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Autore: Padmini    10/11/2016    3 recensioni
Uno sguardo, un legame silenzioso tra due anime.
Sherlock, studente brillante ma solitario.
Gregory, studente più grande, generoso e desideroso di riparare a tutti i torti.
Un gatto e un cane che si incontrano nel cortile di una scuola.
Cosa accadrà tra di loro? Possono due anime così diverse trovare un luogo in cui incontrarsi?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un gatto nella notte

 

 

Ti arrivano di un balzo sul petto e ci si insediano come la sfinge, per l'eternità. Sì, forse mi vogliono bene, ma sempre dopo i loro desideri e gli scatti e gli scarti di belva domestica, che vive con gli umani senza rinunciare a nulla della sua naturale innocente ferocia.

Giorgio Bocca

 

Gregory era ancora stupito per ciò che era successo appena un'ora prima. Continuava a ripensare a quel ragazzo, così solitario eppure così affascinante. Un momento. Affascinante? Perché lo trovava … affascinante? Forse perché in qualche modo – ovviamente non sessuale, non era mica gay, lui! - lo attraeva. Il suo modo di fare così spavaldo, i suo occhi magnetici … bisognava essere ciechi per non essere affascinati da un tipo simile. Certo, quando lo aveva sentito parlare la prima volta avrebbe voluto picchiarlo come i ragazzi che aveva sgridato ma, oltre quel brutto carattere, aveva visto qualcosa che ancora non sapeva spiegarsi e che lo incuriosiva. Sì, era proprio quello che lo attraeva di Sherlock, quella scintilla di luce sopita nella profondità dei suoi occhi chiari. In un modo o nell'altro sarebbe riuscito a svelare anche quel mistero.

Con quei pensieri in mente passò il resto delle ore fino alla fine delle lezioni e solo allora, mentre stava uscendo per tornare a casa, fu avvicinato da un suo compagno di classe.

“Hem … Greg? Posso parlarti un momento?”

Si fermò e si voltò verso Anthony.

“Dimmi, ti ascolto.”

“È vero che stamattina hai difeso Sherlock Holmes?” gli domandò, in tono eccessivamente preoccupato.

Gregory fissò l'amico per qualche istante prima di rispondere, cercando di capire perché gli stesse ponendo quella domanda e soprattutto perché fosse così apprensivo.

“Sì, l'ho fatto.” rispose infine, alzando il mento per dimostrare che era orgoglioso di ciò che aveva fatto “Lo stavano attaccando, erano tanti contro uno. Mi era sembrato il minimo che potessi fare.”

Anthony esitò, evidentemente a disagio, ma continuò quando si beccò un'occhiataccia spazientita dall'amico.

“Lo so … cioè, posso immaginarlo … ma … Holmes … lui … evidentemente se lo meritava! È estremamente maleducato e pieno di sé. Tutti lo odiano, dovresti stargli alla larga. Si dice in giro che sia psicopatico, ma nessuno ha mai potuto accertarlo perché nessuno vuole stare con lui più di dieci minuti. Compiango i suoi compagni di classe che devono stare con lui tutto il tempo, ma a quanto pare per fortuna preferisce stare da solo … e da solo dovrebbe stare!”

Anthony aveva pronunciato quelle parole quasi senza prendere fiato, come se volesse sbrigarsi prima che il diretto interessato sbucasse da dietro un angolo per maledirlo perché aveva osato offenderlo. Gregory, da parte sua, ascoltò tutto il discorso con la bocca spalancata per lo stupore.

“ … Greg?” lo incoraggio a parlare lui, lievemente preoccupato per quella reazione.

“Anthony … non so cosa dirti. Tutto questo mi sembra un'enorme idiozia. Non lo conosci nemmeno, se se ne sta per i fatti suoi avrà i suoi buoni motivi, non credi?”

“Sì, ma ...”

“Niente 'ma'. Ieri era stato attaccato ed era in minoranza. Mi è sembrato giusto difenderlo e se dovesse succedere di nuovo lo rifarei. Fine della discussione.”

detto questo se ne andò, lasciando il suo compagno di classe senza parole.

 

Più tardi, a casa, una volta terminati i compiti per il giorno dopo, si ritrovò a pensare nuovamente a quel ragazzo così magro, apparentemente fragile ma allo stesso tempo pericoloso. Sentire quelle parole da un suo compagno di classe, che aveva sempre ritenuto onesto e ragionevole, lo aveva fatto arrabbiare. In quel momento sentì che avrebbe dovuto risolvere la questione, non solo per curiosità ma per giustizia. Non poteva sopportare che un ragazzo fosse non solo isolato ma anche attaccato senza che ci fosse un motivo valido per farlo. Ok, lui non amava stare in compagnia. Ok, magari era un po' presuntuoso, ma bullizzarlo in modo così pesante non sarebbe mai stato giusto, di questo era certo, tanto più che era sicuro che questo tipo di atteggiamento non avrebbe potuto che aggravare la situazione. Si ripromise di andare da lui il giorno dopo e riprovare a parlarci.

 

 

La mattina seguente Gregory uscì di casa molto presto. Era agitato, non sapeva se e come avrebbe trovato Sherlock e soprattutto, nonostante si fosse preparato una specie di discorso da fargli, non sapeva se avrebbe trovato il coraggio di proferir parola di fronte a quegli occhi così freddi. Camminando cercò di caricarsi per poterlo affrontare, ovviamente senza spaventarlo, anche se probabilmente il più impaurito dei due sarebbe stato lui.

Per sua sfortuna non lo vide prima dell'inizio delle lezioni e, anche se provò a fare delle scappate in corridoio tra un'ora e l'altra, non riuscì a incrociarlo. Tutto ciò che ottenne furono altre raccomandazioni da parte di altrettanti suoi compagni e compagne di classe, che gli consigliavano di stare alla larga da 'quel tizio', 'quello psicopatico', 'quello stronzo' e altri epiteti per niente carini ma molto fantasiosi. Lui si limitò a ringraziare tutti per l'interessamento, senza però dire che avrebbe fatto ugualmente come prefissato e anzi, pensò che tutte quelle parole non avevano fatto altro che aumentare la sua voglia di parlare con lui.

 

Durante la pausa per il pranzo uscì in giardino e si mise subito alla ricerca di Sherlock. Lo cercò per tutta la scuola, senza riuscire a trovarlo. Quando si rese conto però che ormai gli rimaneva poco tempo per pranzare, si rassegnò e si sedette sullo stesso albero sotto il quale aveva mangiato il giorno precedente. Ormai non valeva più la pena continuare a cercare, avrebbe fatto un tentativo il giorno seguente o avrebbe cercato di fermarlo all'uscita della scuola.

Aveva appena addentato il suo panino, quando vide un'ombra alle sue spalle. Accanto a lui, immobile e con gli occhi chiusi, si era seduto Sherlock. Gregory restò con la bocca spalancata e mezzo boccone di panino che stava per cadergli sui pantaloni. Non lo aveva nemmeno sentito arrivare. Si riprese rapidamente, masticò il boccone e, dopo averlo ingoiato, si rivolse al suo ospite.

“Hey … non ti ho sentito arrivare ...” mormorò, leggermente imbarazzato, cercando di ricordare ciò che voleva dirlgi.

“Lo so.” si limitò a rispondere Sherlock, senza nemmeno aprire gli occhi.

Greg lo fissò e la sua idea sul fatto che fosse in qualche modo incrociato con un gatto trovò in qualche modo conferma nella sua mente. Quell'idea lo fece sorridere e gli diede il coraggio di riesumare dalla sua memoria una parte del discorso che si era così faticosamente preparato.

“Hem … volevo dirti che … insomma … mi dispiace che gli altri ti trattino male … non so perché lo facciano, ma sono sicuro che non te lo meriti. Ecco.”

Chiuse gli occhi come se avesse ricevuto una botta in testa, maledicendosi mentalmente. Avrebbe potuto dire banalità più banali? Banalità banali? Cosa diavolo stava pensando? Riaprì gli occhi e si voltò nuovamente verso di lui.

“Senti mi disp- ...” si interruppe bruscamente, vedendo che anche Sherlock si era voltato, aveva aperto gli occhi e gli stava addirittura sorridendo.

“Grazie ...” mormorò, facendolo arrossire fino alle punta delle orecchie “Sei … gentile. Sapevo che eri diverso dagli altri.”

Gregory era rimasto senza parole nell'osservarlo. In quei pochi istante la fisionomia di Sherlock era radicalmente cambiata. Solo sorridendo si era illuminato, mostrando una bellezza ancora più profonda. Quel breve istante gli bastò, lo ripagò dei timori e lo convinse ancor di più, se mai fosse stato necessario, del bisogno di aiutarlo.

“Di nulla … figurati ...”

Nel frattempo Sherlock era tornato serio e aveva nuovamente chiuso gli occhi.

“Ti consiglio di finire il tuo panino, non manca molto alla fine della pausa.”

Ancora una volta ammutolito per quella reazione inaspettata, Gregory non poté che scoppiare a ridere. Annuì, continuando a ridere.

“Agli ordini!” e diede un morso al panino mentre Sherlock, al suo fianco, sempre con gli occhi chiusi, si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto.

 

Il resto della settimana passò in fretta. Dopo quel primo giorno in cui Sherlock si era spontaneamente avvicinato a lui, ne seguirono molti altri. Non appena lo vedeva solo, si avvicinava a lui e, come un gatto selvatico, restava al suo fianco, in silenzio. Anche se non parlava, riusciva a trasmettergli un senso di pace che raramente aveva sperimentato con i suoi amici. Con gli altri, con i suoi compagni di classe, si era sempre divertito, scherzando e ridendo per sciocchezze, con Sherlock era diverso. Ogni tanto si voltava, i loro sguardi si incrociavano, Sherlock sorrideva e riusciva a contagiare Gregory il quale, riscaldato da quel sorriso, si lasciava andare e gli raccontava qualcosa di divertente che gli era successo durante la giornata, qualche volta riuscendo perfino a farlo ridere, allora si sentiva orgoglioso e felice di poter condividere quei momenti con lui.

Stava così bene in sua compagnia, anche senza bisogno di parole, che non si accorse che, attorno a lui, gli altri avevano iniziato ad additarli e a sparlare alle loro spalle. Solo sabato, mentre uscivano, due suoi compagni di classe trovarono il fegato per affrontarlo nuovamente. Erano Anthony e Julie, i due che più di tutti sembravano turbati dal rapporto che Gregory aveva instaurato con Sherlock.

“Ti avevo avvertito, Greg. Ora avrai tutta la scuola contro. Non puoi stare con quell'Holmes!”

Nessuno aveva più accennato a quell'argomento, pertanto Gregory si era illuso, a torto, che avessero rinunciato … non avrebbe potuto essere più in errore! Sbuffò, trattenendo a stento la rabbia.

“Non credo che siano affari vostri.” ribatté secco, ma loro continuarono.

“Noi teniamo a te, Gregory. Sei sempre stato un amico leale, generoso … non possiamo sopportare che ti rovini con … quel tipo!”

Il modo in cui Julie parlò di Sherlock gli fece ribollire il sangue nelle vene, ma riuscì a mantenere la calma, solo il viso contratto, i pugni serrati e la voce eccessivamente pacata tradivano la rabbia repressa.

“Bene. Dite che sono sempre stato leale, generoso, un vero amico, eh? Allora sapete anche che non ho mai sopportato le ingiustizie.” il suo viso era rosso per la collera ma la sua voce era ferma, gelida come il ghiaccio “Mi avete già fatto questo discorso, in tanti e per troppo tempo. Basta così. La prossima persona che verrà a parlarmi male di Sherlock perderà la mia amicizia.”

Detto questo, si allontanò a passo di carica per tornare a casa, sfogando nei passi tutta la rabbia che altrimenti sarebbe sfociata in due pugni ben assestati nella faccia di quegli ipocriti.

 

Quella sera, disteso nel suo letto, ripensò a Sherlock. Da quando aveva iniziato a vedersi tutti i giorni con Sherlock si sentiva bene, in pace, ma non era ancora riuscito a capire perché tutti ce l'avessero così tanto con lui, soprattutto da quando aveva avuto modo di conoscerlo meglio. La loro conoscenza era superficiale, ma sentiva che presto avrebbero potuto approfondirla. Gli si spezzava il cuore se pensava a quanto tempo Sherlock aveva trascorso da solo. Forse tutto ciò di cui aveva bisogno … era un amico?

Chiuse la luce e gli occhi e si rilassò per sprofondare poco dopo nel sonno.

Più tardi fu svegliato da un rumore, come un grattare sul legno. Aprì gli occhi ma non accese subito la luce, cercando di capire da dove potesse provenire quel suono. Il rumore cessò, ma subito dopo ne sentì un altro. Dal cigolio che provenne dalla finestra e dalla folata d'aria fredda che gli colpì il viso capì che qualcuno si era introdotto nella sua camera. Restò immobile, paralizzato nel suo letto, incapace di muovere un muscolo per la paura. Un ladro era entrato. Cosa avrebbe dovuto fare? La sua angoscia non durò che pochi istanti. Subito dopo la finestra venne chiusa e sentì che qualcuno si era intrufolato accanto a lui nel letto. A quel punto, seppur terrorizzato, allungò un braccio per accendere la luce … e fu allora che lo vide.

“Sherlock!” mormorò, in preda al panico “Cosa diavolo ci fai qui? Come hai fatto a trovare la mia casa e a sapere quale fosse la mia camera? Perché ...”

Sherlock scosse la testa, spazzando via con quel gesto tutte le domande appena poste.

“Posso dormire qui, stanotte?” chiese semplicemente, spiazzando Gregory.

“ … io … io … sì … certo … ma … i tuoi genitori? ...” si arrischiò a domandare, poi capì che sarebbe stato inutile e che Sherlock avrebbe ignorato anche quella domanda “Va bene, resta pure.”

Si scostò leggeremnte e chiuse la luce. Al suo fianco, Sherlock aveva già chiuso gli occhi. Il mistero di quel ragazzo si stava sempre più infittendo, come la notte che, come una coperta, li avvolgeva e li teneva al caldo. Gregory restò ancora qualche minuto immobile, sveglio, osservando nella penombra, il profilo del viso di Sherlock. Lo aveva conosciuto per caso, si era affezionato a lui e al mistero che si portava dentro e ora sentiva la necessità di proteggerlo, da tutto e da tutti … e lo avrebbe fatto.

“Buonanotte, Sherlock ...” mormorò, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi a sua volta.

 

 

   
 
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