Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Lory221B    03/11/2016    7 recensioni
Raccolta di storie di genere mistery/thriller
Prima storia: "Amnesia" John Watson si sveglia all'ospedale senza ricordare nulla del suo passato.
Seconda storia: "Il Gatto Nero" (liberamente ispirata dal racconto di Edgar Allan Poe). Sherlock e John ricevono la visita di un gatto e strani avvenimenti accadono nell'appartamento dei vicini.
Terza storia: "Il reparto" Sherlock deve affrontare il suo problema finale
[light!johnlock]
Genere: Angst, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento e spero che non ne ricordi altre, in tal caso non sarebbe voluto, ma fatemelo sapere!


AMNESIA


L’aria è leggermente asettica, sembra quasi non abbia alcun odore. L’uomo disteso nel letto si sente stanco, prova a muovere le dita della mano sinistra, un movimento impercettibile, un tentativo di toccare la consistenza delle lenzuola. Sono rigide, per niente confortevoli, al punto che è sicuro che quando aprirà gli occhi, saranno bianche e anonime, come quelle di un letto d’ospedale.

Porta la mano destra sulla fronte, con fatica, a coprire le palpebre ancora chiuse finché non sente una voce profonda che lo invita a svegliarsi; percepisce la presenza accanto a lui e si trova costretto, finalmente, ad aprire gli occhi e affrontare quello che è successo.

« Dott. Watson, buongiorno » esclama quella voce. L’uomo disteso nel letto cerca di riconoscere il proprietario di quel suono caldo che lo ha fatto sussultare, ma non ricorda di aver mai visto qualcuno come la figura che ha davanti. Alto, dai capelli corvini e ricci, che fanno da piacevole contorno ad un viso così pallido da essere quasi etereo.

« Buongiorno » biascica l’uomo nel letto « Come mi ha chiamato? »

« I medici mi hanno detto che poteva avere un’amnesia , per questo sono qui » risponde brusco l’uomo in piedi « Mi chiamo Sherlock Holmes, consulente investigativo e sono qui per aiutarla con il suo caso »

« Il mio caso? » risponde confuso il dottor Watson, guardandosi attorno stranito. La stanza è eccessivamente bianca ma comincia a percepire qualche odore, quell’aria sgradevole di disinfettante, tipica di un ospedale.

« Ho guardato gli oggetti che aveva addosso quando l’hanno trovata » afferma facendo un leggero cenno verso una scatola appoggiata accanto al suo letto « I documenti che aveva nel portafoglio dicono che si chiama John Watson, medico militare in congedo. L’hanno trovata ferito in un vicolo, nessun indizio. La polizia, al solito, brancola nel buio e per questo ha chiamato me. Lei è in coma da due settimane, credevano non sarebbero mai riusciti a parlare con lei, per questo mi hanno ingaggiato e vista la sua amnesia, direi che hanno fatto bene »

John Watson fissa l’uomo che dice di chiamarsi Sherlock Holmes e che tutto ad un fiato gli ha versato addosso una valanga di informazioni che il cervello, provato da settimane di coma, non sembra recepire del tutto. Si chiama John, era un medico militare, era stato aggredito.

« Nessun parente è venuto a trovarmi? » chiede, sentendo già che la risposta sarebbe stata negativa. Non riesce a capire perché ma ha l’impressione di essere una persona molto sola. Sherlock Holmes sembra colpito dall’affermazione, per un attimo fissa l’uomo con uno sguardo strano, quasi spaventato, per poi scacciare quell’espressione che per niente si addice alla sua figura e riprendere il solito sguardo sicuro ed indagatore.

« Che io sappia, non è venuto nessuno. Ma la polizia è lenta, potrebbero non aver rintracciato i suoi parenti » commenta il detective, portando le mani dietro la schiena ed iniziando a passeggiare, meditabondo, per la stanza. Sherlock sembra sul punto di dire qualcosa, una deduzione o qualcos’altro di più personale, ma ogni pensiero viene ricacciato indietro dall’arrivo di un uomo ed una donna.

« Il competente ispettore Lestrade e la simpaticissima sergente Donovan » fa il consulente investigativo con un cenno del capo in direzione dei  due. John rimane leggermente stupito dal tono di accondiscendenza dell’uomo, ma non dice una parola.

Lestrade e Donovan puntano direttamente alla scatola appoggiata sul comodino, ignorando Sherlock che sfoggia un sorrisetto indisponente mentre si avvicina alla finestra, come per cercare qualcosa al di là di quella stanza.

« Scusate » fa John Watson, quasi timidamente « Potreste dirmi cosa sta succedendo? »

« Non possono » ribatte il detective  « Non lo sanno nemmeno loro »

« Non capisco cosa ci faceva in quel vicolo vicino a Gooding Street » commenta Donovan, con un tono acido che infastidisce John.

« Scusate se vi sto arrecando disturbo  » commenta John sarcastico, in risposta, provocando una leggera risata in Sherlock.

Lestrade alza lo sguardo in direzione di Sherlock e John, poi scuote il capo e ritorna a controllare l’interno della scatola « Documento di identità di John Watson, portafogli con 50 sterline, cellulare rotto. Vediamo se Anderson riesce a ricavarne qualcosa »

« Anderson? » esclama il detective « E’ già tanto se capirà che si tratta di un cellulare »

Donovan si avvicina a Lestrade, occhieggiando in giro « Intanto sappiamo che non si è trattato di una rapina, ci sono ancora 50 sterline nel portafogli »

« Scotland Yard è in grande forma oggi » risponde Sherlock, strizzando l’occhio in direzione di John.

I due agenti sbuffano, Lestrade porta anche una mano sulla testa, grattandosela con vigore.

« Non mi piace questa storia » esclama soltanto voltandosi in direzione del detective.

« E’ un caso interessante » ribatte serio Sherlock, prima di dare le spalle a quelli che considera due incompetenti.

Lestrade tira fuori dalla scatola un ultimo oggetto, un orologio con una incisione sulla cassa. Fa una smorfia ma non intende commentare ulteriormente.

Donovan prende per un braccio l’ispettore e sembra quasi trascinarlo fuori dalla stanza « Gli avevo detto di stare lontano da quello stramboide » sussurra, prima di richiudere la porta alle sue spalle.

« E’ normale che non abbia capito niente? » chiede John, perplesso. Sherlock sorride e il dottore può ammirare come muti l’espressione di quell’uomo quando regala un sorriso sincero. Sembra quasi fragile, non così sicuro di sé come vorrebbe far credere.

« Si riposi dottor Watson, ci vedremo nei prossimi giorni »

John vorrebbe gridare che non ha motivo di riposarsi, che vorrebbe soltanto sapere chi è e cosa sta accadendo. Non ricorda assolutamente niente, non solo il motivo per cui è arrivato in ospedale, non ricorda proprio niente del suo passato: dove è nato, la sua famiglia, le scuole che ha frequentato. Non ha idea di chi lui sia. Sente di essere una brava persona, ma come potrebbe esserne sicuro?

I pensieri sono troppo negativi per non farlo sprofondare in un vortice sempre più pressante, finché non si riaddormenta, ancora una volta.

Passano alcuni giorni, prima che Sherlock Holmes riappaia nuovamente nella sua stanza. John ha sperato tanto di rivederlo, non solo perché non ha ricevuto alcuna visita, ma anche perché gli sembra l’unico legame con la realtà, l’unica persona che in qualche modo si sta occupando di lui.

« Sta bene? » chiede Sherlock, accomodandosi su una sedia vicino al letto del dottore.

« Dov’è stato? »

« Ho fatto qualche indagine. Lei ha ricordato qualcosa? »

« Frammenti di cose, niente di nitido. Credo ricordi della guerra »

« Mi descriva questi ricordi » risponde il detective, congiungendo i palmi delle mani sotto il mento e chiudendo gli occhi, come ad assorbire ogni informazione.

« Sono cose folli, ricordo degli spari, delle grida, un uomo con la corona, una donna vestita da sposa »

Il detective sembra rianimarsi, in particolare il riferimento a due persone gli fa sperare a qualche indizio sui possibili responsabili dell’aggressione « Mi descriva queste due persone »

« Dell’uomo con la corona ricordo solo un ghigno da squilibrato mentre la donna vestita da sposa non ha volto. E’ soltanto una donna, con in mano una pistola »

Sherlock si volta rapidamente, troppo rapidamente perché John non possa notare che le informazioni l’hanno colto di sorpresa « Ho detto qualcosa di sbagliato? »

Il detective abbandona la sedia con una espressione indecifrabile, il respiro è leggermente accelerato « John, se lei se la sente, credo dovremmo uscire da questo ospedale e indagare assieme. Magari le ritornerà in mente qualcosa »

Il tono vuole essere autoritario, ma John percepisce una leggera dolcezza nella richiesta, forse un bisogno di quell’uomo di non restare da solo. Dopo pochi minuti è vestito e pronto ad affrontare Londra assieme al nuovo amico.

Dopo essere stati ignorati da alcuni tassisti, decidono di raggiungere a piedi il luogo dove John è stato trovato. Il vicolo non è tanto lontano e secondo Sherlock passeggiare per Londra è un ottimo modo per recuperare la memoria. Il detective ha un passo energico e veloce, John fa quasi fatica a stargli dietro per le vie di quella città che non ricorda e non sa come dovrebbe essere fatta, mentre l’uomo che sta seguendo con estrema fiducia, sembra conoscere ogni angolo, anche il più nascosto.

« Lei dove abita? » chiede il dottore, accelerando il passo per restare sempre a fianco al detective.

« Baker Street »

« Oh, una zona di lusso. Le serve un coinquilino? » commenta John, scherzando e il detective sembra accogliere quell’affermazione come uno schiaffo; non dovrebbe fargli alcun effetto, invece  lo fa e alcuni dubbi cominciano a prendere ormai sempre più vorticosamente forma nella sua testa.

Sono all’altezza del ponte di Waterloo, quando Sherlock blocca con un braccio il suo nuovo cliente e annusa l’aria perplesso.

« Cosa succede? Un odore rivelatore? » scherza John.

« Quale odore sente? Cosa percepisce? » chiede, concentrato su qualcosa, un pensiero che continua a riproporsi ma continua a ricacciare indietro.

John arriccia le labbra, in un’espressione dubbiosa « Smog e un odore non troppo piacevole dal fiume. Cosa dovrei sentire? »

Sherlock mette le mani nelle tasche del cappotto, all’improvviso non è più tanto sicuro che uscire assieme sia stata una buona idea « Fame? » chiede soltanto, evitando lo sguardo del dottore.

« In effetti mi sembra di non mangiare da secoli. Ho visto un bar qui vicino » afferma, iniziando a camminare verso il locale, seguito dal detective, per niente contento di dove le deduzioni lo stanno portando.

Si siedono ad un tavolino, il locale è affollato di gente chiassosa e John non è per niente stupito che dopo mezz’ora non sia ancora passata la cameriera per prendere la loro ordinazione.

« Non ho fame » afferma Sherlock, appoggiando le mani sul tavolo, quasi in segno di sconfitta.

« Come dice? » chiede John, mentre cerca di fare un cenno alla cameriera carina che sta servendo il caffè qualche tavolo più in là.

« Ho detto che non ho fame e nemmeno tu, John »

« Quando siamo passati al tu? » chiede il dottore sorpreso, anche se trova quasi familiare quel modo di rivolgersi a lui.

Sherlock sospira, scontento « Devo farti vedere una cosa, John. Non ti piacerà » aggiunge con tono grave e il dottore avverte una punta di malinconia, unita alla tristezza. Non sa cosa il detective voglia mostrargli né perché non gli piacerà, ma non riesce a farsi travolgere negativamente da quella affermazione. Non sa perché, né come descriverlo, ma è certo che quando recupererà la memoria tutto avrà un senso.

Abbandonano il tavolo senza aver consumato, John abbozza un sarcastico “grazie e arrivederci” alla cameriera che non li ha serviti e segue il detective che a passo svelto sta raggiungendo il vicolo dove Lestrade aveva affermato che John era stato aggredito.

Costeggiano il Tamigi, fino a passare davanti all’edificio dell’MI6 e lì l’espressione di Sherlock si fa ancora più tirata. John istintivamente appoggia una mano sulla spalla del detective e per un attimo sente qualcosa di mai provato prima, o che forse aveva già provato ma a causa dell’amnesia non riusciva a ricordare.

Sente calore, e all’improvviso si rende conto che da quando si era svegliato era sempre stato avvolto nel freddo. Sente un leggero profumo di tabacco e un altro odore che sa di casa ma non riesce a decifrare.

Lascia immediatamente la presa dalla spalla del detective e si trova costretto ad emettere grandi respiri per calmarsi « Noi ci conosciamo? » chiede, quando gli sembra di aver recuperato un po’ di lucidità.

Sherlock non si è mosso di un millimetro da quando John l’ha toccato; è in piedi, rigido, fissando il dottore che sembra prossimo ad un infarto « Piano, John. Presto sarà tutto chiaro. Se te lo spiegassi, non mi crederesti » risponde, addolcendo l’espressione.

« Provaci » quasi supplica il dottore.

« Con amore, William Sherlock Scott Holmes »

« Cosa? »

« Questo era inciso sulla cassa dell’orologio che avevi addosso. Questo ha provocato l’espressione amareggiata di Gavin »

« Greg » lo corregge meccanicamente John e Sherlock si trova a sorridere « Mi dispiace, John »

« Non capisco » risponde,  iniziando a passeggiare nervosamente avanti e indietro. La testa sembra per esplodere. Ricorda delle folli corse su e giù per Londra, il suono di un violino, il caminetto acceso, felicità. Tutto vortica velocemente davanti, come le immagini di un film, un trailer della sua vita.

«Gli indizi sono evidenti. Non ti sembra che il tempo scorra in modo anomalo? Non sono nemmeno sicuro di dove io fossi quando non ero con te in ospedale. L’aria è strana, sembra non avere odore. Lestrade e Donovan non ci hanno mai rivolto la parola direttamente, i tassisti non si sono fermati, la cameriera non ci ha servito, nessuno sta parlando con noi due »

« Sherlock, cosa stai… »

« John, pensaci. Se togli l'impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile deve essere la verità. Anch'io credevo tu fossi soltanto un nuovo caso, ma poi hai detto tutte quelle cose: Baker Street, un coinquilino, Mary vestita da sposa, Moriarty con la corona, e ho ricordato tutto. Tu sai chi sei, solo non vuoi accettarlo. Non vuoi accettare quello che è accaduto e magari sarà uno shock, ma dobbiamo raggiungere quel vicolo » concluse concitato.

Tutte quelle affermazioni schiaffeggiano John, più e più volte, come un uomo che sta annegando e improvvisamente riesce ad aggrapparsi ad un tronco.

« Ci hanno sparato » mormora soltanto John, prima di sedersi a terra e fissare il lento scorrere del Tamigi. « Prima hanno colpito te, poi me. Stavamo indagando per conto dell’MI6 » esala, continuando a fissare avanti a sé, mentre una macchia di sangue prende forma sulla sua camicia.

Sherlock si siede accanto a lui, anche la sua ferita è visibile ora. Gli prende una mano, non sa cosa dire, se non che è colpa sua.

« Non è colpa tua, sapevo che prima o poi sarebbe finita così » commenta il dottore, voltandosi a guardare Sherlock, sentendosi a sua volta in colpa per non aver riconosciuto subito l’uomo che aveva amato per tutta la vita « Come ti ho detto quando ti ho sposato, tu hai detto pericoloso e io sono rimasto, per ben trent’anni. Meglio morire così che allo ospizio » commenta, cercando di alleggerire il momento.

Il detective sorride e appoggia la testa sulla spalla del dottore, nascondendo il viso nell’incavo del collo « Già, non sarebbe stata una morte in linea con la nostra vita »

I due uomini rimangono seduti sulla riva del Tamigi, finché le loro figure scompaiono, mentre il Sole tramonta su una Londra orfana dell’unico consulente investigativo al Mondo e dell’uomo più saggio che il detective avesse mai incontrato.

Il gioco è finito.


Angolo autrice:
Era da un po' di tempo che pensavo ad una raccolta un po' fuori dagli schemi, che inauguro con questa storia, a metà tra "Il sesto senso", e la stagione finale di lost. Spero vi sia piaciuta, alla prossima e grazie a chi leggerà ;)

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Lory221B