Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Astarter    02/11/2016    4 recensioni
Aggiornamento 28/11/2019!
...
Quando fosse iniziata veramente con Jon, non lo capì mai, Sansa.
Nel percepire la sua indole di giustizia, lei aveva preso a detestarlo profondamente, ma non perché fosse Jon, il fratellastro che aveva sempre guardato con sdegno. Né perché ora regnasse sul castello che le spettava per diritto e successione. Non era quella la ragione.
Sansa anche se era restia ad ammetterlo lo odiava per quell'ingenuità che lui, a differenza sua, non aveva perso.
Bran era tornato a Grande Inverno, rivelando chi fosse in realtà Jon e lì quel giorno, qualcosa dentro Sansa si era liberato.
E c'era un'idea che le ronzava in mente, qualcosa che pareva la soluzione giusta a tutti i suoi timori.
Ci aveva pensato per giorni, settimane a cosa dirgli sedendosi sotto la chioma del grande albero cuore dalle foglie perennemente rosse. E alla fine era rientrata nel Bastione e l'aveva affrontato.
"Ma che stai dicendo? Tu se mia... " aveva sbottato Jon inorridito, senza però continuare, perché lei non era affatto sua sorella.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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IV
Accordi tra coniugi




 

L’aurora per Jon aveva il sapore del dolce che lui e Sansa avevano appena assaporato nella sala dei banchetti.
Era stato un bacio diverso da quello che s’erano scambiati la prima volta, era stato qualcosa di consapevole da entrambe le parti. Lei gli aveva avvitato le braccia attorno al collo, ed erano rimasti nella lugubre oscurità di quella stanza gelida a dimostrare con i fatti ciò che ancora non riuscivano a dire a voce, suggellando un tacito accordo che forse sarebbe stato stipulato a parole solo in seguito…
Tuttavia, il gorgoglio eloquente dello stomaco della ragazza diede fine alle effusioni dei due.
Jon rise mesto, mentre Sansa arrossì vistosamente.
«Andiamo» si affrettò a dire lui, facendole strada.
Qualche minuto dopo aver varcato assieme la soglia di una camera a debita distanza dalla sala dei banchetti, Jon ordinò ad una serva di portare delle pietanze a entrambi.
Lui per incoraggiarla a mettere qualcosa nello stomaco s’era messo a mangiare a sua volta.
Il giovane a differenza della moglie era più veloce a consumare i pasti, ma ordinato.
«Come faremo a finire tutto?» chiese Sansa, mentre Jon le allungava un altro piatto.  
«Scommetto che ci riusciremo» sollevò un sopracciglio, incitandola a ingurgitare altro cibo.
Sapeva che non avesse mangiato molto in quei giorni e non gli interessavano affatto le sue repliche.
«E' molto buona» considerò lei, inforcando un altro pezzo di torta.
Con una coppa di vino in mano Jon osservò le labbra piene di Sansa, che lente si chiudevano attorno a quel pezzo di torta alla frutta, come una cerniera di carne.
Erano dannatamente attraenti quelle labbra...
Quando si avviarono nei pressi della loro camera, Jon vide affiorare sul volto della moglie una smorfia di dolore, e notando la sua difficoltà nel camminare le mise il braccio attorno alla vita, sostenendola.
«C’è qualcosa che non va?» mormorò vicino al suo orecchio.
«Penso di sapere che cos’ho, devo solo verificarlo» prese un lungo respiro.
Ormai varcata la soglia della camera patronale, Sansa si staccò da Jon e si avvicinò all'armadio, tirando fuori qualcosa a cui lui non prestò molta attenzione.
Con una candela tra le mani lasciò la camera, recandosi in quella adiacente.
Sollevando un sopracciglio, per quell'improvvisa azione, il re fece scivolare la camiciola di velluto dalle spalle, gettandola poi sul mobilio.
Ma che le prendeva di nuovo?
Ormai preparato per la notte si infilò sotto le coperte, restando seduto, in attesa che lei tornasse
«Allora, che hai?» domandò, quando la vide comparire da dietro la porta.
«Quello che viene ad ogni donna una volta al mese» rispose frettolosa, tenendo una mano sul ventre e stendendosi al suo fianco.
«Ti faccio portare qualcosa?» istintivamente posò la fronte sulla sua, baciandola a fior di labbra.
Sansa sempre più conquistata dai suoi modi, sentì un fremito su tutto il corpo e vagamente in imbarazzo abbassò le palpebre, mentre lui più tranquillo di due ore prima la osservò perplesso.
Il giovane re aveva sentito storie da alcuni uomini sul fatto di come fossero strane le mogli in quelle giornate, ma Sansa, a detta sua lo era di continuo, dunque non riusciva a fare differenze.
Di certo Jon, non poteva immaginare che il tremolio di Sansa non era affatto dovuto al bacio che le aveva lasciato, ma proprio all’affetto che le dimostrava in ogni momento e che ancora faticava ad accettare.
«No, non mi fanno nulla quegli infusi, ma forse mi sentirei meglio se…» gli voltò le spalle, posando la mano del ragazzo sul suo ventre. «Questo funziona meglio di ogni qualsivoglia intruglio nauseabondo.» 
«Se è il calore a darti sollievo, ti terrò stretta a me tutta la notte» Sansa sentì il torace del marito aderirgli addosso, le mani ghermirgli il ventre e il capo reclinargli sulle spalle teneramente. La pelle di Jon era morbida, delicata. E trovarsi tra le sue braccia la faceva sentire in pace e al sicuro. 
Nessuno riusciva a contenere i suoi conflitti interiori, come Jon che le tendeva le mani, proteggendola da se stessa e da quei pensieri oscuri che la sommergevano. 
«Jon» sussurrò flebile dopo diverso tempo di silenzio, cercando di distrarre la mente dal dolore. «Oggi non visto Spettro.»
«Sembra aver qualcosa da fare fuori da Grande Inverno ultimamente. Ma Ser Davos lo ha visto rientrare, prima che cenassimo nella sala dei banchetti» fioco il suo respiro si spostò sul suo orecchio e lei girò la testa istintivamente per inseguirlo, incontrando le labbra del ragazzo. 
S’addormentarono così quella notte, fusi in un’unica scura sagoma ferma e composta senza battere ciglio. Vicini come non lo erano mai stati in quel giaciglio, i respiri che si confondevano e un’intimità che stavano costruendo un passo alla volta.


I tre giorni successivi, i due regnanti svolsero le loro mansioni al castello. Jon aveva chiesto a Dito Corto di inviare parte dei suoi cavalieri a fare ricerche riguardanti l’ossidiana, e fabbri che sapessero lavorarla.
«Bran» lo chiamò, entrando nella sua camera assieme a Sansa e ser Davos. «Sei riuscito a dare un ordine alle tue visioni?» il re prese posto su una sedia e guardò Meera sistemare un cuscino alle spalle del cugino.
«Cersei Lannister dopo aver fatto fare misera fine a quasi tutti i Tyrell, facendo esplodere il tempio e spingendo senza volerlo re Tommen al suicidio, ora ha preso il suo posto sul Trono di Spade» disse Bran, causando una morsa allo stomaco di Sansa.
«C'è dell'altro?» gli chiese Jon.
«Tua zia sta navigando verso Westeros, accanto a lei c’è Tyrion Lannister. Una flotta di navi sembra andarle incontro.»
«Chi sono?»
«Uomini delle isole di Ferro. A comandare tutti c’è Euron Greyjoy. E in una una delle navi  di tua zia ci sono Theon e sua sorella.»
Appena sentì il nome di Theon, Jon contrasse le mani in un moto di rabbia al solo pensare che quel ragazzo con cui mai aveva stretto un legame profondo avesse tradito Robb.
Sansa cercò di ignorare la goccia di sudore gelido che gli corse tra le scapole e capendo cosa passasse nella testa di Jon posò la mano sulla sua, stringendola.
Sembrava si stessero curando a vicenda. Pareva che la loro unione stesse sbocciando solo in quei giorni in cui s'erano lasciati andare a sensazioni mai provate per nessun altro. 
Theon l’aveva aiutata a scappare da Ramsay, e non era più il ragazzo che anni prima suo padre aveva condotto a Grande Inverno come ostaggio politico. No, non era quasi rimasto nulla dell' erede delle isole di ferro, anche se nemmeno lei l'aveva perdonato, e mai lo avrebbe fatto.
Quando lasciarono la stanza di Bran, Jon camminò al fianco di ser Davos, lasciando la moglie un po’ indietro. 
«La buona notizia, maestà è stata quella di sapere che vostra zia si stia avvicinando a Nord. In questo modo non saremo costretti a recarci da lei.» disse ser Davos.
«Anche volendo non avremmo nemmeno avuto il tempo materiale per raggiungerla. Il continente a sud richiede mesi di viaggio in mare.»

Per tutto il resto della serata, Sansa si sentì tesa. Durante la cena Dito Corto aveva annunciato la sua partenza da Grande Inverno. E se da una parte era stata lieta di sapere che quel Lord se ne sarebbe andato dalla sua dimora, dall’altra sentiva una certa ansia. Conosceva le sue ambizioni, i suoi giochetti sarebbero durati fino a che lui avrebbe emesso l’ultimo respiro. Per cui vedere Jon rilassato la irritò così tanto da costringerla a mordersi la lingua pur di non girarsi in modo astioso con lui, o lanciargli un'occhiata poco affettuosa. Di sicuro nella sua mente da Stark, e non Targaryen, perché per quanto la riguardava, non aveva proprio ereditato nulla dai suoi parenti, suo marito stava gioendo per quello spostamento, mentre lei essendo realista sentiva un retrogusto amaro ad ogni pezzo di carne che ingoiava.
Amaro e soffocante.
Aveva visto troppe volte le manovre di Dito Corto, per non preoccuparsi di quell’improvvisa decisione. 
Un serpente non può avvelenare un altro serpente. Un rettile deve cercare una pasto prelibato e ignaro delle sue mire.

Quando un'ora dopo aver finito di parlare con gli alfieri e ser Davos, il re del Nord entrò nella camera patronale, vide Sansa seduta davanti allo specchio, con una veste rosa pesco e una giacca sulle spalle. Il crepitare del fuoco acceso animava lo spazio. E la luce scarna delle candele poste agli angoli della grande camera rimbalzava sullo stendardo degli Stark e il resto del mobilio.
La giovane moglie, non s'era nemmeno degnata di salutarlo e con una spazzola tra le mani pettinava in modo quasi frenetico i suoi lunghi capelli rossi.
Appoggiandosi al muro, lui attese che lei parlasse. I modi di fare di Sansa lo mandavano ai pazzi, e purtroppo avrebbe dovuto farsene una ragione. 
C’era qualcosa che non andava e il non sentirla rivolgergli la parola durante la cena l’aveva ulteriormente insospettito.
«Jon» lo chiamò lei, guardandolo dal riflesso dello specchio. «Perché te ne stai lì senza dire niente?» lo vide strizzare gli occhi come se non ci vedesse bene.
«E tu, per quale ragione mi hai ignorato per tutta la sera?» il tono impaziente e leggermente alterato.
«Vuoi una ragione, eh?» affondò ancora la spazzola nei capelli. «Lord Baelish è andato via da Grande Inverno, per fare un esempio» lo vide sollevare le palpebre incredulo.
«Avresti per caso preferito che stesse ancora qui a tormentarti? Mi sembra una buona notizia questa» replicò respirando rumorosamente.
«No invece!» si voltò lanciandogli un’occhiata di disappunto. «La sua presenza non mi è gradita, ma almeno qui avremmo potuto tenerlo sotto controllo. Come faremo ora?» posò la spazzola esasperata dalla sua ingenuità.
«Stai correndo troppo, anche Baelish conosce la minaccia che sta marciando verso la Barriera, non penso che…» si interruppe, quando la ragazza strinse i denti nella parodia di un sorriso sarcastico. 
Sansa si alzò di scatto, ma il movimento che in un’altra sarebbe sembrato brusco o sgraziato in lei assunse come di consueto qualcosa di fluido e incredibilmente elegante. L’orlo del lungo abito frusciò sul pavimento.
«A lui non importa nulla degli Estranei, lo capisci? Io non sono nemmeno sicura che ti abbia creduto» la voce alta intrisa di irritazione. «Lord Baelish vuole il trono di Spade, e tu che sei il re del Nord e anche un Targaryen, per lui resti un ostacolo. Vuole eliminarti, e ti rallegri di non vederlo più?»
«Sansa datti una calmata, stai esagerando» considerò, mentre lei gli girava intorno come una lupa inferocita.
Lui seguì per attimi interminabili ogni suo movimento: le sue dita lunghe che sfioravano piano le punte dei suoi capelli, soltanto per non guardare tutto il resto.
«Avevi detto che ci saremmo dovuti fidare l’uno dell’altra. E invece tu continui a fidarti più dei tuoi consiglieri che di me!»
Avvertendo una morsa allo stomaco nel sentire quel tono accorato e soprattutto quelle parole, lui allungò le braccia e la trasse a sé, circondandole le spalle. Doveva acquietarla, non riusciva farne a meno.
«Nel nostro discorso, non era incluso alcun rischio che ti riguardasse» Sansa posò il volto sul suo torace, socchiudendo gli occhi, senza però desistere dal proposito di convincerlo a darle retta.
«Non correrò alcun rischio.»
«Che cos'hai in mente?» le domandò rassegnato, inspirando la fragranza fruttata dei suoi capelli. Era sicuro che Sansa, non l'avrebbe lasciato in pace fino a che non l'avesse ascoltata. Ed era cosciente che in quel momento stava pensando. In quell’involucro di ragazza apparentemente innocente oramai albergava una mente sveglia e calcolatrice. Il suo cervello stava probabilmente formulando una soluzione, scartandone altre. Stava decidendo cosa dirgli, quanto dirgli e come dirglielo.
«Manderò qualcuno alla Valle a sorvegliarlo. So già come farlo passare inosservato» proruppe lei, rialzando il viso e prendendo tra le mani una ciocca sfuggita dalla coda dei capelli del marito.
Un’ espressione di riluttanza aleggiò per un attimo sui lineamenti di Jon illuminati dalle fiamme ondeggianti del camino. Gli occhi scuri persero ogni lucentezza, divenendo freddi.
Davvero credeva che le avrebbe concesso di mettersi in una posizione di pericolo?
«No, Sansa» disse implacabile, mollando la presa sui suoi fianchi.
«Perché no?» gli prese il viso tra le mani. «Tu tieni a salvare la nostra gente, vero? Se mi darai retta riusciremo a salvare tutti» soffiò, sulle sue labbra. 
«Ma più di tutto mi preme la tua di vita» socchiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro.
I battiti cardiaci del cuore di Sansa accelerarono nel sentire quelle parole e travolta da un emozione inaspettata, sempre più difficile da descrivere, strinse tra le mani la maglia scura e tesa sul suo petto.
Era normale essere percorsa da brividi, mentre un fuoco sembrava sprigionarsi dalle dita, stringersi fino ad ardere più forte al centro del palmo per poi avvolgerti tra le fiamme? 
«Nemmeno io voglio vederti morto, per cui... fidati di me» gli sussurrò con voce morbida.
Jon vezzeggiò la pelle delle sue guance sotto le dita, facendo scivolare la mano sul suo collo. E soffermando lo sguardo sulle labbra schiuse della moglie, avido di un contatto se ne appropriò esplorando l'intimità della sua bocca.
Sansa stava divenendo per lui un succo di passione e tenerezza distillato in una coppa argentata, stava diventando un tormento che si organizzava giorno per giorno a corrompergli il cuore e mutilarlo.
Lei si fece trascinare in quel vortice colorato che tanto nella vita aveva agognato, e che proprio la persona a cui meno aveva pensato gli suscitava.
Il suo tocco era delicato, pareva far attenzione ad ogni minimo contatto. Era fuoco, quando le si avvicinava e ghiaccio, quando lottava. Più volte in quei giorni, Sansa l'aveva visto sfogare la frustrazione repressa per l'imminente guerra contro un qualsivoglia pretendente. E ne era stata dannatamente attratta anche in quel momento.
Non poteva contare sempre sugli altri, questo l'aveva imparato. Aveva capito di poter contare soprattutto su se stessa.
Jon era diventato suo marito e nel profondo si fidava di lui, ma non voleva essere un peso. Se quello era il destino che le spettava, allora l'avrebbe affrontato a testa alta. Era rimasta dannatamente indietro. E mai come in quel periodo aveva sentito la necessità di recuperare il tempo perduto almeno in parte.
Insegnami, Jon.
«Facciamo un patto, maestà» disse Sansa.
«Vale a dire?» sollevò un sopracciglio. 
«Io insegno qualcosa a te e tu fai lo stesso con me» disse in un soffio.
«Cosa vuoi imparare, regina?» le mani del ragazzo si insinuarono tra i suoi capelli. 
«Quello che tu sai fare meglio» si rigirò fra le sua braccia, affondando il naso contro la base della sua gola. Lui aveva a stento sentito cos'avesse risposto, visto il tono flebile che aveva usato.
Sansa sollevò lo sguardo, strusciando lo zigomo sul suo e avvertendo il pizzicore della barba sulla pelle.
«Insegnami» ripeté, circondandogli la vita e fissandolo. 
«Che cosa?» le domandò ad un palmo dal naso, ipnotizzato dagli angoli affilati dei suoi occhi cerulei, dal modo in cui in quel momento gli parvero fissi come quelli che si intravedevano nelle raffigurazioni. Immobili come quelli di un dipinto antico e malinconico.
«Insegnami ad usare la spada» disse seria.

C’era stato un interminabile silenzio tra loro, ma era stato un silenzio strano, un silenzio che sembrava imprigionare entrambi lì dentro, per poi ingabbiarli in un vortice di parole che non venivano dette, ma che assordavano solo la mente. Le orecchie invece percepivano ogni cosa.
Nessuno può proteggermi. Nessuno può proteggere nessuno. 
«Jon» disse, quando lo vide allontanarsi. «Che ti prende?»
«E me lo chiedi? Tu hai sempre odiato ogni tipo di arma. Ed ora vieni a chiedermi di insegnarti ad usare la più cruenta di tutte? Cosa speri di imparare in poche lune?»
«E' vero, ma penso d'averti dimostrato più di una volta di non essere più la ragazzina che ricordi tu. La spada è l’arma più efficace a poca distanza. Non pretendo d'arrivare ai livelli di Brienne, non ci riuscirei nemmeno dopo anni d'allenamento, ma voglio saper badare a me stessa da sola.»
«Sei la regina del Nord, tutti sono al tuo servizio.»
«Chiunque potrebbe tradirmi proprio perché ho questa posizione. Forse è bene che cominci a portare con me anche un pugnale» considerò seria.
Jon 
deglutì a vuoto, espirando con forza.
«Come possono sorprenderti le mie parole?» si avvicinò al marito e slacciò i lacci della sua camicia, facendo si che lui restasse a torso nudo. «Guarda cosa ti hanno fatto i tuoi confratelli» alzò il tono di voce.
Jon sgranò gli occhi, guardandola attonito. Era stato lui stesso a rivelarle i fatti, a dirle di essere stato accoltellato dai guardiani della notte, eppure ascoltarlo dalle sue labbra gli fece salire un sapore amaro in bocca. Inoltre aveva fatto molta attenzione a cambiarsi lontano dal suo sguardo, non voleva spaventarla con quelle orribili cicatrici, non voleva che anche lei sfiorasse l'oscurità che lo attanagliava, eppure stranamente Sansa, non sembrava affatto impressionata.
Sentì le sue dita strusciare sul suo petto, rabbrividendo ogni volta che i suoi polpastrelli si soffermavano su quei segni indelebili.
«Ringrazio quella donna che ti ha riportato indietro ogni giorno» disse angosciata, alzando il capo.
«Sansa» la prese per le spalle, per allontanarla, come a volersi proteggere da quella franchezza che ora gli spiattellava addosso.
Lei serrò la mandibola e lo raggiunse nuovamente, non poteva permettere che lui cedesse a quello stato. Era arrivato il tempo di svelare ciò che ancora gli teneva celato, liberandosi da quel fardello solitario che portava addosso da troppo tempo.

 

 

   
 
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