capelli lampeggiarono al sole mattiniero quando aggiunse: «e congratulazioni a voi due. Elrond, non essere spinoso, sii simpatico con loro.»

E detto ciò, se ne andò.

«Decisamente non non avrà un finale dignitoso» disse Gandalf, mentre Kíli boccheggiava come un pesce.

«Dov'era lui quando eravamo a Granburrone!?»

Legolas alzò il mento e incrociò lo sguardo di Celeborn. La sua mano si strinse sulla spalla di Gimli. «L'abbiamo detto alla nostra gente, e non approvano» disse, il volto pieno di sfida.

«Io sì» disse Galadriel, e si chinò e baciò entrambe le loro fronti, Gimli e poi Legolas «Questo è davvero un giorno gioioso, le speranze che io vidi tempo fa si sono tutte davvero realizzate.»

Gimli alzò una mano per toccarsi la fronte, prima di dire: «avevate visto?»

«Non prevedo tutto» disse lei, e sorrise «Ma abbastanza. Vidi un sentiero che avrebbe potuto essere preso, se voi fosse state abbastanza coraggiosi da smantellare le mura di odio che sono torreggiate per secoli.»

«Mh, me l'ero chiesto» disse Gimli, sorridendo.

«Anche io» disse Legolas, anche se lanciava sguardi sospettosi al suo parente. Celeborn era silenzioso e il suo volto era serio.

«E la speranza non è stata delusa» disse Galadriel «E dunque vi chiedo ora, in allegria e pace! Gimli Glóinul, le tue mani sono colme d'oro, non è così?»

«Aye, lo sono» Gimli guardò Legolas, e il suo sorriso si addolcì «Nessun Nano fu mai più ricco.»

«E Legolas Thranduilion, hai trovato il tuo posto, anche se era nel luogo meno aspettato, non è così?»

«Finché il suo cuore batterà, lo avrò in esso» disse Legolas, alzando il mento. Poi guardò direttamente Celeborn. «Cugino, non mi rassicurerai? Pensi forse come mio padre?»

Celeborn esitò, e poi chinò la testa. «Non ho scordato il mio saluto ben poco educato a te, Mastro Gimli» disse «Mi vergogno nel ricordarlo. Perché hai portato una grande gioia al mio parente.»

Gimli parve piuttosto sorpreso nel sentirsi parlare così. «È dimenticato» disse deciso «Davvero, mio Sire. È dimenticato. Sarei il più grande degli ipocriti se usassi le vostre parole contro di voi, quando io stesso dissi e pensai di molto peggio di voi e dei vostri. Non pensatevi più! Ricominciamo nuovamente.»

«Grazie, Mastro Gimli» disse Celeborn, e si schiarì la gola e si premette una mano sul cuore, voltandosi verso Legolas e guardandolo negli occhi «E le mie congratulazioni. Avrete sempre un amico nel Bosco Dorato, entrambi voi.»

«Quando la Compagnia partì dai miei cancelli, non immaginavo che ciò sarebbe stato uno dei suoi frutti» disse Elrond «Avrete sempre un posto nelle mie sale, se vi servirà.»

«Eccovi!» Glorfindel era tornato, e porse un boccale a Gimli «Sembra ti serva! Si comportando di nuovo in modo terribilmente solenne ed enigmatico e portentoso? Gli piace farlo.»

Celeborn lanciò all'altro Elfo una lunga occhiata piatta.

«Mi piace lui» disse Kíli, ghignando.

«Vi ringrazio» disse Gimli, e intrecciò cautamente le sue dita con quelle di Legolas «Vi ringrazio tutti» aggiunse, i suoi occhi che si alzavano verso Celeborn.

Legolas sembrava troppo sopraffatto per parlare, e strinse la mano di Gimli e bevve un lungo sorso del suo vino.

«Io vado a incontrare quei Periannath, sembrano divertenti» annunciò Glorfindel, e se ne andò. La sua testa luminosa risaltava ovunque, torreggiando almeno un piede sopra a quelle di ogni altro Uomo ed Elfo.

«Vi dispiace se noi-» iniziò Legolas, ma non terminò. Invece, trascinò Gimli via dagli Elfi, attraverso la folla e verso il lato della Cittadella nascondendoli dietro un muro e lontano dalla vista. Thorin fece fatica a seguirli, anche con i piedi rapidi di Frerin che lo guidavano. Girò un angolo per trovare Legolas che si appoggiava contro la testa di Gimli, i suoi occhi chiusi, respirando pesantemente.

«Ghivashelê» mormorò Gimli.

«Scusami, meleth nín» disse Legolas piano «Ero pronto a lottare, e scoprire di non averne motivo mi ha lasciato confuso per un momento. Lasciami rimanere con te, lontano dai loro occhi.»

«Hanno buone intenzioni, e avere un tale nobile supporto è una benedizione» disse Gimli, e baciò il lato affilato della mascella di Legolas «Ma non è questo che ti ha davvero innervosito, non è così?»

Il sorriso di Legolas era amaro. «Sei attento.»

«Ti conosco» rispose Gimli «Avanti, amato. Dimmelo, prima che ti avveleni la giornata.»

Legolas rimase fermo come la pietra, e poi scoppiò in rapide parole e confusi movimenti delle mani. «Siamo una novità!» gridò «Siamo una novità ed una curiosità, ci guardando come fossimo uno spettacolo in una gabbia! Mi aspettavo quasi che mio cugino facesse delle smorfie, o mi lanciasse cibo per guardarmi fare un numero e pregare la sua approvazione! Gimli, sono furioso.»

«Shh, non era questa l'intenzione!» Gimli afferrò i polsi di Legolas, e si portò vicine la sua mano per darvi un bacio ispido «Celeborn non desiderava offendere. Non hai udito le sue scuse con me per le sue parole a Lothlórien? No, era imbarazzato e insicuro: non intendeva che tu chiedessi la sua approvazione. Siamo qualcosa di nuovo, Legolas. Siamo una sorpresa anche per i saggi! Persino la Dama, persino Lord Elrond, con la sua preveggenza e la sua vista non ci ha potuti predire! Si abitueranno col tempo. Ma amore-» e Gimli si portò le mani di Legolas sul cuore «-noi dobbiamo abituarci ad essere nuovi. Non fosti tu a dirmi di pensare gentilmente alla gente di Minas Tirith, anche se mi guardava con aperta meraviglia? Ci saranno coloro che fissano, che reagiscono male, che dicono cose sciocche che non intendono. Così vanno le cose, per quanto tristi. Non abbiamo noi detto cose simili o peggiori l'uno all'altro? E sono passate e perdonate. Su, possiamo fare lo stesso per loro. Perdonare loro un po' di sorpresa, Legolas. Abbiamo il loro supporto e la loro approvazione, e quelli sono molti più importanti.»

«Non mi sento in vena di perdonare» borbottò Legolas, e seppellì il volto nella nube dei capelli di Gimli, lisci e ordinati per una volta.

Gimli rise, dolce e affettuoso. «Il mio feroce Elfo.»

«Va bene» disse Legolas, indistintamente «Tornerò. Ma cerchiamo Aragorn e Faramir. Ne ho abbastanza di essere nuovo.»

«Spero sinceramente che non ti dispiaccia essere guardato ancora un po'» disse Gimli, toccando il fine cerchio d'argento sulla bella testa di Legolas «Sei bellissimo, âzyungelê

«Anche tu» disse Legolas dolcemente «Mi piace questo colore su di te, figlio di Durin.»

«Impari bene i nostri modi; li farai impazzire e rimanere senza parole» disse Gimli, e lo baciò «Andiamo, cerchiamo occhi migliori! Ho sentito che Éomer ha portato delle birre da Edoras – vorresti ritentare la nostra competizione?»

«Ti piace molto perdere, meleth nín?»

«Quarantadue, Legolas»

«Mi ricorderai quella particolare vittoria finché potrai, vero?»

«Non hai imparato nulla della testardaggine dei Nani?»


«Sono occupata!»

«Ha una natura gentile? Sa usare un arco? Sa cantare?» domandò Laindawar, seguendo Gimrís per i corridoi. Lei stava tenendo un cesto di bottiglie appoggiato contro il fianco, e un'espressione feroce sul bel volto.

«Vattene, Elfo fastidioso! Non vedi che sto lavorando?»

Laindawar la ignorò e continuò a marciare dietro di lei come se stesse andando in battaglia. Il suo volto, come sempre, era serio e cupo. «Ma sa ballare? Ama le stelle? Andrà a caccia con mio fratello? È un bravo guerriero?»

«Un'altra parola e i miei coltelli usciranno dal loro fodero!»

«È irritabile e caustico come te?»

«Ne ho avuto ABBASTANZA!»


Nei giorni che seguirono l'incoronazione, la prima priorità di Aragorn furono i rifugiati e gli ex-servitori della Terra Oscura. Sia gli schiavi liberati dall'esercito oscuro, che molti dei soldati, non avevano alcun luogo dove andare. Le negoziazioni erano lente, e piene di confusioni. Il campo e le tende ospedaliere intorno alla città rimasero, innervosendo molta della popolazione di Minas Tirith.

Infine, Aragorn andò alla casa sul Sesto Livello. Imrahil era con lui, e il Signore dei Cigni sembrava in disaccordo con Aragorn su una questione. Il suo volto era irritato mentre salutava.

«Amici miei» disse Aragorn, e fece un gesto a Sam quando lo Hobbit fece per inginocchiarsi «Oh no, Sam, non osare inginocchiarti a me! Vengo per chiedervi un favore. Siamo a corto di traduttori.»

«Faremo il possibile, Aragorn, anche se non so quanto potremo aiutare» disse Frodo incerto «Io parlo bene il Sindarin, ma il mio Quenya...»

«No, molti fra noi parlano Elfico, e non riescono a mettersi d'accordo con i Sudroni in ogni caso» Aragorn sorrise e si sedette alla loro tavola, tirandosi su le belle maniche «Ti ringrazio per la gentilezza, Frodo. Ma hai già dato più di quanto io non potrò mai ripagare, non accetterò altro da te. No, vengo a chiedere questo favore a Gimli.»

«Me!» Gimli lanciò uno sguardo a Legolas «Va bene, ragazzo, ma non parlo Sudrone più di quanto non sappia parlare con i cavalli!»

«Gimli, non ho diffuso la conoscenza della tua lingua segreta» disse Aragorn, abbassando la voce «Ho ragione nel credere che sia parlata da tutti i Nani in tutto il mondo?»

Gimli si bloccò.

In un angolo, Óin, Hrera e Thorin si irrigidirono tutti all'unisono. «Balin andrà fuori di senno» gemette Óin.

«Attento, mia stella» disse Thorin, piano «C'è molto che sarà perdonato quando si tratta del tuo Uno. Ma segreti al nemico, è un sentiero molto più pericoloso.»

«Se erro, per favore perdonami, amico mio» lo pregò Aragorn «Ma non abbiamo altre opzioni. Molti dei Sudroni non si fidano nemmeno per lasciarsi guarire. Se parlano la nostra lingua, non lo danno a sapere. È l'unica soluzione che ho trovato.»

«E pensi che conosceranno la lingua dei nostri antenati?» chiese Gimli, la voce molto calma.

«Non gli Uomini, no» Aragorn picchettò le dita contro il tavolo, nervoso «Ci sono Nani fra loro.»

Gli occhi di Gimli divennero enormi e tondi. «Davvero? Nani degli Orocarni, qui?»

«Sono venuti con l'esercito» confermò Imrahil «Non molti: forse due dozzine. Se ne stanno in disparte. Ma parlano la lingua dei Sudroni...»

«E pensate che potrei parlare loro in Khuzdul, e loro a loro volta agli Uomini?» Gimli si sistemò sulla sedia, e si accarezzò la barba «È vero che è la lingua che il nostro Creatore ci donò. Cosa non ci stai dicendo, ragazzo? Perché venire da me?»

Aragorn sospirò. «Sapete che questo regno fu creato dal mio antenato Elendil il fedele, che sfuggiva alla corruzione e distruzione di Númenor e dei suoi imperatori folli» fece una pausa, come se si stesse facendo forza per ciò che stava per dire «Ma ciò che non spesso è stato ricordato è che per i lunghi secoli prima del cataclisma, gli orgogliosi Re di quell'infelice isola avevano tormentato e dominato gli Uomini meridionali della Terra di Mezzo. Anche se iniziarono con prime proposte di amicizia, quando la corruzione dell'Isola Benedetta si diffuse, loro divennero freddi e crudeli. Formarono colonie dove loro era signori e schiavizzarono la popolazione. Dominarono il Sud, chiesero tributi, e portarono a molti popoli l'adorazione di Melkor. Per Umbar, Harad e Khand, Númenor non è un nome riverito.»

Gimli era silenzioso, in pensiero.

«I corsari di Umbar hanno saccheggiato Gondor per secoli, e in cambio noi li abbiamo schiacciati più e più volte. Io stesso guidai una truppa a Umbar, per fermare i loro attacchi» disse Aragorn, e chiuse gli occhi, in ricordo e in rimpianto «Anni fa, quando ero Thorongil. Bruciai la loro città e uccisi io stesso il Capitano del Porto.»

«In altre parole, la relazione è un disastro» disse Gimli diretto.

«A dire poco» disse Imrahil «Non accetteranno le promesse di pace, e non comprendono il nostro aiuto. Sono sospettosi e aggressivi.»

«E tu non lo saresti, al loro posto?» disse Aragorn, gli occhi accesi. Sembrava essere una lite ripetuta molte volte.

«Sono venuti a ucciderci!» ringhiò Imrahil, ma suonava stanco e frustrato.

«E ne abbiamo avuto abbastanza. Aragorn ha ragione, dovremmo tentare un nuovo approccio» Gimli si alzò «Legolas, apprezzerei la tua compagnia.»

«Non si fidano degli Elfi» disse Aragorn, pesantemente.

«Gandalf allora?» Gimli si voltò verso lo Stregone, che alzò le mani.

«Ho tentato» disse «Ricordano mio fratello e mia sorella, gli Stregoni Blu, anche se non ricordano quale fu la loro fine. Ho una qualche influenza. Ma non abbastanza per disperdere secoli di lotte.»

«Mh. Un bel problema nel quale mi stai tirando in mezzo, Aragorn!» Gimli abbassò la voce «Come se non ne avessi già abbastanza.»

Hrera si morse un dito. «Troppo tempo è passato da quando avevamo buone relazioni con il Sud» disse «Thorin caro, dovrebbe andare. Almeno un tentativo.»

Óin agitò una mano irritato. «Oh, perché protestare? Lo farebbe lo stesso.»

Il labbro di Gimli tremò. «Aye, vale la pena di fare un tentativo, ed io ho una certa esperienza nel superare secoli di sfiducia. Molto bene, guidatemi. Sarei felice di vedere un volto Nanico, è passato molto tempo.»

«Sii attento» gli urlò Legolas.

«Sei sicuro?» sibilò Thorin, dietro la sua stella. Gimli non parlò, ma annuì una volta in risposta.

«Il tuo ragazzo ha un certo senso per la politica, vedo» disse Hrera, raccogliendo le gonne e correndogli dietro «Questa è un'opportunità che non possiamo sprecare.»

Thorin la guardò. «Sospetto che ti abbia sentito, Nonna, che lo incitavi.»

Lei schioccò la lingua. «Oh. Ebbene suppongo sarebbe stato troppo da aspettarsi da un Longobarbo dopotutto. Forse ci servirà l'esperienza di Balin qui, che dici?»

«No, Mahal no, non riuscirei a sopportarlo» disse Óin.

«Lo scoprirà prima o poi» disse Thorin «Lui è il mio siniscalco; tutte le informazioni passano da lui.»

«Non parlare di cose spiacevoli» ringhiò Óin, e si affrettò.

Gimli seguì Aragorn e Imrahil fuori dalla Città e verso l'accampamento all'ombra del picco. Là, la tenda gli fu indicata, e lui la osservò con volto solenne prima di voltarsi indietro. «Lasciatemelo fare da solo» disse, completamente serio «Ho permesso molto, Aragorn, e ho mi sono lasciato sfuggire anche di più, di quanto non avrei dovuto. Ma loro non permetteranno queste libertà, e io non getterò via quella poca fiducia che mi daranno. Dunque sarò un Nano solo fra Nani, e nessun Uomo potrà sentire o parlare.»

Imrahil sembrava pronto a discutere, ma Aragorn strinse la mano di Gimli. «Grazie, amico mio.»

«Non ringraziarmi ancora, ragazzo, devo ancora farmeli buoni – e conosci la mia poca pazienza!» E con ciò, Gimli raddrizzò le spalle e andò verso la tenda.

Avvicinandosi, udì un sibilo di stupore. Poi una voce esclamò: «Ra ku' zu?»

«Akhrâmê Gimli Glóinul, zai adshânzi» rispose Gimli, e si inchinò davanti alla tenda chiusa.

«Zusul astû?»

«Kun»

«Du birâjzur aidâg udu targkhi! Asakhi nu' Labamzarszudnu atun»

«Aye» Gimli fece segni tranquillizzanti verso Aragorn e Imrahil «Buhamê. Ma binibrêtizd.»

Una breve pausa seguì, e poi il Nano dentro chiese: «Urstag?»

Gimli annuì. «Ra Sigirntag»

«Mh» Ci furono dei sussurri, e poi una Nana uscì dalla tenda, tenendo aperta l'entrata. Aveva la pelle scura, i gioielli dorati scintillavano pieni di turchesi e lapislazzuli, e i suoi capelli erano avvolti in una sciarpa dai molti colori. «Idmi, Gimli Glóinul. Akhrâmê Kara Korinul, khuzdu Naragzant.»

«Bakn galikh, Kara Korinul» disse Gimli educatamente «Io entro» disse ad Aragorn e Imrahil «State lì, NON mi seguite. Capito?»

Aragorn annuì, anche se Imrahil parve impaziente. «Vai allora, e dimmi cosa posso fare per sistemare tutto» disse Aragorn.

«Al momento, puoi stare dove sei» disse Gimli, e andò alla tenda per inchinarsi a Kara «Zabirasakhjami?»

«Idrinat» disse Kara, e i suoi occhi andarono da Gimli agli Uomini con aperta antipatia. Gimli chinò la testa, ed entrò nella tenda.

Dentro, era un altro Nanum. Aveva chiaramente una terribile ferita al braccio, e Gimli si inginocchiò immediatamente al suo fianco. «Mukhuh e?»

Lum Nanum più vecchium lo fissò con espressione testarda, prima di alzare il braccio. Gimli lo toccò cautamente una volta, e annuì notando l'ottima chirurgia di campo che era andata nel sistemare l'osso. Ma in ogni caso, non stava guarendo bene. Allum Nanum sarebbero servite le erbe di Aragorn. «Shamukh, ra galikh ai-mâ.»

«Ra ku' 'ala, Kara?» esclamò lum Nanum irritatum. Indossava anche una sciarpa attorno alla testa, decorata in blu e arancio, e una catenella d'argento andava dall'anello al suo naso al suo orecchio.

«Gimli Glóinul. Ustarg ra Sigintarg, zelûmu» disse Kara.

«Fahmûnu» corresse Gimli educatamente «Azsâlul'abadaya.»

«Ah» lum vecchium Nanum si rassicurò leggermente «Dáin, zirinhanâdaya khuzd bahir

«Astûglabu asjârlagb?»

«Poco» disse lum vecchium Nanum, sospettosamente «Kara più di me.»

Gimli ebbe il buon senso di non chiedere da dove venissero le loro conoscenze di Ovestron. «Il tuo nome, onoratum Nanum?» chiese.

«Ashkar, figlium di Ahrudu» disse lum vecchium Nanum «Gli altri mi fanno parlare, perché sono il più anzianum. Cosa porta un Nano del Nord qua in questo posto maledetto?»

Gimli sorrise. «Ero parte della compagnia messa insieme per distruggere l'Anello di Sauron.»

Sia Ashkar che Kara lo fissarono a bocca aperta.

«Siamo riusciti» aggiunse Gimli «La Terra Nera non è più una minaccia. Sauron è morto. Potresti muovere il braccio? Il mio amico conosce le arti della guarigione, potrebbe guarire in fretta questa infezione...»

«Abbiamo le nostre arti. Il tuo amico è un Uomo di Gondor?»

«Aye» Gimli fece una smorfia «Lui... ecco, è il Re di Gondor, a dire il vero.»

«Allora non voglio vederlo» ringhiò Ashkar.

«Ascoltami» disse Gimli, e si sedette sui talloni «Hanno davvero delle buone intenzioni: non sarei qui altrimenti. Per Mahal che mi guida e mi chiama, lo giuro! Vi è stato dato cibo?»

«Sì, e questa tenda, e acqua» Kara guardò storto Ashkar «Alcuni di noi non si fidavano nemmeno di quello.»

«Ne ho avuto abbastanza di promesse dolci da Uomini che tengono coltelli dietro la schiena» esclamò Ashkar «Quando avrai la mia età, giovane, lo capirai!»

«Me ne parleresti?» gli chiese Gimli «Giuro sul nome di Durin, lo giuro su lui che vivrà di nuovo, non ho coltelli dietro la mia schiena.»

Thorin ascoltò meravigliato un'altra storia di guerra che si apriva davanti a lui, correndo parallela lla loro. I Nani dell'Est avevano sempre riverito Mahal sopra ogni altro, rinunciando al Culto di Melkor che troppo spesso era circolato fra le popolazioni degli Uomini. Gli Orocarni erano prosperi e ricchi oltre ogni immaginazione, un centro di scambio con vie che andavano dalle giungle del Lontano Harad fino ai Colli Ferrosi.

Mentre Sauron dormiva, il Culto era rimasto nell'ombra. Le leggi si allontanarono sempre più dall'influenza di Sauron, e più libertà furono godute dai popoli del Sud.

Poi, ottant'anni prima, il Culto era riapparso. Gimli grugnì, e disse: «dunque è là che andò il suo spirito dopo che fu scacciato da Dôl Guldur, prima che si dichiarasse a Mordor; un mistero risolto, sembra.»

Ma i quattro clan di Nani si tennero da parte, sfuggendo a Sauron e all'adorazione di Morgoth, e rimanendo nelle loro enormi fortezze negli Orocarni. I Nerachiave, però, avevano mantenuto i loro contatti con i grandi porti di Umbar e il grande mercato di spezie al porto di Bozisha Dar, nell'Harad.

I Nerachiave permettavano persino agli Uomini dei popoli Nomadi di rimanere con loro nell'inverno, come era tradizione, scambiando e mescolandosi liberamente, crescendo in ricchezze e amicizia.

Era passato tempo dalla ricomparsa del Culto di Melkor, cinquanta anni prima circa, quando gli Uomini discendenti dai Numenoreani Neri erano usciti dalla cadente, antica città di An-Karagmir in Umbar, spargendosi per la terra. Dalle potenti, antiche e ricche città costiere ai campi desertici e alle stazioni semi-nomadi andarono, muovendosi e guadagnando favori.

Infine il loro ritorno giunse nel Vicino Harad, a Rhûn, e da lì agli Orocarni. Il culto era cresciuto ancora più in potere e vigore, come rafforzati da qualcosa di inspiegabile, qualcosa di sconosciuto.

L'Anello sussurrò la mente di Thorin, e lui strinse i denti. Era stato cinquant'anni prima che l'Anello aveva iniziato a svegliarsi dal suo lungo sonno? Il suo braccio era stato davvero lungo, allora, se aveva potuto attraversare tutte le leghe dalla tasca di Bilbo, causando tanti danni.

Il culto di Morgoth guadagnò influenze politiche, accaparrandosi e giocando per il potere, e i suoi numeri aumentarono, disse loro tetrum Ashkar. Alcuni degli Uomini che vivevano fra i Nani furono convertiti. All'inizio erano state promesse e doni, ma poi, divenne pericoloso parlare apertamente con loro. Avevano influenza e favore. Quei Nani che andavano contro di loro erano screditati e scacciati – e alcuni sparivano nel nulla.

«Cinquant'anni fa?» disse Gimli, e i suoi occhi si strinsero «Ditemi, conoscete qualcuno dal nome di Orla, figlia di Ara?»

Kara si mise le mani davanti alla bocca, e Ashkar sussultò, stringendosi il braccio ferito. «Come conosci quel nome?!»

Molto attentamente, Gimli disse: «lei è la seconda in comando dell'esercito di Erebor, e sposata a mio cugino Dwalin. Hanno tre bei bambini. C'è qualcosa che dovrei sapere?»

«Qualcosa!» urlò Kara, alzando le mani «QUALCOSA!»

«Orla Araul fu scacciata quasi cinquant'anni fa, falsamente accusata di omicidio» disse Ashkar, la voce come acciaio «Si ribellò ai cultisti, e loro la rimossero. Misero qualcuno dei loro preferiti sul suo trono.»

Hrera sussultò. «Oh, naso di Telphor» disse, senza parole.

«Mia madre, Arna» sputò Kara. Si voltò, respirando lentamente col naso. «La mia povera, drogata, debole madre. La misero sul trono e la chiaramarono vostra Maestà dopo che la Regina Ara morì – no, che la uccisero, la avvelenarono, e diedero la colpa a Orla! Arna ha fatto la loro volontà da allora, nella paura e nel delirio.»

Thorin barcollò. Ciò significava – ciò significava che Dwalin – che Piccolo Thorin era...

Kara strinse i pugni, i suoi occhi dalle lunghe ciglia pieni di rabbia. Era davvero molto giovane – probabilmente la stessa età di Fíli. Aveva la stessa mascella dura e labbra piene di Orla. «Ma io non ho paura! Non gli piaceva che fosse più simile a mia zia. Dunque mi mandarono qui a morire in questo campo straniero, come tutti gli altri disertori, e lei non disse nulla. La mia stessa madre! Non porterò mai più il suo nome.»

«Signora, piango per te, ma sto ancora cercando di accettare le tue prime notizie!» esclamò Gimli «La nostra Orla Lungascia, erede a una corona? Ma Orla – ma – disse che era venuta a Erebor per vedere il mondo e cercare fortuna come guerriero! Per diventare più di quanto non le fosse permesso!»

«Una furba bugia, allora, per nascondersi. Orla Araul è la giusta Regina dei Nerachiave» disse Ashkar, e i suoi vecchi occhi stavano luccicando «Non lo sapevi?»


Il respiro di Thira faceva piccole nubi bianche nell'aria fredda delle tombe. Era molto rumoroso, sibilante e rasposo nelle sua gola. Il suo cuore le stava facendo scoppiare il petto.

Lei era un fabbro. Lei era un fabbro. Non un guerriero. Solo un fabbro.

«Pensavi che si fossero tutti scordati di te, vero?»

Thira cercò di fermare il tremare dei suoi arti.

«Di certo si erano scordati tutti di me, quegli idioti»

Thira cacciò indietro le lacrime. «Lasciami... volevo solo dire addio prima che lo portassero...»

«Oh, addio, dici?» ci fu una risata bassa e orrenda «Certo! Dì addio, brutta piccola bestia. Tu vieni con me.»

«Tienilo!» ululò Nori, e Víli strinse con tutta la sua forza.

«LO STO FACENDO!» rispose.

«Puoi...» Thira cercò di allontanare il mento dalla lama al suo collo «Puoi tenerti i loro gioielli. Lasciami. Ti prego lasciami!»

«LASCIATEMI!» ruggì Dáin, lottando fra le braccia di Víli e Nori «Tornerò in vita a testate e UCCIDERÒ quella piccola pezzo di-»

«Pensi che mi serva un permesso da una come te?» ringhiò la donna «Ho finito di aspettare il permesso di voi piccoli sporchi rospi puzzolenti! Certo che mi terrò i gioielli: a cosa servirebbero, lì sui loro petti morti? Sono troppo belli per loro. Dovrebbero essere miei.»

«Ti prego...» ansimò Thira, stringendo il braccio della donna.

«Non ne avreste idea, nessuno di voi, se tu non mi avesti interrotto» sputò la sua assalitrice «Sarei ricca di nuovo, e lontana da questa pila di sterco.»

«Lascialo, Víli, lascialo!» urlò Nori, mentre Dáin si liberava da loro. Il suo pugno immediatamente attraversò la testa della donna, passando senza causare danni. «Dáin, vecchio idiota, stiamo cercando di aiutare!»

«Aiutare COME?» tuonò Dáin, e tirò un altro pugno senza effetto «Ha mia moglie!»

«Beh, cercavamo di risparmiarti la vista di quanto siamo inutili» sospirò Víli.

Ci fu un rumore lungo la scala di altri che si avvicinavano, e il suono di conversazioni. Il corpo di Dáin Piediferro doveva essere spedito nel luogo del suo ultimo riposo quel giorno, viaggiando in un carro sino ai Colli Ferrosi, e c'erano molte preparazioni da fare.

Le labbra di Thira si mossero in silente preghiera, e guardandola Dáin pianse di rabbia.

«Ora, vostra Maestà» disse la donna, tirando i lunghi capelli intrecciati di Thira «Tu vieni con me. Sei il mio biglietto fuori da qui. Non vorranno che sia fatto del male alla loro preziosa Regina Madre ora, no?»

«'amad?» giunse la voce sorpresa, e Thira guardò con occhi brucianti suo figlio. La sua bocca era spalancata, e la sua spada già estratta. Dietro di lui erano Jeri, Orla, Dwalin e Dís.

«Thorin» gracchiò lei «Stai indietro...»

«Oh Mahal, grazie, grazie» disse Dáin esplosivamente «Bene! Prendila a calci in culo, ragazzo mio!»

«Lasciala, Inorna!» ringhiò l'Elminpietra.

«Indietro!» strillò Inorna, e il coltello premette contro la pelle morbida del collo di Thira. Una delle trecce della sua barba cadde. «Abbassa l'arma!»

«Thorin» disse Jeri, cautum «Fai come dice.»

L'Elminpietra molto cautamente mise la sua spada per terra.

«Gettala via!» ringhiò Inorna.

Il volto come granito, il Re lo fece.

«Non pensare nemmeno-» iniziò Dáin, il petto gonfio. Ma Víli gli prese il braccio e lo scosse. Sembrava più duro del metallo o della roccia sotto le sue mani.

«No, deve trattenersi!» esclamò «Deve!»

Dáin lo fissò, le guance luccicanti di lacrime e rosse per lo sforzo. «Lo so» ringhiò «Dannato te, Víli, lo so! Pensi che io non lo sappia! Ma quella è la mia Thira, la mia ragazza di ferro, e il ragazzo è...»

Diede la spalle all'orribile scena. «Sono impotenti quanto noi» disse, un suono ruvido e graffiante nella sua gola «Intrappolati dietro un vetro.»

«E voi tutti!» Inorna si voltò, tirando i capelli di Thira nel farlo «Quell'ascia! Tutte, buttale! Mi farete passare, o il suo sangue finirà sul pavimento!»

«Non tanto delicata ora» disse Dwalin in un basso rombo, gettando per terra Avido e Guardiano con un suono metallico «Non sverrai ora?»

«Thira, fatti forza» disse Dís piano.»

«Tu sia benedetta, amore» sussurrò Víli.

Due lacrima caddero dagli occhi di Thira, ma le deglutì e cercò di respirare. «Sto bene» riuscì a dire.

«E vuoi rimanere così, vero?» disse Inorna, sorridendo trionfante «Fatemi passare. Quando sarò fuori da questo inferno pieno di ratti la lascerò andare.»

«Non lo farà» mormorò Nori.

«Non lo farai» disse Orla. I suoi occhi fissavano Inorna, e le sue spalle contratte erano enormi sotto l'armatura.

«Lo giuro» disse Inorna «Fate come dico, e nessuno si farà male. Ma se mi minacciate, sporca feccia, allora lei-»

«Smettila di insultarci» disse l'Elminpietra a denti stretti «Lascia andare mia madre, e tieniti quelle parole in bocca.»

«Vuoi proprio vederla con il collo tagliato?» lo derise Inorna «Vedete cosa avete portato, con il vostro egoismo e la vostra avarizia?»

Dís rise, dura e terribile da udire. «La nostra avarizia?»

«Tu malvagia, crudele, velenosa...» sputò Dáin «Lotterei di nuovo con il maledetto Orco piuttosto che te. Almeno quella era onesta!»

«A chi pensate crederanno, là fuori?» Inorna tirò di nuovo i capelli di Thira, tirandole su il mento «A me? O a voi? Famosi per la vostra avarizia siete, tutti voi Nani! Mettereste tesori senza prezzo sul petto dei morti, piuttosto che darli a chi ne ha bisogno!»

«Voglio i miei coltelli» disse Nori, arricciando il labbro «Oooh, mi sento creativo oggi.»

«Abbiamo dato tutto in mani bisognose» disse l'Elminpietra. Le sue narici si dilatarono. «Ogni crosta, e tu le hai rifiutate. Abbiamo dato cibo dal nostro bimbo più piccolo al nostro più vecchio barbagrigia, e tu l'hai distrutto. Abbiamo dato persino il nostro Re – abbiamo dato la vita di mio padre, per un diversivo! Cos'altro vorresti da noi?»

Dáin si passò una mano sugli occhi. «Dannazione, inùdoy» disse «Io ho dato la vita. Ho scelto di darla per te e il mio popolo, per mettere fine a un feudo di sangue che dura da secoli. Non comportarti come se fosse qualcosa che questa creatura ci ha rubato!»

Víli gli diede una pacca sulla spalla. «Non la vede ancora così» disse «Lui è un bambino che ha appena perso un padre. Credimi, per lui, tu sei stato rubato.»

Dáin lo guardò con occhi arrossati. «Sì, suppongo tu ne sappia qualcosa.»

«C'è differenza fra mani bisognose» disse Orla calma «e mani avide. Ma tu non riusciresti a capirla.»

Inorna li guardò in cagnesco. «Fatemi passare

«Lasciala» rispose Dwalin «Sta calma, Thira.»

«Sto provando» gracchiò Thira.

«Oh, la mia coraggiosa bella di ferro» gemette Dáin.

«Indietro!» Inorna iniziò a farsi avanti, la mano avvolta crudelmente nelle trecce nere di Thira per obbligarla a muoversi «Indietro, ho detto, tutti voi!»

Gli occhi in fiamme, Dís fece un lento passo indietro, lasciando libera la scalinata che scendeva nelle tombe. «Indossa gli anelli di Dáin sulle dita. Li ha strappati dalle sue mani fredde» disse sottovoce «Abrâfu shaikmashâz

«Oh mahumb, per favore non dirmi che sta per esplodere di nuovo» sospirò Nori. Dáin stava respirando a fatica nuovamente, il suo intero corpo tremante di ira.

«Non parlare quella disgustosa lingua da talpe con me!» disse Inorna, girandosi verso Dís «Usa una lingua civile nella tua testa, se non sia parlare come la gente normale!»

«Dov'è Bard?» disse Jeri, la mascella contratta «Dovrebbe occuparsene lui, non noi!»

«Ha riportato la sua gente a Dale» disse l'Elminpietra, la rabbia gli rendeva la voce dura e brusca. Stava chiaramente trattenendo la sua rabbia con le unghie.

«Oh, non disturberò il caro giovane Bard» disse Inorna, dolce come il veleno «Andrò a Sud, penso. C'era abbastanza ricchezza sprecata su quei corpi per comprarmi il passaggio cento volte. Se fate i bravi, vi ridarò la vostra Regina in un bel barile, che dite? Ho sentito dire che vi piacciono.»

Dwalin fece un suono simile a un orso furioso.

«Coltelli» disse Nori con un sorrisetto duro «Ooooh sì. Sì davvero.»

Spingendo Thira in avanti, Inorna attraversò le tombe verso le scale, gli occhi che scattavano mentre passava. «Non fate giochetti» disse, e premette la lama più forte contro la gola di Thira. La Regina chiuse gli occhi, respirando forte con il naso. «Fatemi passare. Brava piccola goblin.»

«MALEDETTA-»

«DANNAZIONE – Nori aiutami! Dáin, Dáin controllati!»

«STRAPPERÒ IL VELO E LO USERÒ PER STROZZARTI, CRUDELE-»

«Goblin!» gridò Jeri per la rabbia, le sue mani che si chiudevano e si aprivano. Si alzò, solidum e immobile come la pietra, guardando Inorna e Thira che facevano passi laterali verso le scale come una qualche orribile danza.

Avvicinandosi alle scale, Inorna voltò Thira così che il suo corpo fosse fra lei e loro. «Come ti senti, Re dei Nani?» disse ferocemente «A sentire il mio giudizio su di te? A vedere ciò che tu ami portato via!»

«Per l'ultima volta» disse l'Elminpietra, il respiro irregolare «non ti abbiamo preso nulla. Gli Orchi hanno saccheggiato Dale e rubato il tuo oro e i tuoi beni!»

«Oh così semplice, e così sbagliato!» urlò Inorna «Siete stati voi! Volendo sembrare magnanimi, ci avete fatto strisciare e pregare il vostro favore! Così dolci e saggi, oh sì! È così che volevate sembrare! Ebbene, io sono la nobile più potente di Dale e non mi serve la vostra lurida approvazione; non ne posso più di voi, e questo buco che chiamate montagna. E quell'idiota strisciante di Krummett, era debole e stupido, troppo stupido! E manterrò la parola, Re dei Nani. Ti ridarò la tua preziosa madre» rise, acuta e graffiante «Solo non aspettarla in un barile solo!»

Dáin divenne immobile e freddo, la sua furia condensata attorno a lui come un alone ghiacciato.

«Oh no» disse Nori, allontanandosi «Um. Víli. Dovresti abbassarti. Questi nobili Durin diventano un po'... esplosivi. Quando fanno quella... cosa degli occhi blu di ghiaccio?»

Víli si premette contro il muro. «Non devi ripetermelo!»

L'Elminpietra guardò Inorna festeggiare, gli occhi duri. «Ora» disse, brusco come lo schiocco di una frusta.

Con un sibilo d'aria, la punta di una freccia apparve nel centro della fronte di Inorna. La donna si bloccò a bocca aperta, e poi con un sospiro scivolò in terra.

Sembrò troppo una fine troppo silenziosa a un tale pericolo.

«Mahal, finalmente» disse Jeri, esalando un lungo respiro.

Quando il corpo di Inorna cadde, Thira barcollò in avanti fra le braccia dell'Elminpietra. Lui la strinse forte. Dís e Orla immediatamente la circondarono, spingendole indietro i capelli e strofinandole la schiena. «Respira» disse Orla, nel suo modo brusco «Thira, respira ora.»

In cima alle scale apparve Merilin, l'arco alzato. Accanto a lei era Dori.

«Ve l'avevo detto che l'avremmo rivista» mormorò l'Elfa.

Dáin rimase così, tremando e rabbrividendo, il corpo teso e pronto per la violenza.

«Dáin?» Víli si fece avanti «Dáin? È finita.»

«Sto bene» disse lui, la voce estremamente controllata «Lei è morta.»

Poi si girò sul piede di metallo, e sputò verso il corpo. «Una vera liberazione. Kakhuf inbarathrag

La mano di Dori si alzò alla propria spalla, massaggiandola. Il suo volto era rabbioso. «Avrei voluto avere io la soddisfazione» borbottò «Tutti voi state bene? Signora Thira, sembrate un poco scossa. Signor Dwalin? Signora Orla? Onoratum Jeri? Signora Dís? Signor Elm – oh, perdono - vostra Maestà? Tutti interi?»

«Sto bene» ansimò Thira, e la mano di suo figlio le accarezzò la testa «Sto bene.»

«Thira» sussurrò Dáin «Oh, Thira, mia Thira...»

«Ti ha tagliato una treccia» mormorò Dís, e lanciò alla donna morta uno sguardo di puro odio «Rubare dai morti. E ha il coraggio di chiamare noi egoisti.»

«Questo fa una guerra, suppongo» disse Orla distrattamente, raccogliendo la sua lunga ascia «Molti si raccoglieranno insieme, certo. Ma ci saranno sempre coloro con dei propri obbiettivi, che cercano una possibilità, sfruttando ogni occasione, usando la loro influenza ovunque possono.»

«Suona come Nori» le disse Dori con un sorrisetto amaro.

«Nah, non sa parlare bene come me» disse Nori.

«Grazie» disse l'Elminpietra a Merilin. I suoi occhi erano lucidi e lui stava tremando. «Grazie per averla salvata.»

«Un piacere, Maestà» disse Merilin. Alzò le spalle in modo aggraziato. «Ho provato ad avvertirla.»

«Cosa ti ha portata qua?» chiese Jeri «Voglio dire, non mi lamento, il tempismo è stato impeccabile, ma perché sei venuta qua?»

«Mi ha mandata il mio Re» disse Merilin «per il resto, fortuna.»

«Re Thranduil desidera parlarvi» confermò Dori quando l'Elminpietra si voltò verso di lui con una domanda negli occhi «E con voi, Lady Dís.»

«Fammi indovinare, ancora Gimli?» Dís si scambiò un'occhiata con Orla, la quale sbuffò.

«Sì, a dire la verità» disse Merilin, e il suo viso scuro era divertito «Non è soddisfatto dalle risposte che Mizim gli ha dato. Desidera altre testimonianze.»

«Potremmo mandare Gimizh da lui, imparerebbe più su Gimli in mezz'ora di quanto mai potesse volere» disse Dís. I suoi occhi caddero al corpo ai piedi delle scale. «Dobbiamo rimettere loro i loro gioielli.»

«Lo farò io» disse Jeri «Non lo farò fare a voi.»

«Grazie» disse l'Elminpietra, e guardò Thira nel cerchio delle sue braccia. I suoi tremiti stavano diminuendo. «Chiedete a Re Thranduil di avere pazienza per il momento. Lo visiteremo più tardi e parleremo di Gimli. Ora, mia madre ha bisogno di me.»

Dáin scivolò in terra e si prese il volto fra le mani. «AI piedi della mia dannata tomba, persino» disse, indistintamente «Ai dannati piedi della mia dannata tomba.»

«Ora, non darti tanti arie» disse Víli, e alzò lo sguardo per guardare la sua invecchiata moglie che se andava, i suoi passi cauti e rigidi, i suoi capelli ora completamente grigi «Direi possiamo chiamare questa la fine della guerra nel Nord.»

«Finché Thranduil non deciderà di riaprire le ostilità, ovvio» aggiunse Nori.

«Tu dovevi proprio dirlo, vero?»

TBC...

Note

Gli Orocarni – le Montagne Rosse, l'ENORME catena montuosa nell'Est della Terra di Mezzo, dove quattro dei sette clan dei Nani vivono: i Barbedure, i Piediroccia, i Pugniferro e i Nerachiave.

Númenor e l'invasione del Sud della Terra di Mezzo – tristemente, canon. Viene dal Silmarillion, dettagliato nell'Akallabêth. I Re dell'isola di Númenor, che non potevano andare ad Ovest verso Aman, conquistarono invece molte terre nella Terra di Mezzo. Conquistarono e costruirono una fortezza alla città portuale di Umbar, e all'inizio erano amichevoli con la gente del luogo. Però, quando il declino di Númenor ebbe inizio e loro divennero più feroci, orgogliosi e avidi, divennero colonizzatori e oppressori della gente della Terra di Mezzo Meridionale. Chiesero tributi, commerciarono schiavi, usarono gli Haradrim come sacrifici umani, e diffusero l'adulazione di Morgoth. Dopo la caduta di Númenor, il sud divenne la casa dei Numenoreani Neri (o Uomini del Re), dei quali la Bocca di Sauron era uno.

Harad, Khand e Umbar – la confederazione della nazioni del sud alleate fra loro contro Gondor. Tolkien Gateway ha un buon riassunto della storia di queste nazioni, che non fa parte del testo principale del Signore degli Anelli. Hanno una storia di essere sia attaccate, e di attaccare la gente di Gondor.

Aragorn e la città dei Corsari – ancora canon! Aragorn, come Thorongil sotto il governo di Ecthelion (il padre di Denethor) saccheggiò la città dei Corsari e uccise il Capitano del Porto.

Khuzdul – era una lingua della tradizione piuttosto che di tutti i giorni secondo le Appendici del Signore degli Anelli. I Nani la trattavano come un tesoro del passato.

Glorfindel – ci sono delle controversie sul fatto che il Glorfindel dei libri sia effettivamente l'eroe di Gondolin reincarnato! Ma la maggioranza è d'accordo, dopo aver letto gli scritti di Tolkien a proposito, sul fatto che questo Glorfindel sia lo stesso che nella Prima Era uccise il Balrog durante la caduta di Gondolin e salvò Idril e Tuor.

Alcune parti prese dal Ritorno del Re capitolo Il Sovrintendente e il Re.

Iorlas è un personaggio menzionato nei libri: zio di Bergil figlio di Beregond. L'etimologia del nome suggerisce che Iorlas sia il fratello della madre di Bergil.

Suggerimento: fate attenzione alla canzone che Gimli sta scrivendo ;)

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.


Il background sociopolitico di Orocarni e Sudroni è stato contribuito da dain-mothafocka. Potete leggere in inglese il suo WIP Rise of the Nazbukhrin!


   
 
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