Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Celtica    19/12/2016    4 recensioni
[ Modern!AU! | Sansa/Petyr | Sansa/Sandor ]
È come se la stessero strattonando:
Da una parte c’è Petyr Baelish, che Sansa accoglie come il salvatore, colui che l’ha portata via dal suo ex, Joffrey; dall’altra il Mastino, in una spirale di amore/odio.
In una città dove a regnare è l’azienda dei Lannister, Sansa sembra trovarsi al centro di un complotto.
Ma chi è il vero nemico?
Dal capitolo uno:
«Vieni con me» dice Petyr, facendole segno di salire in macchina.
Sansa non sa perché, ma obbedisce. È ciò che ha fatto per tutta la vita: obbedire. Sempre e comunque.

Dal capitolo due:
«Dove mi stai portando?»
È un sussurro, ma a lei sembra di averlo gridato.
Si chiede cosa ci sia oltre gli alberi, magari un luogo nascosto dove Petyr vuole farle del male.

Dal capitolo sei:
«Per favore…» sussurra ancora lei, spingendo la mano di Sandor con la sua.
È ruvida e fredda come il ghiaccio, eppure, nello sguardo di lui, Sansa riconosce qualcosa che è abituata a vedere da tutta una vita.
Desiderio.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joffrey Baratheon, Jon Snow, Petyr Baelish, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Vieni con me 21
Trailer

n


 

 

S

ono acqua e sale, Sansa e Arya, sorelle che potrebbero completarsi senza riuscirci mai davvero.
Petyr le guarda camminare davanti a sé, mentre salgono le scale per raggiungere Robb.

Lo vedrò anch’io.
Cosa dirà quando lo troverà con loro? Quando saprà del suo ruolo di accompagnatore? Cercherà di impedirglielo? O si sentirà più sollevato…?
«Robb!» chiama Arya, correndogli incontro. «Parto anch’io.»
Il primogenito di Cat ha i suoi stessi occhi ribelli, il colore dei capelli simile a quello di sua madre, eppure, nel suo sguardo, Petyr vede la freddezza degli Stark. E riconosce il sospetto, quando li vede posarsi su di lui.

«Arya? No» mormora, lanciando un’occhiata di rimprovero a Sansa. «Mi servi qui. Chi baderà a Bran? Non posso permetterti di andare.»

«Non puoi impedirglielo.»
Stranamente, a parlare è proprio Sansa, mentre Robb posa ancora gli occhi su Petyr senza riconoscerlo. Poi, finalmente, sembra riuscirci.

«Baelish? Il compagno di scuola di nostra madre, giusto?»
Non solo quello. Petyr fa un cenno con la testa per dire di sì, e rimane in silenzio.

«È con me» riprende Sansa, facendogli segno di restare indietro. «Ma è una storia troppo lunga da raccontare.»
«Robb, non puoi impedirmi di andare!»
«E Bran? Chi si occuperà di Bran e Rickon?»

Sansa posa una mano sul braccio di Robb, e Petyr – senza sapere perché – sente un piccolo moto di gelosia nascergli dentro.
Sono fratelli, dice tra sé e sé, come se servisse a placare quel calore.

«Parlerò con Bran. È grande abbastanza da capire, Robb. E poi ci saresti tu.»
«Io lavoro, Sansa! Come puoi pensare…»
Ma Sansa solleva una mano per interromperlo. «Lo so, ma puoi prenderti una pausa. Chiedere qualche giorno. Noi torneremo presto, te lo prometto.»
«Sì, non devi temere per noi» dice Arya, chiudendo la mano a pugno e spostando il peso da un piede all’altro. Petyr sa a cosa sta pensando, a quale episodio. «E poi ci sarà lui con noi.»

Robb lo guarda, ed è come se gli stesse chiedendo di badare alle sue sorelle, di proteggerle. Senza conoscerlo, senza sapere ciò che ha fatto – ciò che farà – il giovane Stark si sta fidando di lui.
Perché? Si chiede Petyr. Come può essere così ingenuo? Così simile a suo padre?

Lui annuisce lentamente.
Non aveva bisogno della sua richiesta… se ha deciso di partire con Sansa è proprio per poter badare a lei. Per avvicinarsi ancora.

«Saluto Jon» dice Arya, nel momento in cui Robb acconsente. Petyr la vede raggiungere il letto dove riposa il ragazzo, i tubicini che escono da sotto le lenzuola, le macchine a cui è collegato, il cui ticchettio arriva fino in corridoio.

Sansa si avvicina a Robb, china la testa e si morde un labbro. Ha paura, capisce Petyr. E cerca conforto da lui. Li guarda stringersi, socchiudere gli occhi, godere di quella vicinanza di cui si sono privati per tanto tempo.
Non c’è imbarazzo, solo amore per la famiglia e bisogno di ritrovarsi.

Nella stanza in fondo, Arya si è appena chinata sul fratellastro, e Petyr percepisce il bacio sulla fronte senza vederlo, come se ce l’avesse davanti… Le dita che artigliano le lenzuola, le labbra che sfiorano la pelle, come mute promesse di ritorno, di speranze, di aiuto.

Sono diverse, le sorelle Stark, eppure, in fondo, così simili…

Sansa raggiunge Arya, chiudendosi la porta alle spalle, e Petyr perde ogni contatto con quel momento così intimo. Robb sembra volergli parlare, fa un passo avanti e si ferma.
Ha cambiato idea, pensa Petyr, osservandolo tornare indietro e raggiungere le sorelle.
Lui rimane isolato da quel mondo, da quella famiglia a cui ha dato – e tolto – così tanto, per cui si è perso, struggendosi per anni, fino alla resa.

E alla ripresa, quando ho incontrato Sansa.

Quando le ragazze escono, non servono parole per sapere quale sia il prossimo passo prima della partenza.
Sandor sta fumando una sigaretta, e Petyr riesce a scorgere i suoi occhi posati su Sansa mentre si avvicina all’auto. C’è brama, e desiderio, e qualcosa di celato tra loro, che forse lui non scoprirà mai.

Sansa si stringe le mani intorno al corpo, come se quel gesto potesse proteggerla da tutti loro. Ha la stessa camicia che indossava al mattino, quando Petyr è stato così vicino a lei, a un soffio dal baciarla…
Quando ha scorto quella vena di morte, e vendetta, e speranza, sentendo una voglia folle di prenderla e farla sua, anelando alla sua innocenza, a quella sorta di luce e oscurità che sembra caratterizzarla. E che lo fa impazzire.

“Lo voglio morto”, Sansa non lo ha mai detto, eppure Petyr le ha letto quel messaggio negli occhi, l’ha sentita implorare piano, senza bisogno di usare le parole.
E l’ha accontentata.

Non l’ho fatto solo per lei, confessa a se stesso. Ma ricaccia quella verità a fondo dentro di lui, come se non potesse permettersi di lasciarla fuggire.

«Non possiamo andare via!» grida Arya, riportandolo nel tiepido parcheggio dell’ospedale, con gli occhi puntati sul profilo di Sansa. E sul modo in cui il Mastino la guarda…
Sandor sbuffa, come se non ne potesse più di aspettare. Getta il mozzicone a terra e lo calpesta con la scarpa.
«Perché?» domanda Sansa. Ha il volto stanco, come se avesse passato la notte insonne.

«Devo avvertire Gendry. Dovevamo vederci questa sera.»

«Dobbiamo anche passare da casa. Devo controllare una cosa…» spiega lei, prendendo a fissare le ruote della macchina.
«Qualcosa di utile per Jon?»
Le due sorelle si guardano – occhi diversi che si scambiano messaggi diversi – ma Petyr non riesce a comprendere i loro sguardi.
«Forse» sussurra lei, prima di salire in auto.

L’appartamento di Londra non dista molto dall’ospedale, e Petyr fa presto a raggiungerlo. Quando accosta, Arya è la prima a scendere, spingendo contro la porta della macchina, dalla parte di Sandor.

«Voi restate qui.»

Un colpo secco del Mastino allo sportello e la ragazzina è a terra.
«Arya!» grida Sansa, preoccupata. Petyr scende, osservandola raggiungere la sorella. «Ti sei fatta male?»
«No» mormora, rialzandosi. «Ma loro restano qui.»

Sansa non sembra d’accordo; lancia un’occhiata a Petyr come a chiedergli scusa, come a dirgli che è per Sandor – per ciò che ha appena fatto – se non insiste, se li lascia fuori.
Lui fa un cenno con la testa, e le guarda sparire nel portone.

«Non hai detto niente» ringhia il Mastino, con una nuova sigaretta tra le dita. «Ci ha lasciati qui come cani alla catena.»
«Non è una novità per te» sogghigna Petyr.
Sandor gli mostra il dito medio e solleva gli occhi al palazzo alto dove sono appena entrate le ragazze.

Sansa mi avrebbe fatto entrare, pensa lui, chiedendosi da quale finestra potrebbe affacciarsi la figlia di Cat. Se fossi stato da solo… ora sarei di sopra con lei, invece che qui sotto con lui.

Non passa molto che il cellulare di Petyr prende a squillare. Che sia Lysa? Shae avrà avuto problemi con Robin?
O si tratta di affari?
Sandor posa gli occhi su di lui, tanto che Petyr si vede costretto ad allontanarsi. Il numero è sconosciuto, così fa un bel respiro prima di rispondere.

«Sì?»

«Lord Baelish, che sorpresa. Ti credevamo tutti morto.»
Cersei.

Petyr si allontana ancora dal Mastino, prima di rispondere. «A cosa devo il piacere di…»
«Nessun piacere» lo interrompe lei, glaciale. «Almeno, non per me.»

Petyr riesce a immaginarla, mento in alto e schiena dritta, mentre lo guarda con freddezza.
«È un vero peccato…»
«Non credo, Ditocorto» Ora, dalla sua voce, Petyr è certo che lei abbia appena sorriso. «Nemmeno per te è un piacere sentirmi.»
Lui resta in silenzio, si sfiora la gola, quasi come se avesse il nodo di una cravatta da allentare. E aspetta.

«Sai» riprende Cersei, e dal tono sembra pronta a infierire su di lui. «Ci chiedevamo tutti dove fossi finito… Tu e quella stupida di Sansa.»
Lei fa una pausa, e a Petyr sembra di vederla mentre abbassa un momento le palpebre per mantenere il controllo.
«Finché qualcuno non ci ha chiamato… e vi abbiamo trovati a Londra» dice Cersei, gelida. «E il cane… è con voi. Non lo pensavo, non credevo che sarebbe arrivato a tradire. Quanto gli hai offerto, Ditocorto? Quanto gli hai dato per voltarci le spalle?»
D’istinto, lo sguardo di Petyr corre a cercare Sandor, trovandolo appoggiato al muro di fianco al portone. Stringe le labbra prima di parlare.

«Niente.»

Silenzio. Persino Cersei sembra incredula. Non quanto me quando l’ho capito.
«Che significa?»

Che il cane ha cambiato padrone.

«Non ho fatto nessuna offerta. Non ce n’è stato bisogno» sussurra, sapendo che sono le parole giuste per ferirla.
«Che cosa gli hai detto, Ditocorto

Mi basta nominare Sansa per farlo girare in tondo come una trottola. «Perché non lo chiedi a lui, maestà

«Lo chiedo a te.»

Petyr sogghigna, abbassa ancora la voce accarezzandosi il mento con le mani. «Dov’è Payne, Cersei?»
«Payne? Che c’entra, ora?»

Lo sa… o forse no.

«Sembra che si nasconda a Londra. Non era uno dei tuoi?»
«Lo è ancora.»

Petyr sorride, infila una mano in tasca e solleva gli occhi a osservare le finestre del palazzo. Dietro uno di quei vetri c’è Sansa.
«Devo supporre che sia stata tu a mandarlo qui, allora…»
«Ha una commissione da fare. Perché me lo stai dicendo?»
«Sembra che il tuo amico abbia investito il fratellino di Sansa…»
Cersei resta zitta. Non ne sapeva nulla, non è stata lei. Ma questo, pensa Petyr, non gli impedisce di sfruttare quel vantaggio. Anche se non è stata lei…

«Non ti credo.»

«È la verità. C’è chi lo sta cercando…» sussurra, mellifluo, prima di incrociare lo sguardo sospettoso di Clegane. «E quando lo troverà, non c’è bisogno che ti dica chi sarà il prossimo, vero?»
«Maledetto. Sarai tu il prossimo! Jamie ti ucciderà quando saprà delle tue minacce! Verrà a prenderti, Ditocorto, e non c’è bisogno che io ti dica cosa ti farà quando sarai nelle sue mani…»
Petyr prova un brivido. Fa un passo verso il Mastino, chiedendosi chi abbia mandato Payne.

Se scopro questo, Jamie Lannister non potrà toccarmi. E nemmeno Cersei…

«È stato Joffrey» riprende lui, ignorando gli avvertimenti di Cersei. «Non è vero? Quello che mi chiedo è perché colpire un ragazzino. Quale offesa può avergli recato?»
«Tu» La voce di lei è talmente bassa e roca da attraversarlo, come un fulmine. «Tieni fuori Joff dai tuoi intrighi…»

È stato lui… Deve essere stato lui.

«Chiediglielo» risponde Petyr, passandosi la lingua sulle labbra. «E poi richiamami.»

 

Arya sta parlando con Gendry al telefono in camera sua, e Sansa ne approfitta per sgattaiolare nel salotto dove ha dormito, e dove lo zaino e la sacca di Jon sono ancora nel pieno disordine.
Bran è appisolato sulla sedia a rotelle, di fianco al divano.
Lei fa un sospiro, spera di non svegliarlo, e raggiunge le cose del suo fratellastro. Lancia un’occhiata al ragazzino, giusto un istante prima di mettersi a frugare tra quella roba.
Vestiti, scarpe, documenti e una mappa.
Chiavi, acqua, biglietto del treno.
Niente di ciò che sperava di trovare, anche se alla fine, cercando di non farle tintinnare, Sansa infila le chiavi in tasca.

«Che cosa fai?»
Lei si volta, trovandosi sotto lo sguardo attento di Bran. Vederlo su quella sedia fa male, ma non quanto l’idea di Jon in quel letto d’ospedale, non quanto sapere di non poterlo aiutare.
«Dobbiamo andare via» mormora piano, come se lui stesse ancora dormendo e Sansa temesse di svegliarlo. «Io e Arya.»
«Dove?»

«A casa.»

È una parola. Eppure Bran sgrana gli occhi, un istante prima di assottigliarli. Come se lei avesse appena nominato suo padre e sua madre, come se gli avesse appena detto che li rivedrà presto.

«Vorrei venire anch’io.»
Ma non puoi…

Sansa annuisce, lo raggiunge e si inginocchia davanti a lui, posandogli le mani sulle ginocchia.
«Torneremo presto.» Torneremo, è il vero messaggio che gli sta dando.
Bran abbassa gli occhi sulle sue gambe; c’è un velo di rimpianto. Come se fosse colpa sua il non poter partire, il non poter camminare. Come se avesse perso qualcosa di più importante della vita stessa.
«Perché frugavi tra la roba di Jon?»

Speravo di trovare risposte.

«Per lo stesso motivo per cui devo andare a nord.»
«Me ne parlerà Robb?»
Sansa fa cenno di sì. «Te ne parlerà Robb.»

 

Dieci minuti e sono di nuovo in strada.
Arya sembra arrabbiata con Gendry, Sandor non le toglie gli occhi di dosso, e Petyr – lui, che Sansa crede di conoscere più di tutti – è strano. Assente.
Mentre sua sorella sale in auto, Sansa si avvicina proprio a lui, tenendosi a distanza dal Mastino.
«È successo qualcosa?» sussurra, trovando nei suoi occhi una risposta vaga. Vuota.
Petyr scuote la testa, poi le sorride. In ritardo, come se davvero avesse qualcosa da nascondere. «Possiamo partire?»

«No» dice Arya, affacciandosi al finestrino. «Devi portarmi da Gendry a dirgliene quattro.»

«Arya…»
«Niente “Arya”, Sansa! Gli ho chiesto di venire con noi e non ha voluto.»

Petyr ne approfitta per salire in auto, evitando di dover rispondere alle sue domande.
«Basta deviazioni» ringhia Sandor, battendo un colpo contro lo sportello.
«Sì, Arya… Pensa a Jon. Non può più aspettare.»

Sansa lo dice sedendole vicino, sui sedili posteriori. Vorrebbe sorriderle, dirle qualcosa di carino, rassicurarla. Ma non si sente tranquilla.
Non con loro tre in auto, non con due uomini di cui non conosce quasi nulla, se non i difetti peggiori. Non con sua sorella… con la persona che se n’è andata insieme a Robb tanto – troppo – tempo prima, quando Sansa ha preferito Joffrey alla sua famiglia.

“Robb non lo farebbe mai!” gridava contro di lui, ogni volta che si sentiva sola. Ogni volta che il suo fidanzato alzava le mani contro di lei.

“Robb non picchia le donne!”
Glielo rinfacciava continuamente. Al minimo insulto, alle prime strette di Joffrey, al suo primo schiaffo.

“Robb è un uomo. Non è come te.”

Era il suo ritornello preferito; mentre il resto della canzone erano umiliazioni e suppliche, Sansa si aggrappava a quelle parole per restare in piedi. Per affrontarlo. Sola.
Quante volte si era pentita di non essere partita per Londra? Quante volte aveva desiderato – sognato – il coraggio di prendere e tornare a casa, anche a costo di non avere nessuno accanto?

«Facciamo una sosta?» chiede Petyr, riscuotendola.
Un pensiero tira l’altro, e Sansa non si è accorta del tempo trascorso. Arya si spinge contro il sedile del guidatore, facendo cenno di sì, mentre lei resta in silenzio.
«Sì» dice Sandor, togliendosi la cintura che Petyr gli ha costretto a mettere. «Devo pisciare.»

Quando si fermano in una stazione di servizio, il Mastino sparisce all’istante. Anche sua sorella, che si fionda a comprare qualcosa da mangiare.
Petyr scende e si appoggia all’auto, accendendosi una sigaretta. Sansa è di fianco a lui.

«Me ne dai una?»

Si guardano e, all’improvviso, tutte le risposte che cercava diventano nulle. Le loro mani si sfiorano mentre Sansa sfila una sigaretta dal pacchetto, mentre spinge la schiena contro il vetro, e Petyr le si para davanti.

Sono così vicini che quando la fiamma dell’accendino prende a bruciare tabacco e cartina, è un altro il fuoco che vede. Negli occhi di lui, nella scintilla – più bella e luminosa – che gli ha visto anche quella stessa mattina.

Aspira e butta fuori il fumo girando la testa di lato, in modo da non colpire lui.
Fumano insieme, come se ci fosse stato altro tra loro, come se stessero condividendo chissà quale segreto. Sono così vicini che quando Petyr appoggia una mano contro il vetro dell’auto – proprio accanto a lei – il respiro di Sansa rallenta, si acquieta, come se servisse a ossigenare quel fuoco che brucia dentro di lei.

«Sei bella, Sansa.»
Quante volte ha sentito quella frase? Persino da Joffrey… Ma nella bocca di Petyr ha un altro sapore. Lo stesso di casa.

«Perché fai tutto questo?»

Non gliel’ha mai chiesto, pur desiderando farlo fin dal primo giorno.
Un altro risponderebbe alla sua domanda con un’altra domanda. Un altro resterebbe in silenzio, fingendo di non aver capito.
Ma Petyr allunga le labbra in un sorriso. In quel sorriso, che Sansa conosce tanto bene. Solleva la mano dal vetro e la posa con delicatezza sulla sua guancia, come in una carezza.
Le sfiora le labbra con il pollice, mentre abbassa lo sguardo.

«Per un sogno.»

 n

Note dell’autrice:

E ce l’abbiamo fatta! A dirla tutta avevo previsto anche l’arrivo a “casa” per questo capitolo, considerando che dovevano solo salutare i fratelli e avvertirli. Pazienza. È leggermente più breve dei precedenti, ma non penso sia un problema.
Adoro Petyr, e contando che scrivo di uno dei personaggi più odiati del fandom, vi ringrazio per continuare a seguire questa storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Celtica

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Celtica