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Autore: WibblyVale    05/11/2016    3 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Takeo accarezzava i capelli verdi di Aya che dormiva con la testa appoggiata sulle sue gambe. Hisoka teneva le mani vicine al fuoco, su quei monti c’era il rischio di morire assiderati. Era piena notte, ma i due gemelli non riuscivano a dormire.
“Credi che dorma profondamente?” chiese al fratello.
Takeo posò un bacio sulla sua fronte, ma la ragazza non si scompose. “Sì.”
Hisoka sorrise. “Come sei dolce, fratellino!”
“Taci!”
“No, dai siete così carini. Due piccioncini innamorati” lo canzonò.
“Quando fai così ti prenderei a pugni” disse Takeo, ridendo.
Hisoka lanciò uno sguardo al suo zaino. “Credi che Itachi ci abbia mandato qui per quello?”
Takeo annuì. “È meglio che Aya non sappia. Insomma, ci abbiamo capito poco dentro persino noi, non voglio che lei…”
“Concordo, fratello, ma… Come possiamo capirci di più.” Hisoka sfregò le mani tra loro.
“Stavo pensando. Questa storia di Hamura come iniziatore del clan Hyuga, potrebbe esserci utile” fece Takeo, cercando di raccogliere le idee.
“Credi che uno Hyuga saprebbe interpretare i segni? Non è una pessima idea.”
“Grazie per il supporto!” disse il fratello ridendo.
“Intendo dire che loro potrebbero aiutarci. Ma… Sono molto legati alle loro tradizioni e ai loro segreti.”
“Magari possiamo usare i ninja più giovani per intercedere. Ti ricordi il ragazzo che ha combattuto contro Naruto agli esami dei chunin e magari anche la figlia del capoclan. Potrebbe funzionare.”
Hisoka sorrise. “Allora si parte per Konoha. Non vedo l’ora di rivedere Kakashi.” Il ragazzo si alzò in piedi e andò verso il suo sacco a pelo. “Sicuro che vada tutto bene tra di voi? Siete strani.”
Takeo sorrise. “Certo, solo… siamo stressati.”
“Ummmm… Quando avrai voglia di parlarne. Io ci sono. Non ora però perché voglio dormire. Buonanotte.”
Takeo rimase ad accarezzare i capelli di Aya davanti al fuoco per un po’, finché non sentì suo fratello ronfare pesantemente. A quel punto scosse dolcemente la spalla della ragazza. Aya si stiracchiò e poi aprì gli occhi.
“Ehi. Che succede?”
“Ti va se andiamo a dormire? Io e Hisoka abbiamo deciso di partire per Konoha. Potremmo trovare qualcuno in grado di leggere le parti incomprensibili.”
Aya si mise a sedere e si raccolse i capelli con un elastico. “Certo va bene.”
Takeo si alzò e si diresse nella tenda che loro due condividevano. Negli ultimi giorni i loro rapporti si erano raffreddati. Aya gli aveva rivelato delle cose… Lui aveva reagito male ed erano volate parole grosse.
“Quindi? Hai smesso di amarmi?” gli aveva chiesto lei.
“No, ma non mi fido di te!” le aveva risposto.
I due giovani si sdraiarono sotto le coperte e si diedero la schiena.
“Per quando deve continuare questa commedia?” chiese lei fredda come il ghiaccio.
“A Hisoka non piacciono i cambiamenti. Ho bisogno che uno di noi continui a ragionare a sangue freddo. Poi…”
“Poi, cosa?”
“Mi manchi.”
“Hai scelto tu di lasciarmi.”
“Lo so. Tu però… Come hai potuto non dire quello che sapevi?”
Aya si strinse nelle coperte. “Non tornerò su questo discorso un’altra volta, Takeo. Non mi giustificherò di nuovo.”
Il ragazzo sospirò e chiuse gli occhi, com’erano arrivati a quel punto?
“Buonanotte, Aya.”
“Buonanotte” rispose lei incolore.
 
Sasuke lanciò ai piedi dell’uomo che si faceva chiamare Madara il pezzo di tentacolo dell’Ottacoda. L’Uchiha più grande ringhiò.
“Vi siete fatti imbrogliare!”
“A quanto pare ci aspettava, ma ora è scomparso.”
“Killer Bee ha un rapporto di collaborazione con il suo demone. Voi ragazzini siete stati avventati.”
“Allora perché non te lo sei fatto da solo!” sbottò l’Uchiha più giovane.
L’uomo mascherato ringhiò. “Sei davvero un ragazzino impertinente, Sasuke.” Sospirò cercando di riprendere la calma. “Vedremo cosa possiamo fare con quello che abbiamo per ora.”
Il ragazzo fece una smorfia e si allontanò. “Posso sapere dove sei stato?” chiese prima di uscire dalla stanza.
“A stringere delle alleanze. Sai, Konoha è sotto attacco.”
“Non vinceranno. Naruto si farà avanti.”
L’uomo mascherato scoppiò a ridere. “Nessuno può battere Pain.”
Sasuke si voltò e lo guardò sprezzante. “Tu non conosci Naruto. Lui non è uno che si arrende.” Detto ciò ricominciò ad allontanarsi. Era quasi arrivato all’uscita della piccola grotta, quando il sedicente Madara lo richiamò.
“Tieniti pronto. Dopo quest’attacco i Kage capiranno di che pasta siamo fatti. Probabilmente organizzeranno un incontro.”
Sasuke fece una smorfia. “Non vedo l’ora. Sono le loro leggi che hanno portato mio fratello alla morte, che l’hanno fatto vivere in quel modo… Shiori aveva ragione avrei dovuto ascoltare di più.”
“Cosa?”
Il giovane Uchiha scosse la testa e uscì all’aria aperta. Il sole gli baciò il volto, ma non portava alcun sollievo alla sua anima tormentata. Aveva finito per veder morire suo fratello, era quello che aveva desiderato per tutta la vita, poi aveva scoperto che era tutto un imbroglio.
Sasuke strinse i pugni. Era stato raggirato da tutti. Non sarebbe più successo. Sarebbe stato lui a decidere della propria vita da quel momento in poi. Ora l’uomo mascherato gli serviva per i suoi scopi, ma se ciò fosse cambiato sarebbe anche stato capace di ucciderlo.
Ormai odiava qualunque cosa camminasse su quella terra. Forse avrebbe dovuto sentirsi felice per l’attacco a Konoha, quel paese e i suoi capi avevano distrutto la sua famiglia, ma non era così. Non voleva perdessero. Immagini di Naruto e Sakura si accavallavano nella sua mente. Aveva deciso che l’unico modo per essere libero era uccidere il biondo, ma… E Sakura, lei non aveva mai fatto nulla di male.
Urlò più forte che poteva per cancellare la confusione della propria mente. Pain non poteva distruggerli, loro avrebbero combattuto e vinto. Poi, sarebbe stato lui, l’ultimo degli Uchiha, a mettere fine a quel Villaggio a modo suo.
 
Obito, rimasto solo nella grotta, chiamò a sé Zetsu. L’uomo metà bianco e metà nero saltò fuori dal terreno pochi secondi dopo.
“Allora? Tutto bene nel covo di Kabuto?”
“Sì, niente di strano è successo. Abbiamo tutto sotto controllo.”
Obito annuì.
“Bene. Allora ti voglio a Konoha. Voglio un rapporto completo di quello che succederà. Questo è l’inizio della guerra.”
“Sissignore” disse Zetzu, risparendo nel terreno.
Obito sospirò e si tolse la maschera. L’appoggiò su un piccolo tavolo e si passò le mani sul volto pieno di cicatrici. “Ci siamo Rin. Presto torneremo insieme” sussurrò al nulla.
 
“LI VOGLIO TUTTI MORTI! VOGLIO VENDETTA!” Il Raikage si ergeva sopra i propri sottoposti che lo guardavano atterriti. Karui e Omoi, gli allievi di Killer Bee, a stento trattenevano le lacrime per la perdita del loro maestro. Samui, invece, si passò una mano tra i capelli biondi, cercando di mantenere la calma, anche lei voleva vendetta. Shi e Darui erano impassibili.
Mabui la segretaria dai capelli bianchi si fece avanti. “Raikage-sama…”
Lui la fulminò con lo sguardo, facendole fare qualche passo indietro.
“COSA STATE QUI A FARE! AL LAVORO!”
Tutti quanti presero la via della porta, tranne le due guardie del corpo del Raikage che non si mossero di un centimetro.
“Che credete di fare voi due?” chiese l’uomo.
“Signore, se mi posso permettere, non credo sia il momento per mosse avventate” cominciò Darui.
“Mio fratello è morto!”
“E capiamo il suo dolore signore.” Shi si fece avanti. “Ma dobbiamo ragionare più freddamente.”
“Sono una ragazzina? Io non provo dolore! Sono furioso!”
“Raikage-sama, al momento l’Akatsuki ha dichiarato guerra alla Foglia. Si stanno preparando per una guerra, forse dovremmo…” Darui fu interrotto dall’urlo del Raikage.
“FUORI!” L’uomo chiuse gli occhi. Se Bee fosse stato lì avrebbe tentato di esasperarlo con qualche nuova canzone. L’aveva segregato alla Nuvola per proteggerlo dopo la perdita di Yugito, ma era stato uno sbaglio. Per la prima volta, capì come era importante per lui averlo vicino.
“Vi prego, cercate tutte le informazioni possibili. Io… io ho bisogno di tempo.”
“Sissignore!” I due shinobi si misero sull’attenti e uscirono dalla stanza.
Il Raikage si gettò sulla sedia e sbatté un pugno contro la scrivania. “Questa è guerra.”
 
Un piccolo uomo anziano fluttuava per il suo studio, lisciandosi la barba e mormorando tra sé e sé. Le sue due guardie del corpo, una ragazza con i capelli neri e un ragazzo cicciottello, lo guardavano andare avanti indietro.
“Signore! Mi sta facendo girare la testa!” gridò esasperata Kurotsuchi, la giovane kunoichi.
“Questa cosa dell’attacco a Konoha porterà grandi problemi” rivelò Onoki. “E avete sentito la storia della ragazza con i poteri Uzumaki. Tutti pensavamo fosse morta, invece…” L’uomo ragionava e non smetteva di andare avanti e indietro. “Perché Hiruzen l’avrebbe mandata in una missione sotto copertura così a lungo? Che stanno tramando?”
“Crede ci sia qualcosa che ci tengono nascosto?” chiese Akatsuchi.
Lo Tsuchikage si fermò davanti al ragazzo e lo guardò dritto negli occhi. “Certo che ci nascondono qualcosa, sciocco! Questo è quello che fanno i villaggi! Non ci possiamo fidare di nessuno.”
“Ma se Konoha verrà attaccata, rischieremo anche noi” gli fece notare la ragazza.
Onoki cominciò a fare su e giù. “Sì, certo. Infatti, il mio desiderio è che Konoha ce la faccia. Questa nuova gestione non è così tremenda e possono esserci utili, ma… Quest’attacco dell’Akatsuki nasconde qualcosa di più. Quest’attacco è una dichiarazione di guerra a tutte quante le Cinque Grandi Terre Ninja.”
“Una guerra?” gridò la ragazza con un certo timore.
“Sì, una guerra. E non sono sicuro che i nostri paesi siano in grado di affrontarla.”
 
“Avete sentito?” La Mizukage appoggiò la pergamena sulla propria scrivania e si alzò in piedi.
Ao, uno shinobi dai capelli blu e con una benda sull’occhio, annuì.
“Mei, credo che dovremmo valutare con attenzione le mosse da mettere in atto.”
La donna annuì e guardò Chojuro, un ragazzo con gli occhiali, membro dei sette Spadaccini, che era da poco diventato la sua guardia del corpo.
“Non avere paura” gli disse. “Ce la caveremo.”
“Sissignora. Lo so, signora” rispose lui nervoso.
“E la storia di Shiori Nara, o Kasumi che dir si voglia? Quella donna è entrata nel mio palazzo e mi ha raggirato! Ha minacciato la vita di Chojuro! E ora scopro che lavorava per la Foglia. Cosa dovrei fare? Non posso permettere che credano di potermi prendere in giro.”
“No, è vero. Ma ora dobbiamo cercare di mantenere le alleanze che abbiamo. L’Akatsuki sembra pericolosa” fece notare Ao.
“E si... signora… Se posso permettermi. Quella donna mi ha messo KO, non me lo scorderò mai… ma… Non so… è stata… gentile.”
Mei Terumi sospirò. “Fammi il piacere! Prepariamo un summit. Se quelli di Konoha rimarranno in vita, parteciperemo e vedremo di capire qualcosa di tutte queste situazioni ingarbugliate. Quel villaggio pare il centro di tutto.”
“Sissignora, manderò messaggeri dove posso” acconsentì Ao.
“E ragazzi! Se una guerra deve avere inizio, noi non ci tireremo indietro. Uno dei nostri Spadaccini fa parte di quell’organizzazione, ci ha disonorato. Noi riporteremo onore al nostro paese, è chiaro?”
“Sissignora!” esclamarono i due shinobi.
 
Temari stava in piedi sul tetto del palazzo e guardava le nuvole correre via sospinte dal vento. Di solito guardava il deserto, così infinito e desolato, invece quel giorno le nuvole avevano attirato il suo sguardo.
“Hai perso la calma là dentro, spero tu te ne sia accorta.” Gaara si mise accanto a lei. Non l’aveva sentito arrivare, era sempre così maledettamente silenzioso.
“Non chiederò scusa.” Incrociò le braccia al petto.
“Non ho detto che devi farlo.” Il Kazekage sospirò. “Io vorrei essere là quanto te, ad aiutarli, ma…”
“Loro ci hanno aiutato mille volte, Gaara! E ora noi ci tiriamo indietro?”
“Il consiglio…”
“Che si fottano!”
“Tem, non è solo quello. La lettera di Shikamaru…”
“Lui è un idiota!” sbottò lei, stringendo i pugni.
“Non l’ha scritta da solo, lo sai. Devono essere stati suo padre e l’Hokage e chiederglielo. Sapevano che una lettera personale a te non sarebbe stata intercettata.”
“Ha detto: ‘Se cadremo, voi sarete la prossima difesa. Siete i nostri più importanti alleati, ci fidiamo di voi’. Maledetto idiota.” Quelle parole risuonavano nella testa della kunoichi, come se Shikamaru le avesse pronunciate veramente.
“Sei preoccupata, anche io lo sono. Ma dobbiamo fidarci. Se avessero avuto davvero bisogno ci avrebbero fatto andare.”
“Io non sono preoccupata!”
“Senti, Tem. Puoi ingannare Kankuro, lui ti vede ancora come la sorellona forte, ma non puoi ingannare me.”
La ragazza si morse il labbro inferiore. “Non so cosa mi sta succedendo. Non avevo così paura da quando ti hanno catturato e Kankuro era in ospedale.”
“Non sono un esperto di sentimenti, ma credo succeda quando qualcuno a cui teniamo è in pericolo.”
“Cosa vorresti insinuare?” chiese minacciosa Temari.
“Che sei stata spesso a Konoha e che di sicuro ti sei fatta degli amici” spiegò Gaara senza scomporsi, ma non nascondendo un leggero sorriso.
La ragazza chiuse gli occhi e sospirò. “Non sono tutti. È solo lui. Perché ho così paura di non rivederlo?” Non pensava che avrebbe mai ammesso una cosa del genere ad alta voce. Di sicuro a Kankuro non l’avrebbe mai detta, avrebbe dato di matto, ma Gaara era diverso, lui ponderava le cose con calma.
“Credo che a questo puoi rispondere solo tu.” Le posò una mano sulla spalla. “Andrà tutto bene, Temari. Parola di Kazekage.”
“Puoi promettermelo come fratello?” chiese lei, guardandolo dritto negli occhi.
“Certo. Hai la mia parola come tuo fratello” rispose lui sorridendo. Poi, silenziosamente com’era arrivato, se ne andò.
La kunoichi di Suna tornò a guardare le nuvole che viaggiavano attraverso il deserto in direzione di Konoha.
“Non ti azzardare a morire, Nara” sussurrò.
 
Tenzo e Anko guidavano una squadra attraverso una foresta. Il ninja dell’Arte del Legno non avrebbe voluto abbandonare il villaggio proprio in quel momento, ma erano ordini dell’Hokage. Era altrettanto importante guadagnare informazioni sui nemici. Inoltre, Tsunade aveva deciso di tenerlo lontano dal villaggio cosicché Danzo potesse sbollire la rabbia per l’attacco che aveva subito.
Shizune fortunatamente stava bene. Era venuta a salutarlo a limitare del villaggio con la promessa che l’avrebbe ritrovata lì al suo ritorno. Aveva davvero avuto paura di perderla. Non pensava di poter amare così tanto un altro essere umano.
“Sai, non mi aspettavo che ti saresti messo con Miss Perfettina” disse Anko in tono scherzoso.
“Non chiamarla così. Lei è… speciale.”
La kunoichi sorrise. “Non voleva essere offensivo. Solo… be’ diciamo che è molto diversa dall’ultima donna con cui hai avuto una relazione seria.”
Tenzo sbuffò. “Non puoi definire la nostra una relazione seria.”
“Be’ sei l’uomo con cui sono stata per più tempo. E anche dopo che ci siamo lasciati noi…”
“Ok, ho capito! Anche tu sei stata importante per me, ma… Lei è…”
Anko sorrise. “Sorridi solo al pensiero di lei. È un sorriso malinconico, come se non averla accanto non ti facesse sentire del tutto vivo.”
“La amo.”
“Sono contenta. È una brava ragazza.”
Tenzo annuì. “E tu? Non hai nessuno?”
Anko sospirò e prese a camminare a passo più veloce. Gli shinobi dietro di loro, faticavano a tenere il passo.
“Lasciamo perdere. Non ho la minima intenzione di legare la mia vita a qualche uomo. Sono felice di essere libera.”
“Speriamo che duri” disse lo shinobi tetro.
“Ten, andrà bene. La battaglia contro Pain. Loro la vinceranno.”
“Lo spero, Anko. Lo spero proprio.”
 
A Konoha, Kakashi e i bambini erano appena tornati a casa da una visita in ospedale. Erano andati a trovare Kenta, che era stato felice di vedere i piccoli sani e salvi. Hikaru aveva sentito che l’uomo era strano, ma il padre gli disse che avrebbe voluto proteggere meglio Shiori.
Quando arrivarono Shisui li stava aspettando con un paio di zainetti in mano. Tora accanto a lui si leccava una zampa, poi se la passava sul musetto con gesti circolari.
“È ora di andare” disse l’Uchiha.
“DOVE?” gridarono i bambini spaventati.
Kakashi sospirò e si inginocchiò davanti a loro. “Farete una piccola gita con la zia Yoshino. Konoha ora è un luogo pericoloso.”
“Voi non venite?” chiese Amaya.
Shisui scosse la testa. “Noi combatteremo.”
I bambini cominciarono a singhiozzare.
“Avete paura” disse il piccolo Hatake.
Il padre gli accarezzò il volto. “Figliolo, la paura è quello che ci farà combattere anche meglio, ma tu non devi averne. Siamo intenzionati a tornare da voi.”
Il bambino tirò su con il naso e si fiondò tra le braccia del padre, mentre Amaya si stringeva a Shisui.
“Andrà tutto bene” sussurrò lui all’orecchio della piccola.
Così, tutti quanti uscirono di casa e si diressero verso la residenza principale attraversando la riserva.
Più si avvicinavano al villaggio, più Hikaru sentiva la sua testa scoppiare. Lasciò la mano del padre e cadde a terra in ginocchio. “C’è… c’è troppa confusione.”
I due adulti si guardarono terrorizzati. Non sapevano cosa fare. Kakashi agì d’istinto e prese il figlio in braccio. “Concentrati su di me. Solo su di me.” Gli accarezzò dolcemente i capelli come era solito fare con Shiori. “Senti come sono forti i miei sentimenti? Pensa solo a loro.”
Il bambino seguì le indicazioni. “Papà, anche tu hai tanti sentimenti dentro di te.”
“Lo so.” Si concentrò. “Questo è perché non voglio che tu soffra.” Sentì il chakra del bambino toccare il proprio, mentre cercava di capire. “Questo perché, invece, mi hai ricordato quando anche la tua mamma faceva fatica a controllarsi.”
“Anche alla mamma succedeva?” chiese il bambino sorpreso.
“Sì, ma poi l’ha superata.”
“Allora anche io ce la farò,” affermò il piccolo determinato.
Kakashi gli baciò la fronte. “Certo, piccolo mio.”
Il gruppo ricominciò la passeggiata e raggiunse la residenza Nara. C’erano le famiglie della formazione Ino-Shika-Cho riunite. Yoshino stringeva forte suo figlio, mentre il marito le accarezzava dolcemente la schiena.
“Andrà bene, cara” le sussurrava.
“Mi raccomando, Pigrone, stai attento.”
“Sì, mamma.” Shikamaru le sorrise e le pose un bacio sulla guancia. “Non preoccuparti per me.”
A quel punto Shikaku strinse la moglie a sé.
“Non farmi brutti scherzi! Non ti azzardare!” gli intimò.
“No, certo che no.” Le prese il volto tra le mani e le impose di guardarlo. “Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ricordatelo sempre.”
Yoshino gli lanciò le braccia al collo con le lacrime agli occhi e lo baciò. “Anche io ti amo.”
Shikamaru si avvicinò ai bambini e li abbracciò forte e lo stesso fece Shikaku.
“Vi troverete bene, dove state andando. Vedrete che ci rivedremo presto”, li rassicurò il capoclan Nara.
Dopo che ebbero abbracciato un’altra volta tutti, Kakashi li strinse a sé. “Ci vediamo presto.” I bambini tesero una mano a Yoshino e se ne andarono.
Shisui guardò accanto a sé, Tora non si muoveva. “Vai anche tu” ordinò.
“Tu sei fuori di testa. Hai un occhio solo, Uchiha. Io non ti faccio combattere da solo. Fattene una ragione.” Per sottolineare ciò che aveva appena detto si trasformò in una gigantesca tigre.
In quel momento ci fu uno scoppio. Shikaku, Inoichi e Choza abbracciarono i loro figli, Shisui prese la maschera Anbu che pendeva dalla sua cintura e se la mise sul viso, mentre con l’altra mano accarezzava Tora dietro le orecchie. Kakashi, dal canto suo, li guardò prepararsi più spaventato che mai.
“Buona fortuna a tutti” disse, prima che come un sol uomo si lanciassero tutti nella battaglia.
 
Qualche giorno dopo aver fatto le sue richieste, Shiori si mise all’opera. Aveva atteso con calma il momento giusto. Non voleva che la vedessero troppo indaffarata e si insospettissero. Strappò le pagine bianche in fondo al libro di Jiraiya e prese il riso che quel giorno non aveva mangiato. Schiacciò per bene il cibo nella ciotola, rendendolo una pappa informe e sorrise soddisfatta. Poi, prese a strappare delle lettere dal libro e a incollare sui fogli bianchi, utilizzando come colla l’impasto appena preparato.
Sapeva che non sarebbe stato molto solido, ma doveva bastare. O meglio, sperava che bastasse. Quando ebbe terminato quell’operazione, sfogliò il libro fino al capitolo venti e ne strappò un’intera pagina. In quella pagina il protagonista, un medico che tentava in tutti modi di sedurre una paziente indifferente alle sue avance, aveva usato un piccolo trucco: aveva sostituito il medicinale che la donna era solita prendere con un insieme di ormoni che avevano lo scopo di farla innamorare di lui. Shiori ridacchiò sotto i baffi, Jiraiya se ne inventava di tutti i colori. Sperava solo che il messaggio nascosto in quelle pagine non fosse troppo oscuro. Kakashi l’avrebbe capito, in fondo chi meglio di lui conosceva quei libri, peccato che il messaggio non l’avrebbe mai raggiunto.
Cercò di allontanare quei pensieri, e cominciò ad arrotolare il più sottilmente possibile, sia il suo messaggio, sia quella pagina. Poi, allungò una mano verso il topolino che vi salì. Shiori pose davanti alla sua bocca le pagine arrotolate e lui l’aprì. La sua bocca si allargò in maniera eccessiva per un piccolo topolino, e Shiori vi infilò i fogli. Squitty ingoiò e richiuse la bocca.
“Spero che tu non debba fare tanta strada, Squitty. Non vedo l’ora di uscire di qui.”
Fu solo qualche ora dopo, che sentì dei passi avvicinarsi, così spinse il topolino verso la porta.
“Mi raccomando raggiungi il tuo padrone. La mia vita è nelle vostre mani.”
Kabuto entrò aprendo appena l’uscio e il topo si infilò nella fessura e prese a correre inosservato. Shiori tirò un sospiro di sollievo.
“Ti abbassi a portarmi il cibo ora? Non ci sono i cloni che possono fare questo lavoro?” chiese.
Il ninja medico appoggiò il piatto a terra accanto a lei con disprezzo.
“Volevo dirti che Nagato è arrivato a Konoha.” Shiori non si scompose, finché lui non uscì dalla porta, a quel punto nascose il viso tra le ginocchia e cercò di calmare il battito del proprio cuore, troppo accelerato.
“Kakashi… proteggili.”
 
Il piccolo topolino percorse i chilometri che lo dividevano dal suo padrone. Certo non era un topolino qualunque. Squitty era una creazione d’argilla a cui era stata data vita. Gli ci vollero un paio di giorni per raggiungere la sua destinazione, ma arrivò senza problemi. Si arrampicò sui muri fin nella stanza dove il suo padrone riposava. Poi, si arrampicò sul suo letto.
Lo shinobi scattò a sedere. Aspettava ogni giorno che le sue creazioni tornassero, i sensi di colpa per la sorte di Shiori lo stavano attanagliando. Se lui non fosse stato così infantile, se lui non avesse disobbedito, avrebbe potuto aiutarla. Dopotutto, però, se non avesse disobbedito sarebbe morto con gli altri cloni che non contavano nulla per Kabuto. Invece, in quel modo solo una sua copia, aveva subito quell’orribile fine.
Juu prese il topolino tra le mani e gli accarezzò con un dito la testolina.
“Sei il terzo a tornare. Gli altri non mi hanno portato nulla di buono. Dimmi che hai delle risposte.” Guardò sotto la pancia dell’animaletto e lesse il numero che vi aveva tatuato sopra. “Sei quello che ho mandato nel Paese del Ferro.”
Il topolino squittì ed aprì la bocca così come aveva fatto qualche giorno prima, ma stavolta risputò i rotoli nella mano del proprio padrone.
“Bravo, cucciolo. Ora dormi” disse, ritrasformandolo in un semplice topolino di argilla. Se lo mise in tasca e srotolò i fogli che gli erano stati inviati. Su un foglio delle lettere, incollate alla bell’e meglio, riportavano: “Kabuto Yoharu cloni anestetizzata”. Juu annuì. Questo significava che a controllare la base vi erano Kabuto, Yoharu e i cloni, mentre a Shiori veniva regolarmente data una dose di un qualche anestetico.
Infine, lesse la pagina strappata dal libro di Jiraiya, arrossì leggendo certi punti in cui venivano descritti i pensieri poco pudichi del dottore. Perché Shiori gli avrebbe mandato una cosa del genere? Poi, procedendo a leggere intuì cosa la donna voleva che lui facesse. Un leggero sorriso gli si disegnò sulle labbra, in un certo senso in quella pagina c’era la dimostrazione che lei voleva proteggerlo. Lei era stata la prima persona a farlo sentire un essere umano, le doveva la vita, e l’avrebbe salvata a tutti i costi.
 
  
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