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Autore: LilyOok_    16/12/2016    6 recensioni
Estratto dal capitolo 6:
Si alzò e fece scorrere lo sguardo sulla Compagnia finché non si rese conto della sua assenza.
Se ne era andata chissà dove, portandosi via la coperta che gli aveva messo sulle spalle la sera precedente.
L’aveva trovata a tremare dal freddo, nel sonno, e non aveva resistito. Il suo corpicino minuto, velato da quella vestaglia bianca e tutto rannicchiato su se stesso gli aveva fatto una tale tenerezza, così come anche il suo viso disteso e addormentato.
Un sorriso gli nacque sulle labbra al ricordo di lei, ma dopo un attimo si rabbuiò ricordandosi di come gli aveva risposto a tavola, con quel tono spaventosamente incolore e gli occhi che sembravano lame affilate.
Si chiese come avrebbe reagito quando si sarebbero incontrati quella mattina, se gli avrebbe parlato, se si fosse mostrata arrabbiata o offesa da lui e si scoprì terrorizzato a quell’idea.
Non voleva affatto che lei provasse tali sentimenti nei suoi confronti.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dwalin, Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12 – Benvenuti, benvenuti! Tre volte benvenuti! (parte prima)
 
Il tempo è la cosa più preziosa che si possa avere.
I secondi, i minuti, le ore che perdi non torneranno mai più e tutto ciò che potevi fare in quei momenti oramai è perso.
Tutto si ritarda, si rimanda, e si rischia di non riuscir a portare a termine ciò che si è iniziato.
Bisogna sempre tener conto del tempo che passa, chi ha tempo non perda tempo.
E i Nani questo lo sapevano bene, ma rinchiusi in quelle maledette celle, per loro il giorno era uguale alla notte, i minuti uguali alle ore e le ore uguali ai giorni.
Da quanto erano rinchiusi nelle prigioni di Sire Thranduil?
Da quanto erano entrati nella foresta?
Da quanto erano partiti?
 
E passò un tempo interminabile prima che qualcosa accadde.
Nel frattempo, erano quasi impazziti.
Quelle celle erano strette e loro erano costretti a conviverci in due; non c’era abbastanza spazio per sgranchirsi le gambe entrambi e i loro muscoli di conseguenza erano addormentati.
Si lamentavano, ma gli Elfi sembravano essere sordi alle loro parole. Il cibo era scarso e avevano sete.
 
“Ho una tale fame che potrei addentarti un braccio.” Disse Larya a Kili, un giorno, sbuffando.
Erano seduti l’uno accanto all’altra, come sempre da quando erano lì dentro, lei aveva la testa poggiata sulla spalla di lui e Kili poggiava la testa sulla sua.
“Almeno a Gran Burrone, seppur non era il massimo, c’era cibo in abbondanza.” Fece lui, sospirando.
“Mi annoio, voglio uscire da queste maledette celle. Cosa ci tengono rinchiusi a fare?!” Protestò ancora lei, agitandosi. In realtà, non aveva le forze per muoversi. Era in uno stato di nullafacenza da così a lungo che perfino parlare era diventato faticoso e stancante, ma se finivano per non parlare nemmeno più sarebbero potuti diventare benissimo parte integrante delle celle. E questo non doveva succedere.
“Mi chiedo come stiano gli altri...”
“Come vuoi che stiano? Non bene.” Affranta, Larya si addossò ancora di più a lui. “E poi queste celle sono fredde e strette. Come hanno potuto metterci in due nella stessa cella, io dico, ma non hanno un po’ di sale in zucca questi folletti del bosco?!”
Kili sbuffò una risata: “Non farti sentire ad insultarli, potrebbe andare solo che peggio.” Scherzò, dandole un buffetto su una mano.
“Però, dentro di me sento che presto usciremo da qui!” Esclamò lei, d’un tratto rianimata, alzando la testa.
Il moro si voltò a guardarla: “Cosa te lo fa pensare?”
Lei allargò le labbra in un grande sorriso che coinvolse anche le sue iridi scure e alzò le spalle. “Me lo sento e basta, non so dirti come.”
 
Ben presto – ma non seppero mai dire se passarono giorni o settimane – la loro salvezza si materializzò sotto le sembianze dello Hobbit Bilbo Baggins che, cauto e silenzioso come solo uno della sua razza potrebbe mai essere, aprì le loro celle con un grosso mazzo di chiavi.
“Oh Bilbo! Non ci speravo più!” Gli disse Larya, abbracciandolo di slancio rischiando anche di farlo cadere per l’impeto del gesto affettuoso. “Mi sei mancato!” Gli sussurrò, prima di lasciarlo andare e voltarsi verso Kili: “Visto? Te lo avevo detto che presto saremmo stati liberi!”
A due a due, i Nani uscirono dalle loro celle e si avviarono a seguire lo Hobbit per i corridoi. Dall’alto proveniva una melodia festosa e questo spiegava di gran lunga l’assenza delle guardie davanti alle celle.
Quando Larya fece vagare lo sguardo sulla Compagnia e lo puntò sul fratello, sgranò gli occhi e gli si avvicinò preoccupata.
“Larya, stai bene?” Le chiese subito lui, accarezzandole il viso.
“Io si. Tu piuttosto, chi ti ha fatto questo?” La Nana fece scorrere le dita affusolate sul labbro spaccato e su un livido che Fràin aveva sulla guancia sinistra.
Prima che lui potesse rispondere, il vociare di Kili attirò l’attenzione di lei che si voltò e vide Fili che ancora aveva un occhio un po’ violaceo e il sopracciglio spaccato. Per non parlare delle nocche sulle quali si erano formate delle croste.
“Fràin...” In tono freddo, Larya si voltò verso suo fratello. “Non sarai mica venuto alle mani con Fili, vero?!” Gli chiese, anche se immaginava già la risposta.
Silenzio.
“Ecco, lo sapevo. Ma che vi ha detto il cervello a voi due, eh?! Siete usciti di senno, forse?! E per cosa avreste combattuto poi, sentiamo...” Con le mani sui fianchi, attendeva una risposta dal fratello che però si fece attendere più del dovuto. “Bene, se tu non vuoi dirmelo lo farà Fili, allora.”
Ma in quel momento, seppur avrebbe voluto chiedere spiegazioni al biondo dall’aria mortificata, non vi era il tempo.
Erano giunti nelle cantine dove Bilbo intimò loro di fare silenzio e indicò due Elfi addormentati su un tavolo dove era rovesciata una bottiglia di vino.
“No, non dirmi che si sono ubriacati...” Mormorò Bofur, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere.
Thorin, che era stato liberato per ultimo, si avvicinò allo Hobbit e gli chiese cos’avesse fatto per tutto quel tempo e perché non li avesse liberati prima.
“Ho cercato un modo per farvi fuggire, ma mi ci è voluto più del previsto. Nel frattempo però ho recuperato anche le vostre armi. Ma fate piano, per favore!” Rispose il Mezzuomo, indicandogli una piccola catasta di oggetti di metallo poco distante da loro.
Dopo che i Nani si furono armati di nuovo, attesero che lo Hobbit dicesse loro come uscire da lì e non piacque per niente l’idea che il povero Scassinatore aveva avuto, l’unica che poteva funzionare, per giunta. Infine, tuttavia, si ritrovarono costretti ad eseguire gli ordini di Bilbo e si tapparono dentro dei grossi barili di legno che lo Hobbit fece scivolare via nel fiume sottostante.
 
Nel buio dei barili, furono sballottati a destra e sinistra, e dell’acqua entrò da alcune fessure nel legno, zuppandoli da capo a piedi.
L’acqua del fiume era fredda, o meglio, era gelida e si ritrovarono a tremare dal freddo in quello spazio così angusto.
Pregarono Mahal che quell’esperienza durasse moooolto poco o avrebbero dato di stomaco.
Il povero Bilbo – che per calare la leva e farli cadere nel fiume non si era potuto infilare in un barile – galleggiava a fatica reggendosi a uno dei quelli, invisibile grazie al suo magico Anello.
A volte, il povero Hobbit veniva sopraffatto dalla corrente e si ritrovava ad annaspare in cerca di ossigeno, sperando di non affogare.
Che morte misera sarebbe stata.
E si aggrappò alla vita con tanta forza quanta ne stava usando per reggersi al barile.
Per tutta la notte viaggiarono in quello stato, finché non fu l’alba.
Toccarono le sponde di una piccola spiaggia e Bilbo, dopo essere tornato visibile, iniziò a farli uscire uno ad uno.
“La prossima volta che ti viene in mente un’idea come questa, non venire a salvarci, per favore!” Esclamò Bofur, togliendosi l’acqua dal cappello.
Stava scherzando, ovviamente, ma Bilbo mise comunque un piccolo broncio.
“Dovreste essermi grato, a quest’ora senza di me stareste ancora sbraitando dentro quelle celle!” Protestò, aprendo l’ultimo barile.
In tre si misero ad aiutare Bombur ad uscire da esso.
“Non prendertela, Bilbo. Hai fatto un gran lavoro e ti siamo molto riconoscenti per averci liberato.” Gli disse Larya, poggiandogli le mani sulle spalle.
I capelli le si erano sciolti ed erano tutti bagnati, appiccicati al collo e alla fronte.
Il signor Baggins le sorrise e abbassò lo sguardo imbarazzato. “H-ho fatto solo il mio dovere.” Mormorò.
“Dicevo davvero, quella volta sul Verde Cammino: sei il tesoro di questa Compagnia.” Larya avvicinò il volto al suo e gli scoccò un bacio sulla guancia. “Grazie.”
Bilbo per poco non svenne. Nessuna donna – eccetto sua madre – lo aveva mai baciato.
“Fermi, voi! Fate un passo e siete morti.” I Nani si voltarono tutti nella stessa direzione e si ritrovarono davanti un Uomo che puntava alle loro teste una freccia incoccata nel suo lungo arco.
Si fece avanti Balin, con il suo fare diplomatico e l’arte della parola, tentando di farli sembrare un mucchio di mercanti arrivati dagli Ered Lûin per trovare i parenti su, ai Colli Ferrosi.
Bard, così si chiamava l’Uomo, non si fidò affatto delle sue parole, ma accettò di dare loro un passaggio fino a Città del Lago in cambio di denaro.
 
Sulla sua grande chiatta, i Nani si misero comodi a sedere, anche se tremavano dal freddo poiché erano tutti zuppi.
Il sole stava spuntando e la nebbia si stava diradando lentamente.
“Come stai, ti fa male?” Kili si sedette accanto al fratello e gli osservò la faccia.
Fili non disse nulla, scosse soltanto il capo, tirando su col naso.
“Perché ti sei picchiato con Fràin? C’entra forse Larya?”
Il biondo allora si voltò verso di lui e poi cercò con lo sguardo la ragazza in questione, trovandola accanto al fratello che gli toccava ancora il labbro ferito con uno sguardo carico di apprensione. Si voltò di nuovo verso Kili e annuì.
“Fili, non è da te avere certi scatti. Vuoi raccontarmi cos’è successo?”
E Fili gli disse quanto era accaduto nella cella con Fràin, come quello gli si era avventato addosso e lui aveva risposto all’attacco.
“C’era qualcosa di particolare nel suo sguardo, Kili. Io credo che lui pensi a sua sorella non nel modo in cui lo farebbe un fratello, non so se mi spiego.” Disse poi, guardando di nuovo in direzione di lei; Fràin le aveva preso una mano e le stava accarezzando i capelli, mentre la giovane gli diceva qualcosa tutta sorridente.
“Sì, sì, ho capito cosa intendi. Sinceramente, quando la guarda sembra un lupo che osserva la sua preda.” Considerò il moro, attirando di nuovo la sua attenzione.
“Credi che adesso mi odierà, Larya, per aver picchiato suo fratello?”
Kili guardò Fili con un sorriso divertito. Non lo aveva mai visto così abbattuto per una donna e questo gli fece solo pensare che per suo fratello quella era davvero la volta buona che si era innamorato seriamente.
“Non essere sciocco, non è quel tipo di persona.” Gli disse, dandogli una spintarella con la spalla.
“Sai, credo che questa volta sia lei.” Disse poi Fili, voltandosi a guardarlo.
Kili gli sorrise, poi poggiò la fronte su quella di lui. “Sono felice per te, fratello.” Mormorò, stringendolo poi a sé come non faceva da troppo tempo.
 
“Guardate!” Esclamò Ori, puntando il dito verso l’alto.
Si alzarono tutti in piedi e osservarono a bocca aperta l’imponenza di Erebor.
Thorin si sentì vacillare; finalmente era quasi giunto a casa, dopo tutta la fatica che avevano fatto, tutte le peripezie affrontate, era quasi finita, ce l’avevano quasi fatta.
Gli rivenne alla mente la folle e vana corsa che aveva fatto per raggiungerla durante quello pseudo sogno che aveva avuto a Bosco Atro sotto l’incantesimo delle ragnatele. Questa volta non sarebbe stato così, no, questa volta avrebbe raggiunto la sua Erebor, avrebbe toccato nuovamente con mano la sua pietra e avrebbe percepito dentro il calore della casa ancora una volta.
 
Non appena approdarono sulla banchina di legno del piccolo porto di Esgaroth, alcune guardie braccarono Bard e i Nani furono scoperti.
Tutti gli abitanti della cittadella si riunirono attorno al piazzale davanti il palazzo del Governatore, un Uomo alto e grasso dall’aria sospetta, ad osservare la Compagnia con occhi curiosi e mormorii sottovoce.
“E voi chi sareste? Non lo sapete che nessuno entra nella mia città senza il mio consenso?” Chiese loro il Governatore, con la sua fastidiosa voce stridula. Al suo fianco stava il suo fidato consigliere, Alfrid, un tipo dall’aria altrettanto sospetta e viscida.
“Noi siamo i Nani di Erebor.” Tuonò Thorin, facendosi avanti “Siamo venuti a reclamare la nostra casa. Io sono Thorin Scudodiquercia, legittimo erede al Trono sotto la Montagna. Se ci lascerete passare, vi prometto che renderemo voi parte del Tesoro e potrete ricostruire questa città e migliorare le vostre vite dieci volte più di ora.”
“Chi mi assicura che state dicendo il vero, Nano?” Commentò il Governatore, assottigliando le palpebre a due fessure.
“Potete solo che fidarvi della mia parola.” Rispose Thorin, facendo un passo avanti.
“No!” Gridò allora Bard, liberandosi dalle guardie e andando vicino a Thorin. “Mi avete mentito, voi non siete mercanti. Ti prego ascolta le mie parole. Se entrerete in quella Montagna, risveglierete il Drago e metterete in pericolo ogni vita in questa città.”
Thorin scrutò con attenzione Bard. “Quella Montagna è mia di diritto e sono giunto fin qui per riprendermela. Noi uccideremo il Drago e libereremo queste terre dalla minaccia di Smaug il Terribile una volta per tutte!”
La gente intorno a loro esultò vittoriosa alle parole del Nano, ma tacquero nuovamente quando l’Uomo alzò la voce per farsi sentire: “E come pensate di riuscirci, eh?! Siete piccoli ed insignificanti rispetto alla bestia!”
“Bard, Bard, perché ti scaldi tanto? Non era forse Girion, tuo antenato, colui che mancò Smaug e gli permise di ardere Dale?” Il Governatore si fece beffa di lui ed egli strinse i pugni, punto sul vivo.
“Tu sei uno di quegli sciocchi che la primavera non rimpiangerebbe se perissi d’inverno
*.” Gli disse Thorin, approfittando di quel momento, per infastidirlo ancora di più.
“E allora,” Esordì poi il Governatore, rivolto ai Nani “se ci promettete gloria e prosperità – e si sa che i Nani mantengono le loro promesse – non mi resta che dire a voi, miei nuovi amici: benvenuti, benvenuti! Tre volte benvenuti!”




*Frase presa para para da "I figli di H
úrin" (pag. 137)


















-Angolino Autrice-
BUONGIORNO!!!
Scusate se ho tardato un po' a postare il capitolo ma sono partira per tornare a casa a Roma e poi gli amici e i parenti e blablabla alla fine eccomi a poter aggiornare solo oggi, sorry ^^

Allora, che dire... Questo capitolo innanzitutto è la 1/3 parte, gli altri capitoli continueranno ad avanzare in numero chiamndosi semplicemente 13pt.2 e 14pt.3! Perché questo? Perché a Pontelagolungo succedono sempre le cose più belle o le cose più tristi, quindi tocca dare un filo logico u.u e ho deciso che un solo capitolo sarebbe venuto TROOOOOOOOOOPPO lungo e quindi l'ho diviso in tre!!

Detto questo, non essendoci
Tauriella ho eliminato anche gli Orchi che li inseguono nei barili perché sì, perché Kili non sarà ferito e perché no, nessuno avrà a che fare con Legolas-occhi-di-ghiaccio o con la rossa finta e gngngn dell'elfetta dei miei stivali u.u

Le guardie che braccano
Bardone le ho usate come espediente per far arrivare i Nani subito dal Governatore senza tutto quel tricchettracche a casa di Bard con i mocciosi e Arco-Bain che ogni 3x2 dice "pa'" e io lo ucciderei solo per quello... anche perché volevo che fossero messi in una casa per un po' di tempo essendo arrivati abbastanza presto(?) alla Montagna ;)

E poi, come ultimo, volevo dirvi che mi sono sciolta da sola quando ho scritto il pezzo tra Fili e Kili sulla chiatta... cioè... ma non sono troppo dolciosi quei due?????? *w*

Bene, lettori, ora vi saluto e mi tuffo nella fantastica genetica :'D
Un bacione a tutti e lasciatemi i vostri pensieri!!
Vi adoro troppo, a tutte, sappiatelo!!!


Juls!

 
   
 
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