La Caccia.
“I am the one hiding under your bed
Teeth ground sharp and eyes glowing red
I am the one hiding under yours stairs
Fingers like snakes and spiders in my hair
This is Halloween, this is Halloween
Halloween! Halloween! Halloween! Halloween!”1
[Nightmare Before
Christmas – This is Halloween]
1
novembre, ora di colazione.
«C’è uno zombie nei sotterranei».
Con la migliore espressione funerea di cui fosse
in possesso, Vivian Malfoy2 fece la sua comparsa in cucina.
Indossava ancora il suo pigiamino verde e rosa e le ciabattine, i capelli
biondi erano completamente scompigliati e gli occhi grigi gonfi per il sonno,
tuttavia non sembrava stesse propriamente scherzando.
Draco, abbassando solo per un momento la Gazzetta
del Profeta, si limitò a scuotere il capo ed a prendere un altro sorso di
caffè. Non era la prima volta che la sua più giovane rampolla si fosse
svegliata sputando sentenze simili, solitamente a causa di racconti dei fratelli
maggiori giunti la sera prima da Hogwarts. «Cosa ti fa dire una cosa simile,
mia cara? Ti assicuro che questa casa ha soltanto uno stanzino pulcioso, come
sotterraneo, ed il nostro elfo ci passa fin troppo tempo. Avrebbe notato uno
zombie, qualora ci fosse stato».
Senza battere ciglio, la bambina si strinse nelle
spalle ed osservò Netty, l’unica elfa
che Hermione aveva accettato di avere in casa3, riempirle la tazza
di latte e cereali, oltre a presentarle sotto all’elegante nasino un bel
piattone di uova e bacon. «Non qui, papà» spiegò, svogliata, se non addirittura
offesa. «Qui non succede mai niente di divertente».
Sempre più accigliato, Draco abbassò nuovamente il
giornale. Ecco, quella poteva essere considerata un’offesa personale, lui
faceva sempre il possibile affinché alla sua piccola principessa non mancasse
mai il divertimento! L’aveva anche portata a giocare con il kit del piccolo pozionista! «E dove dovrebbe essere questo fantomatico
zombie? A casa dei nonni, forse? Non sono stato nei sotterranei del Manor, negli ultimi anni, a dubito fortemente-».
«Ma no,
papà!» con uno sbuffo spazientito degno di sua madre, Vivian gli impedì di
continuare ed incrociò le braccia al petto, guardando con stizza il suo noioso piatto di cereali e le sue noiose uova. «Ovviamente lo zombie è ad
Hogwarts» continuò, imbronciata al massimo, lanciandogli un’occhiata di cui sua
madre e la compianta – doveva smettere di
parlare di lei come se fosse morta! – Preside McGranitt sarebbero state
fiere. «A scuola c’è uno zombie e io sono a casa a ritagliare pipistrelli di
carta con la Signorina Spencer».
La Signorina Spencer era l’insegnante della classe
in cui Vivian era stata trasferita quell’anno, quando finalmente Hermione aveva
ceduto alle pressioni del marito ed aveva deciso che, forse, trasferirla alla
scuola privata frequentata da tutti i
Malfoy, compresi i loro figli maggiori, non sarebbe stato poi tanto orribile.
Quello era stato l’ultimo, grande tentativo che la sua adorata sposa aveva
fatto per resistere alle grandi attrattive che i privilegi purosangue potevano
concedere loro: mandare Vivian in una scuola comune babbana,
come avevano fatto i piccoli Potter. Come
se essere come un Potter potesse essere considerato un vanto. Tuttavia,
dopo due anni di problemi, di magie accidentali e genitori presuntuosi, lui
l’aveva avuta vinta e, finalmente, Viv aveva ottenuto
di esser trasferita in una scuola adatta ai suoi standard.
La bambina, tuttavia, non era stata ugualmente
soddisfatta e la perdita delle risse in
cortile le aveva tragicamente danneggiato l’umore.
Dal canto suo, Draco sperava sinceramente che il
continuo riferimento alle risse fosse
solo metaforico, magari con riguardo agli affollati gruppi di gioco che
venivano a formarsi in mezzo a quell’accozzaglia di babbani.
«I pipistrelli della signorina Spencer si muovono» le fece notare, cercando di
far suonare interessante qualcosa che, palesemente, non lo era. Notato lo
sguardo della sua ultimogenita, si schiarì la voce e raddrizzò le spalle. «E
comunque dubito fortemente che ci sia davvero uno zombie ad Hogwarts. Se mi
avessi detto un cane a tre teste, magari…».
«Esistono i cani a tre teste?» si esaltò immediatamente Vivian, i grandi occhi
sgranati per la sorpresa, quasi balzando in piedi sulla sedia. «Perché non me
l’hai mai detto? Pensi che nonno Newt potrà farmeli
vedere? Oooh,
papà, voglio un cane a tre teste!».
Inarcando un sopracciglio, Draco le fece cenno di
tornare a sedersi come una brava signorina. «Tu hai già Mittens,
è abbastanza selvaggio da eguagliare un cane a tre teste» le fece notare,
indicando con un cenno la grande finestra del salotto, oltre la quale era ben
visibile il gatto di Hermione, tutto intento a dare la caccia a qualche
sventurata creatura del bosco.
«Ma Mittens è un gatto».
«Hai anche Wolfgang» aggiunse allora, indicando il
grosso esemplare di alano che riposava in un angolo del soggiorno, più
interessato al suo pisolino che al resto del mondo. «Lui è un cane».
«Wolfie è…» non trovando
una definizione migliore, Vivian fece una smorfia. «Voglio un cane a tre teste,
papà. Se non me lo prenderai tu, andrò a dirlo al nonno» minacciò, mettendo il
broncio. Quell’aspetto del suo carattere era certamente eredità paterna.
«Newton4 non ti comprerebbe mai un cane
a tre teste, troppo pericoloso» gongolò lui, memore di quando Alex era corso
dal suo ex psicanalista supplicandolo di comprargli un ippogrifo da tenere in
giardino. All’epoca aveva effettivamente temuto che quel pazzo lo
accontentasse, risultando piacevolmente sorpreso quando, invece, si limitò a
fargli fare un giro nel loro recinto, alla riserva. Non c’era pericolo che
comprasse un Cerbero a Vivian, conosceva bene il limite fra divertente e pericoloso.
La bambina, per nulla scoraggiata, aumentò le
dimensioni del suo sorriso. «Ma io non parlavo di nonno Newt.
Io parlavo di nonno Lucius».
Un brivido di orrore attraversò la spina dorsale
di Draco. Newton conosceva i suoi limiti, per Lucius,
invece, l’unico limite era fra la gioia e la tristezza dei suoi adorati nipoti. Linea che diventava
ancora più marcata ed ancora più capace di fargli perdere qualunque
ragionevolezza qualora si trattasse delle nipotine femmine e che scompariva del tutto nel caso della più giovane. «Non oseresti dirlo a tuo nonno».
Il ghigno della bambina si allargò. «Vuoi scommettere?».
C’era il fortissimo rischio che quella
disgraziata diventasse una grifondoro, doveva far
qualcosa. «Non è giusto che Alex e Rosie vadano a divertirsi a dare la
caccia allo zombie mentre io devo ritagliare pipistrelli di carta! Voglio un
cane a tre teste!».
«Per
Merlino!». Interrompendo quella che sarebbe stata la lite del secolo, e che
si sarebbe sicuramente conclusa con un cane a tre teste nei giardini della loro
villetta, Hermione fece il suo ingresso in sala da pranzo, tenendo fra le mani
una lettera da parte del primogenito fra i giovani Malfoy. Era pallida,
preoccupata. «Draco, a quanto pare è stato trovato uno zombie nei sotterranei
di Hogwarts. Tuo figlio dice di non preoccuparci, ha tutto sotto controllo».
Colto da un brivido di orrore, Draco si voltò
verso la sua ultimogenita, in quel momento intenta a mangiare il suo bacon con
aria corrucciata.
«Te l’avevo detto, io, che c’era uno zombie nei
sotterranei della scuola».
Preso da orribili ricordi della sua prozia
Cornelia, divisa fra visioni del futuro e follia finché i parenti non erano
stati costretti a rinchiuderla in un manicomio e lasciarla lì a morire, Draco
deglutì rumorosamente. Che quel destino infausto fosse toccato a sua figlia?
Alla sua piccina, la più dolce fra le bambine?
«E tu come… come fai a saperlo?».
«Me l’ha scritto Rose per lettera… sei pallido,
papino, magari è meglio se mangi un biscotto».
Oh, per
l’amor di Merlino.
***
La sera
prima, notte di Halloween.
Alexander Malfoy non era mai stato un ragazzo
facilmente impressionabile, tutt’altro. Passata la sua infanzia nella più
grande riserva di creature magiche dell’Europa Occidentale, grazie alla
presenza costante del nonno adottivo,
Newton Crave, aveva temprato il suo carattere così da
poter sopportare qualunque sorpresa la natura avesse deciso di mettere sul suo
cammino. Stomaco forte e coraggio innati, aveva sviluppato una curiosità quasi
morbosa che lo portava, sette volte su dieci, a finire nei guai, con grande
orrore dei suoi genitori ed insegnanti. La sorpresa era stata grande, sì, ma
non eccezionale, quando il Cappello Parlante aveva deciso di metterlo fra i
Corvonero piuttosto che fra i Serpeverde e lui, ormai al quinto anno, aveva
imparato a convivere con le continue frecciatine che Harry Potter era solito riservare
a suo padre.
Soprattutto perché suo padre non risparmiava
quelle su Albus e sulla sua cravatta verdeargento al povero Capo Auror.
La notte di Halloween, quando Tessa Stuart – di
Tassorosso – era entrata in Sala Grande urlando di aver visto uno zombie, il
giovane Malfoy aveva visto realizzarsi uno dei suoi sogni più vivaci e
selvaggi: andare a caccia.
Sì, era consapevole che il suo fosse un
comportamento assolutamente irresponsabile e meritevole di qualunque tipo di
punizione anche corporale, ma era stato, semplicemente, più forte di lui. Per tutti i suoi quindici anni di vita aveva
osservato solo creature già studiate ed ammansite da altri, che fossero
Ippogrifi o Manticore, e l’unica volta in cui era riuscito ad intravedere un
Dissennatore nonno Newt era subito intervenuto e
l’aveva spazzato via con un Patronus a forma di
pecorella.
Gli aveva chiesto spiegazioni, non sembrando
quello un animale adatto a lui, ma in
risposta aveva ottenuto solo un sospiro ed un muso lungo insopportabile, oltre
a dieci giorni di brontolii incomprensibili. A quel punto, naturalmente, lui
aveva capito che la risposta dovesse essere trovata in un nome: Rosemary5. A quel punto, fare
altre domande sarebbe stato inutile e controproducente, così lui, da bravo
bambino, era tornato a fantasticare sul giorno in cui nessuno si sarebbe messo
fra lui e la scienza, consentendogli
di fare tutte le ricerche e gli studi del caso.
Il suo momento, alla fine, era giunto nella notte
di Halloween, con un prefetto di Tassorosso svenuto per strada e l’altra corsa
in Sala Grande a scatenare il panico. Dalla richiesta della preside di tornare
nei dormitori alla fuga ben congegnata con i suoi due migliori amici – o vittime – era passato ben poco tempo
e, mentre gli altri si rinchiudevano nei dormitori, terrorizzati, lui, Albus Potter e Lucretia Goldstein6
si aggiravano per i sotterranei, con occhi aperti e orecchie belle tese,
felicissimi di vivere quell’avventura.
«Avremmo dovuto seguire le indicazioni dei
professori, accidentaccio a te» si lamentò, per l’ennesima volta, il
secondogenito dei Potter, guardandosi intorno come se avesse avuto paura che da
un momento all’altro potesse balzare fuori qualcosa di orrendo per mangiarlo. Non che avesse torto. «C’è una creatura
mai vista prima in libertà, ci dicono di restare chiusi nelle Sale Comuni, ma
tu nooo, tu
sei Alexander Draco Malfoy, le regole non sono fatte per te, non puoi mica
seguirle come tutte le persone normali».
«Nessuno ti ha costretto a venire con me, Al» gli
fece notare Alex, sentendosi leggermente ferito dalla mancanza d’entusiasmo
dell’amico. «Saresti potuto tranquillamente andare con gli altri Serpeverde».
Lo sguardo disgustato che lui gli dedicò lo fece
pentire, per un istante, della sua scelta di parole. «Nessuno mi ha costretto? Io stavo tornando con i miei
compagni, sono stato rapito!» gli
fece notare, scuotendo il capo con aria assolutamente esasperata. «Tu e
quell’altra amica tua, tutti presi da questa sete di autodistruzione che io
proprio non capisco».
Al suo fianco, Lucie inarcò le sopracciglia.
«Quindi ora sono amica sua e non più
tua? Mi ferisci, Albus, io ti considero un mio
carissimo amico» gli disse, con una mano sul cuore e l’espressione così seria
da risultare, per un singolo istante, quasi convincente. «Cosa credete che sia?
Un vero zombie? Uno di quelli che
sono descritti nei libri di narrativa? Con pezzi di carne morta, che mangiano
cervelli… e tutto il resto?».
Alex scosse la testa, le labbra ridotte ad una linea
sottile. «Gli zombie, quelli veri,
sono tutta un’altra storia. Sono frutto di magia nera, di solito vengono
richiamati da un negromante7,
per questo non c’è una vera descrizione delle loro capacità. Nessuno li ha mai
visti da vicino».
«Nessuno che sia sopravvissuto per raccontarlo»
rettificò Lucie, vagamente preoccupata. «Noi faremo bene a non tirare le cuoia,
mio nonno ha promesso di farmi partecipare al Duello dei Tre Gigli6,
quest’anno. Ha già richiesto un permesso speciale al Ministero per farmi usare
la magia, non posso proprio perdermelo».
Lo sguardo esasperato che gli altri due le
dedicarono la fece accigliare, tuttavia non si azzardò a dire nulla. Era ben
consapevole di aver fatto presente il regalo
del nonno almeno duecento volte, da quando aveva ricevuto la lettera di
conferma da sua madre.
«Comunque sei un’esagerata» sbottò Alex, puntando
la bacchetta intorno a loro, per illuminare le vecchie mura di pietra dei
sotterranei. Fra i tre, era certamente quello più a suo agio, nonostante il suo
habitat fosse su una delle torri e
non laggiù. Sua madre, la priva volta che il professor Vitious
aveva fatto presente a casa la sua pessima abitudine di andarsene a spasso non
accompagnato, aveva commentato dicendo che i luoghi bui e umidi fossero parte
del suo DNA, senza ricevere opposizioni da parte di suo padre, che aveva
sorriso orgogliosamente. «Gli zombie veri
non sono citati nei libri solo perché la comunità magica è schifosamente
superstiziosa verso la negromanzia. Credono che parlare di questa branca della
magia e dei suoi effetti porti male».
«Portare male in che senso?» si informò,
leggermente ansioso, Albus, probabilmente chiedendosi
chi accidenti lo avesse convinto a lasciare i suoi doveri da prefetto per
rischiare la vita – o peggio
l’espulsione – in modo tanto sconsiderato. Non lo avrebbero mai accolto nell’Ordine degli
Alchimisti, se fosse stato sbattuto fuori da Hogwarts. «Alexander, per l’amor
di Merlino, perché credono porti male?».
«È un po’ quello che succede con i Thestral» spiegò lui, grattandosi distrattamente la
guancia. «Tutti credono portino male perché possono essere visti solo da chi ha
visto in faccia la morte e perché tendono a stare da soli. Per i negromanti
vale la stesso principio, sono allontanati dalla comunità magica perché la loro
magia ruota intorno ai misteri della morte e perché tendono a non… condividere il loro sapere con gli
altri. Ma io credo sia giustificabile».
Senza degnarlo di uno sguardo, poiché troppo
impegnata a fissare un punto imprecisato sopra la sua testa, Lucie prese la
parola. «E per quale motivo non dovrebbero condividere la loro conoscenza? Si
tratta di sapere magico, così come le Arti Oscure e tutto il resto».
«Il tuo discorso avrebbe senso, se per loro questa
fosse semplicemente Magia. Si tratta
degli arcani più antichi, i misteri che tutti vorrebbero risolvere e nessuno
vuole esplorare. Quando si parla dei segreti della Morte, i rischi sono
superiori ai vantaggi. La vita eterna è concettualmente fantastica, ma…» Alex
fece una smorfia, rabbrividendo. «Sentite, mia madre mi ha beccato prima ce
potessi finire di leggere il capitolo sulla Negromanzia. Non sono molte le cose
che ho scoperto, se non che… beh, il prezzo da pagare, per questi segreti, è
altissimo».
«Neppure Voldemort ha osato far ricorso a quella magia» notò Albus,
preoccupato, voltandosi di scatto per osservare l’oscurità alle loro spalle.
Che avesse sentito uno spiffero d’aria e si fosse preoccupato? «Lui ha cercato
di raggiungere la vita eterna, ma si è rifiutato di pagarne davvero le
conseguenze e gli Horcrux lo hanno portato alla fine». Preso dai suoi
ragionamenti, il moro si accigliò. «Ma qual è questo prezzo? Perché nessuno
vuole pagarlo?».
«Io preferirei concentrarmi sullo zombie, in
questo momento» vagamente preoccupata, Lucie impedì ai suoi amici di continuare
le loro elucubrazioni. «Hai detto che non sono come gli Inferi e non sono come
i morti viventi dei libri. Cosa sai?» domandò, nervosa, occhieggiando tutt’intorno.
Sentendo l’amico mugugnare qualcosa sulla interruzioni, gli diede un colpo
abbastanza violento al braccio. «Alex,
per Merlino. Non abbiamo tempo da perdere, parla».
«D’accordo, d’accordo! Sei così violenta, quando
vuoi» sbottò il maggiore fra i Malfoy, massaggiandosi il braccio ferito. «Sono
creature senza coscienza, come gli Inferi, però mentre questi sono pericolosi
solo in branco, perché, alla fine, sono solo cadaveri che distruggono ciò che
incontrano, questi sono… più pericolosi.
Molti credono siano molto più veloci della media, altri ritengono che siano
parzialmente senzienti».
«Nel senso che ricordano la vita prima della
morte?».
«Nel senso che si scelgono le vittime e
difficilmente si fermano prima di averle… mangiate».
Lo sguardo colmo d’orrore e sdegno che Albus gli dedicò l’avrebbe fatto sorridere, se il motivo
alla base di quella reazione non fosse stato perfettamente lecito. «Mangiare? Vuoi dire che questi ti mangiano? Ma proprio nel senso…» fece
un gesto vago, toccandosi poi lo stomaco. «Io voto per tornare immediatamente
ai rispettivi dormitori, lasciando che i professori sbrighino questa faccenda.
Mia madre mi ucciderebbe se dovessi
farmi mangiare da uno zombie».
«Tua madre non potrebbe ucciderti, se lo zombie ti
avesse già mangiato» gli rispose Alex, stringendosi nelle spalle. «Comunque
sono d’accordo, sono venti minuti che giriamo per i sotterranei e ancora non
abbiamo visto neppure un capello da zombie, probabilmente Tessa si è immaginata
tutto. Conoscendola, avrà letto qualcosa nel reparto proibito e si sarà
lasciata impressionare» ammise, vagamente deluso, immaginando i vari premi per
la ricerca, che aveva già praticamente considerato in mano propria, volare via
come foglie al vento.
Quando i due fecero per voltarsi, Lucie li afferrò
entrambi per le maniche della divisa e li spinse a continuare nella stessa
direzione. Voltandosi a guardarla, i ragazzi la trovarono incredibilmente
pallida, gli occhi azzurri così cupi da sembrare neri come i capelli.
«Lu?».
«Continuate a camminare» sibilò lei, agitata,
aumentando leggermente la propria velocità e spingendoli quasi ad una corsa
molto lenta per starle dietro. «Non voltatevi, non… non fate movimenti
azzardati» si voltò per un istante verso Alex, che lei sapeva fosse quello più propenso a fare proprio l’opposto di ciò
che aveva detto. «Mi dispiace dirti, Malfoy, che Tessa non ha immaginato
assolutamente nulla e che tu ti sei sbagliato» mormorò, mentre Albus puntava i suoi occhi verdi sul migliore amico, avendo
probabilmente capito cosa stesse intendendo la ragazza. Il suo panico era ben
evidente, ma per fortuna non fece sceneggiate. «Abbiamo trovato molto più che
un capello di Zombie».
Sentendo le ginocchia improvvisamente deboli, il
giovane Malfoy fece violenza su se stesso per non voltarsi e verificare che il
suo sospetto fosse fondato. «Cosa… cosa intendi dire, con esattezza?».
«Ha iniziato a seguirci non appena siamo arrivati
al terzo sottolivello, ormai sono venti minuti che si nasconde fra le ombre. E
riesce a camminare sul soffitto, per la cronaca» rispose lei, mente Albus deglutiva rumorosamente. «È vero, abbiamo preso parte
ad una battuta di caccia, questa sera, però noi non siamo i cacciatori».
«Noi siamo le prede».
Si guardarono a vicenda, lo stesso terrore negli
occhi.
«Cosa possiamo fare? Non abbiamo idea di quali
incantesimi sia lecito usare contro una creatura simile» sbottò Albus, tenendo la bacchetta in pugno con presa leggermente
tremante. Anche il suo migliore amico sentiva di essere nelle stesse
condizioni, il cuore gli batteva così forte in petto da coprire quasi la voce
degli altri due.
«Direi che le Maledizione Senza Perdono siano da
escludere» convenne Lucie, fissando il corridoio scuro dritto davanti a lei.
Fra i tre, era quella che sembrava reagire meglio al terrore, con voce ferma e
presa decisa sulla bacchetta. Dopotutto, era l’ultima nata in una famiglia che
vantava il fior fiore dei duellanti da almeno sei secoli. «Proporrei di
bloccargli i movimenti, magari con delle Incarceramus. Sconsiglio gli schiantesimi, dubito abbiano qualche effetto».
«Posso provare a congelarlo» borbottò Alex,
cominciando a sentire un rumore inquietante alle sue spalle. Era probabile che
fosse solo una sua impressione, non avendo sentito nulla fino a quel momento,
ma bastò a fargli venire la pelle d’oca. «Sono forte con gli incantesimi
ghiaccianti».
«Ed io posso provare a bruciarlo» aggiunse Albus, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi.
«Posso pure provare con l’Ardemonio, quello distrugge
qualunque cosa… però potrei non sapermi fermare. La teoria è solo accennata,
nei libri di incantesimi di mio fratello».
«Probabilmente perché è Magia Oscura» disse Alex, vagamente ammirato. «Ti sei preso la
briga di studiare anche i libri di James? Davvero? Sei fantastico!».
«Potete rimandare gli sbaciucchiamenti ad un altro
momento, ragazzi?» con un tono di urgenza, Lucie impedì qualunque ulteriore
discussione sull’argomento, riuscendo anche a distrarli a sufficienza da
arrossire come due bambinette. Considerando che lei non dovesse sapere nulla dei loro sbaciucchiamenti amichevoli, era meglio non approfondire la
questione. «Non usare l’Ardemonio, altrimenti
dovremmo guardarci anche da attacchi amici,
quindi limitati a dargli fuoco. E tu, Alex, congelalo solo dopo, altrimenti otterremo solo di sciogliere il ghiaccio». La
sentirono rallentare percettibilmente, poi sospirò. «Pronti? Uno… due… tre!».
Il tre venne urlato prima che tre fasci di luce
colpissero il nulla davanti a loro, rischiarando il corridoio e rivelando loro
l’entità della minaccia che stava per realizzarsi. Gli zombie, come Alex aveva
preannunciato, non avevano nulla a che vedere con quelli descritti nella
letteratura babbana o con gli Inferi. Le tre creature che li fronteggiavano,
oltre ad esser stati abbastanza veloci da schivare con tranquillità i loro
incantesimi, erano frutto di un incubo.
Pallidi, con la pelle tirata sul viso e sul resto del corpo, avevano gli occhi
iniettati di sangue, sporgenti, quasi qualcuno avesse tentato di tirarli fuori
a forza. I loro denti erano spezzati, aguzzi, sporchi di una sostanza nera
molto più densa del sangue. Non indossavano vestiti, le ossa erano visibili
sotto il sottile strato di pelle che li ricopriva, e due di loro avevano dei
tagli netti in varie parti del corpo.
I tre ragazzi fissarono i loro nemici per diversi
secondi, non azzardandosi neppure a respirare. Non c’era alcun suono nel
corridoio, fatta eccezione per il raschiare fastidioso prodotto dalle tre
bestie.
Quando loro urlarono, gli zombie spiccarono un
balzo e fecero per atterrarli, ma, fortunatamente, Lucretia
fu più veloce ed evocò uno scudo.
«Correte!».
I corridoi dei sotterranei non erano mai sembrati
così insidiosi a nessuno di loro, neppure ad Albus,
che ci viveva praticamente da cinque anni. Svoltarono a destra, poi a sinistra
e poi ancora a destra, facendo il possibile per seminare quelle bestie che
sembravano intenzionate a farli diventare la loro cena di Halloween. Corsero
come mai prima d’allora, eppure non riuscirono mai a prendere un vero
vantaggio, non riuscirono mai a liberarsi delle ombre che li seguivano a pochi
passi e che non sembravano affatto risentire della lunga distanza percorsa.
Era una
caccia e loro erano le prede.
«Cosa state facendo voi tre qui?» la voce
incattivita del Barone Sanguinante li fece trasalire bruscamente, tuttavia non
li rallentò nella loro corsa. Il fantasma, probabilmente attirato dalle urla,
era sbucato da dietro un muro con tutta l’intenzione di rimettere quei
delinquenti al loro posto, non aspettandosi, di certo, di essere investito in
pieno da dei poveri ragazzi traumatizzati e da tre creature così oscure da non
meritare neppure una menzione nei libri di Difesa. «Oh, questo è inconcepibile!» lo sentirono esclamare un attimo dopo,
nonostante fosse ormai lontano un paio di incroci e non più visibile.
«Cosa possiamo fare?» urlò invece Albus, tentato di guardarsi alle spalle ma davvero troppo
spaventato per farlo sul serio, la bacchetta stretta in mano ma sul punto di
scivolare, tanto sudaticcio era il suo palmo. Non sapeva neppure lui da dove
arrivasse il fiato per parlare e correre, ma immaginava che il terrore avesse
influito parecchio. «Non potremo correre in eterno!».
«Non possiamo tornare al piano di sopra» gli
rispose Alex, voltandosi per un istante e trasalendo alla vista dei mostri con
le fauci bene aperte per strappare loro qualunque parte del corpo fosse più
vicina. Aumentò leggermente la velocità, nonostante la consapevolezza di non
poter fare molto. «Una volta usciti dai sotterranei, questi cosi diventeranno
introvabili e faranno un migliaio di vittime prima che spunti l’alba!».
Lucie, che fra i tre era quella con le gambe più
corte, aveva il fiato corto ed il viso chiazzato di rosso, era evidente che
fosse sul punto di crollare. «Non… non possiamo continuare così!» sbraitò,
voltandosi di scatto per lanciare un altro incantesimo scudo, uno di quelli che
avevano consentito a tutti loro di non essere divorati nel primo minuto di
fuga. «Oh, Merlino, è un vicolo
cieco!» aggiunse poi, indicando la fine inevitabile del corridoio che avevano
scelto all’ultimo bivio.
Raggiunsero la fine del corridoio sentendosi la
morte praticamente alle spalle. Dietro di loro non c’era traccia dei mostri, ma
nessuno nutriva speranza alcuna che fossero semplicemente spariti.
«Sono senzienti» mormorò Alex, quasi a voler
esprimere a voce il pensiero comune. «Probabilmente si staranno nascondendo in
un angolo, aspettando un nostro passo falso. Si comportano proprio come i
Draghi del Caucaso».
«Si… si comportano come gli uomini vivi» lo corresse Albus,
una mano sul petto ed il respiro particolarmente affannoso. Per fortuna era Lily la Potter con l’asma, se fosse
toccato a lui probabilmente sarebbe morto dieci passi dopo l’inizio della fuga.
«Sono a caccia, hanno capito che siamo con le spalle al muro».
«Letteralmente»
confermò Lucie, passandosi il dorso della mano sulla fronte per asciugare un
po’ di sudore. «Non… non possiamo muoverci. Un solo incantesimo potrebbe
scatenarli, mentre così… così potrebbero decidere di tormentarci per ore e forse qualcuno si accorgerà che
siamo spariti».
Alex annuì, pallido come uno spettro. «Mi pare di
aver intravisto il Barone Sanguinario, prima. Magari lui andrà a chiamare
aiuto».
«Io non conterei molto su di lui, odia i Corvonero
con tutto il suo sanguinario cuore8» gli rispose la ragazza, con
un’occhiata esasperata. «Non ti ricordi cos’è successo a Jack McGuire? Lo ha praticamente tormentato per tutto l’anno».
Un rivolo d’aria fredda preannunciò la comparsa
del fantasma in questione, che ebbe il disastroso effetto di richiamare
l’attenzione dei tre zombie appostati nell’ombra e di farli attaccare.
Fortunatamente, Lucretia aveva sempre avuto dei
riflessi velocissimi e, grazie all’intenso allenamento cui l’avevano sottoposta
i suoi familiari fin dal suo primo anno a scuola, era riuscita ad evocare uno
scudo abbastanza forte da contenere gli attacchi delle creature.
«Vi sto forse disturbando, giovanotti?» commentò,
sarcastico, il Barone, osservando le bestie con occhio particolarmente critico.
«Ottimo incantesimo, signorina Goldstein, degno di una vera Fitzroy» si
congratulò, prima di osservare gli altri due ragazzi. «Noto che vi siete messi
nei guai con questi esseri. Dei bravi Serpeverde non si sarebbero fatti
coinvolgere, signor Potter, posso dire d’esser molto deluso».
Albus, che in
quel momento avrebbe volentieri fatto sapere al Barone quanto gli importasse della sua delusione, si limitò a mugugnare
qualcosa di incomprensibile e ad appiattirsi di più contro il muro alle sue
spalle, imitato da Alex.
Proprio lui, distolto lo sguardo dalla dentatura
curiosa delle bestie che volevano mangiarlo e da quella strana secrezione nera,
si voltò a fronteggiare il fantasma, gli occhi ridotti a due fessure. «Crede di
poterci aiutare? Non so se l’ha notato, siamo in leggero pericolo in questo
momento ed il suo compito, essendo un fantasma della scuola, è quello di darci
assistenza».
Con espressione seccata, il Barone raddrizzò le
spalle. «Questo sì che è un tono da vero Malfoy, ed io che credevo che la tua
madre Sanguesporco avesse inquinato l’educazione
paterna!» sbottò, più divertito che offeso. «Andrò a chiamare qualcuno, poiché
mi sembra piuttosto evidente che le mie condizioni non mi consentano di
prestarvi alcun soccorso immediato» comunicò loro, gettando tuttavia un’occhiata
vagamente disgustata alle bestie, prima, e poi ai due ragazzi presenti. «Nel
frattempo, voi due fareste bene a chiarire le vostre faccende in sospeso. Se
doveste morire qui, prima che gli aiuti possano arrivare, non vorrei dovermi
ritrovare coinvolto in altri drammi amorosi ultraterreni. Ne ho già a
sufficienza di mio». I suoi occhi scuri e cattivi si posarono, una volta
constatato lo sconcerto dei due, su Lucretia. «Quanto
a te… resisti, questi due non sarebbero capaci di evocare uno scudo forte la metà del tuo. La sopravvivenza
dipende da quanto potrai andare avanti».
Con un tono più stanco di quanto Alec avesse
immaginato, Lucie sospirò. «La prego, Barone… si sbrighi».
Erano passati cinque minuti.
Cinque minuti in cui a separarli dalla morte certa
era stato solo un sottile strato di sostanza azzurrina che Lucie aveva evocato
e che era diventato sempre più debole. Se all’inizio non riuscivano neppure a
sentire i versi degli zombie – quel loro respiro rasposo, quasi avessero avuto
i polmoni pieni d’acqua – e l’impatto dei loro colpi violentissimi, in quel
momento sembrava quasi che lo scudo tremasse ed incassasse un po’ troppo
elasticamente i colpi. Albus avrebbe giurato di aver
sentito lo spostamento d’aria dopo un impatto estremamente forte dello zombie
più grosso.
«Credete che il Barone si sia dimenticato di noi?»
domandò Alex, con una nota di panico nella voce. Il suo pensiero era tutto per
sua madre e per la reazione che avrebbe avuto, una volta saputo il modo
disgraziato in cui si era fatto uccidere. E non si era neppure azzardato a
pensare a nonno Newt! Lui, probabilmente, sarebbe
morto di crepacuore. «Hai detto tu stessa che non gli piacciono i Corvonero!».
Pallida e decisamente esausta, Lucretia
fece una smorfia. «Non credo ci abbia abbandonati, con noi c’è Albus» gli fece notare, mentre la mano che reggeva la
bacchetta tremava vistosamente. Gli zombie non avevano smesso un attimo di
attaccare e ringhiare, forse pregustando il banchetto che si sarebbero fatti.
«Oltretutto, tu sei un Malfoy ed io sono una Fitzroy. Le nostre famiglie sono
state Serpeverde per secoli, sentirà
una qualche responsabilità verso tutti noi» spiegò, umettandosi le labbra con
aria indecisa. «Almeno, lo spero».
«Moriremo, me lo sento» si lagnò Albus, passandosi una mano fra i corti capelli scuri. «Mio
padre è sopravvissuto diciotto anni con una sentenza di morte sul collo ed io dovrò morire solo perché sono stato
incapace di dire no ad un Malfoy! Incredibile» continuò, quasi con
un lamento. «A mia madre verrà un colpo».
«Beh, sei morto per amor di scienza!» gli rispose,
piccato, Alexander, fronteggiandolo con le guance parecchio rosse per la
vergogna. Il suo senso di responsabilità made
in Granger lo stava torturando dall’istante
stesso in cui avevano iniziato a correre. «Meglio morire così che… che cadendo
da una stupida scopa durante una partita».
Furioso, Albus fece un
passo avanti e si piantò le mani sui fianchi. «Ma io non sono qui per amor di
scienza!» gli sbraitò contro, zittendo con un cenno il blando tentativo che
Lucie aveva fatto di attirare la sua attenzione. Tutto ciò cui lui riusciva a
pensare, in quel momento, era “sto per
morire, ora o mai più”.
«E allora perché sei venuto, eh?».
«Sono venuto
per te, idiota!» sbottò Potter, incazzato, afferrando il migliore amico per
il maglione della divisa e scuotendolo come se fosse stato un peso piuma e non
un bestione più alto di lui di almeno tutta la testa. «L’idea di saperti in
pericolo senza assicurarmi che stessi bene mi uccideva, contento? Oppure
preferisci che ti faccia un disegnino? O uno show di marionette con un paio di
draghi? È evidente che capisci più gli animali delle persone!».
Lo sguardo sconvolto che Alexander gli dedicò
sarebbe rimasto negli annali, probabilmente. «Cosa… che… eh?» sbottò, la bocca spalancata per lo shock. «Tu… cosa stai
dicendo, Albus?» squittì, occhieggiando in modo
piuttosto evidente verso Lucretia, troppo impegnata a
tenerli tutti in vita per potersi voltare. Il tremore delle sue braccia era
aumentato, forse stava ridendo di loro.
Albus non era
intenzionato a dare corda a quella sceneggiata. «Oh, piantala! Adesso basta» sbottò, dandogli uno spintone con la
mano che non reggeva la bacchetta. «Stiamo per morire, brutto idiota, quanto
credi mi importi di tenere nascosto quello che provo per te? Se devo morire,
maledizione, quantomeno morirò facendoti sapere che sarà per colpa tua, perché
sono stato così idiota da innamorarmi
di un cretino fissato per il
pericolo!».
Detto questo, semplicemente, lo attirò più vicino
a sé e lo baciò, come aveva già fatto parecchie altre volte, nascondendosi
dietro incidenti e ubriacature mai esistite. Stavano per
morire, era stufo di girargli intorno come un leone con la sua preda. Quando
lui ricambiò, se pur con esitazione all’inizio, sentì di aver trovato la giusta
pace per tirare le cuoia.
Almeno
non sarebbe morto da vigliacco.
«Ragazzi» con la voce ridotta ad un sussurro, Lucretia arretrò fino a costringerli a separarsi e prestarle
attenzione. Più volte aveva provato a chiamarli, infatti, ma loro erano
risultati sordi alle sue parole, troppo interessati a risolvere le loro
faccende in sospeso. «Ragazzi, io non… non ce la faccio più» confessò, mentre
il braccio che reggeva la bacchetta tremava visibilmente e delle lacrime le
lasciavano gli occhi. «Mi dispiace».
Lanciandosi una singola occhiata consapevole,
entrambi i ragazzi sollevarono le proprie bacchette e mormorarono incantesimi
di protezione, sostenendo l’amica ormai prosciugata di ogni forza.
«Non preoccuparti» le disse Alex, con ancora le
guance chiazzate di rosso. «Ci hai tenuti in vita fino ad ora e ci hai
consentito di chiarire, adesso lascia che siamo noi a prenderci un po’ cura di
te» la rassicurò, stringendola in un mezzo abbraccio che avrebbe dovuto
riassumere tutta la gratitudine che a parole non riusciva ad esprimere a voce.
Anche Albus lo imitò,
seppur molto più pallido. Il suo coraggio sembrava esser stato prosciugato, ma
non avrebbe permesso a delle stupide bestiole di avere la meglio su di lui con
tanta facilità.
Le loro intenzioni erano buone, la loro volontà
forte come il più duro dei diamanti. La realtà, tuttavia, li voleva entrambi
provati dalla corsa e dalle emozioni e, quando sfortunatamente Lucie perse i sensi,
troppo impegnati ad evitare che lei si facesse male per poter mantenere attivi
e forti gli incantesimi di protezione. Bastò un attimo di distrazione e, con il
rumore di una mandria di ippogrifi pronta a sfondare una porta, le creature si
diressero verso di loro, decisi ad utilizzarli come cena per la notte di
Halloween.
Anche negli anni a venire, Alex avrebbe per sempre
ricordato la sensazione di gelo provata nel momento in cui le difese erano
cadute e tutto ciò che era riuscito a fare era stato chiudere gli occhi e
stringere di più il braccio intorno alle spalle della sua migliore amica,
sentendo il calore di Albus vicino alle dita. La
morte che sembrava imminente, tuttavia, non arrivò mai e, quando si decise a
dare uno sguardo, si trovò davanti ad uno spettacolo agghiacciante.
I tre mostri erano accovacciati per terra, chi in
ginocchio e chi completamente prostrato, i loro lamenti non erano più affamati
ma, piuttosto, patetici, quasi
avessero voluto ricevere un briciolo d’attenzione. La fonte del loro interesse,
che Alexander notò con un attimo di ritardo, era una giovane donna pallida come
un cadavere e con dei lunghi capelli chiarissimi, in contrasto netto con gli
abiti dello stesso colore della notte e con le sue labbra, dello stesso colore
del sangue. Il dettaglio più spaventoso – anche peggiore della tranquillità con
cui lei sembrava controllare le bestie – erano i suoi occhi: completamente
neri, profondi come l’abisso più oscuro e dieci volte più terrificanti, al loro
interno sembrava poter essere ritrovato l’infinito con tutti i suoi misteri, la
conoscenza della vita e della morte condensata in pozzi dal fondo
irraggiungibile.
Negromante.
La donna aveva le braccia leggermente allargate,
quasi avesse voluto invitare le bestiole ad avvicinarsi ed abbracciarla, ma dai
suoi polsi sgorgava copiosamente del sangue scuro. Gli zombie si avvicinarono,
mentre lei pronunciava parole incomprensibili in una lingua sconosciuta, e,
infine, si attaccarono a lei, leccando via il sangue dalla sua pelle, succhiando
dallo squarcio che lei stessa aveva aperto nella sua carne.
Era uno spettacolo macabro, ai limiti del
disgustoso, eppure Alex non riuscì a distogliere lo sguardo, almeno non finché,
con una voce finalmente intellegibile, lei disse «Adesso andate a dormire,
avete meritato la vostra pace». In quell’istante, infatti, piuttosto che
preoccuparsi del fatto che la negromante stesse nutrendo le creature, si dovette concentrare sulla velocità con cui
quest’ultime, dopo essersi accasciati contro il muro, iniziarono a decomporsi,
scomparendo in un mucchietto di polvere in poco meno di venti minuti.
Un momento dopo, da dietro la donna spuntarono
almeno tre insegnanti, il Barone Sanguinario e Gazza, furioso per lo sporco che
avrebbe dovuto pulire con le sue mani e
senza vedersi riconoscere lo straordinario. Tutti iniziarono ad urlare
verso di loro, ponendo domande e strattonandoli per controllare le loro
condizioni di salute. Qualcuno gli strappò Lucie dalle braccia, ma lui non vi
prestò attenzione. A pochi passi di distanza, il professor Lyon – insegnante di
Difesa – stava stringendo a sé la negromante, caduta come una marionetta cui
avessero tagliato i fili.
Il prezzo
da pagare per i segreti della vita e della morte…
Persa quell’oscura magia, la donna non era più che
una povera creatura, distrutta dalla stanchezza, asfissiata da quel potere che
non era fatto per essere contenuto da un corpo così giovane e gracile.
Il prezzo
da pagare era l’anima.
***
«Sei in punizione per il resto
della tua vita, giovanotto» gli fece presente suo padre, scuotendo il capo e
lanciandogli la migliore fra le sue occhiate esasperate e deluse. Dietro di
lui, sua madre era tutta presa da una fitta discussione con Harry Potter e con
la Preside. Lì vicino, Albus ascoltava con il capo
chino, subendosi anche i borbottii di sua madre ed i suoi continui controlli
sulla sua salute. Lo avrebbe spogliato davanti a tutti, se non avesse avuto a
cuore, anche se poco, la sua reputazione.
«Non puoi essere felice che io
sia ancora vivo?» gli chiese Alex, arricciando il naso con una smorfia. «Voglio
dire, sono sfuggito ad una creatura assolutamente mortale».
«Non saresti stato in pericolo, se non fossi
andato a cercare queste creature» gli
rispose Draco, con le sopracciglia inarcate. «Ed io sono felicissimo che tu sia
ancora vivo, altrimenti tua madre sarebbe morta di crepacuore ed io avrei
dovuto consolare lei, resuscitare te e poi ucciderti» continuò, per poi dargli,
comunque, una amichevole pacca sulla spalla. «Ti è andata bene. Newton ha
promesso che questa estate non ti permetterà di restare con lui alla Riserva,
come punizione per il tuo essere così dannatamente
sconsiderato».
Un grugnito fu tutto ciò che Malfoy Senior ottenne
come risposta. Alex, consapevole che parlare sarebbe stato inutile, diede
un’occhiata in giro, trovando immediatamente ciò che stava cercando: la
negromante che la sera prima li aveva salvati era seduta in un angolo, molto
più pallida di quanto già non fosse e apparentemente anche molto più gracile. I
suoi occhi non erano più totalmente neri ma di un verde chiaro spettacolare,
tanto limpidi e tranquilli quanto dolce era il viso su cui svettavano.
Se non fosse stato già perso per qualcun altro, Alex si sarebbe innamorato follemente di
lei. Certo, non era servito un genio per comprendere che, a prescindere dai
suoi sentimenti, una loro relazione sarebbe stata assolutamente impossibile: il
professor Lyon9 non aveva mai lasciato il suo fianco e, a giudicare
dal modo in cui aveva posato le labbra sull’anello immenso che lei aveva all’anulare, era molto probabile che presto o
tardi si sarebbe fatto accalappiare
definitivamente.
Come
sarebbe stato sposare una negromante? Cecily
– era quello il suo nome – era così delicata da sembrare sul punto di morire,
ma conservava in sé i più grandi segreti mai esistiti al mondo.
«Alexander» interrompendo le sue elucubrazioni,
Hermione posò la mano sulla spalla del figlio e lo costrinse a voltarsi verso
di lei. Aveva uno sguardo a dir poco funereo,
probabilmente gli avrebbe confermato la punizione già decisa da nonno Newt ed avrebbe aggiunto qualcosa di ancora più pesante, ma
solo dopo averlo fatto sentire in colpa come non mai. «Va’ a ringraziare Miss Granville, poi andrai con Albus in
Infermeria per fare visita alla povera Lucretia».
Lucie. Lei era
andata subito in infermeria ed i suoi genitori erano stati avvertiti nella
notte, in quel momento erano con lei. Alex ed Albus
avrebbero preferito andare subito da lei, ma il rimprovero preventivo era
necessario.
Sospirando, il giovane Malfoy fece un cenno
all’amico – poteva ancora definirlo tale?
– e si avvicinò alla bionda negromante, un sorriso gentile ad incurvargli
le labbra. «Scusateci» si fece avanti, interrompendo la fitta conversazione che
lei ed il loro professore stavano avendo. «Salve, Miss Granville.
Volevamo ringraziarla» continuò, ritrovandosi ad abbassare gli occhi per non
incrociare quelli chiarissimi di lei. «Senza di lei, probabilmente saremmo
morti tutti e tre».
«È probabile». Anche la sua voce era estremamente
più docile di quanto non gli fosse sembrata la sera prima. «Ma non è successo e
state bene. Siete stati fortunati, ma faremo in modo che non rischiate mai più
in modo tanto sconsiderato» li rassicurò, facendo un gran sorriso quando
entrambi i ragazzi si decisero a guardarla in faccia.
Sì, si
sarebbe davvero innamorato di lei alla follia.
«Siamo stati degli incoscienti» concordò Albus, lanciando uno sguardo storto ad Alex, ricordandogli
chi fosse davvero il responsabile. «La ringraziamo dal profondo del cuore,
sappiamo… sappiamo che deve esserle costato parecchio» aggiunse, incrociando le
mani dietro la schiena, nella sua solita posizione da perfetto prefetto.
«Fate bene a ringraziarla, per fortuna erano
soltanto tre e non ci sono state
conseguenze» sibilò il professor Lyon, rimasto a braccia conserte dietro Cecily, fulminandoli entrambi con i suoi furiosi occhi
azzurri. Sembrava molto meno giovane di quanto non fosse in realtà, in quel
momento, e dimostrò chiaramente quella pericolosità di cui tutti avevano
parlato, quando era stato assunto.
Esperto
nella Difesa contro le Arti Oscure, un passato oscuro quanto criptiche erano le
notizie sul suo conto.
«Non essere troppo severo con i ragazzi,
Sebastian» lo riprese lei, ridacchiando. «Sono certa che essere inseguiti da un
Ritornato sia stato sufficientemente traumatico, non infierire». Con un gesto
delicato, allungò le mani verso di loro, facendo sì che potessero stringerle.
«Non succederà più, siete al sicuro adesso».
Senza poterselo impedire, Alex sorrise e ricambiò
la stretta. «Le prometto che non saremo più tanto sconsiderati» la
tranquillizzò, per poi scurirsi lievemente in viso. «Tuttavia… so che quello
che sto per dirle sembrerà maleducato e forse da irresponsabile, ma-».
«Non posso insegnarti i segreti della negromanzia,
signor Malfoy» lo interruppe Cecily, gentilmente.
«Si tratta di segreti troppo grandi e troppo pericolosi per chi non è nato con
il dono, rischieresti di impazzire. Tuttavia,» si voltò verso il professor
Lyon, che annuì lievemente, «Sebastian si è detto favorevole a spiegarvi
qualcosa, mantenendosi sulle linee generali. Nessuno di voi dovrà più rischiare
la vita per amor di scienza».
Un grugnito di Albus fu
tutto ciò che la negromante ottenne dal secondo Potter, mentre Alexander ebbe
il buongusto di arrossire furiosamente.
«Ce ne sono altri, qui sotto?» chiese poi proprio
il moro, indicando il pavimento sotto i loro piedi. «Davvero non può dirci come
sono arrivati qui?».
Cecily strinse
le labbra, scuotendo il capo. «Qualunque cadavere può diventare un Ritornato ed
Hogwarts è un cimitero di dimenticati». Strinse un’ultima volta le mani dei
ragazzi, sorridendo con gentilezza nonostante i suoi occhi fossero tornati neri
come la notte. «La Morte sarà sempre dietro l’angolo ed ormai voi l’avete
guardata in faccia. State all’erta, la caccia potrebbe iniziare quando meno ve
lo aspettate».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Avevo promesso una one-shot per halloween e vi ho
accontentati.
Comunicazioni di servizio: questa one-shot è un
sequel della mia long conclusa (Lo Specchio
delle Anime) e della mini-long ancora in corso (La Leggenda
di Camelot, sequel a sua volta de Lo Specchio). I personaggi qui trattati
sono la mia nuova next generation. Abbiamo due figli su tre di
Draco ed Hermione, abbiamo anche i “classici” tre figli di Harry e Ginny, oltre, ovviamente, a degli OC.
Seconda comunicazione: mi auguro che stiate tutti bene, dopo il brutto
sisma che ha colpito (e sta colpendo) il centro Italia. I miei pensieri sono
con voi, siate forti.
Punti importanti:
» 1 – "Io
sono quello che sotto il letto langue/ Ho mille denti e occhi rossi più del
sangue! /Sotto le scale io spappolo i cervelli, /dita come serpi e ragni fra i
capelli! / Questo è Halloween! / Questo è Halloween! / Halloween! Halloween!
Halloween! Halloween!”. La canzone viene direttamente da Nightmare Before Christmas, un film bellissimo che dovete assolutamente vedere, va bene sia per il
periodo di Halloween che per quello natalizio. È perfetto ed è meraviglioso.
» 2 – Vivian Malfoy, come avevo accennato, è l’ultimogenita di Draco
ed Hermione. Vivian è una signorina parecchio intraprendente, attualmente disei
anni, che vive per provare emozioni forti. Amata follemente dal padre e da nonno Lucius,
spezzerà i loro cuori quando diventerà una Grifondoro. Naturalmente, da quel
momento in poi entrambi diranno che la Casa di Godric
sarà stata migliorata incredibilmente da lei.
» 3 – Hermione ha dovuto cedere a
molti compromessi, da quando si è sposata (sedici anni prima). L’elfa, in realtà, è un’elfa
libera cui loro hanno deciso di dare un impiego, quando è stata trovata a Diagon Alley a mendicare. Netty adora
Draco ed Hermione ed ha una venerazione incontenibile per Rosemary, la
secondogenita (occasionalmente fa un giro ad Hogwarts per assicurarsi che la
padroncina trovi a cena i suoi dolcetti preferiti).
» 4 – Ripreso dalla mia long-fic. Newton Crave era lo psicanalista di Draco ed Hermione ed è stato
il grande responsabile della loro storia d’amore. Newton si è affezionato
tantissimo ai loro figli, diventando un terzo nonno particolarmente
ingombrante.
» 5- Rosemary era l’unica ed amatissima figlia del dottor Crave, torturata e portata alla morte da Voldemort e dai
suoi scagnozzi. Newton la prendeva sempre in giro, chiamandola pecorella. Dalla sua morte il Patronus è cambiato, dimostrando quanto davvero fosse
legato alla sua bambina adorata. Da
lei prende il nome la figlia di Draco, poiché lui e la signorina Crave erano diventati ottimi amici. Lui va al cimitero a
trovarla almeno una volta alla settimana o ogniqualvolta succeda qualcosa di
speciale nella sua vita.
» 6 – Lucretia è la primogenita di Anthony
Goldstein e Druella Fitzroy-Goldstein (presenti nella long “La leggenda di
Camelot”). La famiglia materna è la fondatrice e titolare della più importante
scuola di duello magico del Nord Europa ed una delle più famose al mondo. Il
Duello dei Tre Gigli è una gara a cui partecipano i migliori duellanti e che
viene organizzata ogni anno per commemorare la fondazione della Scuola dei
Fitzroy.
» 7 – Negromanzia, branca della magia nera che si occupa di richiamare i
morti dalla tomba. La mia è una rivisitazione parecchio complicata che non ho
intenzione di approfondire, sappiate solo che si tratta di roba talmente oscura
da non essere neppure citata nei libri di Difesa.
» 8 – Perché il Barone odia i corvonero? Credo
sia tutto legato alla faccenda di Helena e di sua madre. Dopotutto, i Corvonero
gli hanno portato solo dolore, gelosia e tutto il resto.
» 9 – Avete fatto la conoscenza di due OC cui sono estremamente
affezionata: Sebastian Lyon e Cecily Granville. Lui è diventato insegnante di Difesa circa tre anni
prima, nessuno sa dove ha studiato,
nessuno sa cosa ha fatto prima di
arrivare a scuola, quindi, ovviamente, ha un alone di mistero e sensualità che
lo segue dappertutto, le ragazzine della scuola gli muoiono dietro in modo
assolutamente vergognoso. Lei, invece, è una negromante che l’ha conosciuto in
circostanze sconosciute e che, evidentemente, sta per diventare la signora
Lyon. Non sto dicendo che c’è qualcosa di estremamente oscuro dietro il modo in
cui questi due si sono conosciuti, ma vi assicuro che si amano alla follia.
Quando l’allarme zombie è scattato, lui è andato a chiamarla e poi, ovviamente,
sono stati chiamati dal Barone. Se avesse potuto, Sebastian avrebbe evitato di
coinvolgerla, poiché il prezzo da pagare, per far ricorso alla negromanzia, è
particolarmente alto e lui non vuole che lei lo paghi. Li adoro.
» Alex e Albus sono stati un mio vezzo. Adoro alla
follia la coppia Scorpius/Albus,
ma non essendo qui possibile mi sono dovuta accontentare. Li adoro, Alex tutto
preso dalla scienza e dalle sue creature (vuole diventare magizoologo)
e Albus che invece è tutto perfettino, incapace di
dire di no al suo Alex ed estremamente ansioso, oltre che ambizioso. (Si sono
sbaciucchiati più volte, come accennato, ma sono stati entrambi troppo vigliacchi
da ammettere i loro sentimenti. Erano sempre sbaciucchiamenti accompagnati dal
classico no homo. Lucretia,
la loro migliore amica, li ha sempre guardati con grande esasperazione).
Alexander Malfoy che si lancia all’arrembaggio urlando SCIENZAA è il mio
cucciolo.
Un buon Halloween a tutti!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie