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Autore: crazy lion    30/11/2016    5 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Salve gente!
Ho deciso di aggiornare così presto in quanto per domenica devo scrivere un saggio molto complicato per inglese, che mi porterà via un bel po' di tempo tra documentazione e tutto il resto e inoltre devo andare avanti con lo studio, ma non volevo lasciare i lettori che sono arrivati sin qui a bocca asciutta.
Come avrete notato, lo scorso capitolo non ha parlato della finalizzazione dell'adozione. In questi giorni ho infatti deciso di spostare un po' più indietro alcuni capitoli, in modo da rendere la storia più coerente e di mettere quelli dell'adozione un po' più avanti.
Nei prossimi due, comunque, si parlerà proprio di quest'ultimo tema, promesso. E state tranquilli, ripeto, perché andrà tutto benissimo, non ci saranno problemi!
Per quanto riguarda il capitolo in questione, vi ricordate che c'è ancora una cosa della quale Andrew e Demi devono parlare, vero? Una cosa che lui le aveva accennato e poi le aveva detto di non essere pronto a raccontarle. Beh, ora lo è.
Sarà un capitolo intenso, ve lo assicuro!
Buona lettura.
 
 
 
 
 
 
58. RIVELAZIONI
 
"Demi?"
"Mmm?" bofonchiò la ragazza, mezza addormentata.
"Stavo pensando che i fidanzati si dicono tutto. Ora che lo siamo, non ci devono essere segreti tra noi e, come sai, c'è una cosa della quale dovrei parlarti" le disse Andrew in tono grave.
"Sì, ma sei sicuro di volermene parlare, di essere pronto?"
"Probabilmente non sarò mai pronto, ma ho come l'impressione che, se non ti dirò tutto stanotte, potrei non riuscirci mai più."
Demi gli andò vicino, gli circondò le spalle con un braccio e poi sussurrò:
"Ti ascolto."
Andrew iniziò a piangere piano.
"Non piangere!"
"Non posso non farlo, Demi. Mi dispiace che tu mi veda così, ma davvero non ce la faccio."
Andrew si asciugò le lacrime e le raccontò che la prima volta che aveva visto Carlie in coma non era riuscito a rimanerle vicino. Era andato a casa correndo come una furia e aveva preso un coltello in mano.
Dopo averle detto ciò si fermò, si inumidì le labbra, si schiarì la voce e continuò, cercando di controllare le sue emozioni:
"Ero arrabbiato, anzi furibondo e dovevo fare qualcosa per riempire il vuoto che avevo dentro, per scacciare tutto quel dolore che mi invadeva; così iniziai a tagliarmi. Per questo l'ho fatto, capisci?"
"Sì."
Demi l'aveva immaginato, quando lui le aveva mostrato i tagli tempo prima, ma ora ne aveva la conferma.
"Stavo troppo male, non ce la facevo più a sopportarlo. L'unico modo che avevo per controllarlo era quello, così iniziai a tagliarmi. All'inizio mi feci solo un piccolo taglio, poi per un certo tempo mi morsi le mani fino a farmi male, ma senza mai lasciare lesioni troppo evidenti sul mio corpo. In seguito ho continuato, con tagli sempre più profondi. Usavo lamette e coltelli affilati e poi pulivo sempre tutto e mi facevo una doccia. Dio, quanto faceva male l'acqua nei tagli! Bruciava ancora più delle ferite stesse."
"Come ti sentivi dopo averlo fatto?" gli domandò, con un filo di voce.
"Meglio, per un po', fino a quando non crollavo di nuovo e ricominciavo. Potevano passare alcuni giorni, anche una settimana, ma a volte solo poche ore. Dipendeva da come stavo."
"Per q-quanto tempo ti sei tagliato?"
"Due anni e mezzo."
"Ora non è più così, vero?" chiese Demi con un singulto.
"No, non lo faccio più da quando, l'anno scorso, mi hai chiesto di venire a vedere le bambine. Ho lavorato moltissimo su me stesso per riuscirci, non è stato facile.” Le raccontò che un giorno si era detto che non l’avrebbe fatto e aveva lottato con le voci della sua testa che gli dicevano di tagliarsi, perché ciò l’avrebbe aiutato. “Non sai quanto ho pianto, urlavo nel cuscino, lo mordevo!” esclamò disperato. “Dire che è stato difficile è dire poco. Il giorno seguente sono crollato e l’ho rifatto. Ma poi sono riuscito a non tagliarmi per due giorni di seguito, poi per tre, per una settimana, per due… con varie ricadute tra un passo avanti e l’altro.” Non avrebbe mai dimenticato le notti insonni, l’ansia, gli attacchi di panico ogni volta che voleva farsi del male ma che si imponeva di rimanere fermo. “Insomma, con il passare dei mesi ce l’ho fatta. Mi sono ripromesso di non toccare mai più quella maledetta lametta e ora sui polsi mi restano delle cicatrici, così come sulle mani. Purtroppo quelle non andranno mai via, come non spariranno mai le ferite che ho nell'anima" disse sospirando.
"Avresti potuto venire a parlarne con me, Andrew. Avrei potuto aiutarti! Io non avrei mai voluto che tu ti facessi tutto quel male come è successo a me! Non ti avrei mai e dico mai giudicato, lo sai" gli fece notare, alzando un po' la voce ma per disperazione e dolore, non per rabbia.
"Non volevo dirlo a nessuno."
"Non ti fidavi nemmeno di me?"
"Non è questione di fiducia. Demi, io non potevo parlartene, capisci?"
"Perché dici questo?" gli chiese, tirando su col naso. "Io ti avevo parlato di come stavo, anni fa. Tu eri l'unico che sapeva, e quando sei caduto anche tu nell'atolesionismo, non mi hai raccontato niente."
"Lo so, credimi, mi dispiace. Tu eri così felice per l'adozione! Io non volevo farti soffrire!"
"Andrew, tu sei stato il mio migliore amico ed ora il mio fidanzato e il fatto che tu non ti sia confidato prima con me, quando avevi appena iniziato a farlo, mi uccide dentro!" esclamò, con voce rotta.
"Mi dispiace, Demi."
Piangevano entrambi, adesso, lasciando che le lacrime corressero giù per le loro guance.
"C'è anche un'altra cosa" continuò Andrew.
Voleva dirle tutto e subito.
"Dimmi" mormorò lei.
"C'erano delle volte, pochissime per fortuna, nelle quali vedere Carlie in quelle condizioni mi faceva troppo male, così tornavo a casa, aprivo il frigo, tiravo fuori una bottiglia di vino e bevevo."
Andrew sapeva di aver toccato un tasto dolente: Patrick si era rovinato a causa dell'alcol e Demi ne aveva sofferto moltissimo. Se si fosse arrabbiata, ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
La ragazza trasse un profondo respiro, cercando di mantenere la calma. Non era facile. In parte avrebbe voluto alzarsi, prendere le bambine e andarsene, ma qualcosa che non seppe identificare la fermò. Si schiarì la voce e poi chiese, scandendo lentamente ogni parola:
"Mi stai dicendo che ti ubriacavi?"
"Sì, anche se sapevo benissimo di sbagliare e il giorno dopo me ne pentivo amaramente."
"Hai parlato al passato, quindi adesso non ti comporti più così, vero?"
"Non mi ubriaco più da mesi. L'ultima volta che l'ho fatto risale a molto tempo fa. Una mattina ti avevo chiamata per chiederti di portarmi una pastiglia per il mal di testa, ricordi? Ecco, avevo bevuto la sera precedente."
"Quante volte capitava?"
"Pochissime."
"Definisci "pochissime"!" esclamò, alzando la voce.
Lui non rispondeva alle sue domande in modo esaustivo e lei cominciava a perdere la pazienza.
"Due, tre all'anno."
"Andrew, anche mio padre mi diceva che non avrebbe più bevuto, ma poi ricominciava sempre."
"So che questo per te è un argomento delicato, ma io non sono mai stato dipendente dall'alcol. Mi sono ubriacato qualche volta, è vero, ma non così spesso da non poter fare più a meno di bere. Non mi credi, vero?"
"Una parte di me vuole farlo, ma ce n'è una seconda, molto piccola, che ha ancora dei dubbi" gli rispose, franca.
Dio, quanto le facevano male quei discorsi! Iniziava ad avvertire un dolore insistente alla testa che di certo non migliorava la situazione. Eppure era felice che Andrew le stesse dicendo ogni cosa. Non doveva essere facile, per lui, confessare tutto ciò.
"Sì, lo posso immaginare, ma ti assicuro che è la verità, Demi. Poco prima che Carlie peggiorasse, tempo fa, ho trovato una psicologa dalla quale andare" continuò Andrew. "Stare con te e vedere le bambine mi ha dato il coraggio di farcela. Lei mi sta facendo parlare di mia sorella, di come mi fa sentire stare con lei in ospedale e di ciò che provo. Stiamo lavorando insieme da mesi su tutto il mio passato, ma anche su ciò che sento in questo periodo e sul mio problema con l'autolesionismo e l'alcol. Ho parlato anche con il mio medico di quest'ultimo problema e lei mi ha spiegato che la mia non è una dipendenza, perché lo sarebbe se cominciassi a bere costantemente e non ricordandomi nemmeno più perché lo faccio. Ho parlato alla psicologa di te e delle piccole e continuo a farlo tutt'ora. Non credevo che gli psicologi potessero aiutare. Ero molto scettico a riguardo prima di decidere di andarci, ma ora mi rendo conto che danno una grandissima mano."
"Il tuo dottore ti ha dato dei consigli su come affrontare il problema con l'alcol?"
"Mi ha detto ciò che poi mi ha ripetuto la psicologa:
"Se dovessi stare così male da volerti ubriacare, cerca di distrarti. Leggi, passeggia, fai ciò che ti piace. Questo ti aiuterà a pensare che bere non è la soluzione."
Sai una cosa? A parte il fatto che, come ti ho già detto, non bevo più da molto tempo, da quando ho imparato queste nuove tecniche non penso mai di voler bere, nemmeno ora che mia sorella non sta bene."
Demi rifletté su ciò che il suo ragazzo aveva detto. Suo padre non aveva mai fatto ragionamenti del genere. Non era mai stato abbastanza lucido da riuscirci, mentre Andrew era completamente diverso. L'uomo era consapevole di ciò che gli era successo e di come si sentiva ora e, nonostante le mille difficoltà, era convinto che ce l'avrebbe fatta. Demi sapeva benissimo che c'era una differenza sostanziale tra essere alcolista e ubriacarsi ogni tanto ed era assolutamente sicura che Andrew fosse sincero.
"Ti credo" gli disse. "Ti credo, amore mio! Mi dispiace di aver dubitato" si scusò poi, ricominciando a piangere.
"Non preoccuparti, chiunque l'avrebbe fatto. Anzi, mi stupisce che tu non te la sia presa molto."
“Quando hai smesso di tagliarti… insomma, come ci sei riuscito? Hai trovato dei modi per resistere?” La voce le tremò. “L’autolesionismo diventa una dipendenza, lo sai bene anche tu.”
“Andavo dalla psicologa già da qualche mese. Avevo iniziato a parlarle delle voci che mi dicevano di farmi del male e di come mi sentivo prima e dopo averlo fatto. Lei mi diceva:
“Prima o poi le sconfiggerai. Ci lavoreremo insieme.” E mi rassicurava. Mi ha spiegato che aveva avuto tanti altri casi simili al mio e che ogni volta quelle voci erano state sconfitte.”
Le raccontò che a lui una cosa del genere sembrava impossibile. Pensava che non sarebbe mai riuscito a scacciare quei demoni. Tuttavia, anche solo parlarne l’aveva fatto sentire meglio e l’aveva aiutato a procurarsi meno ferite e con meno frequenza. Inoltreaveva trovato delle soluzioni, se così si potevano chiamare, che lo aiutavano a superare i momenti di crisi nei quali la voglia di farsi del male ritornava.
“Ad esempio?” gli domandò la ragazza.
“Cerco di non stare solo, quando mi sento così. Vengo da te, anche se magari non ti dico che sto male e rimanere con te e con le bambine mi fa stare meglio. Oppure prendo un foglio e scrivo quello che mi passa per la testa, o ne prendo uno, lo appallottolo, lo strappo, lo butto per terra e lo calpesto in modo da sfogarmi. All’inizio non funzionava, anzi ho avuto diverse ricadute anche piuttosto pesanti, ma pian piano il desiderio di tagliarmi si è affievolito sempre di più fino a scomparire del tutto. Quando mi hai chiesto di venire con te da Hope e Mackenzie… mi ero solo fatto qualche graffio il giorno prima. Poi non è più accaduto. Avevo già intrapreso il mio percorso verso la guarigione e quell’ultimo giorno non mi sentivo nemmeno tanto male, non avevo neanche udito le voci. Mi era venuto automatico farlo, a volte mi capitava così, senza un motivo, dopodiché ho smesso e mi sembrava così strano non farlo più! Tuttavia ero soddisfatto di me stesso. Pensavo ci sarei ricaduto ma non è stato così, grazie a Dio. Questo per dirti che non è successo tutto in un momento solo, ovviamente. Ci è voluto del tempo.”
“Sì, immaginavo. Scusa se te l’ho chiesto, volevo soltanto capire.” “No, figurati! Hai il diritto di farmi tutte le domande che vuoi.”
"Mi hai tenuto nascoste delle cose gravi," iniziò la ragazza cercando di avere un tono di voce udibile e di non piangere, "ma ti sei comportato così perché soffrivi troppo e credimi, io posso capirlo. Ora mi hai aperto il tuo cuore e mi hai detto tutto; e anche se ciò che mi hai raccontato mi fa male, sapere che non mi hai voluto nascondere niente a me basta. In fondo, tagliandoti e bevendo hai fatto più del male a te stesso che a me."
"Scusami, piccola!" esclamò ancora lui, affranto.
"Shhh, va tutto bene. Andrew, tu hai una forza incredibile dentro, lo sai? Sei fantastico ed io ti ammiro tantissimo!" esclamò Demi abbracciandolo. "Ricorda che non sei solo" gli disse, ancora stretta a lui, continuando a piangere. "Anche se tutti gli amici che hai ti dovessero abbandonare, io ti starò sempre vicina. Ti prego, promettimi che mi parlerai sempre, quando avrai dei problemi e che non ti taglierai né ti ubriacherai più, per favore!"
"Te lo prometto" rispose Andrew, singhiozzando.
Le loro lacrime si mescolavano pian piano. Piangevano perché erano tristi per tutto ciò che era successo, ma anche felici di essere ancora insieme.
"Demi?" chiese Andrew, asciugandosi le lacrime, ma rimanendo abbracciato a lei.
"Sì?"
"Tu perché ti tagliavi una volta? Non me l'hai mai detto."
"I miei compagni mi chiamavano grassa quando ero piccola, così a 11 anni ho cominciato a farlo. Inoltre c'erano dei ragazzini nella mia scuola che lo facevano ed io pensavo che quella fosse l'unica via per far fronte a tutte le prese in giro e alle offese da parte di chi mi faceva del male."
"Sapevo che avevi avuto tantissimi problemi con i tuoi compagni e che eri stata vittima di bullismo. Credevo che tutto questo ti avesse portata a farti del male, ma ogni volta che ti avevo domandato perché lo facevi mi rispondevi sempre che io non potevo capire."
"Sì è vero; e mi dispiace. Se sospettavi che io lo facessi per questo, perché non me l'hai mai domandato?"
"Quando una persona vede tutto nero, spesso non ha voglia di parlare con gli altri di ciò che le sta accadendo. Se io ti avessi detto che sospettavo che ti tagliassi a causa dei tuoi compagni, tu probabilmente mi avresti mandato a quel paese."
"Forse hai ragione" sospirò lei.
"Ti ricordi la prima volta nella quale ti sei tagliata?"
"Sì e credo che non la dimenticherò mai. Fa male" mormorò, sentendo un forte dolore al petto.  "Non avrei mai pensato che anche tu saresti caduto in questa trappola, perché l'autolesionismo non è altro che quello. Io non so come hai fatto ad uscirne da solo, senza dire niente a nessuno, ma ripeto, ti ammiro. Hai un coraggio da leone! Io non ce l'avrei mai fatta se la mia famiglia e coloro che lavorano con me non mi avessero fatto capire che avevo bisogno di essere
aiutata."
Andrew in passato le aveva detto tante volte che avrebbe dovuto farsi aiutare, ma Demi gli aveva sempre risposto di no, che stava bene e gli aveva fatto giurare di non dire mai niente alla sua famiglia. Lui non sapeva perché avesse accettato di non dire nulla a Dianna e a Patrick. Quando il terribile segreto di Demi era venuto alla luce, lui aveva detto che sapeva tutto. I genitori di Demi, Dianna in particolare, l'avevano sgridato perbene. Solo allora Andrew si era reso conto che avrebbe dovuto agire prima e che, ascoltando Demi, aveva fatto una cazzata. Era stato immaturo e stupido. In fondo lui era più grande, avrebbe dovuto aiutarla e non fare ciò che lei gli aveva chiesto. Se a Demi fosse successo qualcosa di ancora più grave durante quegli anni, sarebbe stata anche colpa sua. Glielo disse.
"Anch'io lo sono stata. Non avrei dovuto dirti quelle cose. Avrei dovuto lasciare che mi aiutassi davvero."
"Ormai è passato. Non pensiamoci più."
"Già."
Demi sapeva quanto Andrew tenesse a lei e anche Dianna se n'era resa conto. Lei, la figlia, Patrick ed Andrew avevano parlato, in momenti diversi. Demi e il ragazzo avevano ammesso i loro errori e si erano scusati con Patrick e Dianna. Lei li aveva perdonati. L'uomo, invece, non era stato così gentile, anzi. Dianna aveva capito che, nonostante quel grosso errore, Andrew teneva davvero a Demi. Era stato lui a curarle le ferite a volte, quando si tagliava e sempre lui a calmare i suoi infiniti pianti quando stava male. Solo lui si era accorto di come stava la ragazzina. Grazie a Dio la pace tra tutti loro era tornata e nessuno aveva più voluto pensare al passato, ma solo guardare al futuro. Demi, però, non ci riusciva, almeno non completamente e nemmeno Andrew, vista la situazione di
Carlie.
Il suono del clacson di una macchina vicina alla casa riscosse entrambi da quei pensieri.
"Non aspettavi nessuno, vero?" gli domandò Demi.
Le sembrava strano vista l'ora; e, comunque, non gliel'aveva detto.
"No."
Sentirono la macchina aprirsi e chiudersi, poi partire. Probabilmente qualcuno era salito.
Demi sospirò.
"Sei stanca?"
"Sì, un po'."
"Anch'io. Ci tenevo solo a dirti  tutto."
"Hai fatto bene. Mi fa un enorme piacere che tu ti confidi con me!"
Si abbracciarono e si diedero un bacio sulle labbra.
"Dormiamo?" gli domandò lei, sbadigliando.
Andrew le accarezzò il collo e i seni e lei lo lasciò fare, sentendosi percorsa da un brivido di piacere. Ora che stavano insieme, era giusto che iniziassero a toccarsi in certe parti del corpo, perché l'amore è anche fisico, non solo psicologico; è anche conoscenza, esplorazione del corpo, del calore dell'altra persona.
"Sì, ora dormiamo" le disse lui, dopo averle dato un altro bacio,, dolce e perfetto.
Quel gesto, per Demi, fu l'augurio di buonanotte più bello che qualcuno le avesse mai fatto.
Ricordò di aver letto una frase su un blog, una volta, che recitava:
Molte persone vedono quello che sembri, ma poche sentono chi sei davvero e sanno leggerti dentro, fin nelle profondità più nascoste dell'anima. Le prime riescono a guardarti solo dall'esterno e a vedere la tua superficie, le seconde, invece, sanno guardare dentro di te, quando tu glielo permetti. Sono quelle le persone che ti saranno amiche o che ti ameranno
davvero.
Il contrasto tra il vedere e il sentire l'aveva colpita molto e si disse che ciò che quelle parole significavano calzava a pennello con lei ed Andrew. Loro erano riusciti a sentire chi erano davvero e a dimostrarlo l'uno all'altra, a leggersi e a farsi leggere in profondità, ad aprire i loro cuori e a dirsi cose che avevano confessato a pochi o a nessuno e, infine, ad amarsi. L'amore è anche questo: condivisione, parole, segreti che sanno solo i due innamorati e nessun altro ed è uno dei motivi per i quali tale sentimento è il più bello del mondo.
 
 
 
NOTE:
1. So bene (e parlo per esperienza personale anche se non entrerò nei particolari) che l'autolesionismo è un problema e che è una dipendenza, come dice Demi. Anche se non ho parlato prima di questa problematica per quanto riguarda Andrew, ho comunque voluto farlo parlare del suo percorso verso la guarigione per rendere il tutto realistico. I metodi che aiutano l'uomo a stare meglio sono anche i miei. Mi sono stati suggeriti dalla psicologa, o meglio abbiamo trovato queste soluzioni insieme.
2. Ho inventato io questa frase per far riflettere la protagonista sull'amore, in particolare quello tra lei e il fidanzato.
   
 
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