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Autore: Artemis97    06/12/2016    2 recensioni
Avete presente quando fate un incubo e vi svegliate? Ci sono pochi, terribili, istanti il qui la paura vi insegue nella realtà.
“Loki di Asgard, io Odino, ti spoglio dei tuoi poteri divini e ti esilio a Midgard”
Ecco, lui avrebbe dato di tutto per trovarsi in quegli istanti e non con quel raggio di potere diretto verso di lui.
(…)
Quando riaprì gli occhi ne vide un paio verdi fissarlo con gioia, la donna aveva anche dei bellissimi capelli rossi fiammeggianti.
“Oh James guardalo! È splendido” sussurrò ella con amore. Un uomo entrò nel suo campo visivo, aveva un cespuglio moro al posto dei capelli, occhiali rotondi che non nascondevano i suoi occhi blu molto espressivi e che … comunicavano un enorme e travolgente amore verso di lui.
“Lily, lui non è solo splendido, è il nostro splendido figlio”
Leggero Sirius/Remus
Post Advenger
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Loki, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
 
Harry correva come se il diavolo gli stesse dando la caccia, beh aveva un buon motivo per crederlo. Sirius Black era dietro di lui e cercava di afferrarlo.
 
“HARRY JAMES POTTER! COME HAI POTUTO … AL TUO PADRINO POI!!!” uggiolava e urlava contemporaneamente, Harry cercava invece di ridere e correre contemporaneamente. Un’antica pratica ormai in disuso per ovvie ragioni. Infatti, cercando di trattenere le lacrime dovute al troppo ridere, strizzò gli occhi e perse la materializzazione di Sirius dritto davanti a lui.
 
“PRESO!” gridò con trionfo il suo padrino afferrandolo in vita, issandolo e tenendolo un po’ più in alto del suo viso, con i piedi a penzoloni.
“Ecco, ora non puoi scappare” Sirius lo prese in giro.
“Noo” piagnucolò Harry mentre dondolava i piedi cercando un appiglio.
“Niente no, sei colpevole di alto tradimento, ragazzino – fece il Black con voce seria.-  Immagina il mio shock stamattina quando, a lavoro, mi ridevano tutti dietro. E solo quando mi sono guardato allo specchio ho visto questo orrore: mi hai dato i capelli rosa glitterati! Neanche riesco a toglierli! Ogni volta che scuoto il capo, piovono glitter arcobaleno!” a dimostrazione di ciò, Sirius smosse il capo e una decina di glitter caddero al suolo. “Ai glitter preferisco la forfora, è più mascolina!” piagnucolò depresso per poi ripensarci “no, la forfora no. Non vorrei guardare come Mocc- cioè Sevvie quando era a Hogwarts” si corresse lanciando occhiate furtive intorno, se lo avesse sentito Lily? Sperava di no, ci teneva ai gioielli di famiglia. Come avrebbe fatto senza? Niente più notti con Remus! Il suo dolce lupacchiotto lo avrebbe lasciato per qualcuno di più dotato!
 
“Sirius?” una voce dal tono incuriosito lo chiamò.
“Rem? Remus! Ciao! Sei tornato a casa presto” sorrise Black. Gli occhi ambrati del lupo lo osservarono senza capire “cosa stai facendo Sir?” “come cosa faccio? Sto tenendo il marmocc- … dove è finito?!?” Sirius fissò sconvolto le sue mani, ancora in aria, che non stringevano più nulla.
“Sirius?”   
 Il piccolo saccottino di carne comunemente chiamato Harry, era sparito.
“Stai bene, amore? Sirius?”
PUF! Scomparso! Disperso. Perduto.
“Sirius cosa sta succedendo?”
Oh Merlino! Stava per essere castrato!
“RemcredodiaverpersoHarrynontiarrabbiare!”
“TU COSA!?!”
 
***
 
Harry ridacchiò mentre strisciava via.
“Nessuno prenderà mai Harry! Harry è geniale” sussurrò cospiratorio appiattendosi al pavimento. Onestamente, era un genio! O Sirius era più disattento di come appariva … nah, Harry era semplicemente un mago dalle capacità mentali molto evolute, dopotutto non poteva certo essere la seconda opzione, giusto? Zio Siri non era così tonto.
 
Giunto in cucina, si rialzò e spolverò i vestiti. “La pulizia è la prima cosa” sua madre gli ripete spesso.
Ora, dove è nascosta la nutella? Il più sublime nettare degli dei, racchiuso in un barattolo di vetro.  
Nei mobiletti in basso? No, solo forchette, altri utensili vari, detersivo e un elfo nascosto sotto il lavello. Aspe- cosa!
Riaprì l’armadietto.
“Tiffy!” esclamò “cosa fai?”
Tiffy è l’elfo della casa Black-Lupin, spacciatore preferito di nutella di Harry.
“Tiffy ha il giorno libero, maestro Harry. Così Tiffy pulisce i tubi dell’acqua. Tubi scintillanti fanno casa pulita.”
Le sopracciglia di Harry si alzarono con scetticismo. Tossicchiò incerto, l’elfo non lo sapeva? 
“Tiffy, giorno libero significa che non devi lavorare” chiarì.
 Il viso dell’elfo impallidì di diverse tonalità “ma maestro Black ha detto Tiffy che Tiffy poteva fare quello che voleva nel suo giorno libero; Tiffy vuole pulire. Tiffy non può pulire oggi? Il maestro Black sarà così arrabbiato! Tiffy ha sbagliato!”  pianse l’elfo. Non fu un bello spettacolo; il volto già bruttino, sembrò accartocciarsi e raggrinzirsi un po’ ovunque. Tiffy inoltre singhiozzava a scatti, come se una cosa le fosse rimasta in gola e non riusciva ad inghiottirla.
“Tiffy non hai sbagliato! Puoi fare ciò che vuoi nel tempo libero, anche lavorare” ‘anche se sarebbe un controsenso’
Tiffy fissò Harry con i suoi grandi occhi spalancati, lucidi di lacrime.
“Maestro Harry è così gentile! Tiffy non lo merita” singhiozzò l’elfo.
Harry sospirò; Tiffy era diventato l’elfo dei suoi padrini dalla morte di Krecher, circa otto mesi fa. Non aveva alcuna stima di se nonostante fosse molto capace. Harry lo adorava, soprattutto per l’essere il suo, come già detto, spacciatore di dolci.
 
“TU COSA!?!”
 
Oh nutella stantia! Zio Rem! Non aveva molto tempo.
“Tiffy c’è posto accanto a te?” domandò prima di essere distratto dal suono di passi affrettati.
Harry si è catapultato nel mobiletto e chiuse le ante.
“Tiffy ora facciamo il gioco del silenzio. È facile, bisogna soltanto non dire nulla.”
 
Nel piccolo spazio, la distanza tra lui e Tiffy era appena di qualche pollice. Tiffy lo guardava attentamente: inquietante.
“Haaaaarry! Vieni qui bello! Abbiamo i biscotti” la voce di Sirius giunse forte e chiara, così come il suo grido di dolore “ahi Rem!”
“Sirius Black! Non trattare Harry come un cane!”
Harry portò le manine sulla bocca, cercando di soffocare le risate. Probabilmente Rem lo aveva colpito senza pietà.
“E come lo chiameresti tu?” chiese l’animagus cane. Momenti di silenzio, passi nella cucina.
Poi: “qui cucciolo! Tuo zio Rem è qui con i biscotti!” tentò il lupo mannaro.
 
***
 
Lily Evans aveva quasi finito la compilazione di alcuni documenti. I muscoli del collo e della schiena le stavano chiedendo pietà, insieme agli occhi. Gli strizzò e proseguì la lettura, poi sbuffò. Stava rileggendo quel passaggio da almeno cinque minuti e non riusciva a concentrarsi.
Gli occhi le scivolarono sulla foto sulla scrivania: Lei e James che si guardavano con dolcezza e poi sorridevano al fagottino tra di loro. Il suo piccolo Harry.  Un piccolo diavolo. Da quando si era svegliato dal coma, non era rimasto fermo un attimo. Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, a recuperare il tempo che aveva perso e a farli morire di preoccupazione. Come quella volta che era sparito in un attacco di magia accidentale e lo avevano ritrovato tre ore dopo, con l’aiuto di alcuni auror e qualche strumento per rintracciare la sua firma magica, sul Empire State Building dicendo di voler incontrare Zeus e impedire la stesura di un Prissy Jhonson o qualcosa del genere. Oppure quella volta che voleva andare a Noctur Alley, ma glielo avevano impedito, e Harry aveva reso chiunque nel raggio di cinque chilometri pelato (tra di loro c’era un  Lucius Malfoy molto arrabbiato, appena uscito dal Centro Estetico per Maghi e Streghe). 
 
Ritornò a fissare i documenti molto noiosi. E poi il suo sguardo scivolò nuovamente sulla foto. Il giorno seguente Harry avrebbe ricevuto la sua lettera per Hogwarts. Il suo bambino stava crescendo così in fretta che Lily non poteva quasi sopportarlo. Sospirò nuovamente.
 
“Tempus” mormorò con un colpo di bacchetta.
18:15, il suo turno era praticamente finito. Avrebbe ultimato il suo lavoro la prossima volta, ora poteva tornare da Harry e James, preparare la cena (James non doveva neanche azzardarsi ad avvicinarsi alla cucina, l’ultima volta erano stati fortunati che non era esplosa). Dopo aver mangiato avrebbe letto un libro a Harry e poi lo avrebbe messo a letto.
Azioni quotidiane, semplice tempo in famiglia, avevano però un enorme valore ai suoi occhi. Per pochi anni, che le erano parsi un’eternità, non aveva potuto far altro che correre le dita tremanti tra i capelli del suo piccolo e sussurrargli che lei lo amava, che suo padre lo amava, che non doveva arrendersi. Suo figlio era imprigionato in un letto, in una stanza bianca, priva di qualsivoglia personalità. Non importa quanti giocattoli posizionava con cura (il cervo, il cane e il lupo sul letto, a far la guardia a Harry; l’unicorno sul comodino, pronto a difenderlo; il gatto sul libro di favole; la scopa giocattolo accanto la finestra; il kit finto di pozioni per maghi birichini sul tavolino insieme a un enorme vaso straboccante di gigli e tanto, tanto altro), nulla sembrava ravvivare la stanza.
 
Al calare del sole, Lily si arricciava protettiva intorno Harry come drago che custodiva il suo prezioso tesoro, e sussurrava storie di fate e cerchi magici, di tre fratelli e tre doni speciali.
Davanti la finestra vi era ormai posizionata fissa una poltrona, lì James si sedeva ad osservarli; gli occhi tristi e a tratti sognanti, come se stesse vedendo nella sua mente Harry sorridere e dire “mama” e “dada”. James si addormentava lì, il volto appoggiato sul palmo della mano, la mente ancora a Harry e a come sarebbe stata la loro vita se non fosse caduto in coma. Ma non sempre furono così le loro notti. Sembrava quasi, infatti, che più passavano il tempo ad accudire il loro figlio, più la distanza tra James e Lily si ampliava finché, una mattina, Lily guardò il marito e non lo riconobbe. E James osservò Lily come se non capisse: perché l’aveva sposata? Tra di loro era stata mera attrazione fisica?
 
Ed entrambi pensarono a come allontanarsi da quel matrimonio e quella vita infelice.
 
Lily gemette angosciata; ricordava ancora con una chiarezza sconcertante come per settimane non visitarono Harry. James usciva con gli altri auror, tornava a casa con la pancia colma di firewiski, e si lasciava cadere sul divano senza preoccuparsi di salire al piano di sopra dove vi era la camera di Harry, dove suo figlio avrebbe dovuto riposare.
Lily continuava i suoi turni all’ospedale, chiedeva compiti lontani dal reparto di pediatria e chi osava rifiutare qualcosa alla madre della leggenda? Soprattutto quando aveva un eccellente preparazione in medicina.
Le settimane divennero mesi.
Il primo mese, James si avvicinò a una sua collega, appena trasferita dall’America. La donna era l’opposto della moglie: corti capelli neri lisci e con l’identica avventatezza di Sirius.
Lily non poté far altro che guardare come gli portava via il marito con le sue lunghe gambe e gli occhi da cerbiatta. La giovane signora Potter non sapeva come doveva sentirsi: non aveva ragioni per sentirsi delusa, giusto? Dopotutto il loro matrimonio era praticamente giunto al termine. Diamine! Non dormivano più neanche nello stesso letto e, se capitavano di sostare nella stessa stanza più di qualche minuto, uno di loro fuggiva via.
Il secondo mese, Lily non lo guardò più negli occhi.
Il terzo, James fu visto spendere le sue serate con l’americana al bar e in vari ristoranti. La stampa ci andò a nozze e “è la fine di un epoca?” “cosa penserà la leggenda quando uscirà dal coma?” furono i titoli dei giornali insieme ad altri più fantasiosi e infamanti.
Il quarto mese, Lily lesse sul Profeta un articolo di Rita Skeeter: “ … e James dirà: - scusa Lily, ma voglio il divorzio - e Lily - beh, perché no.- ” e “matrimonio Potter, finito?” “un nuovo inizio per James Potter?”. A fine mese, Lily decise di andare avanti e contattò un avvocato folletto.
A metà del quinto mese, i Potter discutevano su chi avrebbe avuto cosa: Lily la casa che avrebbe dovuto essere il loro angolo di paradiso a Godric Hollow, James avrebbe tenuto tutti i manieri Potter e l’eredità Potter. Mai una volta il nome del Harry fu pronunciato, lo avevano dimenticato. Sirius e Remus erano soltanto dei fastidiosi promemoria ormai (con quelle vocine fastidiose, sempre a fargli la predica su questo e quello) ed erano stati messi da parte. A fine quinto mese, era tutto pronto e mancavano soltanto le loro firme. Ma ecco che quando la piume d’oca in mano di Lily presto ex-Potter, delineò la prima lettera, Sirius e Remus entrarono come delle furie nella stanza e sbatterono con violenza un giornale sul tavolo.
 
“Harry Potter dimenticato?”
“Che fine ha fatto la leggenda?”
“Anniversario della sconfitta di tu-sai-chi! Grazie ancora, Harry”
“Buon compleanno Harry Potter!”
 
“Vi ricordate di Harry?” domandò Remus serrando le mani a pugni.
“Harry” ripetè ottusamente James, non capendo.
“Sì, Harry, vostro figlio. Un bambino – sibilò Sirius – che ha festeggiato ieri il suo quarto compleanno! E voi non c’eravate!”
“Ma la stampa sì, questo dovrebbe dirvi qualcosa” continuò Remus, a trattenendosi a stento dal ringhiare.
 
Quella sera Lily non dormì.
Quella sera James fissò il soffitto in cerca di risposte.
 
La mattina dopo si ritrovarono entrambi nella stanza di Harry –il loro piccolo Harry, il figlio del loro amore- e James si sedette sulla sua sedia e Lily si accoccolò accanto al bambino. Sembrava che nulla fosse cambiato, ma tutto lo aveva fatto, a partire da loro stessi. Quando il sole calò, Lily passò le mani tremanti – mani che appartenevano a qualcuno che non poteva credere di aver abbandonato suo figlio- tra quel nido nero di capelli tipicamente Potter e raccontò la storia dei tre fratelli e della furba morte. James osservò –con gli occhi che appartenevano a qualcuno che non poteva credere di aver abbandonato la sua famiglia-  la moglie e il figlio e immaginò Harry balbettare parole incomprensibili e dire “mama” e “dada”. Il giorno seguente tornarono a casa insieme e si prepararono per il lavoro in silenzio. La sera James si sedette sulla sua sedia e Lily passò le dita tra le ciocche di Harry, cercando di domarle. Il quarto giorno di quella routine, mentre erano nel maniero Potter, entrambi scoppiarono. Si gridarono insulti, si rimproverarono a vicenda, sottolinearono l’errore dell’altro, si odiarono e poi fecero sesso. E dopo il sesso in cui si presero con violenza e con rabbia, fecero l’amore riesplorando il corpo del compagno, amandolo nuovamente, assaporando il tocco che, in fondo, in quei mesi avevano rimpianto di non aver avuto. E quando furono sazi, parlarono con calma, l’uno tra le braccia dell’altro, e chiarirono tutte quelle incomprensioni che avevano lacerato il loro rapporto.
Il giorno seguente si scusarono entrambi con Remus e Sirius. L’animagus cane sospirò e disse “finalmente! Era ora! James, amico, sapevo che eri tardo, ma Lily non me lo aspettavo anche da te!” e lavorarono insieme per avere il perdono degli altri due predoni, ed essere nuovamente amici. E cercarono di farsi perdonare da Harry, che dormiva e che era inconsapevole del torto subito.
“Non ti abbandoneremo mai più” promise Lily, quella sera, abbracciando Harry.
“Lo giuriamo sulla magia, Harry” James annuì stendendosi alla sinistra di suo figlio. E tutti e tre riposarono lì, su un unico lettino, con Lily –il drago- alla destra e James –il cervo- alla sinistra.
 
James e Lily non ruppero mai la loro promessa.
 
***
 
“Che cosa vuol dire che lo avete perso!” il grido di Lily rimbombò nell’atrio di casa Black-Lupin.
“Lily, amore, quella non sembra una domanda” disse James con i timpani ormai sanguinanti. Sua moglie, da arrabbiata, poteva competere con le grida della vecchia signora Black, la madre megera di Sirius. Tra l’altro, quest’ultimo lo guardò con gratitudine per essere intervenuto. James poi si voltò completamente verso il Black e gridò “che cosa vuol dire che lo avete perso!”
“Jamie-“ iniziò Sirius con gli occhi lucidi.
“NON chiamarmi Jamie! Non ora!” lo interruppe James.
“Jami-James non lo so! Un momento c’era e quello dopo PUF!”
“Le discussioni dopo, ora troviamolo” intervenne Remus quando vide l’intendo di uccidere di James.
“Perché non chiedete a Tiffy se lo ha visto?” domandò innervosita Lily. Sirius si massaggiò le tempie stancamente “le ho dato il giorno libero, non avrebbe potuto vederlo.”
 
Lily e James cercarono nello scantinato, dove tutte le cianfrusaglie di Sirius si erano accumulate nel corso degli anni. James supponeva che, se avesse iniziato a frugare, avrebbe trovato il cervello fuggitivo di Black.
Cercarono in biblioteca, nelle camere da letto, nello studio, in cucina, ma non c’era traccia di Harry. Lily chiuse gli occhi tristemente, appoggiandosi a suo marito. James le cinse i fianchi e la tirò ancora più vicino, in modo che non ci fosse alcun spazio a separarli. Le accarezzò i lunghi capelli rossi con tenerezza, consolandola, consolandosi.  
Le dita della signora Potter si strinsero attorno alla camicia del marito, la testa contro il petto dell’uomo; poteva quasi sentirne il battito del cuore –bumbumbumbum- frenetico come il proprio. Il mento di James finì sui ricci morbidi della sposa; respirò il profumo di cocco e pesca, lo shampoo di Lily.
“Lo troveremo” affermò con certezza. Lei si strinse maggiormente a lui “e se lo abbiamo perso? James non penso di poterlo sopportare. Non di nuovo” sussurrò debolmente, quasi fosse un segreto da non rivelare, una fatale certezza.
“Non lo perderemo. Mai più Lily. Mai più, mia amata,  lo prometto.”
 
James rilasciò sua moglie dall’abbraccio “siamo maghi Lily e, anche se alcune cose sono impossibili anche per noi, un incantesimo di rintracciamento è nella nostra portata” sorrise il Potter baciandole la fronte con dolcezza.
 
***
 
“Maghi e streghe, ecco a voi il piccolo Harry!” James vivacemente aprì l’armadietto in basso in cucina. Lily lo scansò bruscamente, e si inginocchiò; eccolo! Il suo prezioso bambino dormiva beatamente, inconsapevole dello scompiglio che aveva causato. Era raggomitolato su un fianco, la testa appoggiata su un braccino, l’espressione rilassata. Lily sorrise e dolcemente lo trasse a se; Harry mugolò prima di appoggiare il capo contro il suo petto. James passò una mano tra i capelli del suo bambino, ne accarezzò il viso.
“Il mio bambino” sussurrò e calò un bacio sulla fronte di suo figlio, e poi su quella della moglie.
“È un piccolo malandrino, proprio come me” disse con orgoglio.
“James!” sbottò Lily rimproverandolo, ma sorridevano entrambi.
L’uomo guardò nuovamente suo figlio e sentì il suo cuore stringersi al quadro pacifico che si palesava dinanzi a se: Lily e Harry, sua moglie e suo figlio, vivi e felici. La sua famiglia era di nuovo tutta unita.
 
***
 
Al mattino, Harry non scese a fare colazione. Imbronciato si rigirava tra le lenzuola; non voleva compiere undici anni! Se fosse stato per lui, non avrebbe mai abbandonato la sua cameretta con i suoi giocattoli e libri; non avrebbe lasciato i suoi genitori per tutti quei mesi. Non voleva crescere perché significava che ogni giorno che lui invecchiava, anche la sua mamma e il suo papà lo facevano ed erano sempre più vicini ad abbandonarlo. Soprattutto James che lavora come un auror! Harry non poteva sopportarlo.
 
“Toc Toc” James canticchiò mentre entrava. Harry nascose la testa sotto il cuscino. L’adulto corrugò la fronte in confusione prima di sogghignare.
“Ora ora, dov’è il mio ometto tutto cresciuto? Qualcuno lo ha visto? –James si avvicinò al letto lentamente – sarà forse sotto il letto? Certamente non è giù a scartare i regali –si lasciò cadere sul materasso – o sarà sotto le coperte?” finì scoprendo suo figlio dalle coperte e aggredendogli i fianchi. Harry gridò prima di contorcersi.
 
“B-b-basta!” implorò l’ormai undicenne, non sopportava il solletico!!
“E perché? Il mio maghetto ha bisogno di una risata e sono più che felice di servire” il padre ridacchiò continuando ad attaccare i fianchi del bambino.
“P-p-pap-aaahahahaha ba-bastaahahaha”
James si fermò e osservò suo figlio: aveva le guance arrossate e gli occhi luccicanti di lacrime, il respiro breve dalle troppe risate. James lo prese per le ascelle e lo trasse a se, seduto sulle sue ginocchia.
L’uomo tacque finché il bambino non calmò il respiro e il suo colorito non tornò al solito pallore; Harry non amava stare al sole.
“Scendiamo a fare colazione?” propose poi, ma Harry si incupì e abbassò lo sguardo. Le ciocche ricciolute scure caddero sul suo viso coprendolo.
Dovremo tagliargli prima che parta?, si chiese James distrattamente prima di riconcentrarsi totalmente sul bambino in grembo.
 “Che cos’hai, mini me?”  
Mini me, uno scherzo tra padre e figlio. Harry sorrideva sempre quando lo chiamava così. Però in quel momento non sorrise; James socchiuse gli occhi, preoccupato.
“Non voglio” quasi perse il sussurro del figlio.
“Cosa?” chiese perplesso.
Harry si voltò di scatto a guardarlo, James quasi si mosse a disagio sotto quegli occhi incredibilmente verdi. Come Lily, aveva sempre pensato, ma in quel momento erano diversi da quelli della moglie. Erano di un verde più profondo, più tormentato, disperati. Sembravano pregarlo.
 
“Non voglio andare a Hogwarts, non voglio! Voglio stare qui con te e la mamma. Voglio che la notte, mi rimbocchi le coperte e la mamma mi racconti storie; voglio continuare a vedere lo zio Sirius e lo zio Remus spesso; non voglio andarmene! Non mi cacciate! Per favore non mi abbandonate!” 
 
James spalancò gli occhi scioccato, prima di stringere forte suo figlio a se.
 
Abbandonarlo? No, James non avrebbe più commesso questo errore, non avrebbe più messo da parte suo figlio, la sua vita. Forse Harry ricordava quei mesi? Era consapevole che avevano lasciato il suo fianco?
 
“No Harry” James disse con forza.
 
“No Loki” Odino affermò con decisione. Loki sorrise sentendo il proprio cuore rompersi. E così sia, pensò. Lasciò la presa e cadde.
 
Harry sussultò spaventato. Un ricordo?
 
James accarezzò il suo volto con una mano, con dolcezza.
“No Harry, non ti abbandonerò mai. Io e tua madre saremo con te per sempre. Sei nostro figlio e ti adoriamo. Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi decisione tu prenda, qualsiasi cosa accada in futuro, sappi che ti amiamo, Harry. Che siamo orgogliosi di te.” Affermò James, gli occhi infuocati dall’amore e orgoglio.
“Anche se il cappello mi mette in serpeverde?” pigolò Harry insicuro.
“Anche se finissi a serpeverde. Non sarà certamente il colore della tua cravatta a dividerci, ne le marachelle che farai. Anzi, anche se non ne facessi neanche una, non commettessi neanche uno scherzo, ti vorrei bene comunque.”
“Prometti?”
“Prometto.”
 
Harry sorrise “andiamo a mangiare”
James annuì con decisione “sì e dovremo anche sbrigarci: tua madre ha fatto i pancake e Sirius li starà  sbranando”
 
***
 
“Harry andiamo!” Lily gridò dalle scale.
Harry chiuse la valigia e la scese dal letto.
Quello era il gran giorno, sarebbe andato ad Hogwarts. Non sapeva come doveva sentirsi, non sapeva in che casa sperava di finire. Non sapeva e gli piaceva non saperlo, non aver pianificato nulla per il futuro. Lo faceva sentire più leggero e rilassato. Non aveva un fratello maggiore ad offuscarlo, non aveva gli amici di detto fratello a rendergli la vita impossibile. Poteva essere se stesso senza alcun timore di spaventare  i suoi genitori. Poteva dare libero sfogo alla sua vena giocosa senza avere le labbra cucine da suo fratello, per ordine di suo padre. E più importante di tutto ciò, aveva genitori che lo amavano e zii che lo viziavano. Loki amava questa vita.
 
 
“Se cambiassi idea … noi ti accoglieremo … se hai dei problemi, se vuoi semplicemente parlare, basta che ci chiami, che mi chiami.”
 
Loki sbuffò, gli occhi divennero verde acido.
Continua a sognarlo Odino, pensò disgustato. Non sarebbe più tornato da loro, non avrebbe lasciato i suoi veri genitori per quei falsi dei.
 
I suoi occhi scivolarono sulla foto sul suo comodino del suo decimo compleanno. C’erano i suoi genitori e i suoi zii e lui stesso, tutti dietro la torta che rappresentava un campo di quidditch.
“Da grande voglio essere un giocatore di quidditch!” ricordava di aver detto prima di spegnere le candeline.
“Fantastico, ma non devi mai dire il tuo desiderio ad alta voce” lo riprese ridendo Remus.
“Dai Rem! Non fare il precisino” ridacchiò Sirius.
 
Harry tolse la foto dalla cornice e la mise nel taschino della sua giacca; l’avrebbe portata su di se per sempre, si promise.
 
“Harry perderai il treno!” Remus lo chiamò.
Il bambino, non più Loki ma Harry, afferrò la sua valigia e la trascinò fuori dalla stanza, poi si voltò e osservò le pareti tappezzate di poster di quidditch; i pupazzi di Ramoso, Felpato e Lunastorta sul letto; i suoi adorati libri che traboccavano dalle librerie e che tappezzavano anche il pavimento. James aveva sempre sospirato fingendosi addolorato, quando Harry chiedeva qualche libro “non mi diventare come tua madre. Devi essere un malandrino in piena regola” scherzava, eppure non mancava mai di comprarli anche dieci libri alla volta, anche se alcuni erano molto costosi.
 
“Harry?” chiamò James.
Il bambino sorrise dolcemente e si voltò; chiuse la porta della cameretta dietro di sé.  Un capitolo della sua vita era giunto al termine.
***
 
…  “Posso sedermi qui, tutti gli altri vagoni sono occupati” un ragazzino dai capelli rossi chiese …
…  “Avete per caso visto un rospo?” una bambina dai capelli folti fece capolino nel vagone …
…  “Come ti chiami?” chiese Harry, l’altro bambino si morse le labbra e disse “s-sono Neville Paciock. E tu?” “Da oggi sono il tuo amico” sorrise Harry …
… “Imparerai presto Potter che molti sono al di  sotto di te” Draco Malfoy sogghignò, Harry fece spallucce “forse. Fino ad allora siamo amici?” …
… “CORVONERO!” il cappello gridò, senza neanche essere calato sul suo capo. Harry sogghignò, i professori tremarono, gli studenti tacquero. Avevano tutti un brutto presentimento.
 
E così iniziarono i sette anni più lunghi che i professori di Hogwarts sentirono pesanti come macigni. “Dannato Potter!” gridò improvvisamente Zabini il terzo giorno, quando prese in giro Neville e i suoi capelli divennero rosa permanentemente.
E questo fu l’urlo più frequente che si udì per i corridoi e le aule del castello da quel momento in poi.
  

 
Fine
 
 
+1
 
Perché è tutto così complicato?, pianse internamente Harry.
 
Le dita di Raptor strinsero maggiormente contro la sua gola.
 
“Dov’è?! Dov’è la pietra?!” ringhiò l’uomo a pochi centimetri dal suo volto. Harry picchiò la mano del mago oscuro “v-v-v-“ cercò di parlare.
Raptor allentò la presa “sì? Vuoi dire qualcosa, vero? Allora parla!”
Harry prese una boccata d’aria e disse “vaffanculo!”
Raptor lasciò la presa sulla sua gola, ma Harry non ebbe il tempo di riprendere nuovamente fiato che un manrovescio lo mandò a terra.
Harry si toccò la guancia infiammata e guardò l’insegnante con gli occhi spalancati.
 
“Tu, sporco mezzosangue, questo è il tuo posto! Ai miei piedi! Ai piedi del maestro! Di Voldemort!” e si voltò scoprendosi il capo. Harry strisciò all’indietro finché la sua schiena non sbatté contro la parete: il volto di Voldemort era attaccato alla nuca del suo insegnante!
 
“So che hai la pietra, ragazzo. Dammela!”
Un lampo del suo vecchio se, si impadronì di Harry che scosse la testa “te lo puoi scordare” rispose.
 
Voldemort avanzò di qualche passò, la mano protesa. “Dammi la pietra, ragazzo. Pensa, insieme faremo grandi cose. Io so di te, so come ami provocare dolore agli altri. Io avverto la magia nera che scorre nel tuo sangue. Siamo simili”
Harry si raddrizzò di scatto; non era vero. Stava mentendo. Non era simile a quel mostro!
 
“Ti sbagli, io sono meglio di te!” gridò.
“Marmocchio sfacciato! Ti offro il mondo, devi soltanto unirti a me”
“A te?” mormorò con voce stridula il corvonero.
Tu vuoi che io mi pieghi e ti baci le vesti!, pensò con rabbia.
Il più vecchio mago oscuro sorrise fraintendendo, forse, il suo tono.
“Esatto, a me. Pensa a quanto saremo grandi! Tu, un Negromante, ed io, il Signore Oscuro. Insieme faremo tremare questo mondo” la follia illuminava gli occhi di Voldemort.
 
Harry inghiottì nervosamente “negromante?” chiese.
Voldemort emise un suono sibilante che doveva essere una risata “ma certo il mio caro Harry. Io c’ero quando i tuoi genitori sono morti: gli ho uccisi io! E io c’ero quando mi hai attaccato. Oh mio caro, ti perdono per quello che hai fatto. Dopotutto eri un neonato, non capivi. Ma ho assaggiato la tua magia nell’aria: così carica di morte! E poi ritorno e indovina? I tuoi genitori sono nuovamente in vita, non ci vuole granchè a capire che lo hai fatto! Gli hai riportati! Un piccolo negromante!” disse e poi esclamò “un prescelto dalla morte!” sembrava quasi invidioso.
 
Un prescelto dalla morte? Che assurdità! Certo che era il preferito di Hell, lei è sua figlia!

“No? Allora prenderò la pietra dal tuo cadavere!”
 
Come se un improvviso tassello del puzzle schioccasse al suo posto, Harry capì: lui non è debole, non è indifeso, non è spaventato e non è solo Harry. Lui – è – LOKI!  
 
Voldemort puntò la bacchetta verso di lui e gridò: “AVADA-”
 
La sua vecchia magia tremolò nuovamente alla vita, circondandolo in un bagliore intenso blu ghiaccio. Tutti i suoi ricordi, i ricordi di Loki di prima, capitolarono improvvisamente nella sua mente, fratturandola. Per un momento, un solo istante, Loki fu pazzo. E allora non importarono più Lily –quella sciocca mortale!- ne James –chi si credeva di essere? Non era suo padre!- ne Sirius, Remus, Hermione, Ron, Neville –miseri creduloni-. Importava soltanto lui e la sua inarrestabile magia. Loki Lokinson era un dio e non sarebbe stato sconfitto da nessuno, figurarsi un midgardiano!
 
“-KEDAVRA!”
 
Abbandonò quell’impedimento, quella stampella inutile, di una bacchetta -“undici pollici, con una piuma di fenice. Curioso signor Potter, non crede?”- e protese la mano in avanti, la magia scoppiettante e viva, pronta a servire nuovamente il suo maestro.
 
Poi - … Anche se finissi a serpeverde. Non sarà certamente il colore della tua cravatta a dividerci” … “Oh Lily, dobbiamo assolutamente immortalare il momento! La prima parola del nostro piccolo!” … “Harry sappi che ti abbiamo sempre amato, papà ti ama, la mamma ti ama, ti vorremo per sempre bene tesoro mio. E anche … anche dopo ti staremo per sempre accanto, percorreremo con te i tuoi passi, cadremo con te quando lo farai e ci rialzeremo con te, perché so che lo farai, so che non ti arrenderai mai.” … “Haaaaarry! Vieni qui bello! Abbiamo i biscotti” la voce di Sirius giunse forte e chiara, così come il suo grido di dolore “ahi Rem!”
“Sirius Black! Non trattare Harry come un cane!” … - Harry tornò nuovamente in se, la magia che lo circondava si acquietò. E il getto di luce verde lo colpì.
 
Il corpo di Harry Potter colpì il pavimento con uno schianto; i begli occhi privi di vita.
 
Harry Potter era morto come un essere umano, non un dio.
Se il Signore Dio avesse posato gli occhi, in quel momento, su quella scena, avrebbe pianto e donato nuova vita a quel corpo freddo. Ma poiché non esiste alcun Dio in questo mondo, non esiste alcun Paradiso o inferno o purgatorio, dopo la morte non vi è che il nulla. Harry non si sarebbe più ricongiunto con la sua famiglia.
 
 
Se soltanto Loki avesse conosciuto allora, avrebbe scelto ancora di restare umano?
 
***
 
“Se per voi è lo stesso, prenderei quel drink” Loki disse impertinente, gli occhi azzurri che guardavano gli Avenger davanti a se.
 
Una luce inondò la stanza accecando i presenti. Clint Barton incoccò una freccia voltando il capo di lato e chiudendo gli occhi. Hulk gemette di dolore mentre serrava le palpebre. Tutti tentarono di schermarsi e l’unico a vedere effettivamente la scena svolgersi nella sua totale irrealtà, fu Tony Stark. E questo grazie ai protocolli di Jarvis che, attivandosi immediatamente, filtrarono la luce.
 
“Follia” mormorò Stark “totale e completa follia”.
 
 
La luce si ridusse in una pallottola dorata, con fulmini che guizzavano intorno ad essa (la proteggevano?); la palla si estendeva in modo allarmante, come se qualcosa all’interno scalpitasse per uscire, lottasse per la propria libertà. Tony era a bocca aperta, mentre osservava la sfera avvicinarsi a Loki e creparsi.
Quando si udì il primo rumore di uno schiocco, gli altri Avenger più il dio norreno della menzogna, furono in grado nuovamente di aprire gli occhi e guardare anche loro.
“Oh mi prendi in giro?!” bestemmiò poi Barton “un altro trucco di Loki?!”
“Fratello?” chiese confuso Thor, guardando l’altro dio.
 
Loki non proferì parola, più preoccupato per se stesso che per altro: la sfera era sulle sue ginocchia e stava per rompersi!
Dopo pochi secondi, la luce dorata sparì, disperdendosi nell’aria, e con un sonoro POP!, qualcosa cadde sul grembo del malvagio dio del fuoco e della menzogna.
 
 “Fratello cosa hai fatto?” boccheggiò incredulo Thor guardano quel “qualcosa” che fissò indietro il dio dei fulmini. Aveva i capelli neri e ricci, lunghi fino al collo, gli occhi verdi che scintillavano impauriti, le labbra rosee tremanti. La sua pelle era pallida come quella di Loki. Tutto sommato assomigliava a Loki.
 
“Thor avete un altro fratello?” la vedova nera domandò quasi speranzosa, l’alternativa era terrificante.  
 
“Fratello perché non me lo hai detto? Ho un nipote!” gridò allegro Thor, non prestando attenzione alle parole della rossa. Il piccino aveva degli occhi così grandi e verdi, totalmente uguali a quelli di Loki!
Non c’erano dubbi nella sua mente, suo fratello aveva avuto un bimbo! Chi era la madre?
Loki scosse il capo incredulo e guardò il bambino “non ho un figlio, idiota!” “non è mio padre, idiota!” gridò contemporaneamente il bambino.
“Fanstastico, un altro Lokinson, come se uno non avesse già provocato abbastanza morti” brontolò Clint.
“Barton controllati. I peccati dei padri non dovrebbero ricadere sui figli” intervenne Roger, prima di chinarsi all’altezza del giovane e sorridergli gentilmente.
“Come ti chiami, figlio?” chiese, ma il bambino non rispose. Steve corrugò la fronte, forse il piccolo era spaventato? Provò nuovamente ingentilendo di più la sua voce “ehi, va tutto bene. Sei un Lokinson?”
 
Harry sogghignò soltanto, non aveva idea di quanto aveva ragione.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Ed eccomi di nuovo qui, dopo un’intera vita. Vi chiedo perdono. Potrei tentare di giustificarmi tirando in ballo l’università, la borsa di studio che probabilmente perderò, e tanto altro, ma avete tutte le ragioni per essere arrabbiati e delusi da me quindi mi starò zitta.  Per tentare di farmi perdonare ho scritto un “+1” che dovrebbe essere un appendice, un qualcosa in più, però non mi è uscito molto bene. Diciamo che ho dato un po’ sfogo al mio tormento emotivo e ho torturato Harry. Diciamo anche che ho inserito un po’ della mia sfiducia nel mondo quando il nostro maghetto, e in questa fic anche il nostro dio preferito, è morto. Sono totalmente da biasimare =_=
Detto questo, rispondo con piacere alla recensione del precedente capitolo e spero che recensirete anche questo, anche se soltanto per mandarmi a quel paese (dove non vorrei assolutamente andare, è pieno di persone che mi odiano ^_- )
… già, battuta squallida a parte, ecco la risposta:
 
lunadistruggi: ehi =) mi fa piacere che ti è piaciuto Severus, avevo un po’ di dubbi su di lui. Non ero certa di come prenderlo, è un personaggio ambiguo e pieno di sfaccettature. Inizialmente, quando scrivevo su di lui prima di conoscere tutta la sua storia, pensavo “ma che problemi ha questo?” e “perché prendersela tanto con Harry?”. Per me, lui era incomprensibile e pensavo che non avesse alcuna vera profondità. Poi ho iniziato a scoprirlo e sono rimasta affascinata. Chi non desidererebbe di avere qualcuno che lo ami con tanta devozione, con tanta dolcezza, come quella di Severus per Lily? Chi non si troverebbe a simpatizzare con un qualcuno che è stato messo alle strette da un gruppo di bulletti? Non rappresenterò mai bene il personaggio di Severus. Ne sono incapace. Per quanto riguarda Odino … beh, nei suoi confronti sono sempre molto indecisa. Lo odio, lo adoro, penso di averlo compreso, ma in realtà non l’ho fatto. Mi accade la stessa cosa con Silente. Comunque sia, anche se sono parziale (se fossi stata al posto di Loki, mi sarei incavolata anche io, anche se probabilmente e spero, non avrei agito con tanta avventatezza, ma chissà.  Non sono al suo posto, non ho i suoi poteri e non sono cresciuta in Asgard con Odino come padre, quindi non posso esattamente aprir bocca qui) ho voluto scrivere ciò che per me avrebbe dovuto fare Odino: comportarsi da padre, tratto che ho trovato abbastanza carente in lui nel film. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se non è esattamente il massimo. Ma, in buone intenzioni, non far caso alla bruttezza del capitolo!, voglio dedicarlo a te che mi hai sempre sostenuta e che ritrovo sempre in tutte le mie storie. Grazie per seguirmi e spero che continuerai a farlo ^ _ ^
Bacioni, Artemis97
 
E per tutti voi, lì fuori, timorosi di recensire, non vi mangio mica! Non sono avvezza alla carne umana e, per quanto poca ne mangio in realtà, mi definirei quasi vegetariana. Ma sarei una cattiva vegetariana perché adoro il prosciutto crudo (di maiale, non umano tengo ancora a precisare =_=).  Già, sono fatta di precisazioni noiose e inutili, ma certe persone prendono le parole per oro colato, non pensando che esistano metafore in questo mondo. Gradirei davvero che questi individui non prendessero sempre tutto alla lettera, però non si può sempre ottenere ciò che si desidera, no? Comunque, sfoghi a parte, grazie per l’attenzione e per leggere il capitolo =)  
 
Le recensioni sono sempre apprezzate <3 <3 
  
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