Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Primb    13/05/2009    4 recensioni
"Correvo. Semplicemente, correvo, il bianco vestito da sposa pieno di macchie e strappi, lo strascico ormai ridotto a brandelli. I rami e gli arbusti della macchia mediterranea mi graffiavano il viso e le porzioni di pelle lasciate scoperte dalla veste nuziale. Mentre inciampavo nell'ennesima radice, sentii uno schiocco e un improvviso bruciore alla guancia. Me la sfiorai con le dita ricoperte dai guanti candidi e questi si tinsero di rosso. Sangue."
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

‡ Beautiful novel ‡

 

 

 

Il pranzo andò a gonfie vele, fu un vero tripudio di serenità.

Al non scherzava quando diceva di avere la veranda: si trattava di un ampio spazio coperto da una tettoia che dava su un lato della collina, proprio quello da cui passava il sentiero nascosto.

 La vista di cui si godeva , già bella così, piena di verde e natura, era resa più suggestiva dalla presenza del Porto di Atene come sfondo.

Mangiare e chiacchierare in quell’angolo di Paradiso fu una delle cose più rilassanti che feci durante la mia permanenza al Santuario.

Prima di iniziare a mangiare, mi riappacificai anche con Aphrodite: anche lui era convinto che io lo ritenessi responsabile di ciò che era accaduto al synagein. Io,però, fui con lui sincera sin dal primo momento,e bastò un sorriso per fargli capire che in realtà di quell’episodio mi ero quasi scordata. Figurarsi!

Dal canto suo, il Cavaliere dei Pesci si dimostrò ben più leale di Milo nel chiedere scusa, senza ricorrere ad infide trappole di seduzione in cui sarei inevitabilmente caduta.

-Milo, Lily, vi siete messi d’accordo sui vestiti?- trillò Aiolia non appena ci vide entrare.

Effettivamente, il Cavaliere di Scorpio era quasi più ridicolo di me.

Indossava una maglia nera con le cuciture e la stampa fosforescenti ( dico, ma si potrà?), dei jeans a vita bassa strappati in più punti e delle scarpe grandi, anzi, enormi, con le stringhe di due colori diversi. Ovviamente fluo.

Sembrava un ragazzino in piena fase “ribellione”.

Certo, io, con il mio discretissimo vestito rosa shocking potevo solo tacere, ma di sicuro, di noi due, quello ad avere un pessimo gusto era Milo.

Senza dubbio.

Camus, che mi era seduto a fianco, disse di condividere in pieno l’occhiata di sdegno che rifilai al suo amico, ed io approfittai dello spiraglio che si era aperto tra le maglie della sua riservatezza per aprire un dialogo con lui.

In realtà, fui io a parlare per tutto il tempo, mentre lui interveniva solo di tanto in tanto, con brevi frasi e cenni d’assenso quando concordava con ciò che dicevo, o di diniego quando invece esprimevo concetti che non gli andavano a genio.

Così, scoprii che Camus era appassionato d’arte e amava la letteratura.

Non l’avrei detto, perché da fuori il Cavaliere dell’Acquario sembrava la tipica persona interessata alla scienza e ai numeri, insensibile e freddo come mostrava di essere.

Invece, si era rivelato quasi empatico.

Trovavo straordinaria la sua capacità di riuscire ad “assorbire” tutto quello che gli stava intorno, fino all’ultimo particolare, e, contemporaneamente, di non lasciar trapelare nulla di sé stesso agli altri.

Tuttora so poco di Camus.

Conosco solo ciò che l’enigmatico Maestro dei Ghiacci mi ha permesso di sapere, perché dai suoi gesti, dalle sue parole, dai suoi oggetti, della persona che è davvero traspare poco o nulla.

-Bianchina, passami il vino!-

Una voce poco armoniosa mi riportò alla realtà.

-Uh? Dici a me?- chiesi a DeathMask, che mi guardava con un cipiglio annoiato, la mano tesa ad indicare la brocca poco distante da me.

-Sei sorda? L’unica Bianchina qui sei te, direi…-

Mi osservai le braccia, più incuriosita che offesa da quell’insolita critica.

Era vero, ero pallidissima! Se messa a confronto con la pelle abbronzata della maggior parte dei Cavalieri, poi, la mia sembrava quasi trasparente…

Però non c’era bisogno di offendere!

Mi girai verso DeathMask, ripassando mentalmente tutti gli insulti che conoscevo, pronta a lanciarglieli addosso alla prima occasione. Aphrodite, però, mi precedette:

-Sii un po’ più garbato con la nostra Lily, Angelo.-

Il Santo dei Pesci era insolitamente duro quando si rivolgeva a DeathMask, e, nonostante il suo aspetto dolce, era chiaramente una persona che non amava farsi mettere i piedi in testa dal primo prepotente di turno.

-Chiamami un’altra volta con il mio nome di battesimo e ti soffoco con la tua stessa cipria!- fu l’acida risposta del prepotente in questione.

-Hey, non parlare così ad Aphrodite! Ed ecco il tuo vino, maleducato!-

Con fare poco elegante, sollevai la brocca con uno strattone e la sbattei con un tonfo davanti al muso del Cavaliere del Cancro. Parte del nettare cremisi fuoriuscì, creando sulla tavola una piccola macchia che aveva la vaga forma di una rosa. Fortuna che il vetro resistette all’urto, altrimenti avrei sicuramente combinato un bel danno!

Soddisfatta del mio operato, rivolsi un sorriso a trentadue denti a quello che ormai consideravo il mio alleato.

Aphrodite, però, scosse la testa, in un’espressione che esprimeva sia divertimento che disappunto.

-Una signorina per bene non si abbassa mai a gesti del genere, Lily. –

-Ma io…- replicai, delusissima dalla reazione del Santo dei Pesci.

-Ti è andata male, carina! Ah ah! Aphrodite non approva i maleducati!-

Rise sguaiatamente, quel maleducato di DeathMask, fregandosene del mio sguardo d’odio e dell’ “appunto” che Aphrodite mormorò tra i denti.

Mi stava antipatico, antipatico davvero.

Tutto del Cavaliere della Quarta Casa mi dava la sensazione di un qualcosa di disarmonico, cacofonico, spiacevole.

Come se ogni sua singola caratteristica si fosse trovata lì solo per caso, a dare forma a quell’essere spregevole che era.

Mah.

Aphrodite era decisamente meglio, con la sua gentilezza antica e un po’ distaccata.

Alle volte, però, avevo l’impressione che volesse nascondere, con l’illusione della bellezza e dell’armonia, qualcosa di sé che lo spaventava e gli faceva ribrezzo.

Le mie, però, erano semplici considerazioni basate sull’osservazione, e non su dati oggettivi.

Solo del passato di Milo conoscevo i dettagli, perché era stato lui stesso a raccontarmeli. Delle esperienze che avevano segnato la vita degli altri Cavalieri, invece, non sapevo praticamente nulla, se non che le loro strade erano state quasi sicuramente tracciate nel dolore.

Decisi di smetterla di scervellarmi su cose che non mi riguardavano e che non dovevano riguardarmi, e mi concentrai su quel che mi stava accadendo intorno.

Presa com’era a dialogare un po’ con tutti, non mi ero accorta dell’assenza di due Cavalieri. Me ne accorsi soltanto quando cominciai a contare i bicchieri, per distogliere la mia attenzione dalle scempiaggini di DeathMask; erano undici, e non tredici come avrebbero dovuto essere.

          - Camus, manca qualcuno?-

Il mio taciturno interlocutore annuì leggermente, poi , socchiudendo gli occhi, si portò un bicchiere alle labbra. Bevve quel liquidi zuccheroso con estrema lentezza, ed io rimasi estasiata a contemplare un gesto che era speciale solo perché compiuto da lui.

Com’era elegante, anche nel movimento più banale e consueto!

Certo, tutti quei ragazzi trasudavano fierezza e raffinatezza, perfino Milo e DeathMask, che erano rispettivamente il più solare e il più rozzo dei Cavalieri. Però, in quanto a grazia, Camus non era secondo nemmeno ad Aphrodite, che pure aveva, nel modo di fare, un’innata leggiadria.

Non riuscii a reprimere un moto di ammirazione e di invidia.

-Doko si è recato ai Cinque Picchi dal suo allievo. Mur, invece, e nel Jamir, alla ricerca di un’acqua miracolosa.-

Aveva parlato tenendo gli occhi chiusi e il bicchiere accostato alle labbra; dopo qualche secondo di un silenzio che non osai spezzare, posò il calice e puntò le sue iridi ghiacciate nelle mie.

-Per te- disse, con intensa naturalezza.

Arrossii violentemente, ma, prima di voltare il capo per un imbarazzo che, a dire il vero, era del tutto ingiustificato, riuscii a scorgere,negli occhi del Cavaliere dell’Acquario, il guizzo di un sorriso divertito, nonostante il volto immobile.

“In fondo, dev’esserci un po’ di caldo anche in Siberia…”

-M-ma perché avrei bisogno di un’acqua miracolosa? Cos’ho che non va, da aver così bisogno di un miracolo?-

Un secondo.

Questa volta, il guizzo divertito negli occhi di Camus durò solo un secondo.

-La tua gamba. Si ostina a non guarire.-

In effetti, era vero.

Ero al Santuario da ormai tre giorni, ma la mia caviglia continuava ad essere livida e gonfia nonostante la medicassi ogni sera.

Però, non me ne preoccupavo: tra i tacchi e le passeggiate, avevo certamente sforzato il mio tendine oltre i limiti consigliabili. Era ovvio che, poi, la guarigione procedesse a rilento.

Ma in fondo, andava bene anche così.

Se la Dea Athena si era presa la briga di spedire uno dei suoi protettori addirittura in Jamir ( non sapevo dove fosse, ma dal suono era chiaro che si trattava di un posto molto, molto lontano), voleva dire che avevo una certa importanza.

Lady Saori si ostinava a volermi tenere al Santuario, si apriva, si lasciava andare con me e si preoccupava del mio benessere.

Tutto questo, sommato alla conversazione che avevo avuto con lei poco fa, mi mandava in confusione.

Se non altro, la prigione in cui ero rinchiusa era piuttosto amena. Magra consolazione!

Però, la solita domanda mi tormentava con un’urgenza via via crescente:

-Cosa ci faccio qui? Durerà a lungo?-

Camus non mi rispose, impegnato in uno scambio di sguardi con Milo, seduto al suo fianco, che aveva udito anche lui la domanda.

-Toh, è tornato Mur!- esclamò all’improvviso Aiolia.

Mur dell’Ariete doveva essere una persona molto amata: alla notizia del suo ritorno, tutti avevano manifestato, in modo più o meno palese, allegria e sollievo.

Io, dal canto mio, strizzai gli occhi per individuare il colore del Cosmo del Cavaliere della Prima Casa.

Lo trovai dopo pochi secondi: un rassicurante color lavanda, come i suoi capelli.

E, proprio in quel frangente, Mur entrò. Indossava l’armatura d’oro, con le lunghe corna dell’Ariete a cingergli il collo; sotto braccio reggeva l’elmo, e nella mano destra un’ampolla con del liquido trasparente.

Il mantello bianco che ondeggiava dietro di lui contribuiva a rafforzare l’imponente regalità tipica, da quel che avevo visto, di tutti i Santi d’Oro.

Le occhiaie e il sorriso stanco erano l’unica nota stonata in una sinfonia i dettagli e particolari altrimenti perfetta.

Mur salutò cordialmente i suoi compagni, che ricambiarono in modo amichevole; poi il suo sguardo frugò un po’ per la sala, sino a posarsi su di me.

Mi sorrise, ed io cercai di non notare quanto sul suo volto la stanchezza fosse sempre più evidente.

-Tieni, Lily, è per te. Bevila tutta, mi raccomando.- mi disse, porgendomi l’ampolla, una volta che si fu avvicinato.

- Grazie, Mur.-

Nel prendere l’ampolla, gli sfiorai le dita: erano calde.

Forse mi sbagliavo, forse questi ragazzi erano più umani di quel che pensavo; forse non era vero che avrei dovuto condividere me stessa con qualcuno di malvagio, e forse il Santuario non era davvero una prigione.

Forse, forse…

Le certezze erano diventate un lusso raro, ormai.

Però, quel giorno c’era un gran sole, ed io riuscii a convincermi che un futuro c’era, ed era roseo. Con quell’idea in testa, mandai giù tutto il liquido insapore dell’ampolla.

La felicità?

Ci credevo, ci credevo davvero.

 

 

 

…………………………………………………………………………………………………………

 

 

 

Frugai nell’armadio di Saga alla ricerca di qualcosa di più comodo di quel dannato vestito.

Trovai solo una maglia bianca e sformata e dei vecchi boxer. Indossai ogni cosa in fretta e furia e mi legai i capelli con uno degli elastici che portavo sempre al polso.

Sbuffai.

Non appena avevo bevuto quella strana pozione magica, la mia gamba aveva cominciato a guarire:  il colore della pelle, bluastro a causa dell’ematoma, era tornato, a poco a poco, della tonalità della mia carnagione, mentre il gonfiore era completamente scomparso.

Nel giro di pochi minuti, la mia gamba era tornata come nuova.

I ragazzi avevano assistito allo spettacolo con sorrisi ed entusiaste parole d’incoraggiamento. Io avevo balbettato un timido “grazie” nei confronti di Mur ed ero scappata via, dicendo che dovevo andare in bagno.

Invece, ero uscita di corsa dalla Seconda Casa ed ero arrivata alla Terza.

Ero atterrita.

Non volevo vedere nessuno di loro.

Fino a quel momento si era parlato di Santi, di Cosmo e Divinità, è vero; mi era stato presentato un mondo fuori da ogni razionalizzazione, sì, ed io vi avevo creduto senza batter ciglio e senza pormi troppe domande.

Ma adesso, oh, adesso era diverso.

Quella loro cosa magica era entrata in contatto con me, aveva forzato le leggi della natura,  mi aveva dato la prova pratica di una realtà che avevo accettato di riconoscere solo in teoria.

E fa paura la realtà, fa paura davvero.

Quando mi ero resa conto che, per quei ragazzi, una cosa così comune era la normalità, mi ero sentita…sbagliata.

Io non c’entravo nulla col loro mondo, nulla davvero, e non avrei mai potuto farne parte.

Non avrei mai voluto.

Il Fato, però, doveva pensarla diversamente. Fino a quel momento, la mia vita non era stata altro che il passaggio da una prigione all’altra. Non mi ero nemmeno mai concessa il lusso di sognare la libertà.

Mai, però, la mia prigionia era stata così rassicurante e angosciante al tempo stesso come lo era al Santuario.

Arrivata nella Terza Casa, mi ero diretta verso le stanze di Saga: c’ero già stata e sapevo dove si trovavano.

Avevo raccattato da un cassettone quei vecchi indumenti, e li avevo indossati buttando per terra il vestito fluo, in un gesto che aveva dell’isterico.

Avevo bisogno di sentirmi.

Volevo essere me stessa, Lily, senza tacchi, trucchi, comportamenti da “signorina per bene” e finzioni varie.

In quel momento non volevo compiacere nessuno: cercavo solo di trovare una traccia di me in un mondo che mi era completamente estraneo.

“Ti sei persa, Lily.”

Cominciai a piangere come una bambina quando la verità mi piombò addosso, e a piedi nudi uscii dalla Casa di Gemini.

Cosa volevo fare? Percorrere la gradinata?

No, avrebbe solo aumentato il mio senso di smarrimento. Girai lentamente su me stessa, descrivendo un giro completo, mentre con la mente indagavo le risorse di cui disponevo.

Riuscii ad articolare un solo pensiero: mi trovavo su una collina.

Incapace di smettere di piangere, scavalcai la bassa balaustra della gradinata, e mi ritrovai con i piedi a diretto contatto con l’erba secca.

Mugolai, un po’ perché il terreno scottava e un po’ perché la vegetazione secca e bassa mi provocava dolore a ogni passo. Mi inginocchiai, allora, e raggiunsi carponi quel lato di collina spoglio di templi ma ricco di arbusti e sterpaglie:  prima di schiantarmi addosso a Milo, il giorno del nostro primo incontro, venivo proprio da lì.

Scrollai le spalle e iniziai a salire, diretta alla vetta, dove speravo ci fosse la libertà ad attendermi.

Non volevo scappare, oh, no.

Ero controllata da dodici ragazzi con una forza e un potere sovrumani, capaci di chissà quali trucchetti…Darsi alla fuga, per una come me, sarebbe stata pura follia.

Nessuno mi aveva seguita, però.

Magari avevano intuito il mio stato d’animo, o, più probabilmente, mi avevano letto nel pensiero e avevano capito che non avevo la minima intenzione di fuggire. Non lo sapevo.

La sola cosa certa era che, comunque, mi avevano lasciata stare; il resto non importava.

Giunta a metà scalata, la pendenza divenne molto più ripida, tanto che fui costretta ad arrampicarmi sia con le gambe che con le braccia, il ventre a stretto contatto con la terra, come se stessi scalando l’Everest e non una normale collina.

Durante la salita, le lacrime e i singhiozzi mi lasciarono in pace; anche il dolore ai piedi era sparito, e la morsa che mi aveva stretto il cuore andava a poco a poco sciogliendosi.

Ricominciai a respirare…

Attribuii questa momentanea serenità alla terra: era l’elemento che più amavo, e mi sentivo legata a lei, sapevo di appartenerle.

Il tocco del terriccio, caldo per l’ora inclemente, con il  mio ombelico, anche attraverso la maglietta, mi faceva ridere e sentire viva.

Ah, la terra! Come l’amavo!

Era una madre, la terra, e aveva miliardi di figli. Anch’io, come lei, sarei stata una madre, un giorno? Questi erano gli interrogativi che mi ponevo da bambina, mentre mi rotolavo nel giardino della Clara Domus.

Mi fecero sorridere questi ricordi, che io ormai considerava perduti tra le pieghe della mia memoria.

Cullata da questi pensieri antichi, ero arrivata in cima. Lo spazio era davvero esiguo: non si trattava di una radura, era semplicemente un cucuzzolo ornato qua e là da piccoli cespugli di macchia mediterranea.

La cime della testa di un uomo già avanti con la calvizie, ecco cosa sembrava quella collina.

Che immagine sciocca, sciocca davvero!

Mi lascia andare ad una risata, nonostante l’assurdità dei miei pensieri, perché sapevo di averne un dannato bisogno.

Poi, subito dopo il riso, tornarono le lacrime, come fossi schizofrenica, e assieme alle lacrime, l’asma.

L’asma.

Mi ero dimenticata di citarlo, nell’elenco delle mie disgrazie.

Mi distesi supina su quel giaciglio per niente soffice di spine e scheletri di foglie, e aspettai, con il preciso intento di non muovermi da lì finchè la crisi respiratoria non fosse passata.

L’asma doveva smettere di tormentarmi, era una questione di principio ormai.

O la spuntavo io, o sarei morta lì.

Questi erano i miei assurdi pensieri, mentre mi lasciavo andare ad una delle mie solite sciocchezze.

Ero chiaramente confusa e frustrata, non capivo più nulla: di solito ero una persona assennata. Ansimavo in maniera rumorosissima e i miei pensieri non la smettevano di correre.

Quando ero ormai incerta che sarei impazzita, una sagoma azzurra si disegnò, nitida, nella mia mente.

Conoscevo quel Cosmo e quel colore.

Nonostante la mia volontà di non vedere nessuno, non mi dispiacque sapere che in quel momento Milo era accanto a me.

 

 

 

…………………………………………………………………………………………

 

 

 

 

Eravamo rimasti supini per non so quanto tempo, io a consumare in singhiozzi la mia frustrazione, Milo intento a masticare la spiga di un’erbaccia che aveva trovato lì.

Gli fui grata di aver rispettato il mio silenzio.

Mi rizzai a sedere, e nel farlo avvertii un dolore ben noto. Già pronta a lamentarmi, sollevai la maglietta quel tanto che bastava per constatare che, nonostante la stoffa, ero riuscita a scottarmi il petto.

Dannato sole!

-        Succede a chi ha la pelle così chiara! – rise Milo, cercando con gli occhi un lampo di stizza che brillasse nei miei. Non lo trovò, e questo sembrò rincuorarlo.

-        -Va meglio?- mi chiese con dolcezza.

-Un po’ – ammisi, lo sguardo timido e le spalle basse.

- Ti va di parlare un po’?- domandò allora lui, mentre si sedeva a gambe incrociate.

Annuii. Non mi serviva un confidente, in realtà. Avevo solo bisogno di sentire il suono della mia voce, per capire se ancora mi apparteneva o se anche lei mi aveva tradito.

-Allora racconta. Vediamo, mi piacerebbe sapere qualcosa …mmm…sul tuo passato, sì .-

Allora anch’io mi sedetti a gambe incrociate, e, guardandolo negli occhi, straripai come un fiume in piena.

Gli vomitai addosso una storia che era come un caco acerbo: bella alla vista, ma tremendamente difficile da mandare giù.

Così, come io conoscevo il suo passato, anche Milo conobbe il mio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mio corner

Questo capitolo è stato partorito con dolore, tra il caldo asfissiante, la pigrizia e il tempo, che è sempre poco. Forse, Lily potrà sembrare pazza o esagerata in queste righe, ma io non credo che sia così. Chi si comporta razionalmente nel momento in cui scopre che il mondo in cui deve vivere non è fatto per lui?

Beh, credo che per ora non ci sia altro da aggiungere. Ho alcune considerazioni da fare, ma i tempi non sono ancora maturi.

Finalmente, nel prossimo capitolo , si scoprirà qualcosa sul passato di Lily (sempre che interessi a qualcuno, sigh…=_=)

E ora, i ringraziamenti!

Ribrib20: sei sempre la prima a recensire, tu fai davvero la mia gioia! ^_^ sisi, ora sto bene. Ho avuto solo una banalissima (quanto pessima! D’oh!) influenza allo stomaco, ma ora sto benone! ^_- sono felice che questo storia ti coinvolga a tal punto, non sai che piacere. Comunque sì, ci ho riflettuto un po’: Milo in bianco e nero renderebbe proprio zero *_*. Vai di colori! xD mmm… non sono sicura di sapere esattamente come potresti pubblicare i disegni, perché con la tecnologia sono una frana! ( già il codice html mi ha mandata in crisi *_*) ma ho un amico che di queste cose se ne intende, chiedo a lui e in qualche modo ti farò sapere! ^_- cosa ne pensi di questo capitolo? Intanto, grazie per aver recensito, sei la migliore! Alla prossima! *1bacio*

 

Gufo_tave: troppo immatura, dici? In effetti, potrebbe essere, ma è anche questione di come la si vede. In fondo, se un giorno Saori avesse una reazione del genere, non mi stupirebbe ( tralasciando il discorso Saori = Atena). Per quanto riguarda l’ooc, ti confesso che avevo messo l’avvertimento solo perché, essendo io inesperta del mondo di Saint Seyia, ma trovandolo abbastanza affascinante da scriverci sopra, ero sicura che avrei in qualche modo storpiato il carattere di qualche personaggio. E, infatti, è stato così. Chiedo venia, mi sto impegnando per migliorare. Infine, sì, Lily è italiana da parte di padre, ma la sua mamma è inglese. ^-^ ops, scusa se ti ho scritto una  risposta così lunga…^_^ grazie per la recensione e per non avermi abbandonata! *1bacio*

 

HOPE87: di cosa ti scusi, non devi giustificarti di nulla!^_- mi rendo conto che, fino ad ora, “beautiful novel” segue uno stile narrativo classico e per nulla originale: la solita tipa che si ritrova senza sapere perché nell’universo dei Cavalieri, nasconde una forza che nemmeno conosce e si innamora del figo di turno. Questa è solo apparenza, però. La storia è cominciata, si può dire, solo ora, e spero che già dal prossimo capitolo possa apparirti in qualche modo diversa dalle “solite cose”. Forse la mia è presunzione, forse solo illusione. Ti chiedo di avere fede e pazienza ( pazienza soprattutto) , e vedrai che questa fic ti sembrerà un po’ particolare, se non per la trama, almeno (spero!) per la semplicità. Grazie per aver recensito, comunque, mi ha fatto davvero tanto piacere sapere cosa ne pensi! =) *1bacio*

 

Roxrox:hey, Roxy, figurati, ti capisco benissimo! “ritardo” è il mio secondo nome =) sì, anch’io trovo che Lily sia un po’ troppo buona e sulle nuvole per essere ritenuta normale, ma che ci vuoi fare, l’ho voluta così e adesso me la tengo! xD e comunque, Deathy un po’ di dieta se la merita, in fondo non gli fa certo male! xD. Sono contenta che finora la storia ti piaccia. Cosa ne pensi di questo capitolo? Trovi che sia troppo introspettivo? Fammi sapere cosa ne pensi, ci tengo alla tua opinione! Grazie di tutto, e ancora auguri per la laurea! * 1bacio*

e ora, vorrei ringraziare infinitamente djibril88 che ha aggiunto questa fic tra le sue preferite! Grazie *_*! *1bacio* e un abbraccio.

Infine, grazie anche a tutti coloro che leggono in silenzio!

Enjoy!

stantuffo

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Primb