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Autore: crazy lion    11/12/2016    5 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ho deciso di pubblicare anche questo capitolo. Non ce la facevo ad aspettare una settimana, sinceramente!
Da qui in poi entriamo in una delle parti più cupe di questa storia; e questa situazione iniziale, che vedrete nel capitolo, andrà di male in peggio e si protrarrà per parecchi capitoli, otto o nove, poi le cose miglioreranno e poi peggioreranno di nuovo, anche se non così tanto, almeno all'inizio.
Come vedrete, all'inizio ho scritto una specie di riflessione, che è un po' una sorta di anticipazione di quello che succederà.
Ho sofferto moltissimo scrivendo questi capitoli, perché ho provato tantissime sensazioni che sentirà anche un personaggio (tra poco capirete chi), che mi hanno portato alla mente brutti pensieri e ricordi, ma volevo parlare di questo tema e così ho fatto. Spero solo di esserci riuscita bene.
Buona lettura!
 
 
 
 
 
 
The day you slipped away
Was the day I found it won't be the same
Ooooh
 
I had my wake up
Won't you wake up
I keep asking why
And I can't take it
It wasn't fake
It happened, you passed by
 
Now you're gone, now you're gone
There you go, there you go
Somewhere I can't bring you back
(Avril Lavigne, Slipped Away)
 
 
 
 
 
 
62. BUIO
 
Ci sono dei periodi, nella vita, che possono essere lunghi o brevi, nei quali succedono così tante cose brutte l'una vicina all'altra, che spesso ci domandiamo se il destino, o il cielo, o qualsiasi cosa in cui crediamo, ce l'abbia con noi, oppure se stiamo sbagliando qualcosa o se l'abbiamo fatto in passato e tutte queste sventure siano una specie di punizione. Altre volte, invece, ci chiediamo più semplicemente se  la vita ci voglia mettere alla prova… sì, ma cosa dobbiamo dimostrare? Perché dobbiamo soffrire tanto, per farlo? Perché sembra che tutto capiti a noi?
Demi e Andrew avrebbero vissuto uno di quei periodi neri e nel loro inconscio si sarebbero posti queste domande.
Quella sera Andrew venne a trovarla. Le bambine erano già a letto, così i due guardarono un film insieme, mentre lei gli raccontava la sua giornata.
"Wow!" esclamò Andrew con un gran sorriso. "Avrei voluto esserci anch'io a quella festa pazzesca!"
"Sì, hai detto bene: è stata pazzesca, non me l'aspettavo. Amore?"
"Sì?"
"Ti amo!"
Andrew la accarezzò e si disse che era incredibile come fosse facile, con lei, cambiare argomento da così a così, ma gli faceva piacere sentirle dire quelle cose.
"Anch'io ti amo. Sei meravigliosa, Demi."
La attirò ancora più a sé e la baciò con passione, mentre continuava ad accarezzarle la testa e il collo. Sapeva che a lei piaceva tanto. Demi gli circondava le spalle con un braccio e con la mano lo accarezzava piano, con dolcezza, facendogli quasi il solletico.
"Sei più brava tu di me a fare le coccole" osservò l'uomo, dopo qualche minuto.
"Ti assicuro che anche tu non sei niente male."
Fu così che, tra carezze e dolci baci, continuarono a vedere il film… beh, più o
meno.
"Demi?"
"Dimmi" rispose lei, assonnata.
"Ti sei addormentata di nuovo" le fece notare il suo ragazzo, sorridendo.
"Ho solo chiuso gli occhi un momento" si giustificò lei.
"Sì, per la terza volta in mezzora! Dai, andiamo a dormire."
"Sei arrabbiato?" gli domandò la ragazza, aprendo gli occhi e alzandosi.
"No; sono stati giorni pieni di emozioni intense ed è normale che tu sia stanca. In realtà lo sono anch'io, con tutto il lavoro che ho" le rispose, con dolcezza e poi la baciò a fior di labbra. "Posso restare qui con te, stanotte?"
"E lo chiedi? Certo! Sai che mi fa piacere averti qui."
Dopo poco si addormentarono abbracciati e tanta era la felicità che provavano che sorrisero nel sonno.
Il giorno dopo Demi si svegliò felice. Non che prima non lo fosse stata, anzi, solo che in quel momento lo era ancora di più.
Sentì qualcuno che graffiava sulla sua porta. Si alzò ed aprì. Era Batman che, quando la vide, le si gettò addosso e cominciò a leccarle la faccia.
"Ciao, piccolo! Mi vuoi dare tanti bacini, vero?"
Adorava quando Batman le dimostrava il suo affetto. Lo faceva spesso anche con Mackenzie e la bambina sorrideva. Demi gli grattò la testa e il cane scodinzolò, felice di quelle coccole. Decise di portarlo fuori per una piccola passeggiata, tanto con le bambine c'era Andrew.
Guardò la sveglia: erano le 6:00. Non si vestì nemmeno. Infilò una felpa sopra il pigiama e scese le scale, facendo piano per non svegliare
nessuno.
In quel momento sentì il cellulare di Andrew squillare. Era di sopra, l'aveva lasciato sul comodino, ne era sicura. All'inizio non si mosse pensando che lui se ne sarebbe accorto, ma dopo una trentina di secondi andò di sopra a rispondere. Il telefono continuava a suonare incessantemente, ma Andrew non si era né svegliato, né tantomeno mosso.
"Pronto?"
"Pronto, con chi parlo?"
"Sono Demi Lovato, un'amica di Andrew."
"Salve, sono la dottoressa Nicole Leighton e lavoro nell'ospedale in cui la sorella di Andrew Marwell è ricoverata. Posso parlare con lui? Anzi no, forse è meglio se lei gli comunicherà quello che sto per dirle. In questi casi, è sempre meglio sapere le notizie più brutte da una persona che ci sta vicino, piuttosto che parlando attraverso un telefono."
A Demi si gelò il sangue.
"Mi dica" sussurrò.
Quello che la donna le disse la fece rimanere immobile, muta, con lo sguardo perso nel vuoto.
"C'è ancora?" chiese.
"Sì sì ci sono. D'accordo, glielo dirò io immediatamente. Grazie per averci avvertiti, arriviamo subito."
Chiuse la telefonata. Come avrebbe fatto a dirgli che… Si avvicinò a lui e lo scosse leggermente.
"Andrew?" sussurrò.
"Sì?" bofonchiò lui, mezzo addormentato.
"Ti devo parlare."
"Dopo, Demi, ora voglio dormire."
"No, non posso aspettare; si tratta di Carlie."
Andrew scattò come una molla.
"Che le è successo?" domandò, concitato.
Demi si sedette alla sua destra e gli prese una mano.
"Io sono sicura che lei vorrebbe che tu fossi forte" cominciò.
"Demi, mi stai facendo paura. Che cos'è successo?" chiese ancora lui, con voce rotta dall'emozione.
Fu allora che Demetria disse una delle cose che le risultarono più difficili nella sua intera vita.
"Devo dirti" iniziò e poi prese un profondo respiro. "Devo dirti che Carlie non è più con noi."
Andrew le lasciò improvvisamente la mano. Rimase immobile, con le mani appoggiate alle gambe.
"Cosa?" sussurrò, mentre le lacrime iniziavano a riempirgli gli occhi.
"Mi ha appena chiamata una dottoressa dicendo che tua sorella ha avuto un arresto cardiaco."
"Non capisco. L'ha avuto già altre volte e ce l'ha sempre fatta! Non può essere!"
Andrew non ci credeva. Non voleva, non poteva farlo. Non era possibile. Demi stava sicuramente scherzando. Sì, adesso gli avrebbe detto che gli aveva fatto uno scherzo e tutto sarebbe finito lì. Certo, sarebbe stato uno scherzo di pessimo gusto, ma pur sempre uno scherzo.
"I medici hanno provato a rianimarla per quaranta minuti, Andrew, ma purtroppo non c'è stato niente da fare. Carlie è morta" disse, in tono lugubre e con sguardo serio.
Allora era vero… Del resto, perché Demi avrebbe dovuto scherzare su una cosa del genere? Non era affatto quel tipo di persona! Andrew deglutì rumorosamente. In quel momento gli parve che tutto il mondo gli stesse crollando addosso, che tutto il dolore della Terra si riversasse su di lui il quale, solo, avrebbe dovuto portarne per sempre l'insostenibile peso. Avrebbe dovuto essere preparato a quella terribile notizia, lo sapeva ormai da mesi; ma come si fa ad essere pronti per una cosa del genere? Come si fa a prepararsi, ad abituarsi all'idea che una persona che amiamo tantissimo, più della nostra stessa vita, potrebbe morire? Non ci si riesce; e quando quel giorno orribile arriva, si scopre che tutti gli sforzi che si erano fatti per abituarsi all'idea sono stati vani, perché non si è mai pronti a perdere chi si ama.
Andrew si alzò piano e si avvicinò alla finestra della camera. La aprì e si sporse. Demi si alzò, allarmata, seguendo ogni suo minimo movimento con lo sguardo. Gli arrivò dietro e gli circondò le spalle con un braccio.
"No!" esclamò. "Ti prego, non farlo! Non risolverai niente così. So che è brutto dirlo e, credimi, non voglio essere dura, ma è la verità. Morire non è la soluzione, anche se ti confesso che anni fa lo pensavo anch'io."
"Non voglio vivere senza di lei, Demi. Non posso!"
La ragazza sospirò. Era meglio non dire nulla per il momento. Qualsiasi cosa gli avesse detto, lui non l'avrebbe ascoltata.
L'uomo la guardò negli occhi, poi si aggrappò alla sua mano, stringendogliela forte, per non cadere a terra. Sentiva di stare per svenire.
"Io non ero lì, Demi. Mia sorella è morta ed io non c'ero!" esclamò, gettandosi fra le sue braccia. Non piangeva, ma Demi poteva sentire il suo respiro affannoso e, quasi ,percepire il suo dolore come se lo stesse provando anche lei con la medesima forza. "Non c'ero, non c'ero" ripeteva Andrew, come quella fosse stata una cantilena.
I due, poi, rimasero in silenzio. Andrew non parlava perché non sapeva cosa dire, Demi perché non voleva dire nulla sapendo che tutto, a lui, sarebbe sembrato scontato. Qualsiasi cosa avrebbe potuto sussurrargli, non sarebbe riuscita a placare il suo dolore.
"Vieni," gli disse infine, "ti porto in cucina."
Chiuse la finestra e, dopo averlo preso per mano, lo accompagnò nella stanza, lo fece sedere e gli diede un po' d'acqua.
"Devo… devo andare in ospedale a dirle addio" sussurrò Andrew quando ebbe finito di bere.
"Se vuoi ti accompagno."
"No, ci vado da solo" rispose, brusco.
Demi non si arrabbiò. Lui stava solo esprimendo il suo dolore in quel modo e lei doveva lasciarlo fare. Ognuno ha il suo modo di far fronte alla sofferenza.
"Scusa" le disse subito dopo, in tono un po' più gentile. "Sul serio, Demi, voglio andare da solo."
Detto questo si alzò, ma tremò e stava per cadere a terra. Per fortuna Demi si affrettò a sorreggerlo.
"Non riesci a stare nemmeno in piedi" constatò. "In queste condizioni non sei in grado di guidare. Lascia che ti aiuti."
La sua voce era dolce, il tono comprensivo. Andrew l'aveva aiutata così tanto in passato e, ora, lei aveva il dovere di fare lo stesso con lui. Lo faceva volentieri. Andrew era il suo fidanzato e lei voleva stargli vicino, per quanto possibile.
"D'accordo" disse lui, ormai senza forze.
Demi chiamò i suoi genitori e raccontò loro quanto successo.
"Voglio parlare con lui" disse Dianna.
"Ora non è in grado di parlare, mamma, te lo assicuro. Gli parlerete un'altra volta."
"D'accordo" rispose Eddie per la moglie, che tremava e non riusciva a non piangere. Per lei Andrew era come un figlio e sapere che stava soffrendo così tanto la faceva sentire malissimo. Le procurava un dolore al cuore che solo una madre può comprendere.
"Posso portarvi le bimbe per un po'?"
"S-sì, amore" balbettò la donna.
Demi svegliò le bambine e diede loro la colazione. Mangiò anche lei e chiese ad Andrew se voleva qualcosa ma lui, come la ragazza aveva immaginato, rispose di no. Rimaneva in salotto, con lo sguardo assente. Non si muoveva, né diceva una parola.
Perché andiamo dalla nonna, mamma?
"Vedi tesoro, è successa una cosa brutta." Abbassò la voce perché Andrew non potesse sentire e poi sussurrò: "Carlie, la sorella di Andrew, è volata in cielo stamattina e devo accompagnarlo perché lui la deve salutare, capisci?"
Mackenzie annuì e poi scrisse:
Proprio come i miei veri genitori.
"No, lei è volata in cielo in modo diverso. Il suo cuore ha smesso di battere perché era da tanto che stava male" disse ancora Demi, cercando di spiegare la situazione alla bambina nel modo più semplice possibile.
Ho capito. Posso andare ad abbracciare Andrew? chiese, con sguardo triste.
Si era affezionata a lui e, anche se non aveva conosciuto Carlie personalmente, vederlo così la faceva stare male.
"No, amore, non adesso; sta molto male ed è meglio lasciarlo stare."
Hope le guardava perplessa. Vedeva che erano tristi, ma era troppo piccola per capire. Demi le diede un bacio e le disse che andava tutto bene: era meglio non farla
agitare.
Durante il viaggio verso la casa di Eddie e Dianna nessuno disse niente. Era un tragitto corto, ma a tutti parve eterno. Demi guidava, Andrew guardava nel vuoto, come assente, Mackenzie guardava fuori dal finestrino e Hope dormiva.
L'uomo si era praticamente lasciato trascinare fino alla macchina e non si accorse nemmeno che Demi aveva spento il motore e che erano arrivati a casa di sua madre.
"Io scendo e lascio qui le bambine, poi vengo con te" gli disse, riportandolo improvvisamente alla realtà.
"Sì, va bene" fu tutto quello che riuscì a dire.
Poco dopo la ragazza salì di nuovo in macchina e, cinque minuti più tardi, arrivarono in
ospedale.
"Ogni volta che venivo qui lo facevo con una grande speranza nel cuore" disse Andrew, mentre scendevano. "Anche con molto dolore, certo, ma misto alla speranza che, un giorno, Carlie si sarebbe svegliata. Da ora in poi, invece, questo per me sarà un luogo di dolore e di morte, di disperazione e di solitudine."
"Non sei solo" gli fece notare Demi, toccandogli una spalla. "Ci sono io."
"Mi sento solo comunque, Demi. Sento un vuoto che non so nemmeno spiegare" disse, in tono lugubre.
"Non devi spiegare niente e non ti devi giustificare. Stai soffrendo ed è normale."
Quando entrarono, Andrew spiegò ad un dottore di voler vedere sua sorella Carlie, deceduta quella mattina. Gli vennero i brividi a pronunciare il nome di sua sorella vicino alla parola "deceduta". Sentì un freddo glaciale nel corpo e nell'anima.
"La accompagno. Si trova nella camera mortuaria disse e aggiunse: "Condoglianze."
"Grazie" sussurrò, con voce rotta, poi si rivolse all'amica: "Demi, per favore, resta qui. Voglio stare un po' solo con lei."
"Certo, io ti aspetto."
 
 
 
Quando Andrew vide la sorella, inerme, in quella camera mortuaria dell'obitorio, rimase sconvolto. Era sdraiata su un carrellino e coperta da un lenzuolo bianco.
"Vuole vederla?" le chiese un medico, con voce calma, come se non gli importasse di lavorare in un luogo tanto tetro, dove vedeva solo corpi senza vita.
Ad Andrew quella sua calma diede un fastidio incredibile, ma cercò di contenersi e non scoppiare. Avrebbe voluto urlare in faccia a quell'uomo che non era possibile che si comportasse a quel modo, con tale freddezza e indifferenza, in u luogo del genere, davanti a delle persone morte e al dolore dei familiari che venivano a vederli. Riflettendoci meglio, però, capì che il dottore lo faceva perché, quando si esercitano certe professioni, bisogna rimanere distaccati e non farsi coinvolgere troppo dalle storie o dalle situazioni di chi si cerca di aiutare, o di chi, purtroppo, non ce l'ha fatta, perché altrimenti si esploderebbe, il senso di colpa per non aver fatto abbastanza sarebbe opprimente e Dio solo sapeva cosa sarebbe successo se ciò fosse accaduto a quel medico o agli altri che lavoravano in quell'ospedale. Ogni tanto, quando Andrew sentiva alla televisione di qualcuno che si era tolto la vita e se la giornalista diceva che quella persona faceva il medico, lui capiva che forse si era comportato a quel modo perché non riusciva più a reggere tutta quella sofferenza.
Vedere davanti ai suoi occhi il corpo della sorella defunta lo riportò immeiatamente alla realtà che da quel momento in poi, volente o nolente, avrebbe dovuto affrontare. Andrew si sentì gelare il sangue e provò un senso di nausea sempre più forte, unito al bisogno impellente di vomitare. Vedere sua sorella in quelle condizioni e sapere che non c'era veramente più era devastante. Cercò di rallentare e regolarizzare il respiro e di ascoltare il suo corpo e solo quando, dopo alcuni minuti passati nella più assoluta immobilità a fissare il vuoto, si sentì un po' meglio, chiese in un sussurro:
"La posso accarezzare?"
"Certo" gli disse il dottore e poi si allontanò di qualche metro per lasciare ad Andrew un momento con la sorella.
L'uomo fece un respiro profondo e poi la toccò. Le prese una mano: era congelata. Faceva freddo, in quella stanza, ma i brividi che sentiva non erano per nulla paragonabili al gelo che aveva nel suo cuore e che per un attimo lo paralizzò, mozzandogli anche il fiato.
"Svegliati, Carlie, ti prego!" la supplicò, pur sapendo che non sarebbe mai stato possibile. "No, no, non lasciarmi! Non te ne andare, sorellina! Sei l'unica famiglia che ho. Come farò senza di te?"
Le tastò il polso, le toccò il cuore. Nulla; nessun battito, nessun movimento da parte di lei. Era finita per sempre. Sua sorella, la dolce e amata Carlie, la ragazza per cui lui aveva lottato così duramente, mettendo da parte per quanto possibile il proprio dolore da dopo la morte dei genitori, ora era andata in Paradiso, come i suoi. Lui non aveva più nessun familiare in vita. Era solo al mondo; o meglio, in quel momento si sentiva tale.
Non piangeva. Non l'aveva fatto prima con Demi e le lacrime non gli riempivano gli occhi nemmeno ora. Si chiedeva quando sarebbe riuscito a buttare fuori, con le lacrime, un po' di quell'immenso dolore che lo faceva soffrire così tanto. Sapeva che una sofferenza tanto grande non sarebbe mai passata e l'unica cosa che vedeva nel suo futuro era il buio, un'oscurità infinita, un nero profondo pieno di dolore che l'avrebbe inghiottito lentamente, fino ad ucciderlo.
O forse lui era già morto, quando se n'era andata lei. Lo pensò in quel momento e rifletté anche sul fatto che non sapeva, in realtà, chi fosse più morto dei due. Carlie era morta fisicamente, lui nell'anima; e quando si prova tale sensazione, non conta più niente, nemmeno respirare ed essere vivi, nulla ha più senso, le speranze che prima si avevano svaniscono. Non importa se ci sono persone che ci vogliono bene, che ci staranno vicino, che noi stessi amiamo, perché in quel momento nemmeno questo ha più importanza. Lo pensiamo per egoismo? Forse, o forse, più semplicemente, per disperazione. L'unica cosa che conta e della quale ci si vede circondati  è il dolore totalizzante che strazia tutto il nostro
essere.
 
 
 
Andrew ritornò dalla camera mortuaria vacillando e, quando Demi lo vide, stentò a riconoscerlo. Era pallidissimo e aveva gli occhi incavati. Le si gettò tra le braccia e, affondandola testa nell'incavo del suo collo, iniziò ad urlare parole sconnesse, incomprensibili. Demi sentiva le vibrazioni della sua voce, percepiva tutta la sofferenza che quel grido dimostrava. Rimase in silenzio, stringendolo forte, asciugandogli il sudore che gli imperlava la testa e sperando che quel contatto gli desse un po' di sollievo e di conforto. La gente che passava vicino a loro li guardava, domandandosi che cosa fosse successo e non riuscendo a capire se la persona per la quale quell'uomo soffriva tanto era morta oppure stava male.
"Voglio andare a casa" disse Andrew non appena smise di urlare.
Si staccò da Demi e trasse un profondo respiro, sentendo che l'aria iniziava a mancargli. "Tu vai pure a prendere le bambine."
"Andrew, sei sicuro di voler restare da solo?" gli chiese Demi, preoccupata. Aveva paura che il suo fidanzato avrebbe potuto farsi del male, tentare il suicidio o tagliarsi. Lei si era tagliata ogni volta che era stata male e l'aveva fatto per anni, a causa delle prese in giro che si sentiva dire e del fatto che si vedeva grassa e brutta; e anche se Andrew ne era uscito, in quel momento, forse, avrebbe potuto ricaderci. Era questo che la terrorizzava.
"Sì, ne ho bisogno. So a cosa stai pensando, ma tranquilla, non cercherò di suicidarmi, né mi taglierò, promesso. Non farò niente di sbagliato."
"Va bene, come vuoi. Ricorda che per qualsiasi cosa io ci sono. Puoi chiamarmi a qualunque ora del giorno e della notte."
"Grazie, ma non ho bisogno di niente" le disse, mentre si avviava fuori guardando il cielo.
Alla fine Demi, vedendolo così debole, riuscì a convincerlo e lo accompagnò a casa. Si salutarono con un "Ciao" e un abbraccio, poi Andrew si staccò da lei ed entrò. Quando chiuse la porta, Demi pregò lì davanti. Pregò perché Dio lo proteggesse, perché non gli accadesse niente, perché non si togliesse la vita. Aveva paura che, sofferente com'era, sarebbe stato capace di commettere un'azione terribile e quando se ne andò da lì, provò una sofferenza enorme e un senso di smarrimento che la stordì. Lei non conosceva bene Carlie. Le dispiaceva moltissimo per lei, certo, ma non poteva dire di essere distrutta dal dolore. Quello distrutto era Andrew e vederlo così devastava Demi. Era per lui che la ragazza soffriva. Non avrebbe mai voluto vederlo stare così male.
"Certo che la vita tante volte è proprio stronza" disse, quando arrivò davanti a casa di sua madre. "Si prende gioco di noi senza pietà. Ci toglie le persone che amiamo e ci lascia annegare nel dolore, oppure ci fa soffrire proprio quando abbiamo trovato la completa felicità."
Lei ed Andrew si erano messi ufficialmente insieme da pochissimo, qualche mese appena ed ora Carlie era morta e lui si stava allontanando da lei. Lei lo sapeva, lo sentiva. Non sarebbero stati facili i giorni, le settimane, i mesi successivi, la ragazza ne era consapevole, ma di una cosa era sicura: lo amava tanto e anche lui provava questo per lei. Sperava solo che il loro amore sarebbe stato abbastanza forte da resistere e che lei sarebbe riuscita ad aiutarlo, a farlo stare un po' meglio. Non pretendeva di far sparire tutto il suo dolore. Dio solo sapeva quanto l'avrebbe desiderato, ma era consapevole che sarebbe stato impossibile. Si augurava almeno di riuscire a fare in modo che lui si sentisse sicuro e protetto, che, almeno in parte, sapesse che lei gli era vicina, che non l'avrebbe lasciato solo e che, anche se non poteva capire appieno ciò che lui stava provando, voleva stargli accanto perché lo amava.
   
 
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