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Autore: erenaya29    16/12/2016    3 recensioni
L'altro si avvicina di poco. «Voglio ballare con te» dice, in un sussurro.
«Cosa?»
«Voglio ballare con te.» Ripete a voce più alta. «Ma vorrei che stavolta non te ne dimenticassi» le sue parole sono flebili, dispersive. Mi arrivano appena.
Lo guardo e ancora una volta mi ritrovo incapace di replicare. [...]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Quindi, Yuuri... Di cosa volevi parlarmi?»
«Dopo il Gran Prix... finiamola qui.»
How do I live? How do I breathe?
Without you here I'm suffocating
Tell me: is this where I give it all up?

Apro gli occhi e mi ritrovo in un fermoimmagine. La pista è inondata di persone, forse giornalisti, e il boato della folla mi arriva prepotentemente assordante. Mi concedo del tempo per capire cosa è successo: attorno al collo mi cade dolcemente sul petto la medaglia di bronzo. Stringo nervoso la stoffa lucida della mia giacca. Forse sto tremando, ma non ne sono sicuro. Yurio accanto a me mostra con orgoglio la medaglia d'argento alle telecamere, sta piangendo, mi soffermo sul suo viso contratto in un'espressione stanca, ma forse non mi importa neppure di questo. Ora Otabek, sullo scalino più alto del podio, sta parlando. Sta dicendo qualcosa. Non sento niente. I miei occhi inconsciamente cercano l'unico volto che mi interessa davvero e lo trovano, poggiato sugli spalti, mentre parla con qualcuno.  
Con difficoltà scendo dal podio pattinando verso Victor, mentre una scia di flash mi avverte dei giornalisti.
«Yuuri» - la sua voce è un soffio.
«Questa medaglia è nostra. Sali sul podio con me» dico, coinciso, le labbra piegate in una smorfia. Lo vedo sorpreso. So cosa vorrebbe dire ma non aggiunge nient'altro, avviandosi all'entrata della pista. 
Dopo il Gran Prix... Finiamola qui
Lo sorreggo per le spalle, facendolo scivolare lentamente sul ghiaccio, e nonostante sia senza pattini arriva al podio senza difficoltà. Lui è il primo a salire.
Mi sento inconsistente, vuoto, troppo leggero.
«Grazie per tutto, Yuuri.» Sono accanto a lui. Il bagliore dei flash mi fa inevitabilmente socchiudere le palpebre.
Luce. E poi nulla più.


«Quindi il prossimo anno farò di certo così. Yuuri-kun? Mi stai ascoltando?» la voce di Phitchit mi sembra lontana, ma abbastanza squillante da risvegliarmi dal torpore. Sono al party dopo la premiazione del Gran Prix dove io e Victor, esattamente un anno fa, ci siamo incontrati. 
«Mi dispiace. Ero in sovrappensiero» ammetto senza troppi cerimoniali, stringendomi nelle spalle. 
I bottoni della camicia mi premono il torace, e solo ora realizzo quanto sia vecchio, stupido e insignificante questo completo: Victor aveva ragione. Victor aveva ragione su tutto.
A quel pensiero un piccolo sorriso mi si dipinge inconsciamente sulle labbra.
«Hey, porcellotto, non fare la stessa fine dell'anno scorso. Non voglio batterti anche in una gara di danza» mi ammonisce Yurio, al fianco di Yakov, ricordandomi che sono già al terzo bicchiere di champagne.
Sento caldo. Sento caldo ovunque. E sento di non riuscire a ribattere in nessun modo. Abbandono il bicchiere su un tavolo, congendandomi con un cenno dagli altri, lasciando velocemente la sala tra le risatine e le discussioni. Non voglio nulla adesso, non voglio sapere dov'è Victor e non ho intenzione di cercarlo: voglio solo silenzio.
Attraverso un corridoio secondario, mi precipito nel giardino dove con sollievo capisco di essere solo. Chiudo gli occhi, lasciando che la brezza della sera mi accarezzi il viso. Qualcuno sta ridendo all'interno della sala. L'anello è ancora lì, attorno al mio dito: speravo forse che mi portasse fortuna? Speravo forse che avrebbe legato me e Victor?
Un anno fa non avrei mai pensato di poter salire sul podio della finale del Gran Prix, ma non avrei neanche pensato che Victor Nikiforov sarebbe diventato il mio coach. Non voglio che Victor se ne vada. Questo era stato il mio unico pensiero durante la mia prima esibizione di Eros. Ed ora? Ora... era tutto finito.
«Yuuri!» una voce familiare arriva alle mie spalle. Non riesco a voltarmi: sono debole. Sono un vigliacco.
«Cosa ci fai da solo qui?» mi chiede Victor, che ora è al mio fianco. Cosa ci faccio qui? Non so rispondere e il mio cervello non riesce ad ingranare. Mi sento incapace.
L'altro si avvicina di poco. «Voglio ballare con te» dice, in un sussurro. 
«Cosa?»
«Voglio ballare con te.» Ripete a voce più alta. «Ma vorrei che stavolta non te ne dimenticassi» le sue parole sono flebili, dispersive. Mi arrivano appena.
Lo guardo e ancora una volta mi ritrovo incapace di replicare. 
Victor mi prende la mano, trascinandomi per il corridoio; vorrei protestare, vorrei dirgli che sarebbe meglio finirla qui senza ulteriori ripensamenti, ma prima di formulare qualsiasi altra frase siamo al centro della sala. Gli occhi di tutti puntati su di noi.
La musica si espande per la stanza; è un lento dolce, malinconico. Attorno alcune coppie danzano già.
Il mio fianco viene catturato dalla sua mano, pallida, lunga, che dolcemente si poggia sul mio corpo; mentre le dita dell'altra scorrono e si intrecciano alle mie, portando le nostre braccia a mezz'aria. Riesco a malapena a portare l'altra mano sulla sua spalla. Il tessuto del suo smoking è morbido. E' soffice. 
I miei occhi tracciano la linea del suo collo, stretto nell'orlo della camicia bianca, cinto dalla sua cravatta azzurra. Il suo profumo mi arriva dritto, severo, e non ho via di scampo. Probabilmente è una vista di cui non mi stancherò mai.
Victor comincia a muoversi, portandosi in avanti, facendomi scivolare indietro. Lo sto assecondando, lasciando che sia lui a guidarmi, come ha sempre fatto del resto. Forse è stato così anche quando non lo conoscevo, quando mi limitavo a perdermi nelle sue performance da lontano: mi ha sempre guidato. Mi ha sempre ispirato.
In un passo più veloce la mia testa va a sfiorare il suo petto, e il nostro contatto mi sembra scottante, tanto da costringermi a voltarmi da un lato, abbastanza per notare che la mano di Victor che sta stringendo la mia non ha più l'anello. Il nostro anello.
Un ago nello stomaco mi avrebbe fatto meno male.
«Mi avevi fatto una promessa», dico in un sussurro. Se alzassi la voce un singhiozzo mi tradirebbe.
Victor capisce subito a cosa mi sto riferendo. Non fa altre domande. «Yuuri» - il suo modo unico di pronunciare il mio nome, rendendolo il più bello al mondo - «Ti prego. Non renderlo più difficile di quanto già non sia.»
 Lo so. Lo so già, Victor.
«E allora perchè?»
Victor ha avanzato verso di me in un passo deciso. Il suo respiro mi soffia sul mento.
«Perchè me l'hai chiesto tu, Yuuri. Mi hai chiesto tu di finirla qui.» Non sta sorridendo. Ho sempre pensato, in questi 8 mesi, che l'unico momento in cui si sappia davvero calare nella parte di coach è quando fa quell'espressione. Mi sento pizzicare.
«Io ho visto, Victor...» mormoro, senza sapere come finire il mio discorso. Victor tace, senza smettere di condurmi nel ballo. «Ho vissuto con te. Ti conosco. Ho visto come guardavi Yurio, e Otabek... E Christopher. E tutti. So cosa vuoi, ormai lo so già.» 
La sua mano perde impercettibilmente la presa sul mio fianco. 
L'unica cosa che spero, in questo momento, è che Victor concluda il nostro lento senza aggiungere altro. Mi ritrovo a pensare a come sarà la vita senza di lui d'ora in poi. Mi brucia il petto.
«Non c'è bisogno che tu dica nulla» aggiungo. Forse è la prima volta che sono io a cercare di metterlo a suo agio. Mi è difficile parlare, è sempre stato così per tutta la mia vita: alla mia famiglia, ai miei amici, a Phitchit, a Celestino.
Victor non parla, eppure non smette di danzare. Sta tenendo il viso basso.
Mi chiedo come sarà il nostro addio. Forse non avrò il coraggio di accompagnarlo all'aereoporto, gli manderò un messaggio, fingendo una scusa. Fai buon viaggio, e finirà tutto. Andremo in quel luogo dove ci sono quegli amori non storici, di cui nessuno ricorderà...
«Ho vinto tante gare. Tante medaglie» - comincia, e mi sento di doverlo ringraziare per avere il privilegio di star ascoltando qualcosa che gli appartiene. Forse per l'ultima volta. «Ho sempre affrontato ogni programma con nuovo entusiasmo, continuando a sorprendere il pubblico. Ma sentivo qualcos'altro in me, una cosa più importante che avevo il dovere di fare. E dopo ti ho visto. Ti ho incontrato qui, un anno fa, non proprio in queste circostanze» - sorride appena, e il mio viso si tinge di rosso - «e mi hai chiesto di essere il tuo coach. Forse non lo ricordi neanche.»
«V-Victor, io...»
«...E dopo ho visto quel video. Che mi ha portato qui da te.»
Victor si allontana in un passo lento da me, lasciandomi il fianco e alzandomi la mano con l'altro braccio. Capisco solo ora cosa vuole fare. Giro attorno alla sua mano, in una delicata piroette, che mi sembra molto più difficile da fare sulla terra.
Dopo tre giri, Victor mi ferma, spingendomi contro il suo petto. Il suo respiro è inebriante.
«Yuuri, non c'è nessun'altro che vorrò mai allenare...» - le iridi chiare si chiudono appena - «...nessun'altro che mi stupirà mai...» la sua mano, ora, mi sta stringendo dolcemente i capelli, «E se per stare con te dovrò gettare le mie medaglie o non tornare più in Russia, lo farò. Non valgono nulla. Nient'altro vale nulla.»
Non ci stiamo muovendo più. I nostri corpi collidono perfettamente. Posso sentire appena il suo bacino premere contro il mio. Non mi vuole nascondere ciò che desidera, non me l'ha mai nascosto.
«Perchè me? Perchè non Yurio? Ha vinto la medaglia d'argento.» La mia voce trema appena.
La mano continua a stringere la mia, a contatto col mio anello freddo, nuovamente a mezz'aria. L'altra mano si poggia sul mio fondoschiena, obbligandomi a piegarmi indietro.
In questo casquet aggraziato il suo viso si avvicina, sento i suoi capelli pizzicarmi la fronte.
«Perchè ti ho fatto una promessa.»
Socchiudo gli occhi. Le sue labbra premono sulle mie, e non importa se in sala tutti ci stanno guardando. Non valgono nulla. Nient'altro vale nulla.
For you I have to risk it all
Cause the writing's on the wall

 
 
   
 
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