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Autore: Joy    04/04/2005    10 recensioni
Queste pagine sono illeggibili.Adesso vi dirò perchè. Primo perchè l'autrice non possiede una giratempo e di conseguenza non può verificare come siano andati veramante i fatti. Secondo perchè le persone a cui potrebbero interessare conoscono già innumerevoli versioni di questa storia e quelle a cui non interessano...beh su di loro non c'è niente da dire. Ciò che importa davvero è che qualcuno sente il bisogno di raccontare.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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GRIMMAULD PLACE

26  AGOSTO   1975:

 

LIBERO!

 

 

 

“FIGLIO DEGENERE!!!  VERGOGNA DEL NOSTRO SANGUE…”

 

Sirius percorse cinque piani di scale in dodici secondi.

 

Da quando i suoi familiari lo avevano riacciuffato durante il suo settimo tentativo di fuga nell’arco di venti giorni, la sua stanza era stata trasferita al piano più alto della dimora Black.

Questo provvedimento, non lo aveva affatto demoralizzato, anzi, si sentiva ispirato a trovare nuove vie di fuga che sperimentava con cadenza regolare: una volta a settimana.

Aveva trascorso così tutta l’estate e l’unico beneficio che ne aveva tratto, era stato quello d’imparare alla perfezione tutti gli incantesimi rigeneranti; la McGranit sarebbe stata fiera del suo talento, ma i suoi amici si sarebbero chiesti come mai la sua pelle avesse cominciato ad assomigliare ad una cartina geografica.

 

Sbatté la porta alle sue spalle troncando a metà l’amorevole richiamo di sua madre.

 

“Vecchia Megera!”

 

Sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò contro il chiavistello

 

Serro!”

 

Il rumore della serratura che scattava lo rassicurò solo in parte; suo padre poteva sciogliere l’incantesimo in meno di un nanosecondo, ma avrebbe impiegato almeno mezz’ora per salire tutte quelle scale!

Si portò una mano agli occhi, la rabbia gli aveva infuocato le guance e le tempie pulsavano dolorosamente; di lì a pochi secondi sarebbe esploso e l’entità del danno avrebbe eguagliato quello dell’ordigno atomico lanciato dai babbani trent’anni prima.

Consapevole che le conseguenze di quel gesto lo avrebbero condannato all’espulsione da Hogwarts (unico luogo che soleva chiamare casa), decise di convogliare tutte le sue energie nell’unica attività che riusciva a farlo sfogare: il violino.

In realtà anche tormentare i serpeverde sarebbe stata per lui un’ottima valvola di sfogo, ma non c’erano serpeverde nelle immediate vicinanze, se escludiamo suo fratello Regolus che però godeva della protezione di sua madre.

Ciò lo rendeva intoccabile e Sirius era stato costretto a riconoscerlo suo malgrado.

Afferrò, dunque, lo strumento e dopo esserselo portato al mento, chiuse gli occhi e cominciò a suonarlo con impeto.

 

Le note risuonarono per tutta la casa.

 

Lo avrebbero udito tutti, ma non gli interessava (non che la sua condizione potesse peggiorare).

Era talmente avvolto nelle spirali della musica che non udì il familiare  crac e continuò la sua melodia controversa muovendo freneticamente l’archetto; alla fine del primo movimento socchiuse gli occhi e … rimase congelato.

 

Suo padre era di fronte a lui, il chiavistello intatto: si era materializzato.

Si maledì sottovoce per la sua stupidità e rivolse al genitore un sorriso beffardo

 

“Padre! Come state oggi?”

 

“Male! La tua presenza e sufficiente per rovinare ogni mia buona intenzione”

 

< Maledetto vecchio! Quando mai ha avuto buone intenzioni  LUI?! >

 

Si costrinse a parlare con tono moderato.

 

“Sarei oltremodo felice di liberarvi della mia presenza; credevo fosse chiaro…”

 

“E PER ANDARE DOVE?! DA QUEGLI SCHIFOSI MEZZOSANGUE DEI TUOI AMICI?!” sbraitò il Signor Black.

 

Il sopracciglio di Sirius si alzò pericolosamente, gli occhi ridotti a due fessure, non poteva più trattenersi, non poteva ascoltare mentre suo padre sparava a zero sulle uniche persone che riponevano in lui fiducia e affetto incondizionato, che lo stimavano e lo capivano e gli erano compagni in tutto.

 

Non avrebbe ascoltato.

 

Voltò le spalle al padre e sebbene le mani gli tremassero dalla rabbia, riuscì a risollevare lo strumento e ricominciò con il secondo movimento della stessa sinfonia.

 

“SIRIUS BLACK! SE MI ABBASSO A SPRECARE VOCE E TEMPO PER PARLARE A UNA FECCIA COME TE, E’ PERCHE’ VOGLIO CHE MI ASCOLTI!!!”

 

< Non ascoltarlo, Sirius > disse tra sé < Non smettere di suonare e non ascoltarlo >

 

“NON DISONORERAI IL BUON NOME DELLA NOSTRA FAMIGLIA TRASCORRENDO TUTTO IL TUO TEMPO CON DEGLI ESSERI INFERIORI COME QUEL…POTTER! NON SI POSSONO NEMMENO DEFINIRE PERSONE!!! E POI FINISCILA DI SUONARE QUELLA VOLGARITA’ BABBANA!”

 

< Concentrati sulle note, Sirius, non cedere >

 

“LA NOBILE CASATA DEI BLACK NON VERRA’ INFANGATA DAL TUO DEPLOREVOLE OPERATO…VOLTATI E STAMMI A SENTIRE…TE NE PENTIRAI…”

 

Il tono dell’ultima frase fece scattare il meccanismo di autodifesa del ragazzo.

Sirius si voltò appena in tempo per scorgere la bacchetta sollevata, poi un dolore bruciante gli appannò la vista e gli tolse il respiro.

 

In un primo momento pensò che il padre avesse scagliato su di lui la maledizione cruciatus, sentiva la pelle del viso ronzare e una sostanza vischiosa scendergli lungo il collo; riconobbe il sangue non appena si toccò il volto e vide le corde del violino, solitamente tese, sparate in aria come tante molle.

 

Ondeggiavano ancora.

 

Allora comprese quello che era successo.

 

Suo padre aveva fatto in modo di spezzare le corde del violino mentre lui suonava e queste non più trattenute si erano stampate sulla sua faccia nel momento in cui si voltava verso l’amabile genitore.

 

“Vecchio bastardo…” sibilò tra i denti mentre il sangue gli infradiciava la camicia; gli occhi erano appannati, ma li fece roteare intorno alla stanza cercando la sua bacchetta e individuandola dopo pochi secondi abbandonata sul letto.

 

Si lanciò per prenderla, ma il Signor Black fu più veloce.

 

Petrificus manus!” grido puntando la bacchetta contro le mani tese del figlio che all’istante si trasformarono in pietra.

 

Sirius rovinò a terra e furono inutili i suoi sforzi di afferrare la bacchetta con le mani pietrificate.

Fremente di rabbia si appoggiò contro il muro tenendo la testa sollevata in modo che il sangue non gli colasse sugli occhi, rendendolo cieco oltre che monco.

 

Suo padre parve trovare divertente la scena e rise di gusto.

 

“Direi che hai avuto quel che ti meritavi!”

 

Detto questo scrollò le spalle e si smaterializzò.

 

Sirius vide che il chiavistello era ancora sigillato.

 

< Perfetto! > pensò < Sono rinchiuso, ho un’autostrada a quattro corsie che mi attraversa la faccia e la mani pietrificate in modo da non poter assolutamente impugnare la bacchetta! Che estate fantastica! >

 

 

***

 

 

Sirius alzò lo sguardo verso il soffitto; si era disteso sul letto, ma la situazione non era migliorata.

Il suo volto ricordava il trucco dei tifosi Grifondoro, con la sola differenza che lui non aveva avuto bisogno di disegnarsi le strisce e a giudicare dal bruciore, di lì a pochi secondi, sarebbe andato in fiamme e ridotto in cenere, proprio come accadeva a Fanny nel giorno del falò.

Chissà se anche lui sarebbe rinato.

Perso in questi vaneggiamenti fissava il vuoto, scuotendo di tanto in tanto le mani per accertarsi che fossero sempre al loro posto.

Dopo una mezz’ora passata in meditazione, decise che era il momento d’intervenire.

 

< C’è solo una cosa che posso fare adesso > pensò balzando giù al letto.

 

< Chiedere aiuto. >

 

Si avvicinò al baule che conteneva la sua attrezzatura scolastica e cominciò a frugare come meglio poté finché non riemerse con un curioso specchietto tra i denti.

Lo posò sul letto, pregando che James avesse con sé il suo.

Spesso i due amici avevano comunicato con lo specchio a scuola, ma durante l’estate Sirius era stato restio ad usarlo: sapeva che James sarebbe stato in compagnia della sua adorata Lily…

 

“Prongs!...Prongie, ho bisogno..” s’interruppe notando che sulla liscia superficie stavano prendendo forma i contorni di una camera.

 

Sirius si augurò che l’amico fosse solo, ma le sue speranze furono infrante quando udì quella che indubbiamente era la risata di una ragazza. Certo quella voce serafica non apparteneva al suo amico.

“James…oh no!”

 

Rimase chino sullo specchio indeciso sul da farsi, una goccia di sangue andò a finire sulla superficie liscia.

Quando intravide una ciocca di capelli rossi, comprese che le sue supposizioni erano esatte.

 

< Accidenti! Avrei dovuto dare a Remus lo specchio gemello! Di certo con lui questo non sarebbe avvenuto. Vedere Remus in compagnia di una ragazza era improbabile quanto vedere Hagrid giocare a Quidditch. >

 

Strofinò il viso nell’incavo del braccio per migliorare la situazione visiva e peggiorare la situazione camicia e si pentì di ciò che aveva pensato.

 

La solitudine per Remus era una croce che si trascinava sulle spalle dal giorno in cui era divenuto un licantropo; e James? Il suo migliore amico, un fratello che finalmente vedeva ricambiato il suo amore, doveva gioire per lui…non maledirlo perché non era disponibile ogni momento…

 

“Sirius?”

 

Sobbalzò come se si fosse rovesciato addosso un boccale di burrobirra bollente e guardando attentamente nello specchio vide il volto a metà strada tra l’incredulo e lo sconvolto di Lily Evans.

 

“Sirius…” la sentì dire debolmente “Oh mio Dio! James!”

 

Pochi secondi dopo apparve la testa scarmigliata di James.

 

“Santo Godric! Sirius…che diamine hai combinato!”

 

Il ragazzo cercò di mostrarsi serio, ma i realtà la vista dell’amico lo aveva liberato dal grosso macigno chiamato solitudine che lo opprimeva.

 

“Di che ti stupisci Prongs? Ho avuto solo qualche piccolo problemuccio familiare…”

 

“Solo un problemuccio familiare? Allora non è niente di grave…” sorrise James stando al gioco “Sai, all’inizio vedendo la tua faccia, ho pensato che Padfoot si fosse azzuffato con un gatto e …avesse avuto la peggio.”

 

“Oh!” esclamò Sirius “E non hai ancora visto la parte migliore!” disse sollevando la mani in maniera che fossero visibili dallo specchio.

 

Lily si portò una mano alla bocca e sulla fronte di James apparve una ruga.

“Come vedi…avrei bisogno…di un piccolissimo aiuto!”

 

James annuì.

 

“Prendo la scopa e volo da te…segnala la finestra dove ti trovi.”

 

“Grazie, amico”

 

“Non dirlo neanche”

 

“Scusa Lily”

 

“Niente, Sirius, niente”

 

Il collegamento via specchio s’interruppe.

 

Sirius sistemò alla meglio la sciarpa dei Grinfondoro in modo che si vedesse dalla finestra e rimase in attesa; James volava come un bolide e di certo non si sarebbe risparmiato per andare ad aiutarlo, vista la situazione in cui versava, in pochi minuti sarebbe arrivato.

Non aveva ancora finito di formulare queste ipotesi che udì il familiare sibilo della Nimbus 1100 di James.

Si voltò in un lampo il sorriso che gli arrivava alle orecchie deformava in maniera ridicola i graffi che gli solcavano il volto.

 

“Heilà, Sirius! Non dirai che ti ho fatto attendere!”

 

“Non lo dirò…”

 

Guardò l’amico scavalcare con agilità il davanzale della finestra e posare la scopa contro la parete alle sue spalle.

Si sentiva pieno d’entusiasmo e la malinconia devastante che lo aveva attanagliato per tutta l’estate diventava già un ricordo sepolto.

 

“Hai un pessimo aspetto, vecchio mio…” disse James mentre si avvicinava per dare all’amico qualche pacca fraterna.

 

“Sai, non tutti hanno potuto trascorrere l’estate spupazzando ragazze.”

 

Il tono era beffardo, ma il sorriso era grande e aperto, James intuì che era davvero felice di vederlo e comprese anche che le sue vacanze dovevano essere state terribili; tuttavia sapeva che l’amico era orgoglioso e decise di tenere per sé questi pensieri.

Rispose a tono.

 

“Una ragazza! La mia, l’unica, la più amabile…”

 

“Va bene…va bene! Ti prego non continuare con il solito soliloquio!”

 

James si portò le mani ai fianchi, l’espressione tremendamente buffa, poi estrasse la bacchetta puntandola sulle mani di Sirius.

 

Libero!”

 

Sirius le osservo mentre tornavano normali, le sentiva formicolare leggermente: era una sensazione piacevole.

 

“Almeno adesso hai un valido motivo per ringraziarmi!”

 

Grazie…” sibilò Sirius con occhi da cucciolo.

 

A James venne da ridere.

 

“Aspetta…” puntò la bacchetta questa volta sul volto dell’amico “Rigenero!”

 

Le ferite presero subito a rimarginarsi e con grande sollievo del ragazzo, a testimonianza delle sue disavventure, rimasero soltanto delle striature leggermente più rosee e il sangue sulla camicia.

 

“Finalmente! Adesso mi sembra di parlare ad un essere umano” sorrise James

 

“Spiritoso! Se vuoi posso trasformarmi in cane!”

 

I suoi occhi già brillavano malandrini.

 

“Per carità…dimmi piuttosto…a parte questi piccoli problemucci, come sono andate le vacanze?”

 

“Uno schifo! Non c’è stato niente oltre ai ‘problemucci’ ; è tutta l’estate che cerco di andarmene da questa casa” agitò il braccio in direzione della porta alzando leggermente la voce “E loro non hanno fatto altro che lanciarmi contro incantesimi e rinchiudermi quassù!”

 

Si sedette sull’orlo del letto, passandosi le mani tra i capelli e legandoli con un elastico.

 

“Mancano solo quattro giorni all’inizio della scuola, ma se non sapessi che sarebbe una fatica inutile, me ne andrei in quest’istante!”

 

James si sedette accanto a lui.

 

“Fatica inutile? Per te da solo forse…ma adesso che sono qui…possiamo andarcene con la mia scopa.”

 

Scrutò il volto serio dell’amico.

 

“Puoi trascorrere questi ultimi giorni da me!”

 

Sirius parve prendere in considerazione la proposta, ma poi scosse la testa.

 

“No…hai Lily, non c’è posto per me…”

 

“Lily non sta da me, i suoi genitori sono babbani, non le permettono…Oh, insomma! Non stiamo parlando di lei! Dai Sirius, prepara il baule!”

 

Il tono di James non ammetteva diniego.

 

Sirius sospirò forte, era il segnale che stava capitolando, si alzò e si diresse verso il suo baule.

 

“Sei il miglior amico che si possa desiderare” disse e James seppe quanto gli fossero costate quelle parole. Non rispose. Ma l’aiutò a preparare le sue cose.

 

Il bagaglio venne rimpicciolito e attaccato alla scopa.

Dopo essersi assicurati che il carico reggesse, in piedi sul davanzale, i due ragazzi si stavano preparando a decollare quando una voce stridula e assordante il raggiunse.

 

“DISGRAZIATO!...VERGOGNA DELLA FAMIGLIA…”

 

James sussultò e per poco non cadde dalla scopa.

 

“Ti presento la mia adorabile mammina!” esclamò Sirius trattenendo a stento il riso.

 

“Ah! Adesso capisco da chi hai ripreso!”

 

Sirius assestò un colpo alla schiena dell’amico, poi  saltò a cavallo della scopa.

 

“Parti campione!”disse “Prima che quella megera ci lanci uno schiantesimo!”

 

James non se lo fece ripetere due volte; impennò la scopa e sfrecciò come un fulmine.

 

“SIRIUS BLACK! SE TE NE VAI TI DISEREDO!” udirono in lontananza, ma ormai non sarebbero tornati sui loro passi.

Sfrecciavano veloci attraverso il vento, non si poteva rinunciare a quella sensazione di libertà.

 

“Sirius…”

 

“Sì?”

 

“Avresti dovuto chiamarmi prima…”

 

Il ragazzo non rispose, sorrise consapevole che James non si aspettava affatto una risposta, strinse i ginocchi contro la schiena dell’amico, allacciò meglio le braccia intorno al suo stomaco e proiettò la mente verso il futuro che l’attendeva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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