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Autore: ToscaSam    12/11/2016    0 recensioni
Queste sono le pagine scritte da Sama di Suna
nella sua ora più disperata.
Ore di una vita che pareva infinita,
oppure no?
Jashin l'ha abbandonata
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(dal testo)
"Lavorava così, il Kazekage. Si sbarazzava degli scomodi. E io decisi di diventare scomodissima.
La notte è fonda ormai. Sto finendo la candela.
La foresta di Kusa fruscia docilmente sotto le carezze del vento.
Sono stanca di pensare."
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"< Sama> mi disse.
< Prendi la falce e seguimi. Oggi andiamo molto più lontano>.
< Perché?> chiesi io, forse falsamente innocente.
< Perché è quello che cazzo ho deciso> Hidan è sempre stato famoso per la sua finezza d'espressione."
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Sama è stato il mio primo, primissimo original character. Volevo scrivere la sua storia, dall'inizio alla fine e mi è piaciuta l'idea di farlo attraverso pagine di una specie di diario. La storia sarà quindi apprezzabile nella sua interezza solo alla fine, grazie al puzzle completo che ne uscirà.
Genere: Guerra, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Hidan, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Naruto Shippuuden, Più contesti
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III
 
 
Foresta di Nara
dintorni di Konoha
mezzanotte
 
So nascondere la mia presenza agli animali... ma questi qui sono davvero strani.
Credo che qualcuno l'avesse detto, di questi maledetti cervi guardiani. Ho placato l'ira di Jashin con un paio di sacrifici. Non avevo mai ucciso animali per questo scopo. Solo caccia e non mi era mai piaciuto granché farlo.
Un animale, di per sé è innocente. Non come gli uomini.
Gli uomini si meritano quasi sempre la punizione divina del buon Jashin.
Ma questi cervi … questi sono al servizio di quel ragazzo. Quello che ha ucciso Hidan.
No.
No.
Non ucciso. Hidan è qui. Qui da qualche parte.
È passato un mese da quando ho lasciato l'Akatsuki. O almeno credo, se non ho fatto male i conti. Il tempo passa così stranamente … non riesco ad essere lucida, a capire, a ragionare.
 
È così tanto tempo che non vedo gli occhi di Hidan.
Oh, amore mio. Mio unico, impareggiabile, immenso amore.
I suoi occhi chiari, di quella sfumatura innaturale. Ho sempre sentito dire che gli albini sono estremamente deboli di costituzione. Lui no. Lui, il suo ampio petto, la sua muscolatura possente e calda.
Ricordo la prima volta che abbiamo fatto l'amore.
Fu tutto insieme. Non aspettavamo altro, da troppo tempo.
Kakuzu se n'era voluto rimanere al covo a sistemare certe somme di denaro per la contabilità dell'organizzazione. O forse, come pensai in seguito, tutto faceva parte di un piano malvagio per farci fare la più grossa delle figuracce.
Ma non mi importa … se essere stati scoperti da Kakuzu è stato il prezzo … beh, lo pagherei mille altre volte.
Avevo sedici anni. Ero innamorata persa di Hidan, probabilmente dal primo istante in cui avevo visto i suoi occhi, dopo essermi risvegliata da quell'oblio di morte quasi certa.
E mi rammarico di non averlo ancora messo per iscritto.
Quello è un ricordo meraviglioso. Quello è l'inizio della mia nuova vita.
Ma torno al giorno in cui io e Hidan ci immergemmo da soli nella foresta per esercitarci con la falce. Era davvero un buon maestro. O forse i miei metodi di giudizio sono sempre stati offuscati dal sentimento forte che provavo – e provo! – per lui.
 
« Sama» mi disse.
« Prendi la falce e seguimi. Oggi andiamo molto più lontano».
« Perché?» chiesi io, forse falsamente innocente.
« Perché è quello che cazzo ho deciso» Hidan è sempre stato famoso per la sua finezza d'espressione.
Trovammo quello spazio sufficiente fra i nodi degli alberi. Eravamo nella foresta profonda, la luce filtrava appena.
« Non ce ne andremo finché non avrai imparato qualcosa di nuovo» mi disse, aspro.
Io mi misi in guardia e aspettai l'attacco.
E arrivò, più feroce che mai. Non me l'aspettavo per nulla. Era come se volesse sfogarsi, se avesse qualcosa dentro e non trovasse altro modo di toglierselo dalla testa se non con il combattimento.
Non lo dico solo perché so come andò a finire, ma perché me ne dette davvero l'impressione.
Più volte avevo pensato di chiedergli “sensei, tutto bene?” ma non ne avevo avuto il coraggio. Ero in effetti turbata, stupita.
Ci colpimmo più volte, ma quella che uscì senza dubbio sconfitta ero io.
Forse a un certo punto decise di smettere perché mi aveva colpita così forte che il sangue mi usciva copiosamente da una spalla.
Gettò via la falce e mi si fece vicino:
« Cazzo, non volevo farti così male. È profondo? Fai vedere, bimba».
E poi non so bene come, inebriata dall'odore del sangue, del sudore, dal combattimento e dalle sue parole, mi ritrovai premuta contro di lui, a baciarlo come se dovessi mangiarmelo tutto.
E lui altrettanto.
Rispondeva e mi mordeva e mi accarezzava e premeva contro di me.
Rotolammo a terra, quasi combattendo. Io gemevo per il dolore alla spalla e per l'eccitazione. Lui non era da meno.
I nostri corpi erano appiccicosi, sentivo il suo torace caldo premere contro la mia canottiera sudata.
E in un attimo non c'era più nessuna canottiera. Il vento soffiava sulla pelle nuda sudata e rendeva tutto più fresco e scivoloso.
Poi ci fu il tronco di un albero, dietro di me e Hidan che mi baciava e mi spogliava di qualsiasi residuo di indumento.
Ed io ero accesa, accesa di fuoco, di qualcosa che anche adesso che ci penso, mi fa sentir male.
Dio mio, Hidan. Quanto ti amo, quanto ti vorrei ora con me.
Dove sei, mio amore? Mio maestro, mia vita.
Se la morte ti ha preso davvero, allora che prenda anche me, così che la morte “ci unisca”, anziché “ci separi”. Voglio essere unita a te, come quella prima volta, nella foresta.
Contro l'albero duro, le nostre pelli scorticate che rimbalzavano le une sulle altre.
Il tuo corpo caldo, la saliva umida di entrambe le bocche molli e affamate.
Il permesso che non mi hai mai chiesto, ma che senza dubbio ti avrei concesso anche a parole, di esplorare ciò che non era mai stato scoperto nel mio corpo. Quella sensazione di durezza, di riempimento, di soddisfazione di un antico appetito.
E poi il ritmo, frenetico. Tutto scorreva, umido e veloce. Io contro l'albero, tu contro di me. Il rumore mozzato dei miei respiri, i tuoi rantolii, i gemiti, la tua rigidità dentro di me.
Quanto tempo ti avevo desiderato.
Non avrei mai immaginato di risolvere quella situazione tutta in una volta. Ma tu di certo non eri tipo da separare primo bacio e prima volta.
Lo volevamo troppo. Tu spingevi, spingevi e io sussultavo. Tutto sapeva di sale, di caldo e brividi assieme.
E poi l'orribile, maledetta voce di Kakuzu.
 
« Se volevate essere lasciati soli, bastava dirlo esplicitamente».
Io che mi sentii morire … e che probabilmente, non fosse stato per la protezione di Jashin, un infarto lo avrei avuto per davvero.
E tu, fine come un petalo di rosa, con la voce affannata:
« Non lo vengo a dire a te, se ho voglia di scopare!»
Quel poco di romantico che aveva l'episodio, veniva ora ridotto in brindelli.
« Certo che no. Però mi avresti risparmiato la scena. In ogni caso sono venuto ad avvisarti che il leader ti vuole parlare»
« Vai a farti fottere, Kakuzu» rispose Hidan, con molta delicatezza.
Non so bene il mio ruolo esteriore, in questa faccenda. Dovevo essere alquanto ridicola, tutta nuda, compressa contro l'albero e il corpo di Hidan.
« Oh, io no di certo. Ma finite pure, voi due. Ci vediamo da Pain-sama».
E girò i tacchi.
Che razza di stronzo, quell'uomo.
Adesso è morto.
Anche lui.
Così ha detto Zetsu.
“sono stati sconfitti. Sono morti”. Non è possibile. Kakuzu. Morto.
Hidan, oh, mio Hidan. Tu non sei morto.
Io ti verrò a disseppellire. Sono vicina. Ti troverò.
Dovessi impiegare tutta la mia vita per radere al suolo ogni singola zolla di questa foresta.
E poi faremo l'amore per sempre. Ce ne andremo lontani. Lontani da Konoha e anche dall'Akatsuki. Vivremo da soli, per sempre. Ricomporrò il tuo corpo, con tutta la cura possibile. Sarò al tuo fianco per lenire il dolore, per sentirti parlare, per sentirti respirare.
Mio Hidan, mio sensei.
Non sei morto, non puoi. Jashin lo impedirà. Jashin non tradirà il suo servo più fedele.
  
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