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Autore: Pedistalite    14/11/2016    2 recensioni
La fic è ambientata in un alternative universe non meglio precisato, nel quale SPN è uno show ormai concluso e Jared e Jensen hanno smesso di frequentarsi assiduamente.
Un crash test è una forma di test distruttivo di solito eseguito per verificare la sicurezza delle…
Genere: Angst, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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IV
 

*** La prova del palo è usata per assicurarsi che i guard-rail proteggano gli occupanti del veicolo e per controllare che i guard-rail stessi, i pali della segnaletica, i pali della luce e simili accessori non procurino eccessivi danni agli occupanti. ***

 
 
 

Quando siete finiti a letto la prima volta è stato quasi per gioco.

Non che tu non ci avessi già pensato molte volte, (non con Jensen che porta con disinvoltura quella bocca, e quelle ciglia lunghe lunghe, e quella pelle troppo delicata e pallida, che sembra fatta apposta per subire l’impressione delle tue mani, i segni della tua ingordigia...).

Ma non avevi mai seriamente considerato che sarebbe potuto accadere. Amici e compagni di set, brevemente coinquilini, buoni colleghi. Sei sempre voluto sembrare un ragazzo serio, genuino, predisposto alle storie lunghe, anche da prima di incontrare Genevieve, figuriamoci se nella tua San Antone avrebbero capito la tua bi-curiosità… Hai sempre pensato di dover reprimere certe domande, certi tuoi istinti. Le ragazze ti piacciono, le tette e i culi e i fianchi stretti ti eccitano e quando entri in un ventre umido e caldo non ti manca nulla, ti senti in pace con l’universo. Perché andarsi a ficcare nei guai? Non ci avevi mai pensato che un altro uccello in mano non ti avrebbe fatto schifo. Che la barba di un altro uomo avrebbe potuto lasciarti dei segni lungo le cosce, se ti si strusciava contro, mentre decideva quando prendertelo in bocca. Jensen ti ha sconvolto la libido e le certezze, frullando le tue opinioni provinciali, insieme a quel che restava di un remoto pregiudizio.

 

Una sera ti ha portato una birra, nella roulotte dove stavi riposando in attesa che fosse tutto pronto per una ripresa notturna. Non hai mai potuto fare a meno di notare che ha una presenza naturalmente elegante, un alone di sofisticata ricercatezza anche sfatto, anche stanco, anche quando ti ha chiesto se ti avrebbe fatto piacere venire nella sua bocca. Così, dal nulla.

Un minuto prima siete colleghi, quasi amici, compagni di set e di bevute. Un minuto dopo...

Sei rimasto inebetito. (Devo ridere, perché è uno scherzo, o devo aprirmi la lampo dei pantaloni e tirar fuori l’uccello? Cioè, voglio dire, esiste un galateo per certe cose?)

 

“Oh andiamo, non fare quella faccia...prometto di non usare i denti, se è la prima volta,” ridacchia Jensen, si passa una mano sugli occhi e si beffa di te.

Ha ragione. Sei inesperto, sprovveduto, hai fatto solo una manciata di pubblicità e Gilmore girls, sei provinciale e stupidotto, la gente non ti prende sul serio, vede solo un ragazzone troppo alto, con un brutto accento e delle camicie perennemente stropicciate. Sei texano, ma la tua è una famiglia di immigrati originari dell’Europa dell’est, e tu vorresti essere capace di sentirti a tuo agio e soave, mentre gli sussurri che forse non è la prima volta, e che può usare i denti quando sentirà la punta del tuo uccello scivolargli dentro la gola, ma ti sembra eccessivo e sgarbato. Inappropriato e non commisurato alla battuta. Perché ovviamente di questo si tratta. Jensen è provocatorio e sicuro di sé, tutto quello che tu non sei, anche se venite dallo stesso Stato, e non trovi una risposta che non sia banale e vagamente offensiva.

“Jen…” soffi con un sorriso, sei genuino, ancora verde attorno agli angoli spigolosi, quel mondo che frequenti ancora non ti ha cambiato… “Vai a farti fottere,” rispondi bonariamente accettando la birra.

 

Jensen ha qualche anno più di te, ma sa come muoversi nell’ambiente, quando sorridere e quando mostrarsi vulnerabile per le telecamere, sa che la gente lo guarda perché è bello e non è stupido (sei sicuro che uomini e donne vorrebbero passargli le mani lungo la linea sinuosa della sua schiena, affondare le unghie nella parte più morbida dei suoi glutei...). Sarà cresciuto abituato a sentirsi desiderare, ha una sessualità libera, una amica storica, che più si avvicina a una fidanzata, con la quale scopa quando ne ha voglia (e tu non lo sai ancora, ma le chiederà di sposarlo alla fine, e lei accetterà, perché, a differenza tua, Danneel Harris sa quando le capita qualcosa di buono e non se lo fa scappare…). Non lo hai mai visto in imbarazzo (certo arrossisce, abbassa lo sguardo e piega un po’ il collo, grattandosi la nuca, in quella mimica universale che faccia pensare a tutte le mamme del mondo quello è un bravo ragazzo, uno di quelli che sarebbe adatto per mia figlia…) ed è capace di proferire le peggiori porcherie, senza mai cadere in una volgarità imbarazzante, di raccontarti cosa fa quando si porta le ragazze in camera, la mattina nella casa che condividete, al tavolo della colazione, e poi di mettersi in bocca una manciata di cereali direttamente dalla scatola e chiederti di lasciargli almeno mezza tazza di latte, Jared, per dio, lo hai finito di nuovo, non posso ingoiarli sempre a secco!

Buffo come si sviluppi dell’affetto mentre non si sta guardando, mentre non si fa attenzione.

Non ci hai fatto caso, e Jensen si è insidiato sotto il tuo sterno (non lo sai ancora, è presto, sei troppo giovane, non credi di volerlo, non lo osservi con cupidigia, siete ancora solo amici.).

 

“Si dà il caso,” concede, come se ti stesse facendo un gran favore nel specificarlo, e tu fossi soltanto un giovane di buoni sentimenti incredibilmente, fastidiosamente denso, “Che sia un’offerta seria, e visto che ci siamo e mi inviti a farmi fottere, perché non lo fai tu?”

Ti fa l’occhiolino, ed è talmente sopra le righe che scoppiate a ridere entrambi.

Posi la birra. E sarai stupidotto, e provinciale, e ancora troppo magro per la tua altezza, almeno secondo il tuo preparatore atletico, ma diciamocelo, non sei completamente idiota.

Quando, non sai come, le tue dita si chiudono attorno alla sua nuca, alla base del collo, per portare il suo viso verso il tuo e dargli un bacio, lui ha già aperto la bocca.

 

Quando siete finiti a letto l’ultima volta, lo sapevate entrambi che sarebbe stata l’ultima, e non ne avete fatto una tragedia. O almeno, tu non ne hai fatto una tragedia, sul momento. Se dopo ti sei andato a ubriacare e alla fine dei bagordi ti sei ritrovato con un black out della durata di tre giorni, dal quale sei venuto fuori perchè ti ha recuperato Stephen Amell per pura pietà umana, beh… quello è un affare tuo, e tuo soltanto!

Jensen certamente l’avrà presa più sportivamente di te… Com’è che ha detto quel giorno? Ah si, ecco, ha detto: “è stato divertente, ti ringrazio.” Si richiudeva meticolosamente la camicia mentre ti parlava. La tua unica soddisfazione era stata avergli fatto saltare tre bottoni e strappato le asole, si sarà dovuto chiudere la zip della giacca fino alla gola per sembrare remotamente decente, quando è uscito dall’albergo. Sì, l’ultima volta è stato in albergo, non potevi rischiare che qualcuno vi vedesse. Ti dovevi sposare e la serie aveva chiuso i battenti da pochi mesi, c’era stato qualche pettegolezzo di troppo sulle vostre reciproche frequentazioni, Jensen sembrava fuori controllo, tomcatting, insieme a Jeff Morgan, mezza Vancouver.

Quanto ti rodeva il culo.

Sei sempre stato geloso. Eri geloso prima, durante e dopo. Eri geloso perché sentivi che non era tuo. Non lo era stato mai. Del resto, non che tu avessi alcun diritto di chiedergli alcunché...

 

Quando avete chiuso lui ti ha ringraziato.

Ti ricordi bene l’economia stringata delle sue parole,o l’attenzione metodica con cui si abbottonava la camicia pur di non guardarti. Ti sembrava di essere stato messo alla berlina da qualcuno più in alto di te, di essere un inconsapevole protagonista di una barzelletta che qualcuno stava raccontando in un corridoio, in attesa della battuta finale.

 

In nessuna delle due occasioni, né la prima, né l’ultima, vi siete detti alcunché di rilevante.

 

Quando ti svegli lui ti sta già osservando.

Non sei un tipo mattiniero, di solito apprezzi un buon caffè prima di consentire al resto degli esseri umani una qualunque forma di interazione. Ma qui tempo per il caffè non ne hai.

Jensen si regge la testa con una mano, appoggiato sul gomito, disteso sul fianco destro, pigro, lento, soave. Ha gli occhi appannati e cerchiati, la bocca socchiusa, screpolata. Ma ti guarda come se tu fossi un dolce in una vetrina, il profumo delle giornate di sole passate all’aperto, la sorpresa di un regalo inatteso. Di tutte le volte che lo hai visto, così bello non lo hai visto mai.

Non puoi sopportare di essere guardato così da lui. Si avvicina troppo a quello che vuoi, e non è abbastanza. Da qualche parte dentro di te, mentre ti svegli e connetti e rimetti in ordine mentalmente gli ultimi anni della tua vita, e cerchi di capire come sei giunto a questa stanza d’albergo, a questo letto, a questo punto, sai già che quegli occhi segnati e questo momento te li porterai nella tomba.

Senti il calore emanato dal suo corpo nei punti in cui vi toccate. Jensen, vorresti dirgli, ho bisogno di svegliarmi così tutte le mattine... Ma ti passi una mano sulla faccia e sbadigli.

“Sei qui,” commenti, scarno, “Pensavo di aver immaginato tutto. Ero a pezzi stanotte.”.

Jensen cambia espressione, una patina dilaga dentro le sue iridi, adesso ti osserva come se si stesse preparando a colpirti, invece che a fotterti.

Non che per te, arrivati fino ad ora, faccia poi molta differenza.

“Jared.”

E tu sai che stai come stai, ma anche lui non sembra passarsela troppo bene.

Mentre ti metti seduto sul letto e il lenzuolo ti libera dalla sua prigionia, Jensen è già dall’altra parte della stanza. Lo avevi dimenticato, come sa muoversi, ha i riflessi adatti al protagonista di una spy-story, degni di un serial killer, o di un eroe. O forse no. Forse è semplicemente un ragazzo normale, ma tu continui ad attribuirgli queste caratteristiche straordinarie perchè lo ami. Perchè lo vedi come un dio.

 

“Jared!”

Sollecita la tua attenzione, ha le braccia conserte, i piedi ben piantati a terra, è nudo e incazzato. Da qualche parte, nel mondo, il protagonista di un romanzetto sporco prossimo all’epilogo ne sarà l’immagine speculare.

“Se venire da te stanotte è stato un errore dimmelo subito. Non ti pregherò, di sicuro non ti costringerò. E se intendi umiliarmi…”

Non lo lasci finire: “Ma di che stai parlando?”

Le poche ore di sonno non sono bastate. Di sicuro non ad affrontare questo.

 

Jensen in un paio di ampie falcate è di fronte a te, allunga una mano e... non puoi fare altro che ritrarti. Inavvertitamente, spontaneamente. Non te lo puoi evitare. Non ci avevi nemmeno fatto caso, ma il pensiero di toccarlo, o di essere toccato da lui ti è insopportabile adesso. Che sorpresa. Un colpo di scena da romanzetto per riviste a pubblicazione settimanale… Dopo aver fatto compromessi con te stesso e giurato e spergiurato che gli avresti dato tutto ciò che ti chiedeva, perché lo volevi e non sapevi resistergli, dopo tutto quel pathos, e quel vomitevole centrifugato di emozioni degne di una regressione adolescenziale… tutto si conclude con te che non vuoi toccarlo. Che non sopporti la possibilità di farti toccare da lui. Jared, ti dici, come sei banale!

 

Jensen, sempre un passo avanti a te, questo già lo sa.

Ha gli occhi pesti, ha capito, si arrabbia, forse si vergogna, non lo sai più.

“Gesù Jared! Ecco, parlo di questo. Mi guardi come se ti disgustassi!”

 

Non sei sicuro di ciò che prova. Ci sono stati momenti in cui avresti potuto leggere i suoi stati d’animo come un libro… Adesso è coraggioso. Va dritto al punto.

Stupido, sei uno stupido! Mentre stanotte lo osservavi e ti struggevi come se fosse la fine del mondo, anche lui osservava te.

E ora lo sa.

E tutte le chiacchiere stanno a zero.

Dovresti rimboccarti le maniche e indossare i pantaloni da grande. Dovresti fare l’uomo e dirglielo finalmente, del resto che può mai succedere? Hai già sposato un’altra donna, e lui lo farà tra pochi giorni. Le vostre vite hanno preso strade diverse e, che tu glielo dica o no, probabilmente non vi rivedrete mai più.

Respiri.

Hai toppato tante volte nella vita, ma qui e ora non ti puoi fermare.

Fai un discreto sforzo, mordi la cinghia e non ti tiri indietro. Potresti dirgli mille altre cose, o nulla affatto. Potresti allungare una mano e piantargliela in mezzo alle cosce, e la questione si chiuderebbe lì. Lui te lo permetterebbe, ci sarebbe da scommettere che lo preferirebbe…

Jensen, pur con tutto il suo spavaldo menefreghismo, non ha mai reagito troppo bene alla verità.

 

Ma qualcosina l’hai imparata, forse per te c’è speranza.

Diglielo. E perdonati, finalmente. Perdona la tua vigliaccheria, la tua ottusità. Devi riuscire a dirglielo, a farti ascoltare, a fargli capire che eri un ragazzo alle prime armi, che hai confuso un’amicizia con qualcos’altro, e che non ti sei mai pentito, che lo rifaresti mille altre volte, anche se hai sofferto come un cane. Che accetteresti tutto da lui, anche gli scarti, anche una notte estemporanea di sesso, consapevole che significherebbe mettere i chiodi sulla tua bara.

Non lo incolpi di nulla: tu lo amavi e lui non ti voleva, succede.

 

Jensen ha gli occhi sgranati e le labbra serrate in una linea asciutta.

Sa cosa vuoi dirgli. E non ti vuole ascoltare.

Ma tu glielo dirai. Dovessi morire, o ucciderlo, tu glielo dirai.

 

“Non so che cosa hai pensato quando sei venuto qui, non più. Ho smesso di capirti, e non ci so fare con le parole. Ma una cosa è vera, e non ho mai avuto il coraggio di dirtelo.”

Sei fracassato sul letto. Non riesci a guardarlo e a stento gli fissi la mandibola, che ti sembra un dignitoso compromesso tra i suoi occhi e la sua bocca. Territorio neutrale.

Non devi pensarci. Se ci pensi troppo non lo farai.

Non puoi e non devi pensarci.

 

“Jared,” ringhia Jensen. Immobile, controllato, indifferente alla sua nudità. Fiero, come la statuaria greca di cui qualche volta hai sentito parlare.

“Pensa bene a quello che stai dicendo,” sussurra, a denti stretti.

Non capisci il perchè, ma è livido di rabbia.

Ti sei immaginato tante volte di dirglielo, e un novero di reazioni, dalla sorpresa, alla lusinga, all’apatia, alla derisione. La sua rabbia mai, ti sembra aliena.

In un movimento che non riesci completamente a seguire, ma che anni di coreografie di lotta ti suggeriscono sia aggressivo, si spinge su di te, inginocchiato tra le tue gambe e con una mano a chiudersi attorno alla tua gola, l’altra ad artiglio, sulla tua spalla.

 

“Se tu mi fai questo,” annaspa. Ha gli occhi lucidi.

Tu lo osservi come se foste sul set e qualcuno ti avesse dato da leggere le battute sbagliate. Non capisci. Deve essere uno scherzo.

Si vuole prendere gioco di te? Che cosa vuole farti credere...

All’improvviso sei terrorizzato.

Questo è peggio che temere di venire derisi o non ricambiati.

Se c’era una possibilità, e tu in tutti questi anni non l’hai mai vista… Se lui poteva amarti, e tu non glielo hai mai permesso, perchè hai avuto troppa paura e troppa poca fiducia… non potresti più guardarti nello specchio, non potresti mai perdonartelo.

Questo cambierebbe tutto, non si tornerebbe più indietro.

 

“Zitto!” lo interrompi, gli metti la mano sulla bocca. Siete occhi negli occhi adesso, e senti il suo respiro umido contro le tue dita, “Devi stare zitto.”

Jensen per un attimo ti guarda come se stesse pensando di morderti. Allargare le labbra e strapparti una falange, o un pezzo succoso del tuo palmo con i denti. Freme.

Ed è per questo, e per scongiurare che il destino si compia, che ti spingi su di lui, e finite sulla moquette, e siete già nudi, e uno sopra l’altro.

E puoi toccarlo ora, puoi toccarlo.

Perché tutta la repulsione che provavi, adesso la senti solo verso te stesso. Ti senti intrappolato in una spirale autodistruttiva. Non sai prendere una decisione da adulto che sia una!

Sei un coglione, ti dici mentre gli prendi la bocca in un bacio e lui te lo concede. E senti il suo ansimare, e i vostri odori che si mescolano, come un’alchimia.

Sei un coglione. E un vigliacco.

E non ti meriti Jensen. Hai capito bene? Non te lo meriti.

E farai bene ad assaporare questo momento, a stampartelo nella mente, come se fosse una pellicola.

Perchè non avrai altre occasioni.

 

Quando capirà che cosa hai fatto, se ti amava, ti odierà.

 
 
   
 
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