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Autore: Snowflakeswhite    09/12/2016    1 recensioni
L'incontro fra due eroi. L'incontro di due generazioni.
L'incontro fra due mondi.
L'incontro fra due fratelli.
Un modo come un altro per ringraziare, con 2311 parole, chi ci ha salvato e chi lo farà.
Genere: Angst, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Non sapeva cosa fosse successo.

Non lo sapeva proprio.

Un attimo prima stava facendo... beh... in realtà non lo ricordava. Era certo però che fu questione di un l'attimo ed era... era il nulla.

Una cosa molto normale.

Certo, dipende da cosa si intenda con normale.
Con "normale" tu puoi intenere fare il letto con un gesto di bacchetta o smaterializzarsi per andare da una parte all'altra.
Oppure puoi intendere viaggiare a bordo di carrozze motorizzate e lavare piatti a mano.

Anche vedendola sotto questa luce, quello che il nostro protagonista si ritrovò davanti, andava contro ogni concezione di normale definita da ogni essere vivente.

Insomma, all'improvviso si era ritrovato in uno spazio sconfinato dove tutto ciò che poteva vedere era bianco.
Bianco. Tutto bianco, anche il cielo.
Certo, sempre se ci fosse stato un cielo lì. Non era neanche sicuro che ci fosse un pavimento in quel luogo. Per quanto ne sapeva, poteva anche star fluttuando a mezz'aria. L'unica certezza che però gli confermava che c'era qualcosa sul quale camminare, era il fatto che il didietro gli facesse male. Vorrei vedere voi atterrare su una superficie di sedere!

Si passò una mano fra i capelli.

Era surreale.

Quel bianco era... soffocante, statico. Perché la gente decideva che questi luoghi inquietanti dovessero essere bianchi? Non potevano essere tipo... Blu? Verdi? Gialli?

No, bianchi.
Giusto per preoccupare i poveri disgraziati che ci finivano.
Ovviamente.

Il nostro uomo, per cercare di non farsi venire un attacco di panico e cercare di salvare quel po' di sanità mentale che, era sicurissimo, lo avrebbe presto abbandonato, decise di alzarsi. Nel farlo però, notò qualcosa di strano.
Innanzitutto, indossava una sorta di enorme giacca blu. E quando dico "enorme" intendo proprio "enorme".
Certo, poteva anche sbagliarsi, ma era più che certo che le giacche non dovessero arrivare al polpacci.
Comunque non diede molto peso alla cosa... poteva anche essere la divisa che quel luogo comportava, cosa ne sapeva lui?

La seconda cosa strana che notò, era che, a differenza di quanto aveva pensato in precedenza, non era atterrato direttamente sul pavimento.
Se vogliamo essere più precisi e pignoli, aveva una valigia sotto il deretano.

Ora, constatato che da quanto ricordava non aveva mai covato valige o altri oggetti in vita sua, era più che certo che anche la valigia facesse parte dell'outfit del luogo, con la giacca e tutto il resto dell'abbigliamento a cui lui non prestò molta attenzione.

In ogni caso, vestiti o non vestiti, lui era curioso di scoprire cosa nascondesse quella valigia. Per questo motivo la prese fra le mani e tentò di aprirla, il che risultò un impresa titanica dato che la valigia sembrava sigillata. Certo, non è che fosse un tipo forte, ma almeno aprire una valigia!
Doveva decidere di iniziare a fare attività fisica, non poteva andare avanti così: stava già morendo nel cercare di aprire una dannata valigia, per Merlino, com'era messo male!

A salvarlo dalle sue elucubrazioni mentali, ci penso una voce.



Non si aprirà



Si spaventò, non tanto per le parole, ma per il suono della voce.
Pensò di star per diventare pazzo: prima questo limbo bianco, poi le voci incorporee... aveva pronto un biglietto di sola andata per il San Mungo.



Il fatto che però non sapesse cosa fosse il "San Mungo" è irrilevante.



Sentì la voce ridacchiare.

Non sei pazzo... sono dietro di te.



Si girò di scatto.
Alle sue spalle, c'era un ragazzo che poteva avere si e no sui diciassette anni. Anche lui portava una giacca enorme... solo che la sua era nera con degli inserti rossi e oro e assomigliava più ad un mantello che ad una giacca vera e propria.
Nonostante gli strani abiti, però, gli parve di conoscerlo.

Lasciò però da parte quei pensieri per prendere altri che gli pesavano di più.

Chi sei tu? Dove ci troviamo? Che posto è questo? Come ci sono arrivato qui? Perchè sono qui? Perchè ho questa una valigia? Vuoi uccidermi?



Il ragazzo parve preso in contropiede da quella raffica di domande, infatti, mettendo le mani avanti e facendo gesto di calmarsi disse:

Piano, piano. Non posso rispondere a tutte queste domande, soprattutto se fatte tutte insieme! Ponimele una per volta. A quelle a cui potrò rispondere lo farò!



Il nostro protagonista cercò di calmarsi. Il ragazzo aveva ragione. Se voleva delle risposte doveva anche fare delle domande con calma.
Prese respiro.



Dove siamo?



Il ragazzo parve rilassarsi anche lui, poiché mise le mani nelle tasche dei pantaloni con aria noncurante.



Qui? Beh, in realtà non so se questo posto abbia davvero un nome. È come... un limbo più o meno. Un luogo di transizione. Anche io ci sono finito a mio tempo.



Mister giacca blu parve non capire.



Un luogo di transizione?

Si, beh... è il luogo nel quale tu prendi forma. Insomma, come se tu fossi una statuina da mettere su una torta. Prima ti creano a parte e poi ti inseriscono nel contesto. Tu adesso sei nel luogo dove viene realizzato il personaggio



Si passò una mano fra i capelli.



Quindi... io sono un personaggio?



Il tipo strano sorrise.



Il protagonista, oserei dire



Non sapeva se sentirsi lusingato oppure no. Quella risposta era la soluzione a gran parte delle sue domande.



Quindi io sono qui perchè sono "nato" qui?

Si

Quindi nessuno mi ha portato qui

Nessuno

E non vuoi uccidermi



Il ragazzo sorrise.



No, non voglio ucciderti



Guardò il suo bagaglio.



Perchè ho questa valigia?



Il ragazzo si sistemò meglio gli occhiali sul naso.



Beh, è il tuo tratto distintivo

Tratto distintivo?

Si, beh... il tuo oggetto di riconoscimento. Praticamente senza quella tu non saresti tu. Una specie di carta d'identità, più o meno



Strinse di più la presa sulla valigia e sollevò le sopracciglia. Non capiva. In che senso carta d'identità? Cosa significava?

Il ragazzo capì la sua incomprensione e allora si tolse gli occhiali in un gesto d'impazienza.



Questi - disse sollevandoli - sono il mio tratto distintivo. Sono entrato nell'immaginario collettivo grazie a questi. Quando i ragazzi del mondo normale pensano a me, pensano direttamente a questi

Quindi, quando le persone pensano a me pensano alla mia valigia?



Si rimise gli occhiali.



Lo faranno.



L' uomo, non poté far a meno di ignorare quegli occhi. Erano... dannazione, erano così verdi!
Sembrava che fossero finti. O almeno, così avrebbe detto lui, se non avesse visto la scintilla che brillava in quello sguardo. Non era una scintilla normale. Neanche quegli occhi lo erano.
Erano... gli occhi... gli occhi di un eroe.
Non aveva idea di cosa glielo facesse pensare. Lo sapeva e basta. Secondo lui, era dagli occhi che si vedeva davvero l'anima di una persona: gli occhi del ragazzo dicevano che aveva l'anima di un eroe.
Non sapeva perché, ma voleva assomigliargli. Voleva essere un eroe anche lui. Non per invidia o altro, per il semplice fatto che sapeva già di stimarlo. Sapeva che era coraggioso, gentile e buono.
Non perché glielo avesse detto, il ragazzo non aveva fatto parola su questo. Ma perché lui lo sapeva, ne era certo.
E lui voleva assomigliargli.
Prima, il ragazzo, aveva accennato a personaggi e protagonisti e aveva gli aveva detto che lui era uno di questi ultimi. Secondo lui, anche il ragazzo lo era. Forse avevano davvero qualcosa in comune!

Si accorse di star guardandolo negli occhi. Distolse subito lo sguardo. Non gli piaceva guardalo negli occhi, lo metteva in soggezione.
Decise comunque, di fargli la domanda.



Prima hai detto che sono un protagonista... lo sei anche tu, non è così?



Il ragazzo si passò una mano fra i capelli.



Si... io... lo ero, in effetti

Lo eri? In che senso "lo eri"?

La mia storia è finita, da un pezzo, ormai. Non c'è più niente da raccontare su di me. Ci hanno provato, ma... - alzò lo sguardo - ...lei ha già raccontato tutto



Non tenne in considerazione l'ultima parte del discorso del ragazzo. Gli dispiaceva per lui... a quelle parole, i suoi grandi occhi verdi si erano scuriti un po'...



Ed è brutto? Intendo, che la storia sia finita?



Il ragazzo scosse la testa.



Non è finita. Cioè, la mia parte della storia lo è, nella la storia di per se ci sono ancora tante altre cose da dire. Ed è per questo che adesso entri in gioco tu.



Lui? Davvero? Cosa ci entrava? Non era questo che intendeva! Non voleva prendere il suo posto! Chi era lui per farlo?



Cosa... no senti, io non-



Si bloccò quando il ragazzo gli mise una mano sulla spalla.



Non mi ruberai il posto, se è questo quello che pensi. La mia parte, la fine del mio capitolo è già stata scritta. Tu rappresenti un nuovo inizio. Un nuovo protagonista, alle prese con lo stesso mondo con il quale mi sono scontrato io. È il tuo momento, la tua storia, il tuo capitolo appena iniziato. Alla fine, sia il mio che il tuo capitolo faranno parte di qualcosa di più grande. Fanno parte della stessa storia, ma sono completamente diversi. Mi segui?



Quindi è come se l'intera storia fosse una grande torta e il tuo capitolo fosse uno strato e il mio un altro?

Esattamente

Quelle parole lo avevano rincuorato. Certo, voleva essere un eroe, ma non voleva rubare il lavoro all'altro ragazzo. Non si sarebbe mai permesso di fare una cosa del genere.



Il ragazzo guardò uno strano orologio che portava al polso. Era un po' vecchiotto, ma parecchio carino.



Per la barba di Merlino! È così tardi! A quest'ora dovrei aver già finito! Perchè finisco sempre con il divagare?



Lo guardò interrogativo. Tardi? Per cosa era tardi? Stava giusto per chiederglielo quando il ragazzo lo bloccò.



Okay, a momenti inizierà il film e io devo tagliare la corda. Mi hanno detto che dovevo venire qui solo per darti un in bocca a lupo, invece mi sono ritrovato a divagare... come al solito



Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, poi, senza dargli il tempo di rispondere riprese:



Buona fortuna Newt, anche se con una come lei non ne avrai bisogno. Non dubitare mai di te stesso, perché sei importante. Fidati di me. Sei importante Newt. E non solo ai fini della trama. È qualcosa di più grande. Tu... sei la nuova bandiera, Newt Scamander. Grazie a te, ogni bambino, ragazzo, uomo di questo secolo conoscerà il Mondo Magico. Si affezioneranno a te, ti sosterranno in ogni tua scelta coraggiosa e ti insulteranno in tre lingue diverse quando farai una cavolata, ma nonostante tutto, non ti abbandoneranno mai. Diventerai il loro punto di riferimento, come a mia volta lo sono stato io. Solo che per te è un po' più difficile. Dovrai sostenere il peso della fama sulle tue spalle e far capire agli altri che non sei stato creato solo per soldi, ma che esisti per un buon motivo. E questo buon motivo è salvarli. Da se stessi, dai videogame, da una società basata sull'apparire anziché sull'essere. Rappresenti la svolta, come feci io.
Sii il loro eroe, Newt Scamander. E fai in modo di esserlo fin proprio alla fine



Newt guardò il ragazzo e ascoltò le sue parole. Si sentì colmo di molte emozioni, qualcosa come il coraggio, la determinazione a farcela, il voler dimostrare di valere. Non aveva provato niente del genere prima d'ora. Si sentiva come se potesse fare tutto, carico di una nuova forza. E ne era più che certo: sarebbe stato l'eroe di quella generazione, li avrebbe salvati, tutti quanti. Era una promessa.

D'un tratto, però, i contorni della figura del ragazzo divennero sempre più sbiaditi. Newt si spaventò e guardò il ragazzo allarmato.
Questi lo guardò e sorridendo rispose:



Il tempo è scaduto

Cosa? No, non puoi andare! Io devo farti ancora una domanda!



Senza perdere tempo e senza aspettare la risposta del ragazzo, chiese:



Ci conoscevamo prima di tutto questo?



Il ragazzo, lo guardò con un'espressione enigmatica.



Dipende da cosa intendi per "conoscerci". Non ci siamo mai visti fisicamente, né abbiamo mai parlato. Ma si, Newt, ci conosciamo. Abbiamo la stessa madre, infondo. Come potremmo non conoscerci?



Newt, in quell'istante, capì tutto.
Era suo fratello. Il ragazzo, era suo fratello! Come aveva fatto a non pensarci prima? Questo spiegava tutto! Ecco perché ogni volta che lo guardava era come rivedere una parte di se stesso! Ecco perché si fidava di lui! Ecco spiegata l'ammirazione! Ecco perché sapeva di conoscerlo! Era suo fratello! Era il suo fratellone!


E in quel momento, la realtà, come un ceffone particolarmente violento, lo riportò sulla terra.



Non lo avrebbe più rivisto.



E si sentì male.

Quei dieci minuti erano bastati a farlo affezionare. E come non farlo? Era suo fratello, dannazione! era normale che si sarebbe affezionato! E doveva abbandonarlo.

Non era pronto, non voleva che accadesse! Lui... Loro, avrebbero dovuto stare insieme, come dei fratelli normali!



Ma era proprio questo il problema: Loro non erano fratelli normali.



Gli tornarono in mente le parole del ragazzo: Loro erano eroi. Il Loro compito era quello di salvare più persone possibile. E Newt lo avrebbe fatto, com'era certo lo aveva fatto suo fratello.

E un giorno, quando il suo tempo sarebbe giunto, quando il suo capitolo sarebbe finito, si sarebbero rincontrati. Ma, fino ad allora, avrebbe custodito il suo ricordo nel suo cuore.



Solo che... non sapeva il suo nome.



Merlino, che stupido che era stato!

Dieci minuti di conversazione e non aveva chiesto il suo nome!

Non che il ragazzo si fosse ricordato di dirglielo, in effetti.

Forse era per questo motivo che nessuno dei due era Corvonero...



La figura del ragazzo divenne sempre più opalescente. Continuò a guardare Newt con un sorriso dolce ma allo stesso tempo combattivo.
Il nostro protagonista, quasi urlò la sua ultima domanda:

Come ti chiami?

Il ragazzo sorrise e rispose. In quello stesso istante, uno sbuffo di vento gli spostò i capelli dalla fronte per un millisecondo, ma fu abbastanza perché Newt la vedesse.

Mi chiamo Harry,

Harry Potter

   
 
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