Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: _Pulse_    21/05/2009    6 recensioni
Uscì in accappatoio e si asciugò velocemente i capelli con un asciugamano. Era così strana quella situazione… Lei e i Tokio Hotel, in una sola casa, a convivere. Voleva proprio vedere ciò che ne sarebbe uscito fuori.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota: Ecco il nuovo capitolo!! Ed ultimo... Va be, vi ho già detto che ci sarà il seguito, non vi preoccupate. Comunque prevedo con la mia sfera magica che molti verseranno un sacco di lacrime, soprattutto chi ama gli happy ending. Mi dispiace molto, ma non sempre le cose vanno come vorremmo. Mi odierete, ma vedrete che tornerete ad amarmi!! ^^ Eheh... Allora alla prossima, aspetto tante recensioni così metto il seguito il più presto possibile!! 

Grazie a tutti!! Ringraziamenti alla fine...  _Ary_

--------------------------------------------------------------

Jinny stava tremando. E anche violentemente. Era rannicchiata sul divano in salotto, le gambe strette al petto più che poteva, la testa fra le ginocchia.

Erano le otto e mezza di sera e la pizza che avevano mangiato a cena le era rimasta tutta sullo stomaco, tanto che avrebbe persino vomitato per levarsela da lì. Oppure era un’altra la cosa che la faceva sentire così male: la partenza dei ragazzi.

Ricordò il primo giorno, quando si erano conosciuti. Si rese conto che anche la prima sera avevano mangiato la pizza. Sembrava un dejavù, ma le condizioni di lei erano pessime, al contrario dell’insolita felicità che aveva provato quando si era trovata costretta a convivere con quei quattro.

Sarebbero spariti così com’erano venuti, solo che le avrebbe fatto molto più male. Bill le aveva fatto quella promessa, sì, ma… lui era un bambino quando si trattava di quelle cose: diceva sempre tutto per consolare una persona e poi non faceva mai niente di concreto e di vero. Il pessimismo ormai era una parte di lei, della sua vita e del suo modo di vedere le cose.  

«Georg! Si può sapere dov’è finita la mia piastra?!», gridò Bill in mezzo alle scale.

«E io che ne so?! Piuttosto, qualcuno sa dov’è finita la mia maglietta verde militare?!»

«In lavanderia hai guardato?», disse Tom passando velocemente da una stanza all’altra per controllare se aveva dimenticato qualcosa. Era più o meno il decimo controllo della serata.

Jinny li guardò frettolosi e nervosi, non stavano mai fermi e tutto sembrava andare a pezzi, come ad ogni partenza. Quella era diversa, si sentiva perfettamente che c’era anche quel velo pesante di tristezza che li avvolgeva, ma nessuno diceva niente a proposito.

«Jinny?»

Lei alzò la testa e fissò Gustav di fronte a sé che la guardava dolce, la testa appoggiata sulla spalla. Non riuscì a trattenere le lacrime e i singhiozzi, che la travolsero all’improvviso in un pianto doloroso.

Si lasciò cadere di lato, come pietrificata, senza dare nessuna importanza alla scenata inutile che stava facendo, proprio come una bambina, perché loro sarebbero partiti comunque, anche se avesse pianto in giapponese.

«Jinny…», sussurrò Gustav accarezzandole la nuca, ma lei gli allontanò bruscamente la mano, stringendo il cuscino fra le braccia.

Gustav guardò i ragazzi, immobili e ammutoliti, e in labbiale disse: «Siete dei deficienti!»

Tom fece la faccia da: «Cosa abbiamo fatto?!»

Gustav andò da lui e lo prese per la spalla, allontanandolo dal salotto mentre Bill andava da Jinny e tentava, inutilmente, di farla smettere di piangere.

«Ma vi pare il caso di mettervi a gridare per chiedervi che cosa manca prima di lasciare questa casa?»

«Gustav, cosa dovremmo fare?»

«Hai la sensibilità di un elefante!»

«Ha parlato l’orsacchiotto di peluche.»

«Non mi pare che io abbia avuto l’idea brillante di fare quello che facevate voi mentre Jinny era sconvolta.»

«Gustav, non è colpa nostra se dobbiamo partire.»

«Ma non essere così brusco!»

Si guardarono negli occhi e Gustav colse il messaggio: Tom voleva una cosa veloce ed indolore. Per chi sarebbe stata veloce ed indolore? Non per Jinny, sicuramente.

«Sei sicuro di volerlo fare?», gli sussurrò preoccupato.

«È l’unica soluzione.»

«No che non lo è! Pensaci», gli prese il braccio.

«Ci ho già pensato, sono due settimane che ci penso, giorno e notte.»

«E il massimo che hai ottenuto è questo: scappare?»

«Io non sto scappando.»

«No, figurati. E allora perché cavolo hai scelto di fare in questo modo?»

«Se Jinny soffre così adesso, pensa quando…»

«Ma è una reazione normale, Tom! Ogni ragazza, che ci tiene ovviamente, farebbe così!»

«Beh, non mi sta bene.»

«Forse Bill ha davvero ragione: non capisci un cazzo d’amore.»

Si guardarono truci un’altra volta e Gustav lasciò il braccio dell’amico, ormai arreso. Sarebbe successo e niente, se non un miracolo, avrebbe potuto cambiare gli eventi.  

Bill era seduto accanto al corpo tremante di Jinny, sembrava in agonia, e lui non poteva fare assolutamente niente, oltre che assistere a quello spettacolo fin troppo doloroso per lui.

Non era difficile solo per lei lasciarli, ma anche per loro lasciare lei. Avevano passato momenti bellissimi assieme, mai li avrebbe dimenticati, eppure non solo quelli: c’erano stati i pianti, le confessioni, le litigate, ma si erano affezionati gli uni gli altri come mai gli era capitato da quando erano ciò che erano, cioè i Tokio Hotel.

«Jinny, ti prego, basta», le sussurrò accarezzandole i capelli, ma lei si scostò con rabbia e si alzò asciugandosi le guance, anche se era prettamente inutile perché le lacrime non sembravano volersi fermare.

«Non puoi essere arrabbiata con noi per questo», le disse.

«Lo so», mugugnò.

Raggiunse la porta con le stampelle e se la sbattè dietro, lasciandoli soli e lacerati nel petto in salotto.

Tutti si guardarono e, per caso o forse no, concluso il primo giro di sguardi, il secondo fu monotono e fisso: Bill, Gustav e Georg guardarono Tom e lui fissava beatamente il soffitto pensieroso. Quando si accorse che aveva tutta l’attenzione addosso fece un altro respiro profondo.

«Tomi, ti prego, non farlo», mormorò Bill con le lacrime agli occhi.

«Ma devo.»

«No che non devi, no! Tu… tu sei…»

«Innamorato di lei?»

«Sì.»

«E questo lo dici tu?»

«Dovresti dircelo tu, in realtà.»

«Appunto. Io dico di no.»

«Se sei così stupido da non rendertene conto non è colpa nostra!», gridò in lacrime.

«Bill, non ti ci mettere pure tu, ti prego.»

«Io faccio quello che mi pare, capito?! Sei tu quello che sbaglia!»

«Scelte mie, errori miei.»

«Bene, allora! Fai quel cazzo che ti pare! Quando verrai da me piangendo e dicendo che hai sbagliato, io ti dirò: “Te l’avevo detto!”», gli gridò in faccia.

«Ok.»

«Ok. È tutto quello che hai da dire?»

Tom scrollò le spalle e chiuse gli occhi annuendo.

«Bene, fai l’errore più grande della tua vita. Vedremo se soffrendo crescerai un po’.»

Gli diede una leggera spinta sulle spalle e poi si avviò a passi pesanti verso la porta. Se la chiuse anche lui alle spalle e rimasero in tre.

Tom guardò Georg e Gustav e fece un nuovo respiro profondo.

«Che ho fatto per meritarmi tutto ciò?»

«Nulla, questo è ancora nulla rispetto a quello che accadrà», disse Georg per poi uscire fuori pure lui, seguito da Gustav che non aveva detto nulla a parole, ma tutto con uno sguardo frustrato.

Tom rimase da solo e quella casa gli parve così vuota, così silenziosa… come la sua mente. Non riusciva a pensare concretamente ad un qualcosa di preciso, non ce la faceva.

Dopo un altro lungo respiro camminò lentamente verso la porta e sentì un brivido quando la aprì e vide i ragazzi già alla macchina, che sistemavano le ultime valigie nel bagagliaio. Ciò voleva dire solo una cosa: loro l’avevano già salutata e lui era l’ultimo.

«Odio i saluti», disse Jinny.

Sobbalzò vedendola appoggiata accanto alla porta, le braccia strette al petto, la frangia che le copriva gli occhi verdi, quegli occhi che aveva imparato ad… amare.

«Anche a me non piacciono», disse.

«Davvero?»

Si sentì nudo di fronte a quegli occhi e fu una sensazione terribile sapere che erano assieme e tra pochi minuti non lo sarebbero più stati; che erano loro e che tra poco quel loro si sarebbe trasformato in Tom e Jinny, Jinny e Tom, separati. E a causa di chi? Solo sua.

Un’improvvisa paura gli fece venire il dubbio. Ci aveva pensato così tanto in quelle due settimane, eppure non aveva pensato mai all’effetto che gli avrebbe fatto vedere Jinny in quelle condizioni. Non sapeva se ce l’avrebbe fatta.

Si avvicinò timoroso e le mise le braccia intorno al collo, appoggiandosi con il mento alla sua spalla, gli occhi chiusi.

«Grazie, Jinny», le sussurrò con un insolito strato di lacrime a velargli gli occhi.

«Per cosa?»

«Per tutti i momenti belli che abbiamo passato insieme, per le litigate, le notti passate a parlare, i pomeriggi in spiaggia… per tutto. Non li dimenticherò. E anche per avermi dato tempo e fiducia. Mi dispiace se sono solo stato della fatica sprecata e della sofferenza inutile. Mi dispiace davvero tanto.»

«E così questa è la fine», sussurrò.

«Penso di sì.»

«Me l’aspettavo, in fondo.»

«Sì?»

«Era ovvio che andasse a finire così.»

Si staccò dall’abbraccio e la guardò triste, senza sapere che fare: era ovvio anche che non si aspettasse quella reazione.

«Perché non mi gridi in faccia, perché non mi prendi a pugni?» Era quello che si era immaginato e magari lo avrebbe fatto anche sentire meglio, anziché vedere Jinny inerme e delusa.

«Perché non ha senso.»

«Sì che ha senso, ti ho solo fatta star male.»

«È qui che ti sbagli.»

Avvicinò la mano al suo petto e Tom tremò quando si sentì trascinare verso di lei e aderire così perfettamente al suo corpo.

«Non mi hai fatto solo soffrire, anzi, mi hai fatto passare tanti bei momenti, mi hai aiutata in molte occasioni… senza di te non so come avrei fatto», gli sussurrò carezzevole.

«Jinny…», cercò di sottrarsi, ma era davvero difficile resistere a quel viso e a quelle labbra ora che ce le aveva ad un palmo di naso.

«Uhm?»

«Non dovremmo, sai?»

«Soffrire per soffrire, tanto vale farlo con stile.»

Tom si arrese al suo abbraccio e la baciò sulle labbra, chiudendo gli occhi e sentendosi… bene.

La sorresse con le mani sulle sue braccia, stringendola forte a sé, mentre una leggera lacrima gli scendeva solitaria sulla guancia.

Jinny strizzò gli occhi chiusi e gliela levò passandoci sopra il dito, accarezzandogli la pelle.

Per quanto sarebbe riuscita a resistere per cercare di incidersi nella memoria com’era bello baciare l’amore della sua vita?

Le ci voleva una forza inimmaginabile per non scoppiare a piangere, e sapeva che quel ricordo sarebbe stato tanto indelebile quanto doloroso, ma non le importava seriamente in quel momento.

Tom si allontanò dolcemente da lei e la osservò attentamente prima che aprisse gli occhi: era così bella… eppure irraggiungibile. Lui l’avrebbe solo fatta soffrire e non voleva, perché lei era una delle poche ragazze, anzi l’unica ragazza che era riuscita ad entrargli nel cuore in quel modo. E non voleva che lei patisse in quel modo per lui.

Le accarezzò le guance e le sistemò i capelli dietro le orecchie con tenerezza.

«Mi dispiace tantissimo», sussurrò e poi la baciò sulla fronte.

Jinny si lasciò scappare un sospiro rotto dal pianto e strinse le mani intorno alle sue.

«Vedrai, andrà bene», le disse ancora, ma lui era il primo a dubitarne, per qualche strana ragione.

«Sì, ora vai», gli disse abbassando la testa.

«Mi dispiace tanto…»

«Ti prego, va’.»

Tom annuì ubbidiente e ad occhi bassi si allontanò da lei e si girò. Raggiunse gli altri alla macchina e si girò ancora per vederla un’ultima volta, ma lei già si era infilata dietro la porta e la stava chiudendo alle sue spalle.

Gli sembrò di vedere la scena al rallentatore e poi tutto fu veloce: la macchina di Camilla inchiodò in mezzo alla strada e lei uscì senza preoccuparsi di chiudere la portiera. Lo stereo era acceso e si sentiva una melodia che conosceva bene, così bene che gli spezzò il cuore.

 

Tage geh´n vorbei
Ohne da zu sein
Das ist alles was uns bleibt
Wenn du gehst
Wenn du jetz gehst
Versuch nich zu verstehn
Warum es nich mehr geht
Geh
Versuch uns beide zu verlier´n
Für uns wird´s erst weitergehen
Wenn wir uns nicht mehr sehen
Geh
Geh!

 

[I giorni passano
senza essere lì
Questo è tutto ciò che rimane di noi
Quando tu vai
quando tu vai adesso
Non cercare di capirlo
perche non va più
Vai
Cerca di perderci tutte due
per noi continuerà
solo quando non ci vedremo più
Vai

Vai!]

 

Camilla non li degnò di uno sguardo, quando invece tutti loro la guardavano, pensò solo a correre verso l’entrata della villa, scansando Tom che si era trovato in mezzo alla sua strada.

Tom la guardò paralizzato mentre apriva la porta e si fiondava dentro, per poi sbattersela alle spalle come molti altri quel maledetto giorno avevano fatto.

La loro canzone intanto finiva in maniera quasi tragica, come il cuore di Tom che si spezzò e fece più male del previsto.

Tage geh´n vorbei
Ohne da zu sein
Bleib!

[I giorni passano
senza essere lì
Rimani!]

----------------------------------------------------------------------------------


Ringraziamenti:

Grazie a tutti quelli che hanno recensito regolarmente e non, fra cui ricordo: niky94 (che c'è sempre stata.. Grazie), Scarabocchio_ (che ho avuto il piacere di conoscere su msn, la mia Socia *__* Ti voglio bene!!) Ladysimple (che con la sua allegria e simpatia mi ha sempre fatto ridere e continuare a scrivere questa ff con piacere), marty sweet princess (l'amante degli happy ending... Sempre super impegnata che comunque lascia le recensioni! *E non ti voglio male, anzi... questo è solo l'inizio di ciò che ci sarà più avanti. Vedrai, sarà pieno di rose e fiori ^^* ) , tokiohotelfurimmer (che mi ha tenuto tanta compagnia anche se non ci sentivamo mai *bello, no?* e spero tanto di conoscerti un giorno - Ti dovrebbe essere arrivata l'e-mail con il mio indirizzo, spero in un tuo segno di vita!! -) 

Ecco qui le mie fidate... Vi voglio bene ragazze!! Grazie per tutto!! <3 

Ringrazio anche tutti quelli che hanno letto e basta e spero vivamente che vi sia piaciuto e che il seguito vi piacerà ancora di più e sarete ancora di più a dirmi che ve ne pare!! Un bacio, a presto _Ary_

P.S: La canzone di questo capitolo è Geh, dei Tokio Hotel, veramente stupenda... Un omaggio anche a loro perchè senza di loro davvero questa ff non sarebbe mai nata ed esistita e non avrebbe scatenato così tante emozioni dentro me e spero anche dentro a voi!! Ancora baci e abbracci!! _Ary_

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _Pulse_