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Autore: cin75    10/11/2016    9 recensioni
SPOILER STAGIONE 12. WARNING!!!
Questa shot in due parti è direttamente collegata alla mia storia "Ora, Mary, lo sa!"
Buona lettura, friends!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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POV di Sam

Quando le ho chiesto che cosa stava cercando di dirci, pensavo che la mamma mi avrebbe risposto con un semplice : “Niente. Sono solo stanca. Ancora un po’ confusa!”, lo avrei capito. Lo avrei compreso. Era più che giustificabile dopo essere stata posseduto da un fantasma!!
Ma quel “Devo andarmene!” detto senza il coraggio di guardarci in faccia è stato peggio di un colpo di fucile in pieno petto.
Ho sentito l’aria raggelarsi intorno a noi. Ho sentito il mio respiro fermarsi per qualche secondo prima di riprendere a soffiare ansioso. E credo di aver sentito perfino il cuore di Dean inchiodarsi nel suo petto.

Ho ascoltato le sue parole, quelle che potevano essere le sue giustificazioni su quella sua scelta.
L’ho abbracciata ma solo perché lei ha abbracciato me.
Poi ho chiuso gli occhi perché non riuscivo a smettere di fissare il dolore e la delusione sul volto di Dean mentre lei andava via senza voltarsi indietro.
 
Il rumore del porta d’acciaio del bunker che cigola per poi richiudersi pesantemente , non fa che rimbombarmi nelle orecchie e nel cervello.
Negli occhi, invece, non ho altro che l’immagine di Dean che , subito dopo che lei è andata via, si gira veloce dandomi le spalle e a passo svelto sparisce  verso il corridoio interno.
Non tanto svelto però da non permettermi di vedere la sua mano che strofina via qualcosa appena sotto i suoi occhi.
Vorrei seguirlo. Vorrei parlargli. Vorrei, stupidamente e ingenuamente, dirgli che andrà comunque tutto bene.
Ma non posso.
Perché la dolorosa sorpresa che ci ha fatto la mamma, mi ha inchiodato al pavimento.
 
Come ha potuto fare una cosa del genere ? Dove ha trovato il coraggio di salire quelle scale? Eppure…eppure è con lei che tutto è iniziato. E’ a causa del suo patto che io ho avuto sangue di demone dentro di me e Dio non voglia, quello schifo sia ancora nascosto da qualche parte in me. Ma questo posso solo pensarlo , lo so, perché mai e poi mai avrei il coraggio di farglielo notare.
 
Mi ha tenuto con lei per soli sei mesi. Mi ha ritrovato dopo trent’anni.  Perché non è riuscita a trovare la forza di volermi conoscere invece di andarsene via?
Perché quella forza che ha messo per voltarci le spalle non l’ha usata per capire che cosa ne è stato delle nostre vite?
 
Ha detto a Dean  che non voleva questa vita per noi. Che non avremmo dovuto essere dei cacciatori. Eppure non ha fatto niente per tirarci fuori da questo inferno. Anzi, se n’è andata, rendendo le fiamme ancora più ardenti di quanto fossero.
Avrebbe potuto urlare contro papà e il suo modo di crescerci. Avrebbe potuto urlare contro di me e soprattutto contro Dean che di certo lo avrebbe difeso. Si sarebbe potuta impuntare , come una vera madre farebbe, e avrebbe potuto strillarci dietro che a costo di ritornare dov’era, ci avrebbe tirato fuori da questa vita da cacciatori.
Ma non lo ha fatto.
Non ci ha nemmeno provato.
Ha solo detto che doveva andare via perché noi, perché io e Dean, perché i suoi figli, non eravamo più i figli che lei ricordava.
 
Che Dio mi perdoni, ma per un attimo l’ho odiata.
 
Sì, l’ho odiata perché sapevo – Dean me l’aveva detto dopo averla conosciuta nel passato – che lei non voleva più cacciare. E ingenuamente avevo sperato che anche adesso, in questo suo nuovo presente , avrebbe avuto lo stesso desiderio. L’avrei assecondata, forse seguita e dentro di me , speravo fortemente, anzi ne sono sicuro, mi sarei tirato dietro anche Dean. Avremmo chiuso il bunker. Ripulito Baby da ogni arma e sigillo e ci saremmo rifatti una vita.
Una vita normale!!
Ma lei mi ha tolto anche questa inutile  stupida , ingenua speranza.
E mi ha lasciato a fissare il vuoto di questa grande sala. Mi ha lasciato a sentire il silenzio che infuria imperioso.
Mi ha lasciato, per l’ennesima volta, a dover lenire il dolore di Dean.

Quanto dovrà ancora soffrire mio fratello ? Quanto amaro dovrà ancora buttare giù dopo aver perso l’ennesima persona cara? Quanto ancora potrà sopportare ?

Lui è forte. Sì, è davvero forte. Ma c’è un limite a tutto. C’è un limite per tutti e Dean, quel limite, lo ha superato. Da tanto ormai. credo che lo abbia superato dalla morte di papà.
Che cosa ne rimarrà di lui, se va avanti di questo passo?
 
Devo reagire. Devo riuscirci. Devo farlo per riprendere a respirare e per aiutare mio fratello.
Posso, perché io so come si vive senza una madre. So come andare avanti senza di lei. Posso, perché non ho ricordi di abbracci, o baci, o ninna nanne appena sussurrate. O di torte di mele o sandwich senza la crosta.
Io so come si può vivere senza di lei. 
Ma non so come fare senza Dean.
Quindi devo reagire anche per lui.
 
Mi muovo e prendo la direzione che lui ha preso. Raggiungo la sua stanza ma non oso bussare alla porta quando, dall’interno, sento provenire dei sommessi ma rabbiosi “Perché? Perché? Perchè?!” seguiti dal rumore di qualche oggetto caduto o forse gettato all’aria.
Lo so. Lo comprendo. Capisco che almeno per adesso non posso fare niente. Che lui ha bisogno di essere arrabbiato. Di dare sfogo alla sua più che giustificata frustrazione. Forse ne ho bisogno anche io. E così decido di fare.
E lo faccio per quasi due giorni. Chiuso nella mia di stanza. Immerso in decine di libri che leggo senza leggere, solo per tenere la mente impegnata. Solo per sentirmi sfinito e stanco la sera.
Leggo miriadi di parole ma nella mente c’è ancora lei.

Lei che mi guarda stranita quando le parlo di internet. Lei che mi chiede perché, dopo essermene andato, sono tornato a cacciare. Lei che , forse e solo forse, mi guarda con orgoglio quando le rispondo che era la giusta cosa da fare per la mia famiglia. Lei che mi abbraccia quando le confesso che quella parte di vuoto che avevo dentro ha smesso di essere tale non appena l’ho vista.
Lei che assaggia il bacon freddo dal mio piatto e che fa comunella con Dean sul fatto che dovrei tagliare i capelli.
Lei…lei…lei…in ogni momento che abbiamo passato insieme in questa settimane.
E poi ancora lei che prende il diario di papà. Lei che ci dice “Devo andarmene!”. Il coraggio che le manca ma solo per guardarci in viso e non per voltarci le spalle.
Lei che va via. La porta che si chiude.
Un nuovo dolore che prende il posto di uno vecchio  e che fa più male.
 
Chiudo il libro che ho sulle gambe, che mi convinco di aver letto, ma che non so nemmeno di che cosa parli.
Guardo il mio orologio.  Le 6.45.
Ma di sera o di mattina?
 
Decido che non mi interessa. Quello che adesso ho in testa e che ho deciso deve preoccuparmi è Dean.
Devo sapere come sta. Capire se gli è passata e se non lo è, aiutarlo a farlo stare almeno un po’ meglio.
Così mi alzo e strofino le mani lungo le gambe, un po’ per stirarmi i muscoli un po’ per rendere il jeans più guardabile.
Apro la porta e mi dirigo verso la sua stanza, ma a metà del mio tragitto, lo vedo.
Immobile, assente o forse troppo concentrato. Fermo  a guardare la porta della stanza di nostra madre. Mi avvicino e lo chiamo.
 
Dean?
 
Provo ancora , ma sembra non essere in grado di sentirmi, troppo preso da chissà quale pensiero.
 
Dean??!
 
Lo chiamo ancora ed ecco che sembra sentirmi finalmente.
Socchiude appena gli occhi.
 
Dean!?” ancora.
 
Si gira e sembra vedermi anche se mi pare appena confuso.
Ma io capisco. Diamine se capisco in quel momento che cosa gli passa per la testa.
Lo guardo e non bisogno di dire altro, perché lo conosco. Lo conosco meglio di chiunque altro al mondo e so cosa sta pensando e cosa sta provando.
Forse perché, anche se in maniera più rabbioso e frustrata, è quello che sto pensando e provando anche io.
Faccio un respiro profondo e provo a parlargli. A raggiungerlo.
“Dean, vedrai che…”
“Perché lo ha fatto, Sam?!” mi chiede atono, fermandomi. E mi sorprendo per un attimo di quel “Sam” pronunciato con tanta amarezza.
E poi continua: “Perché se n’è andata? Potevamo aiutarla a capire. Potevamo spiegarle, starle vicino. Aiutarla in tutti i modi e in tutte le maniere possibili?” domanda ancora , sperando che io abbia tutte le risposte di cui ha bisogno in quel momento.
E mi sento in colpa per non averle. Mi sento in colpa perché non posso lenire la sua sofferenza.
“Dean, io…io non so se abbia fatto bene o male ad andarsene, ma….”
“Ma cosa , Sam?” sembra rimproverarmi. “Davvero pensi che abbia fatto bene?  Siamo i suoi figli. L’hanno strappata a noi quando ne avevamo più bisogno. E ora…ora che siamo di nuovo insieme, che possiamo aggrapparci a questa specie di miracolo prima che ci si ritorca contro, lei…lei ci lascia. Ancora. Di nuovo!” e poi ancora - perché so che deve tirarlo fuori prima che questo rancore lo soffochi del tutto. So che avrà provato a bere fino a crollare e che l’unica cosa che avrà ottenuto è che al suo risveglio tutto fosse ancora lì, dentro di lui, solo più amplificato dal dopo sbornia – “Potevamo essere una famiglia. Potevamo provarci , almeno. Poteva ingoiare un po’ di quella confusione, dopo tutta la merda che abbiamo ingoiato noi in questi trent’anni. Se n’è fregata di quello che abbiamo passato noi. Anche noi abbiamo perso papà e non solo lui. Bobby, Kevin, Charlie e tutti gli altri, ma abbiamo stretto i denti e abbiamo continuato nonostante il dolore. Lei no!! Lei è scappata. Lei ci ha tagliati fuori  dal suo di dolore!” quasi mi urla contro perché so che mi crede dalla sua parte e so che nemmeno si rende conto della rabbia con cui ti mi sta parlando quando dice ancora : “Che tipo di madre fa una cosa del genere??!”
No!, non se ne accorge. Non subito almeno.

Faccio silenzio perché non so che dirgli, ma sento dentro di me una tale impotenza nel poterlo e volerlo aiutare che non riesco quasi a muovermi e sento i miei occhi bruciare.
 Così lo ascolto. Lo ascolto in silenzio.
 E in quel momento mi rendo conto che anche Dean ha ascoltato e compreso il mio silenzio. E il senso di colpa che gli leggo in viso vale più di mille parole.
Perché in un secondo, si rende conto che io più diritto di lui a soffrire per la sua mancanza. Perché io non l’ho mai conosciuta, non l’ho mai abbracciata fino a quel momento, non le ho mai potuto parlare se non in quelle settimane.
Lui sì. Almeno per poco tempo. Lui , sì.
Eppure io sto provando a comprenderla.
Lui no.
Perché lui è convinto che sia io quello forte in queste situazioni.
 
Lo fisso, amareggiato e davvero non so come aiutarlo perché capisco quanto sia grande il dolore che prova. E’ onestamente temo che sia troppo anche per me da gestire.
Ma poi lui parla e lo fa come il fratello maggiore che è e che è sempre stato.
“Perdonami!” sussurra. “Scusa, non volevo. Sono arrabbiato con lei e me la sono presa con te e non è giusto.”
Lo guardo e mi pare di tornare a respirare di nuovo regolarmente.
“Non scusarti. So quanto lei sia importante per te. Lo so, credimi e lo capisco. Ma forse…ha …ha davvero solo bisogno di tempo!” cerco di mediare ancora.
Sorride appena, ma lo fa solo per rassicurarmi, per farmi capire che non ce l’ha con me, nonostante quello che penso. Quello che mi costringo a pensare e di cui voglio convincermi.
“Ok! Ci proverò. Sul serio, ci proverò. Farò come dici tu. Non mi piace, davvero non mi piace. Ma mi farò andar bene il fatto che abbia solo bisogno di tempo!” mi tranquillizza e io finalmente  sospiro sollevato.
 
Lui allora guarda un’ultima volta quella porta sempre e ancora chiusa, poi torni a fissare me.
 “Vediamo di rimetterci al lavoro!” mi dice mettendomi una mano sulla spalla e allora io lo seguo mentre si avvia lungo il corridoio che ci porta alla sala principale del bunker.
Poi ad un tratto, so che devo dirgli qualcosa. Che è importante. Che è assolutamente, maledettamente importante, specie in quel momento. Mi fermo. Solo qualche passo dietro di lui. Lui si volta e mi fissa perplesso. In attesa.
“Sammy, che c’è?!”
Esito, ma so che devo farlo. So che non sarà un momento sdolcinato ma solo uno di quei momenti che ci segneranno per sempre.
“Lo so che ne ho fatte di stronzate in questa vita. Ne ho fatte tante e la maggior parte di queste sono piombate su di te.” inizio mentre lui si sorprende nel sentirmi dire quelle parole.
 “Sammy, ma cosa…”
“Ma voglio che tu sappia una cosa, Dean. Voglio che tu di questa cosa, ora più che mai, ne sia fermamente certo.” gli dico, chiedendo la sua piena attenzione.
“Ok! Ok, Sammy. Dimmi cosa….”
“Devi fidarti di me, Dean. Perché io non ti abbandonerò mai. L’ho fatto già una volta e il rimorso mi sveglia ancora , la notte. Ma non accadrà mai più. Te lo giuro. Io ci sarò sempre te, qualsiasi cosa accada. Chiunque o qualunque cosa questa vita ci metta di fronte. Non sarai mai da solo ad affrontarla.” e lo dico veloce, ma la mia voce è ferma e decisa.

Quelle parole sortiscono l’effetto voluto, perchè ho come l’impressione che lui si rianimi davanti ai miei occhi e anche io mi sento così. Rinvigorito. Fiducioso.

Lui stringe appena le labbra in un sorriso stentato.
Vorrei abbracciarlo, ma è troppo per noi, uomini duri.
Vorrei davvero abbracciarlo.
Ma non lo faccio.
Lui non lo fa e così si limita ad annuire anche un po’ imbarazzato e sa che deve dire solo una cosa.
Quella giusta. Quella su cui non avrà mai più dubbi. Quella di cui anche io ho bisogno.
“Non ne ho mai dubitato, Sammy!”
 
E non dovrai mai più farlo, Dean.

 
 
 



N.d.A. : That’s all Folk!!
Questa è una continua/ non continua della shot  Ora, Mary, lo sa!
Spero che vi piacciano questi due POV dei nostri due bros. Io ce li vedo così i loro pensieri. Pochi ma confusi.
Come al solito, infondo.
Come avete potuto leggere, l'ultima parte è simile a quella del POV di Dean. Ma mi piaceva far vivere  quel momento bromance anche dal punto di vista di Sam.

Vabbè! Fatemi sapere e come sempre: se leggete , recensite!!!
 
Baci, Cin!!!
 
   
 
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