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Autore: WibblyVale    12/11/2016    3 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Shisui stava combattendo contro l’evocazione di un cane a tre teste. Saltò una di quelle e la staccò con un colpo di spada, mentre Tora cercava di staccarne un'altra a morsi. L’ultima testa rimasta si scagliò su di lui e lo colpì facendolo volare contro un blocco di appartamenti.
Si rialzò in piedi giusto in tempo per prendere Tora al volo.
“I gatti non dovrebbero cadere sulle zampe?” chiese ironico.
“Smettila idiota e combatti!” Saltò a terra e tornò a trasformarsi.
Shisui attivò lo Sharingan e con quello controllò l’enorme cane, ciò gli permise di colpirlo a morte. Certo il villaggio continuava ad essere pieno di quei maledetti mostri e anche di peggio.
Corse per il villaggio cercando di mettere in salvo le persone che erano rimaste indietro. Vide un uomo sotto un blocco di pietra. Lo raggiunse il più velocemente possibile e tirò su il masso, mentre Tora lo prendeva per la collottola e lo tirava fuori.
“Riesce a camminare?” L’uomo tentò di alzarsi ma invano. “Tora, portalo al sicuro!”
“Ma…”
“Fa come ti dico!”
“D’accordo.” Shisui si strinse attorno al collo in quel momento gigantesco del suo animale domestico. “Mi raccomando fa attenzione.”
“Anche tu!”
Shisui continuava a correre. Doveva raggiungere Kakashi. Stava combattendo contro la versione di Pain che usava lo Shinra Tensei. Doveva proteggere quell’uomo per Shiori, per i bambini. Odiava averlo perso durante la battaglia, doveva essere più attento.
Ad un tratto si trovò di fronte una donna dai lunghi capelli rossi e con dei piercing come tutti gli altri. L’attaccò con la palla di fuoco, ma lei la scansò e gli fu quasi addosso, allungava la mano verso di lui, ma fu fermata da un colpo di Inoichi. Il jonin lo guardò.
“Sei tu vero?” chiese.
Shisui annuì.
“Va da Kakashi. Shikaku vuole che sia al sicuro. Qui ci pensiamo noi.”
L’Uchiha ricominciò a correre e finalmente raggiunse il campo di battaglia. Kakashi, Choza e Choji stavano combattendo contro Yahiko. Non erano messi bene. Si affiancò a loro.
“Qual è il piano?” chiese.
“Non morire?” propose il Copia-ninja.
“Vedo che hai voglia di scherzare.”
“Grazie per essere qui” disse Kakashi.
“Non ti lascerei da solo. Sono qui a fare le sue veci.”
 
Konan sentiva le urla e il dolore dal suo nascondiglio. Nagato accanto a lei era allo stremo, ma non si sarebbe arreso.
“Credi sia la cosa giusta?” chiese.
Nagato voltò la testa verso di lei molto lentamente, aveva un’espressione confusa.
“Io… Insomma… Jiraiya-sensei era una brava persona.”
“Solo in questo modo potremo tornare insieme a Yahiko, Konan.”
“Lo so. Finiscili.”
 
Shisui ansimava. Accanto a sé, Kakashi tentava di rialzarsi. Lo aiutò. Si sorressero a vicenda. Lui, Kakashi e Choza tentarono un attacco combinato. Il primo a partire fu l’Akimichi, si ingrandì a dismisura, bloccando la visuale del nemico. Shisui fu così svelto da passare alle sue spalle, mentre Yahiko faceva volare il castano dall’altra parte del campo di battaglia. Kakashi gli fu davanti e riuscì a colpirlo dritto allo stomaco. Subito dopo Shisui lo avvolse nel fuoco.
I due uomini si guardarono speranzosi, ma poco dopo Yahiko uscì dalle fiamme ancora intatto. Attivò il suo potere e li spinse vie. Shisui sbatté la testa e perse i sensi.
 
Nascosti nelle montagne di Konoha i civili cercavano di non farsi spaventare dai rumori esterni. I bambini piangevano, mentre le madri e i padri cercavano di consolarli. In un angolo lontano da tutti, Amaya stringeva la mano di Hikaru che urlava, non perché era spaventato, ma per il dolore.
Anche Yoshino stringeva la mano di suo nipote, cercando di calmarlo. “Hikaru, concentrati su di me.”
“Non ci riesco! Stanno sparendo.” Il piccolo Hatake seguì i chakra lungo la battaglia, doveva trovare i suoi cari, ma in mezzo a quel dolore non ci riusciva. Lui non era così forte.
Kurenai si avvicinò a loro e si inginocchiò. Yoshino la guardò.
“Come ti senti?”
“Vorrei combattere!” La Nara annuì. “E lui?” chiese la donna con gli occhi rossi.
“Non riesco a calmarlo. Non riesce a chiudere le porte, io… Shiori era più grande quando l’ho conosciuta, lei sapeva…” La moglie del capoclan aveva le lacrime agli occhi.
Kurenai le posò una mano sulla spalla, poi si rivolse al bambino: “Hikaru. Ehi, guardami!” Lui si voltò verso di lei con gli occhi ricolmi di lacrime. “Hikaru. Puoi dirmi come sta la mia bambina? Ho paura che si stia spaventando.”
Il piccolo Hatake, nonostante il dolore, appoggiò la mano sulla sua pancia.
“Non so se ci riesco, ma…” Si concentrò. Doveva sapere che la piccola stava bene. Doveva proteggere quella bambina, come il suo papà, lo zio Shisui e il resto della sua famiglia stavano proteggendo il villaggio.
Si concentrò su di lei e piano piano il mondo esterno sparì. C’era calma dentro il ventre di Kurenai. La bambina sentiva l’agitazione della madre, ma si sentiva protetta.
“Sta… sta bene.”
“Ora Hikaru, cerca di rimanere concentrato su di lei, ti va?”
Il bambino annuì. Non riusciva a chiudere le porte, ma almeno poteva deviare la sua concentrazione in qualche modo. Yoshino tirò un sospiro di sollievo.
“Grazie.”
“Per me è un piacere essere utile.”
Hikaru e Amaya si strinsero tra loro spaventati, e lui cominciò a descrivere alla viola ciò che sentiva, così da distrarre anche lei. Yoshino e Kurenai si concedettero un sospiro di sollievo.
“Non so come fai. Tuo figlio è là fuori e nonostante ciò, non stai dando di matto.”
Yoshino fece un sorriso triste. “Mi credi se ti dicessi che vorrei andare a fare a pezzi quei mostri con le mie mani per proteggerlo? Ma so che lo metterei ancora di più in pericolo. Lui e Shikaku… Se li perdessi io…”
Hikaru gridò e cominciò a piangere. Yoshino lo prese tra le sue braccia e lo strinse a sé.
“Hikaru… che succ…” Si bloccò. Gli occhi verdi del bambino esprimevano una disperazione pura.
“Papà… Lui è… sparito!”
 
Shisui riaprì gli occhi in tempo per schivare un pezzo di metallo che Yahiko gli stava per conficcare nel cuore. Si rialzò in piedi e vide Kakashi e Choza privi di vita. Strinse i pugni, non poteva essere. Choji piangeva.
“Vai!” gridò al ragazzo. “Qui è troppo pericoloso!”
Schivò il colpo del proprio avversario, mentre il giovane Akimichi correva via. Usò Amaterasu per bruciarlo, ma ovviamente su di lui non fece effetto. Decise che era ora di provare l’ultima sua arma a disposizione. Attivò il Susanoo, circondandosi di un’aura verde dall’aspetto di un guerriero gigante.
“Vediamo come funziona questo coso.”
Riuscì a colpire un paio di volte il suo avversario, scalfendone l’impassibile volto, ma sembrava essere ben poca cosa, per quell’assurda creatura. Combatterono per un po’, ma il suo avversario era troppo forte. Quando ebbe raccolto abbastanza energia lo scagliò lontano.
Shisui cadde a terra ansimante. Davanti a lui stavano una schiera di kunai volanti. L’Uchiha si rialzò a fatica in piedi e tentò la mossa estrema.
“Nagato mi senti? Shiori dice che sei buono! Shiori dice che…” Ma il suo avversario non voleva sentire ragioni. Scagliò contro di lui tutti i Kunai. Sentì ogni singola lama trapassargli il corpo. Cadde all’indietro, ma già prima di toccare il terreno, il corpo di Shisui Uchiha era privo di vita.
 
Shisui Uchiha aprì gli occhi. Un’abbagliante luce lo costrinse a richiuderli. Si schermò il viso con la mano e si accorse di essere in un giardino. Un giardino pieno di suoni e colori. E lui… lui ci vedeva con entrambi gli occhi!
Si mise a sedere e si guardò intorno. Un uomo e una donna stavano sulla riva di un fiumiciattolo che scendeva dolce lungo il suo letto. Si voltarono verso di lui. Lei aveva i capelli lunghi e uno sguardo dolce, mentre lui più alto di lei di qualche centimetro assomigliava molto a Shisui.
“Mamma? Papà?”
La donna annuì e si separò dal marito per allungare le braccia verso il figlio. Il jonin scattò in piedi e l’abbracciò, alzandola di qualche centimetro da terra e facendola volteggiare. La donna rideva felice. Quando la rimise a terra, vide l’uomo che allungò una mano verso di lui.
Shisui non la prese, ma si fiondò tra le braccia del padre, che con un gesto un po’ impacciato lo strinse a sé.
“Avrei sempre voluto conoscerti” disse tra le lacrime.
“Anche io, figliolo.” Suo padre lo guardò negli occhi. “Sono molto orgoglioso di te.”
“Davvero?”
“Si, certo.”
Sua madre prese le sue mani tra le proprie. “Ma è troppo presto, piccolo mio. Non dovresti essere qui.”
“Ma potremo stare insieme ora!”
“Hai ancora molto da fare” disse il padre. “Noi saremo qui ad aspettarti.”
Sua madre lo baciò sulla guancia e suo padre gli sorrise, “Ti vogliamo bene” dissero, poi svanirono come fumo.
“NO! TORNATE!” Una mano gli si posò sulla spalla, lui si voltò. “Nonnina!” esclamò nel vedere la donna che l’aveva cresciuto.
La donna sorrise. Aveva i lunghi capelli bianchi raccolti in uno chignon e la schiena leggermente curva. Lui l’abbracciò.
“Come sei cresciuto, Shisui!”
“Nonnina, sono morto, vero?”
La donna annuì. “Se vuoi puoi riposarti per sempre. So quanto hai sofferto, ma non è ancora il tuo momento. Ti ho insegnato a prenderti le tue responsabilità o sbaglio?” lo redarguì. “Be’ hai ancora tante cose di cui occuparti, furfantello!”
Shisui sorrise. Si era appena ricordato di quando quella vecchietta, che sembrava così fragile, lo inseguiva per casa con un mattarello per sgridarlo. “Lo so, ma… Ho perso troppo, nonna. Voglio solo…”
La donna cominciò a piangere. “Shisui avrei voluto una vita diversa per te, ma… è ancora presto per riposarsi.”
“Nonnina, non piangere.” Shisui le pose un bacio sulla fronte. “Farò sempre ciò che tu mi chiedi. Mi aspetterai qui?”
“Certo, tesoro mio.” Gli accarezzò la guancia. “Sono sempre accanto a te.”
“Allora non te ne andare… Ti prego.”
Lei sorrise. “Devo. Devi ancora incontrare una persona prima della fine. Ti voglio bene, furfantello” disse mentre svaniva.
“Anche io ti voglio bene.”
In lontananza il sole stava calando. Era una bella vista, e vederla con entrambi gli occhi era un piacere. Ad un tratto qualcuno prese la sua mano e la strinse forte. Shisui la strinse di rimando, chiuse gli occhi e sospirò, ma continuò a guardare davanti a sé.
“Sei un imbecille” disse la voce di Itachi accanto a lui.
“Senti chi parla” ribatté lui.
“È troppo presto per te.”
“E se io invece fossi dove voglio essere?”
Itachi sospirò. “È presto. E comunque non è questo il tuo posto. Non ancora.”
“Il mio posto è sempre stato accanto a te.”
“Guardami” ordinò Itachi.
“E se sparissi?” chiese timoroso.
“Non lo farò” lo rassicurò l’altro.
Shisui si voltò e vide quel volto che da anni poteva solo immaginare. Allungò una mano verso di lui e lo accarezzò. Era più vecchio, più duro, ma era sempre Itachi.
“Mi erano mancati i tuoi occhi” disse l’Uchiha più giovane. Shisui taceva. “Ehi! Che ti prende?”
“Meritavamo di meglio, io e te. Abbiamo sprecato ciò che avevamo.”
Itachi gli cinse i fianchi e lo tirò a sé. “Forse. Ma abbiamo avuto qualcosa alla fine.”
“Parli così perché sei in pace, brutto stronzo! Sono io quello che deve vivere sen…”
Le labbra di Itachi furono sulle sue. Shisui lo abbracciò, avvinghiandosi alla sua schiena. Fu un bacio dolce, lento, ma pieno di passione. L’Uchiha più grande richiese accesso leccando dolcemente le labbra del compagno che le schiuse più che volentieri. Danzarono un po’ insieme, in un momento che parve infinito.
Quando si separarono, si sorrisero.
“Devi tornare sulla terra. Abbiamo poco tempo” lo avvertì Itachi.
“Ma ti devo dire tante cose.”
Itachi lo baciò sulla fronte, poi sul naso, poi di nuovo sulle labbra. “Avremo tempo. Un giorno, ma non oggi…”
Il sole ormai era scomparso, ma sembrava che stesse sorgendo ancora.
“Che strano, credevo fosse il tramonto.”
“No, è l’alba e tu stai svanendo.” Quando si rivoltò verso Itachi, vide che stava piangendo.
Prese il volto tra le mani e tentò di asciugare le sue lacrime baciandolo sotto gli occhi. Poi, con le mani tentò di raccoglierle.
“Se non mi vuoi qui, perché piangi?” chiese scherzoso.
“Perché io, razza di idiota, ho bisogno di te. Perché io ti…” Itachi svanì e la luce del sole fu troppo abbagliante per gli occhi di Shisui.
 
Lontano nella sua prigione Shiori stava rannicchiata su sé stessa in posizione fetale. Le era sembrato per un momento di non respirare più. Era come se la vita le fosse uscita dal corpo. Cominciò a piangere senza sapere perché, ma ben presto le fu chiaro.
“Kakashi” sussurrò.
Loro due avevano un collegamento, da quando lui aveva imparato la tecnica per fermarla. Quel collegamento non era più dentro di lei.
“No. Ti prego. Non puoi essere morto.” Si asciugò le lacrime e si mise a sedere. Non l’avrebbe pianto. No, perché lui non era morto. Lui doveva vivere! “Non fare l’idiota! Non ti permettere…”
Sentì il respiro mancarle di nuovo e la sua testa pulsò, non vide più niente se non un abbagliante luce bianca. Percepì il suo corpo schiantarsi contro il pavimento, ma non sentì dolore.
 
Kakashi si ritrovò davanti ad un piccolo fuocherello, seduto accanto a lui si trovava un uomo dai lunghi capelli argentati raccolti in una coda.
“Padre?” chiese il Copia-ninja.
“Ciao, Kakashi” rispose l’uomo sorridendo.
“Sono morto?”
“Sì e no. C’è ancora speranza per te.” Sakumo sospirò. “Kakashi, io… Mi dispiace.”
“Lo so. In un certo senso l’ho sempre saputo, ma mi sono sempre chiesto, perché io non ti fossi bastato per superare tutta quella merda?”
L’Hatake più grande guardò suo figlio dritto negli occhi. “Non… Tu eri il mio orgoglio, figliolo. Sei il mio orgoglio, ma… Era tutto così insostenibile. So di aver sbagliato, ma… Non ero abbastanza forte, Kakashi. Non abbastanza per sopportare le tragedie della mia vita.”
“Le tragedie della tua vita? Io… Ho perso tutto, papà. Tutto. Più di una volta! Ma… Cazzo non avrei mai e poi mai abbandonato chi aveva bisogno di me.”
“Hai la forza di tua madre. Io… perdere tutti quegli uomini è stato troppo.”
Kakashi si avvicinò al padre. “Sai, nonostante tutto, capisco il desiderio di lasciare di tutto di non voler più avere a che fare con questo mondo. Capisco quanto possa essere stata dura per te e… Ti perdono.”
Gli occhi di Sakumo brillarono. “Grazie, figliolo. Sono sicuro che sarai un padre migliore di me.”
“Credo che anche per me ormai sia troppo tardi” fece notare al proprio padre, allargando le braccia.
“No, tu tornerai. Hai una seconda chance.” Gli sorrise. “È stato bello rivederti, Kakashi.” E con quel sorriso ancora stampato sulle labbra Sakumo Hatake sparì.
Kakashi si guardò intorno, mentre l’oscurità lo avvolgeva. Ora che suo padre se n’era andato si sentiva solo. Aveva capito, o almeno aveva accettato le motivazioni dell’uomo. Ora che anche lui era padre sapeva che si dovevano prendere decisioni difficili, ma lui non avrebbe voluto che i suoi figli crescessero senza di lui. In ogni caso, aveva deciso di perdonarlo, era stanco di provare rancore nei suoi confronti.
Sakumo gli aveva detto che per lui era presto per morire, che avrebbe avuto una seconda chance, ma allora perché si trovava ancora in quel luogo? Il fuoco e il prato attorno a lui erano spariti, ora si trovava nella più totale oscurità. Forse quello era il nulla, forse era la morte, forse suo padre si era sbagliato.
Ad un tratto quel luogo oscuro fu illuminato, e da lontano, con passi delicati qualcuno si stava avvicinando. Quando la figura emerse dalla luce era bellissima. Shiori aveva i suoi lunghi capelli neri sciolti, mentre il suo corpo era ricoperto da un leggero vestito verde a fiori. Gli occhi verdi di lei lo guardavano terrorizzati.
“Per un attimo ti ho perso. Mi hai spaventato a morte” disse la donna avvicinandosi a lui e accarezzandogli il volto.
“Sei una dea?” chiese, provocandole un leggero sorriso.
“Adulatore. No, io sono sdraiata sul pavimento di una cella. È come quando è nato Hikaru… Siamo connessi io e te.”
“Quella volta però eri…”
“Ti stai chiedendo com’è che sono così carina?” fece lei scherzosa. “È che ho capito come muovermi in questo mondo. La vera me ha una cera terribile.”
Kakashi non sorrise, anzi si fece ancora più serio.
“Quando tenti di essere allegra a tutti i costi, vuol dire che le cose sono persino peggiori di quello che immaginavo.”
Shiori si mordicchiò il labbro. “Ho un piano.”
“Oh perché i tuoi piani finiscono sempre bene, vero?” urlò lui fuori di sé, spingendola via. “Assomiglia al piano in cui hai deciso di non farmi sapere che avevo un figlio?”
Calde lacrime scesero dagli occhi della donna. “Mi dispiace.”
“Non basta.”
“Lo so. Lo sento.” Tirò su con il naso. “Stanno bene?”
“Sì, sono… Li hai cresciuti davvero bene. Sono meravigliosi.” Sorrise al pensiero dei bambini.
“Sono stata aiutata.”
Kakashi le accarezzò il volto e prese a giocherellare con la ciocca rossa dei suoi capelli. “Sai dove ti trovi?”
“No, ma sto bene. Me la caverò. Pensa al villaggio e ai bambini.”
“Voglio aiutarti!”
“Anche se mi odi?” chiese lei.
“Sai che non ti odio. Non potrei mai… Però… Lo senti, vero?” Shiori annuì. “Mi ricordo ancora quando mi dicesti che sentire i miei sentimenti era come sentire un prolungamento dei tuoi, che di qualunque genere fossero, riuscivi sempre ad inglobarli in te. Questo però…”
Shiori raccolse quel sentimento duro e dal sapore quasi metallico.
“Mi incolpi, mi biasimi.” Scosse la testa. “È più difficile convivere con quello. Soprattutto se a provarlo è una persona che…” Le parole le morirono in gola.
La mano di lui scese lungo il braccio di lei e si intrecciò alla sua. Poi portò la mano della donna al centro del suo petto, lì dove batteva il cuore. Shiori abbassò la testa e appoggiò la fronte sulla spalla di lui, mentre cercava di trattenere le lacrime.
“Ho bisogno di te. Non capisco il casino che c’è qui dentro.”
“Lo capirai. E…” Alzò lo sguardo, i loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro. “Sono contenta che tu sia ancora vivo.”
“Shiori…” Una lacrima scese lungo le guance del jonin, Shiori la asciugò.
“Abbiamo poco tempo. Stai svanendo.”
Kakashi guardò in basso e vide il suo corpo diventare sempre più trasparente.
“Non ti chiedo di dare false speranze ai piccoli, ma se… se per caso questa cosa fallisse. Se il mio piano non riuscisse… Dì loro che li ho amati tanto e che ho sbagliato. Ho sbagliato a pensare che fare questo da sola li avrebbe protetti, ci ha solo allontanati. Maledetto orgoglio…”
Il Copia-ninja sentì la sofferenza della donna come sua.
“Ti prego. Resta.”
“Se restassi tu non potresti tornare da loro. Sei vivo Kakashi, vivi.” Gli posò un bacio sulla guancia e gli sorrise. Quel sorriso fu l’ultima cosa che vide prima di sparire.
 
Hikaru urlava, mentre Yoshino cercava di mantenere la calma e infonderla a lui. Ma zia Yoshino non capiva, ora lui non sentiva più nemmeno lo zio Shisui! Certo, Naruto era arrivato e sembrava sicuro di farcela. Il chakra del ragazzo aveva deviato l’attenzione del bambino, ma anche con lui le cose erano precipitate.
Ad un tratto, il genin aveva cominciato ad essere in difficoltà ed un chakra che non conosceva, una ragazza piena d’amore si era avvicinata, lo voleva aiutare, lo voleva proteggere. Hikaru poteva sentirlo, era un sentimento così bello e caldo. Lei voleva molto bene a Naruto, sembrava quello che sentiva provenire dalla mamma quando parlava di papà. Certo, c’era qualche differenza, era più fresco, era più pieno di speranza, ma l’idea era quella. La ragazza aveva paura del mostro solitario, ma non si tirava indietro. Tutta la sua forza stava nell’amore che provava per il ninja vicino a lei, ma… Anche la ragazza fu colpita e Naruto era impazzito.
 
Tenzo e Anko osservavano quello che doveva essere stato uno dei covi di Orochimaru, ma che al momento pareva vuoto.
“Ero certa che ci fosse qualcosa!”
“E qualcosa c’è, Anko. Insomma, sono sicuro che…” Il ninja dell’Arte del Legno si bloccò e fissò la sua attenzione sulla propria mano, che riluceva. “NARUTO!” esclamò. “Sono nei guai!”
La kunoichi guardò nella stessa direzione.
“Va.”
“Cosa?”
“Vai! Me ne occupo io. Questo è più importante!”
“Ma… Anko…”
“Ti ho detto di andare!” ordinò più seria. “Me la caverò.”
Tenzo non se lo fece ripetere due volte e corse come un forsennato verso Konoha.
 
Hikaru sentiva una rabbia cieca e dolorosa che si sprigionava dal giovane genin. Era insopportabile! Voleva vendetta per tutto, ma non riusciva a controllarsi. A quel punto, fu facile per il mostro solitario distruggere tutto. Non c’era più niente e nessuno. Solo pochi erano i superstiti di quell’enorme scoppio che tutti nel nascondiglio avevano sentito.
Zia Yoshino piangeva, mentre cercava di cullare suo nipote tra le sue braccia. Sentiva che lei pensava di aver perso tutto, di essere sola, ma lui non aveva la forza di parlare per consolarla. Perché anche lui si sentiva così. Amaya si avvicinò e cominciò ad urlargli qualcosa. Era disperata e riversava la sua frustrazione su di lui.
“Dì qualcosa! Tu sai cosa succede!”
Ma lui non riusciva a fare altro che piangere. Ad un tratto, sentì Naruto riprendere il controllo, stava ritornando in sé. Hikaru smise di piangere e seguì quel ragazzo che portava speranza. Lo sentì provare un odio immenso per il mostro solitario, voleva vendetta su di lui, ma poi ci ripensò, si dominò. L’avrebbe perdonato, perché era la cosa giusta da fare.
Fu a quel punto che si aprì qualcosa nel mostro solitario, Hikaru non avrebbe saputo dire cosa, ma sembrava come se il suo cuore si riscaldasse, come se tornasse a vivere. Da lui si sprigionò quel calore e fu portato fino agli abitanti di Konoha.
Il bambino sbarrò gli occhi. Quel calore era vita! Ben presto le persone tornarono con i loro chakra. Hikaru li percepì uno a uno. Le lacrime continuavano a scendere lungo le sue guance ma, stavolta, erano lacrime di felicità.
Tremante, trovò il coraggio di dire qualcosa, doveva farlo per zia Yoshino, Amaya e Kurenai che sedeva in un angolo con il volto nascosto tra le mani.
“Naruto li ha salvati tutti” le informò e sentì la loro gioia pervaderlo.
  
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