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Autore: cartacciabianca    16/05/2009    8 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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“Cosa successe dopo restò ed è tutt’ora un mistero.
Ma sotto sotto è meglio così. Di certe cose sarebbe bene per l’intera specie umana non farne mai parte.
I poteri del Frutto scatenatosi quella notte si votò perché restassero nascosti, occulti da un velo tessuto di segreti e dedito solo alle saggezze supreme. I testimoni dell’accaduto sono proprio davanti a me, in questo luogo. Rhami sta mettendo le mani sul bendaggio che gli ho applicato ieri notte, quando rientrato alla Dimora soprafatto di tagli e sangue ovunque, era scampato in uno stato raccapricciante alla morte certa. Lo scontro con Bonifacio, come mi ha raccontato, l’ha tenuto impegnato per più del tempo necessario, e raggiungere la sede è stata un’impresa particolarmente ardua… ma ancora adesso si domanda come abbia fatto a trovarsi improvvisamente qui, quando aveva chiaro ricordo di trovarsi parecchio in difficoltà durante il duello. Eh, io non posso certo rispondere a questa sua domanda. Piuttosto, spero che qualcuno non lo faccia mai…
Il ragazzo è in piedi vicino al tavolo, alla luce di una fioca candela che gli ho messo a disposizione. La luce dell’alba è quella che è e sopra di Acri si staglia ora un cielo grigio e compatto.
Nonostante sia presto, molto presto, qui nella Dimora sono tutti già svegli.
Fredrik è nella stanza adiacente, sta risistemando alcune delle sue armi e stringendosi le varie cinghie della sua uniforme. Sono certo che Tharidl sarà fiero del suo operato, nonostante il piano messo appunto la mattina precedente sia andato a rotoli.
C’è Hani seduto tra i cuscini; gesticola svelto con i lacci degli stivali stringendoli al meglio. Si sistema il cappuccio a coprirsi il volto e, sollevandosi lentamente, si avvicina al banco sedendo su uno degli sgabelli. Gli sorrido, e lui ricambia con altrettanta gioia.
I miei occhi si spostando svelti su un tavolo poco distante dalla mia posizione. Sopra di questo vi sono i due Frutti dell’Eden l’uno adagiato affianco all’altro e brillano di una luce tenue e minuziosamente debole, più di quanto immaginassi… come fossero… scarichi. Ma chi sono io per giudicare? Solo un Rafik che non può permettersi neppure di simulare in sé pensieri troppo complessi perché rischierebbe di confondere prima se stesso e poi gli assassini cui deve rivolgere consigli.
Kalel è seduto a quel tavolo, coi gomiti poggiati sulla superficie lignea e le mani giunte. Lo sguardo basso, assorto e pensoso, diritto verso le due sfere che fissa con insistenza, quasi tentasse invano di sprigionare il loro potere, ma questa volta senza l’utilizzo di mistiche parole latine.
A proposito di ciò, è stata una sua richiesta conferire in privato dell’accaduto solo con il Gran Maestro, ed io non posso far altro che accontentarlo.
In fine, la mia attenzione cade sulla giovane Elena, rannicchiata sul soppalco che percorre due delle mura della Dimora. La ragazza, noto con stupore, è distaccata sia con la mente che con il corpo. Si tiene in disparte da quando si è svegliata ad adesso, e nessuno ha provato a rivolgerle la parola, neppure suo padre.
Forse è stato un suo espresso desiderio quello di tacere, ma conoscendola, Elena non è certo tipo da tenersi tutto dentro. Qualcosa la turba, e quel qualcosa è dorato, tondo e ha un’esatta identica copia. Potrei pure sbagliarmi, penso. In lei potrebbe dimorare persino la straziante angoscia dei malanni del suo maestro, senza contare l’irrefrenabile desiderio di rientrare al più presto a Masyaf, riappacificando il suo spirito e tornando circondata dalla sua famiglia che, da quanto ho saputo, è riuscita a ricostruire.
Ovviamente sono immensamente contento per lei. Anzi per tutti, che hanno lottato al fine di raggiungere questa grande vittoria in questo grande giorno.
Sono fiero di annunciare la riuscita della missione, conclusasi con un ennesimo perfetto compimento.
Fredrik, Rhami, Elena e il traditore Kalel saranno da voi, Maestro, in trentasei ore di viaggio.

Acri, 2 maggio 1192”

-Elena… Elena, svegliati- le sussurrò una voce soave all’orecchio.
La ragazza riaprì gli occhi lentamente, accorgendosi gradualmente di trovarsi ancora in sella al suo cavallo in viaggio su una stradina sterrata. Sbatté più volte le palpebre raddrizzando la testa, si volse appena cogliendo il volto di Kalel che le passeggiava affianco.
I quattro incappucciati percorrevano al passo la via in pietra costeggiata da alti cipressi e antichi ulivi. Era notte fonda, le fronde degli alberi venivano scosse da una leggera brezza estiva che profumava l’aria del sapore della natura e di erba bagnata.
Un cielo limpidissimo e punteggiato di milioni di stelle si stagliava sopra le loro teste, volgendo infinito e inarrestabile il suo velo luminoso sino all’orizzonte, dove i colori dell’alba andavano disegnarsi i colori dell’alba.
-Che c’è?- domandò ella con voce roca, voltandosi e guardandosi attorno confusa. –Mi sono addormentata solo un attimo, mi spiace…- borbottò sbadigliando.
Il vecchio allungò le labbra in un mesto sorriso. –No sciocchina- rise –siamo arrivati-.
La ragazza sgranò gli occhi d’un tratto, allungando lo sguardo a nord e cogliendo solo in quel momento il margine della strada, che finiva dove s’innalzava una torre in pietra di dominio degli assassini. Gli splendidi stendardi ornavano le facciate della costruzione quadrata e altri simboli della setta svolazzavano al vento appesi alla pietra del crepaccio d’ingresso ai territori della sua amata Masyaf.
Riconobbe i cappucci grigi delle guardie di ronda e il viale stretto tra la crepa della montagna che conduceva fino ai piedi della città.
La ragazza si riscosse balzando nel vero senso della parola sulla sella. –Arrivati?- balbettò.
Kalel si voltò a guardare dietro di loro, dove a sorvegliare il cammino c’erano Rhami, Hani e Fredrik.
Quest’ultimo si avvicinò ai due in testa portando il cavallo al trotto.
-Pochi chilometri. Saremo a Masyaf per questa mattina- annunciò l’assassino. I suoi occhini verdi erano celati dietro l’ombra scura del cappuccio.
-Tharidl ci riceverà appena arrivati- aggiunse Rhami affiancandosi al gruppo.
Hani recuperò terreno infilandosi tra il cavallo di Elena e quello di suo padre. –Non vedo l’ora. Questa lampadina conta almeno dieci chili in più!- borbottò alludendo alle bisacce legate strette alla sella.
-E che stiamo aspettando?- domandò lei.
Rhami si strinse nelle spalle. –Che ci sia un po’ più di luce e un po’ più di gente ad assistere alla nostra entrata trionfale!- levò gli occhi al cielo così da assumere una posa da totale deficiente.
Hani soffocò una risata.
-Forza, dunque- ribadì Fredrik avanzando e stanziandosi dal gruppo. –Andiamo- chiamò partendo al trotto.
Elena e suo padre restarono in coda con Rhami che chiudeva la fila.
-Ho paura- disse lei d’un tratto.
Kalel girò la testa rilassando i muscoli del collo. –A cosa ti riferisci?-.
-Cosa ne sarà dai Frutti, ora?- domandò flebile. –Insomma…- abbassò lo sguardo. –Tharidl voleva portarli al sicuro in altri luoghi lontani, mentre alcuni dei saggi erano favorevoli a…-.
-Conosco la storia- la interruppe suo padre. –Sono discussioni che si ripetono e si ripeteranno. Il nostro arrivo segnerà forse la rovina di questo luogo, credimi- sospirò.
Ella s’irrigidì. –Come mai dici questo, papà?-.
Gli occhi azzurri, cristallini del vecchio si scontrarono coi suoi ed Elena ebbe un tuffo nel cuore nell’ammirare la sua espressione afflitta ed estremamente contrariata. –Ci accomuna il timore che neppure la setta possa farne un buon uso. Ma in che modo potremmo intervenire se non sta a noi decidere? Elena, ho saputo controllare i poteri del Frutto per il semplice fatto che non era la prima volta che li usavo…- fece il vago, sottraendosi con sveltezza a quell’argomento. –Devi sapere che Corrado ha trovato i modi più spregevoli perché collaborassi con lui, e ti assicuro che non ci sono prove a testimoniare la mia innocenza-.
-Non capisco- mormorò confusa.
Kalel guardò alcuni istanti di fronte a sé, dove le figure indistinte e ombrose di Hani e Fredrik li guidavano mostrando la strada da percorrere a quelli dietro.
-E’ esattamente ciò che stai pensando, piccola- disse poi, serio. –Fin dove sarà disposto ad arrivare l’uomo pur di raggiungere i propri desideri?- formulò profetico, e ciò la rese ancor più inebetita dinnanzi alle tematiche che stava toccando tale discorso.
Elena distolse lo sguardo pensando ad altro.
E c’era molto altro a cui pensare.

Quando il sole fu alto in cielo, trovarono ad attenderli i cancelli aperti di Masyaf.
La gente scorrazzava per il villaggio nel solito caos cittadino, tra vari trambusti di carri e pentole ai diversificati versi degli animali al mercato. Stormi di piccioni si appollaiavano sulla salita sterrata che conduceva alla roccaforte sbarrando loro il passo, e i cinque profughi erano entrati in città ancora a cavallo, attirando di conseguenza maggiormente l’attenzione dei popolani.
Questi non attesero molto prima di spostarsi verso la fortezza in grande masse confusionarie e chiassose. Una lunga scia di gente li seguì fin dentro il cortile interno del palazzo, esattamente come quella volta durante la quale Elena fece ritorno in città assieme al suo maestro.
Egli, dopotutto, era al centro dei suoi pensieri ancor più di quanto non lo fosse Marhim o chiunque altro.
I cinque a cavallo sostarono accanto all’arena vuota degli addestramenti, e non appena smontarono dalle rispettive selle, per tutta la fortezza si diffuse il suono scandito, ritmato e maestoso di applausi.
Molti assassini si affacciarono dalle finestre che davano sul cortile, mentre altri si disponevano attorno a loro cinque mostrando anch’essi l’immenso rispetto e gratitudine.
-Dannato…- digrignò Rhami nascondendosi al meglio sotto il cappuccio.
Fredrik scoppiò in una fragorosa risata, ma gli applausi non cessavano sovrastando ogni altro rumore. –Ah! Guarda che non puoi prendertela col Refik se ora l’intera Siria sa che i Frutti sono qui! E non era la fama ciò che volevi? Eccotela servita su un piatto d’argento!- scherzò.
Il ragazzo si strinse nelle spalle. –Lo so…- sibilò. –Lo so…- ripeté.
Elena si avvicinò a suo padre tentando invano di nascondersi dietro di lui, ma Kalel si spostò di lato sistemandosi in disparte assieme agli altri tre assassini. Questi, notò Elena una volta rimasta al centro dell’attenzione, avevano un buffo ghigno in volto: divertiti e maliziosi, tutti quanti (Hani, Rhami, Fredrik e suo padre).
Nel frattempo gli applausi andavano ad affievolirsi sempre più, e il silenzio piombò nel cortile nell’arco di pochi secondi.
Elena lanciò un’occhiata spaurita tutt’attorno, guardandosi dai mille presenti che, a loro volta, parevano attendere che lei facesse o dicesse qualcosa… o semplicemente attendevano che succedesse qualcosa… o ancor più semplicemente, attendevano qualcuno.
Solo allora ella capì, sollevando il viso e ingoiando a fatica il groppo che aveva in gola. Il nodo allo stomaco dei giorni trascorsi nella speranza si sciolse del tutto in quell’istante; i ricordi delle notti trascorse a fare incubi l’uno dopo l’altro sparirono, dissolvendosi come cenere, spazzati via da un’improvvisa folata di vento che traversò le sabbie del cortile interno, sollevando tanta di quella polvere.
Elena si stropicciò gli occhi non potendo semplicemente credere che fosse vero.
Trattenne il fiato nello scorgere la figura dritta e composta di un uomo emergere con passo lento dalla folla e posizionarsi di fronte a lei. Addosso, egli non aveva altro se non parte della sua uniforme di assassino d’alto rango qual’era, le braccia prive di guanti, una sobria cintura legata alla vita senza il fardello di nessun arma, il cappuccio abbassato sulle spalle. Il sorriso festoso sulle labbra traversate, nell’angolo, da una stretta e leggendaria cicatrice. I nerissimi occhi che guardavano lei e che l’avevano sempre guardata con attenzione, premura e, da una parte, amore.
Elena restò traballante sulle sue stesse gambe all’incirca una decina di secondi, circondata dal silenzio emozionante di cento e passa persone che serravano la bocca in un profondo rispetto.
Le luccicarono gli occhi, mentre stringeva i pugni serrando la mascella, trattenendo il pianto.
Altair le sorrise piano, tranquillo più che altro. Non lo aveva mai visto così colmo di gioia e fierezza allo stesso modo, mai visto così pieno d’affetto per lei. Ma ciò che più contava, era soltanto poterlo vedere, sapere che stava bene, e che era sfuggito alla morte.
C’era un solo modo per accertarsi che non fosse frutto della sua immaginazione. Poteva trattarsi di un sogno, e lei di davvero verosimili sapeva inventarsene a bizzeffe. Perciò… fu inevitabile.
Scattò di corsa verso il suo maestro e si gettò ad abbracciarlo, avvinghiandosi al suo collo e soffocando i singhiozzi nel tessuto candido e pulito della veste bianca.
Nel momento in cui le braccia di Altair la strinsero a sé con maggior vigore ricambiando quell’abbraccio e sfiorandole la schiena con le mani, ella percepì il calore del suo corpo e la rigidezza dei suoi muscoli, assaporò il suo profumo inebriandosene i polmoni.
Intanto, la gente tutt’attorno taceva ammutolita, ostinata in un commosso silenzio che purificava e rendeva l’aria ancor più tersa ed emotiva.
-Siete qui…- mormorò.
-Ti è così difficile crederlo?- domandò spensierato accarezzandole i capelli.
-Adesso non più- gemé chiudendo gli occhi, restando accollata a lui così da non poterlo lasciare andare mai più via. Non avrebbe permesso a niente e nessuno di contrapporsi a loro, e neppure il veleno era riuscito nell’intento. Perciò, perché non sperare che sarebbe potuto rimanere tutto per sempre così? In questo meraviglioso clima di pace, gioia, amore…
Qualcuno si schiarì la voce, attirando l’attenzione dei presenti che si voltarono a guardare chi avesse osato interrompere un tale gesto.
Elena allontanò appena il viso dal suo petto, e Altair la tenne stretta a sé nel mentre si girava alle sue spalle.
Vi era Tharidl, nel centro del semicerchio che si era creato. L’uomo vestiva della sua lunga casacca scura tirata a lucido, la folta barba bianca e i capelli grigi che ai raggi del sole alto nel cielo rilucevano fasci argentati. Era arduo decifrare le emozioni che andavano disegnarsi sul suo volto solcato dagli anni: forse gioia, forse rancore. Fatto sta che al suo fianco vi erano due differenti assassini che Elena conosceva bene.
Gabriel, alla destra del Gran Maestro, mostrò la dentature bianca sorridendo come poche volte Elena l’aveva visto fare, dato le rare occasioni durante le quali si erano incontrati. Egli indossava una tunica bianca, corta, gli stivali e il guanto d’acciaio, assieme al cappuccio calato sul volto a risaltare l’azzurro luminescente degli occhi e alcune delle ciocche color miele che spuntavano fuori da questo.
Il ragazzo fece un passo avanti al vecchio Tharidl e chinò la testa. –So tutto- disse tranquillo.
Elena, ancora stretta al suo maestro annuì. –Sì, ecco…-.
Gabriel fu evasivo. –Ne parleremo più tardi, noi- dichiarò sorpassandola e andando a confondersi tra la folla alle sue spalle, raggiungendo Kalel sistemato distante al resto della gente.
Marhim, alla sinistra di Tharidl, piuttosto che avanzare, indietreggiò.
Elena a quel punto capì e, sorridendo mesta, si scansò di propria volontà dal suo maestro. Prese un gran respiro e si avvicinò a lui.
Marhim rimase silenzioso irrigidendo i muscoli.
La ragazza accorciò ancora la distanza e si sollevò sulle punte per baciarlo inaspettatamente sulle labbra, di fronte a tutta quella gente che aggravò oltremodo il silenzio.
Elena lo avvicinò a sé afferrandolo per la veste, senza interrompere il bacio che proseguiva immobile l’uno con le labbra premute delicatamente su quelle dell’altra. Non appena si separarono per riprendere fiato, la ragazza lo strinse con vigore allacciandosi a lui e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
-Mi sei mancato troppo- gli sussurrò all’orecchio.
Marhim poggiò una guancia sui suoi capelli e parve rilassarsi del tutto. –Anche tu- mormorò commosso avvolgendole le braccia attorno ai fianchi.
Tharidl sorrise compiaciuto. –Bene- ridacchiò guardandosi attorno.
Nel frattempo quello della folla era diventato un chiacchiericcio allegro e compiaciuto.
Andò ad affiancarsi ad Altair che osservava ammutolito.
-Suvvia- rise il Gran Maestro. –Credevi con tutto te stesso che non lo sapessi?- domandò adocchiando divertito i due giovani.
L’assassino si riscosse ed incrociò le braccia al petto. –Come facevate a saperlo? Non immaginavo che poteste esserne a conoscenza- borbottò.
-Ah, Altair- sospirò il vecchio. -Ed io non immaginavo di sembrare così cieco e stupido. Non sono nato mica ieri- Tharidl annuì beffardo e gli strinse una spalla amichevolmente, poi si allontanò da lui andando incontro agli assassini reduci della missione.
Kalel si avvicinò a lui e i due si scambiarono un fragoroso abbraccio fraterno.
-Sono contento di riaverti qui tra noi- disse il Maestro.
Kalel si massaggiò il collo. –Tu sì, ma come la mettiamo coi tuoi saggi?- rise. –Sono loro che hanno ordinato la mia morte ai tuoi sicari, neppure io sono nato ieri-.
-Ed io sono contento di sapere che non dubiti di me ma bensì di altri- sorrise Tharidl.
-Dopo quello che hai fatto per lei- gioì Kalel guardando sua figlia tra le braccia di quel giovane assassino dal cappuccio grigio. –Dopo quello che hai fatto per Elena, dopo esserti preso cura di lei così… come potrei dubitare di te?-.
Tharidl giunse le mani dietro la schiena. –Ebbene, ora rimane poco e niente da fare- dichiarò serio.
Fredrik, Rhami ed Hani chinarono la testa in segno di saluto e rispetto.
-Ben tornati- proferì guardandoli.
L’ultimo di questi slacciò le bisacce dalla sella del suo cavallo e ne mostrò il contenuto al Gran Maestro che, tendendo le braccia afferrò le due sfere ammirandole soddisfatto.
-Ottimo- disse loro, e i tre assassini si scambiarono un’occhiata complice.
Elena intrecciò le dita alle sue e Marhim poté finalmente guardarla negli occhi, anche se per pochi istanti.
Altair comparve al suo fianco ed ella si volse a scambiare con lui un sorriso luminoso.
Il suo maestro le carezzò un’ultima volta la testa, poi si allontanò dal cortile confondendosi alla folla e scomparendo dentro la fortezza.

Una luce abbagliante penetrò le vetrate dello studiolo del Gran Maestro, alla quale scrivania sedeva pensoso Altair. Erano fuochi d’artificio che s’innalzavano al cielo per poi esplodere festivi tra le stelle di quella notte priva di nuvole.
L’assassino era completamente stravaccato sulla sedia, un gomito poggiato sul tavolo teneva il cappuccio alzato sul viso che mostrava un incredibile smarrimento e severità.
Assorto nei suoi pensieri, guardava fuori dalle finestre la gente applaudire divertita e godersi a pieno quella notte di festa.
Solo nello studio, avvolto dal silenzio della vuota fortezza, Altair sospirò mesto.
Alla gioia immensa di quella serata avevano preso parte tutti gli assassini della setta.
Un nuovo fuoco artificiale partì ed esplose nel cielo, illuminando la valle di una luce verde smeraldina. Un altro, e un altro ancora. Questi spruzzarono una marea di scintille che si confusero alle mille stelle del firmamento, rovesciandosi in fine come coriandoli sulla piazzetta.
Da lassù poteva vedere e riconoscere i volti sorridenti della sua allieva stretta tra le braccia del giovane Marhim, avvolti dalla gente di Masyaf che cantava e ballava senza freno.
Vi erano anche Kalel e Tharidl, assieme a molti dei saggi riuniti a godersi quello spettacolo in un angolo. Buffo, pensò riconoscendo tra i presenti, molto vicino a Kalel, un uomo che Altair conosceva bene. Era un informatore che adoperava nel distretto medio di Gerusalemme, un certo… Akram, se ricordava bene. Egli aveva il viso scoperto e sorrideva giocoso accanto al padre di Elena. Non si soffermò oltremodo sulla questione, piuttosto riconobbe i volti di Fredrik e Adel sorbirsi la meraviglia pirotecnica, e pensò che avrebbe dovuto trovarsi lì con loro.
Fece per alzarsi, così da rimediare all’immensa solitudine che provava, quando una voce acuta, melodiosa e dall’accento francese lo chiamò per nome.
-Come mai siete qui?- domandò Isabella.
Altair alzò lo sguardo incontrando gli occhi scuri della donna che era in piedi dinnanzi alla scrivania. Vestiva di un bell’abito beige e un velo azzurrino attorno alle spalle.
-Nulla più dovrebbe turbarvi, ora che niente vi minaccia- aggiunse lei con tono profetico.
L’assassino si sollevò lentamente dallo scranno. –Stavo giusto dirigendomi… fuori- assentì. –Ma voi?- chiese lui. –Cosa state facendo qui, e dov’è vostra figlia Maria?- allungò un’occhiata alle spalle della donna.
Isabella allungò le labbra in un sorriso radioso. –Volevo ringraziarvi-.
Altair inarcò un sopracciglio. –E di cosa?- formulò confuso. –Forse mi confondete con qualcun altro, non sono io l’assassino che vi portò qui assieme a vostra figlia- disse composto.
-Lo so bene- mormorò flebile la sovrana. –Ma non è di ciò per cui vi debbo le mie gratitudini-.
-Illuminatemi- ghignò l’uomo.
-Ammetto che fu la vostra allieva a risparmiarci la vita una prima volta- ridacchiò –nonostante ciò, il suo immenso rispetto per noi deve derivare per forza dal suo maestro. È di questo che voglio ringraziarvi-.
-Credo di non capire- proferì avvicinandosi a lei. –Mi state porgendo i vostri sentiti ringraziamenti per aver insegnato alla mia allieva ad essere com’è?- domandò stupito. –Curioso- borbottò.
Isabella si portò una mano alla bocca ridendo. –In effetti può sembrar strano, inizialmente, ma permettetemi di aggiungere che ho assistito alle agonie dell’uomo che mio marito Corrado teneva prigioniero. Kalel, se non sbaglio… il padre della vostra allieva, mi presi cura di lui assicurandomi che Monferrato non lo ammazzasse prima del tempo. Così ho avuto modo di sapere quant’egli fosse certo che Tharidl Lhad scegliesse per Elena qualcuno davvero speciale, e quel qualcuno dovete essere voi- sussurrò.
Altair distolse lo sguardo. –Vi sbagliate, si sbagliava anche Tharidl- sbottò. –Non sono l’uomo dignitoso che tutti voi pensavate io fossi. A quella ragazza ho fatto torti che a stento immaginereste!- digrignò.
Isabella tacque alcuni istanti, e d’un tratto fece un passo verso di lui, accorciando la distanza che gli separava e salendo due dei bassi gradini. –Ciò non mi spaventa, se è questo che credete. Ho conosciuto uomini peggiori di voi-.
-Non è mai stata mia intenzione spaventarvi- eruppe irritato. –C’è altro?- aggrottò la fronte.
-Veramente no- guardò altrove. –Adesso sono in pace con me stessa- sorrise soddisfatta.
-Ottimo- sibilò lui massaggiandosi il volto.
-Ma voi no, è così?- rise lei.
Altair alzò gli occhi al cielo, ma dopo poco non riuscì a trattenersi dal ridere. –In effetti- ribadì allegro.
Il sorriso sulle labbra di lei si fece ancor più vero, e rimasero allungo in silenzio.
Quando il botto di un nuovo fuoco d’artificio squassò l’aria immobile della fortezza e una luce rosata a brillante invase la sala, Altair fece un passo avanti annullando del tutto la distanza che c’era tra di loro sistemandosi al suo fianco.
Sorridendo beffardo, l’assassino alzò un gomito e disse: -Posso avere l’onore di accompagnarvi alla festa, mia Regina?- domandò.
Isabella sorrise felice e acconsentì con un gesto del capo, legando il braccio a quello di lui. –Certamente- mormorò mentre si avviavano.

__  _____   _____  __

The End
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Eccoci.
Alla fine, l’inevitabile è successo. Ogni storia ha il suo lieto fine, ed io ho scelto questo.
Arrivata a l’ultimo capitolo, non so che dire… ci sarebbero così tanti punti da chiarire, così tanto di cui discutere, così tanto a cui pensare! Eppure… sono troppo coinvolta emotivamente e non riesco a dire qualcosa di sensato. Mi sono emozionata troppissimo scrivendo quest’ultima parte del capitolo. Sia perché era così vivida nella mia mente che avevo l’impressione di star guardando un film, sia perché ormai sono troppo affezionata ai protagonisti di questa storia. È la prima volta che concludo davvero qualcosa, di solito non finisco neppure tutti i compiti! Dico sul serio, e devo dire che ci si sente davvero bene.
Quindi.
Adesso sta a me dimostrare quanto tutti voi siete stati speciali per me e mi avete sostenuto nello sviluppo di quest’avventura strampalata e assurda che solo la mia mente contorta poteva inventarsi!







Come promesso, ho imparato a mettere i link ai vostri accaunt, ma è talmente faticoso che posso permettermelo solo alla fine di ogni storia! Grazie a tutti voi!
Ora basta. Penso di aver parlato abbastanza. Vi avviso: nelle recensioni è permesso e ben accetto qualsiasi tipo di scler! XD grazie!
Vi voglio bene!!!

A presto...
Elik.
   
 
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