A Trabia è sempre stato Natale, anche dopo l'attacco missilistico.
Dopo la morte di Artemisia, Selphie torna al proprio Garden e, fra ricordi e riflessioni, si ritrova a tirare le somme di quell'anno così particolare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Selphie Tilmitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
A Trabia è sempre stato Natale, anche dopo l'attacco
missilistico.
Dopo la morte di Artemisia, Selphie torna al proprio Garden e, fra
ricordi e riflessioni, si ritrova a tirare le somme di quell'anno
così particolare.
-Vado a Trabia, mi è venuta voglia di un po' di atmosfera
natalizia!-.
-Ma Selphie, siamo a primavera!-.
-Ma come, non sapete che a Trabia è sempre Natale?!-.
A Trabia era sempre stato Natale.
Per Selphie era impossibile immaginarsi il suo Garden senza quella fina
patina di cristalli bianchi e blu che ricopriva e impreziosiva ogni
cosa, intesseva merletti inghirlandati di diamanti sulle ragnatele e
spargeva granelli scintillanti sul freddo metallo del cancello.
A Trabia la vita sapeva di neve e sale che scricchiolavano sotto le
scarpe, di cioccolata calda a scottare la lingua, di aria pungente a
sferzare gli zigomi, di battaglie a palle di neve in giardino, di
pupazzi di neve a cui cedere la propria sciarpa, di spalate in
compagnia, della sensazione di caldo sul corpo freddo, di fiato
condensato, di giorni sotto lo stesso, pesante, cielo bianco, di bufere
improvvise e del fumo acre dei camini accesi.
Trabia erano mille, piccole abitudini irrinunciabili per il resto di
una vita: il doppio strato di calze, il thermos del caffè,
la trapunta fino al mento, disegnare sul vetro condensato, il sapore
della neve fresca.
A Trabia era Natale ogni giorno e per questo le decorazioni natalizie
non venivano mai staccate dal loro posto.
A Trabia il Natale era una tradizione ormai coincidente con la vita.
A Selphie Trabia mancava sempre terribilmente per questi ed altri
motivi, ma sapeva che quel piccolo angolo di tempo immoto sarebbe
sempre rimasto lì ad aspettare che lei tornasse dai suoi
giri per il mondo.
Tuttavia, da quando il Garden era stato distrutto dai missili inviati
dalla Strega, Selphie aveva conservato la dolorosa sensazione che quel
tempio incontaminato di felicità e serenità fosse
stato profanato e che non sarebbe stato più lo stesso.
Allora Selphie era tornata a Trabia e aveva ricevuto la spiazzante
certezza che la magia era stata spezzata e che il tempo aveva ripreso a
scorrere inesorabile, prendendosi tutto in una volta ciò che
non aveva toccato fino a quel momento.
Erano spariti luoghi e visi, risate e sorrisi, corse e giochi, scherzi
e guai.
Erano spariti i festoni natalizi: alcuni giacevano ancora inceneriti a
terra, altri erano appesi a un solo chiodo, oscillanti nel vento che si
infilava nei pertugi fra le assi divelte.
Perché a Trabia aveva cominciato a soffiare un vento
diverso, aggressivo, odoroso di pino e di fumo, di muschio e di cenere,
di legno bagnato e di sangue.
Perché a Trabia tutto aveva cambiato faccia e il freddo era
davvero entrato nel cuore di ognuno, facendo avverare le scherzose
parole di chi una volta aveva l'impressione che il gelo entrasse nelle
ossa se il cappotto non era ben chiuso.
Selphie era tornata nuovamente e aveva percorso in punta di piedi il
vialetto devastato da profonde spaccature, si era sporta oltre il bordo
della fontana centrale, le mani distese in avanti a sfiorare ormai solo
la pietra nera e incrostata di cenere, si era arrampicata sui detriti
più alti per respirare l'aria della sua Trabia, per nulla
comparabile a quell'ossigeno misto a polvere e fumo, aveva scavato a
mani nude e disseppellito i resti di decine di vite di cui non era
rimasta traccia, i ricordi di chi era bruscamente a sua volta divenuto
ricordo, oggetti malfunzionanti, alcuni rotti, altri
pressoché inservibili...come chi una volta se n'era servito,
del resto.
Selphie era sempre stata quella forte, a Trabia.
Il suo nome era entusiasmo, motivazione, consolazione, conforto,
incoraggiamento. Lei era l'alta percentuale che, se aggiunta a una
certa probabilità, rendeva possibile l'impossibile e
fattibile il supposto.
In questo lei non era mai cambiata, a differenza di quel luogo, che era
cambiato radicalmente proprio quando se n'era andata a inseguire il
proprio futuro, come un uccellino spicca il volo da sotto l'ala della
madre.
Forse era stato per quello che, quando era tornata, tutti le si erano
fatti attorno così entusiasti: in lei era sopravvissuto
ancora quel pezzo della vecchia, cara Trabia di una volta, un ricordo
che nessun missile avrebbe mai potuto polverizzare.
Allora lei era diventata casa, era diventata quella madre dalle ali
protettrici, era diventata la consumata effigie di un passato
contemplato con un'ammirazione mista a una sorda, pulsante, amara
nostalgia.
Lei, il simbolo di una Trabia piena di vita, di quel punto nero
nell'immensa e inospitale distesa di ghiacci del continente, era
tornata a una Trabia messa in ginocchio, esposta, silenziosa e discreta
come un moribondo lasciato al suo destino, muta come la distesa di
lapidi sparpagliate in un angolo allestito alla bell'e meglio.
L'angolo dei morti non apparteneva all'immagine originale della vecchia
e ridente Trabia, divenuta ormai un involontario e doloroso termine di
paragone con la realtà presente.
Quell'angolo sorgeva in disparte, era cresciuto quasi spontaneamente
dal terreno, come se esso fosse stato reso paradossalmente fertile
dalle lacrime, dalla cenere, dal sangue.
Era un posto che si avrebbe tanto voluto accantonare, ma che il
rispetto e il dolore riempivano di fiori, preghiere, ginocchia a
contatto con la terra, labbra a sfiorare la fredda pietra delle lapidi.
Era il simbolo della tragedia appena avvenuta, come una ferita fresca a
squarciare la carne, che forse avrebbe fatto meno male dimenticare, ma
che tuttavia aveva bisogno di cure, proprio perché recente.
A questo ed altro aveva pensato Selphie, mentre, inginocchiata di
fronte alla lapide di uno dei suoi più accaniti rivali a
palle di neve, si chiedeva se il bilancio delle vite salvate e di
quelle perdute fosse più verde, come le chiome dei pini che
una volta popolavano il boschetto attorno al Garden, divenuto ora una
triste distesa di cenere, oppure più rosso, come la scritta
sullo striscione campeggiante in piazza, "Arise".
E tutti si erano impegnati davvero a far risorgere il Garden, con tanto
entusiasmo da non dormirci la notte, da saltare i pasti e sospendere le
lezioni, con il dolore come fonte di energia, con la speranza come
guida.
Ora al centro della piazza la fontana era tornata a gorgogliare, i muri
erano stati riverniciati, i detriti rimossi. Solo il vialetto
principale era rimasto nelle stesse condizioni di prima,
perché era stato impossibile rimediare al danno permanente
dei missili, ma esso era stato rivestito di un lungo tappeto rosso, che
tracciava una strada sicura fra una voragine e l'altra.
Quando l'aveva percorso, Selphie aveva sentito il cuore batterle come
un tamburo nel petto, tanto che si era fermata pensierosa sull'orlo di
una crepa a domandarsi se stava per rivedere una terza Trabia, diversa
dalle due dei suoi ricordi.
Era stata la sua amica a trovarla e ad accompagnarla nell'esplorazione
di un mondo nuovo, perché risorto, ricostruito sui frammenti
dei ricordi, ma anche vecchio, perché improntato sul modello
di un passato che non era mai rimasto alle spalle, ma aveva sempre
camminato al fianco di tutti coloro che l'avevano vissuto, anche solo
per pochi anni.
Per quel motivo Selphie poteva dire che a Trabia era Natale anche dopo
l'attacco missilistico: i festoni e le ghirlande erano tornati a
dondolare al leggero e pungente vento primaverile, la neve era tornata
ad accumularsi e ad essere accumulata in ogni angolo, le piccole
abitudini erano riaffiorate spontanee e gradite a tutti.
Tuttavia, era stato più difficile del previsto e questo
Selphie l'aveva notato sin da subito. C'era una sottile forma di
prudenza in tutti gli animi, manifestata nella voce bassa con cui si
parlava della quasi recente disgrazia, nella timidezza dei sorrisi,
nella discrezione delle risate, nella brevità delle
battaglie a palle di neve. C'era quello e molto altro, come ad esempio
l'angolo dei morti, che non poteva certamente essere interessato al
processo di "resurrezione" che il Garden stava tentando.
Ma per questo Selphie non si era sentita di chiedere perdono,
perché credeva fermamente che gli sforzi di chi provava
speranza portassero comunque a qualcosa di buono, come
effettivamente era accaduto.
E se non era stato possibile riportare subito il passato al presente,
forse era più naturale che il presente ritornasse
spontaneamente al passato, o comunque a uno stato che ognuno di loro
potesse definire "casa".
Selphie si era guardata intorno e aveva realmente riconosciuto una
terza Trabia attorno a lei, ma quella era una Trabia coraggiosa,
cresciuta, maturata con sofferenza, ma anche arricchita, per quanto
possibile, dall'esperienza vissuta.
In quella Trabia Selphie sentì di riconoscersi
profondamente, sentì la propria diversità dalla
persona che era partita da lì un anno prima e vi era
successivamente ritornata spezzata, provata da una missione fallita e
dal peso di chissà quante vite bruscamente interrotte.
In quella Trabia Selphie si sentì accolta come una volta,
forse perché lei stessa era cambiata, forse
perché aveva tanto bisogno di un posto che l'accogliesse,
ora che la lotta contro il male era stata vinta e i pensieri potevano
tornare a contemplare gli orizzonti infiniti di una vita in pace.
Forse era stato quello a disorientarla e a cercare un punto di
riferimento nella sua Trabia ridente, spezzata e successivamente
risollevatasi in piedi, un po' come il resto del loro mondo.
Eppure Trabia sola era stata la sua casa; lo era stata
perché ci era cresciuta, perché aveva accolto i
ricordi più dolci della sua vita, perché le aveva
insegnato ciò che non avrebbe mai scordato: l'amicizia, il
coraggio, il rispetto, il valore.
E se Selphie si poteva rispecchiare nella Trabia che in quel momento si
trovava attorno a lei, se da essa aveva imparato il peso enorme del
"risorgere", non vedeva perché non dovesse chiamarla ancora
"casa".
Trabia era ancora casa sua, lo sarebbe sempre stata, con il suo Natale
perenne a chiederle ogni giorno il bilancio annuale, su cui lei si
stava ancora interrogando.
Sì, ci stava ancora riflettendo, ma una lenta consapevolezza
aveva fatto capolino ai bordi del suo cuore profondamente commosso: non
importava il fatto che quel bilancio fosse rosso o verde,
perché pesare con la stessa unità di misura delle
vite perdute accanto a degli sforzi che non avevano ancora maturato
tutti i loro frutti era una pretesa troppo ambiziosa.
Importava invece che, per il semplice fatto che Trabia viveva ancora ed
era un modello di forza per lei stessa e per gli altri, il percorso in
salita del suo Garden non potesse essere considerato fallimentare.