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Autore: _Trixie_    25/12/2016    11 recensioni
Un capitolo al giorno, dal primo al venticinque dicembre, su Emma e Regina alle prese con il Natale. Anzi, con un doppio Natale: quello presente, nei giorni dispari, e quello passato, nei giorni pari.
(I capitoli saranno molto, molto brevi).
Buona lettura e buon Natale.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicembre, 25 - Natale
 
 
 
 
 
I won't ask for much this Christmas
I won't even wish for snow, and I
I just wanna keep on waiting
Underneath the mistletoe
-  All I want for Christmas is you, Mariah Carey
 
 
 
 
«Emma».
«Ehi».
«Ehi».
Emma si schiarì la voce.
Regina bevve un lungo sorso di champagne.
Si impose di abbassare il bicchiere.
Sarebbe stato decisamente troppo imbarazzante chiederne già un altro.
Emma strisciò i piedi a terra, nervosamente. Forse non era stata una buona idea, quella di parlare a Regina senza sapere esattamente cosa dirle.
Ma c’erano tante cose che voleva dirle.
«Come vanno le cose, qui? Storybrooke è tranquilla come sempre?» tentò la ragazza.
«Sono sicura che Snow ti abbia tenuta aggiornata su tutti i pettegolezzi cittadini» rispose Regina, educatamente. Il tono neutro, il sorriso tirato non raggiungeva gli occhi. «Alle sue chiamate rispondi, mi ha detto».
Emma chiuse gli occhi, un nodo in gola.
Ovviamente non ci sarebbe mai stato modo per evitare le frecciatine di Regina.
E non solo perché, effettivamente, Emma se le meritava.
Ma perché lei era pur sempre Regina e Regina era così. Dolceamara, come una mela avvelenata.
Emma si era innamorata di lei anche per questo.
«Mi dispiace» concesse Emma, facendo un passo avanti, in un sussurro.
«Per non aver risposto alle telefonate? O per essertene andata, così, senza aggiungere una parola? Non un saluto, non un messaggio. Nulla. A parte la spazzatura. Perché dannazione a te se ti sei ricordata una singola volta di portare fuori la spazzatura!» rispose Regina, quasi senza fare pause tra una frase e l’altra, ma sempre mantenendo il controllo della propria voce. Non c’era motivo di rovinare la festa di Snow.
La spazzatura, pensò Emma, incredula. Regina ricordava la spazzatura, solo Regine se ne sarebbe potuta ricordare.
«Mi sei mancata» sfuggì alle labbra di Emma, prima che potesse trattenerlo. E Regina rise appena, incredula.
«Scusa, non avrei dovuto dirlo» disse la ragazza. «E… non avrei dovuto andarmene. Sarei dovuta restare. Avrei dovuto rispondere alle tue telefonate. Mi dispiace».
Lo sguardo di Regina si indurì. La donna scosse la testa.
«Perché te ne sei andata, poi? Potevi tagliare un altro ramo del mio albero di mele, se proprio volevi farmela pagare. Ma un anno senza tue notizie… Un anno senza di te, Emma».
La ragazza chiuse gli occhi. Si passò le mani tra i capelli.
«Io-» scosse la testa.
Prese il bicchiere di champagne dalle mani del sindaco e ne vuotò il contenuto.
«Non preoccuparti, prenditi anche questo, di me. Non che sia rimasto molto, da quando te ne sei andata» commentò Regina, un sorriso sarcastico in volto.
Emma le restituì il bicchiere di champagne, vuoto.
«Ho avuto paura. Ho avuto paura di venire a vivere con te. Ho avuto paura di noi. Ho avuto paura di… credere che, finalmente, ero arrivata. Ero arrivata a casa mia. E non sto parlando di casa tua in senso letterale, Regina» disse la ragazza, fermando le proteste del sindaco. «Sto parlando di te. Potrei trovarmi nel bel mezzo del deserto e, se tu fossi con me, io non avrei bisogno di altro. Tu sei, Regina, la mia casa.
Ma ho avuto paura che tu te ne saresti andata.
Perciò ho pensato di farlo io, di andarmene perché forse così avrebbe fatto meno male».
«Tutto questo è ridicolo».
«Mi sbagliavo. E ogni giorno mi dicevo che l’indomani sarei tornata a casa, sarei tornata da te. Ti avrei chiesto scusa per la mia reazione. Avrei preso la chiave, se tu me l’avessi offerta di nuovo» continuò Emma.
A stento dominava l’impulso di prendere le mani del sindaco e intrecciarle alle proprie.
Le era mancata, Regina. E non solo perché quella sera era splendida, il vestito attillato, dal collo stretto, colore dello zaffiro.
Regina era uno zaffiro, per Emma.
«Ma non sei tornata».
Emma sorrise tristemente.
«La verità? Con il passare dei giorni, ho capito di non avere motivo per ritornare. Perché immagino che tu di me non ne voglia sapere più nulla e probabilmente questa è l’unica cosa su cui mai ammetterai che ho ragione.
Con il passare dei giorni, tornare aveva sempre meno senso. Perché avevo bruciato la mia possibilità con te» rispose Emma, stringendosi nelle spalle.
Regina non rispose, ma si limitò a guardare Emma con sguardo indagatore.
La ragazza sospirò.
«Non era mia intenzione dire tutto questo. Vado a cercare Henry, buona serat-»
«Non ho assegnato a nessuno la carica di sceriffo».
«Oh» fece Emma, disorientata. «Mary Margaret questo non lo ha detto».
«Cosa vuoi che faccia?» domandò Regina, trattenendosi a stento dal commentare acidamente sul fatto che le uniche informazioni che Snow non sapeva tenere per sé erano i segreti altrui.
«Cosa intendi?»
«Cosa vuoi che faccia per la carica di Sceriffo? Devo nominare un’altra persona? Vuoi riassumerla a pieno titolo?»
Emma spalancò la bocca. «Mi stai dando la possibilità di rimanere?»
«Sono qui. Sono sempre stata qui. E non ho intenzione di andare da nessuna parte. Hai detto di voler tornare, ora hai la possibilità di tornare.
Sono ancora qui. Perché talvolta sei insopportabile, Emma, e fai saltare ogni singolo nervo del mio corpo con la tua testardaggine, ma io sono ancora più testarda di te.
Sono ancora qui e non ho intenzione di muovermi. Non lontano da te, non vicino a te. Se vorrai tornare a Boston, non ho alcuna intenzione di impedirtelo, ma gradirei che per il futuro mantenessimo rapporti civili, se non altro per Henry.
Ma soprattutto, Emma, se vuoi andartene, e andartene per tornare mai più, questa volta vorrei che tu me lo dicessi. Perché sarò qui, finché tu non mi lascerai andare. E rimanere così, sospesa… Devo muovermi, Emma.
Verso di te o lontano da te».
Ed eccolo, di nuovo, nel basso petto, quell’impulso che ordinava a Emma di scappare.
Ma guardò gli occhi di Regina e gli occhi di Regina le raccontavano di un dolore cui Emma voleva mettere fine.
Un dolore che Emma condivideva.
Un dolore che Emma aveva loro inflitto.
Per paura del domani, per paura di amare.
Fece un passo verso Regina.
Il sindaco trattenne il fiato.
«Rimango» disse Emma. «Mi dispiace di essere scappata in quel modo. Voglio rimanere» ripeté, con le lacrime agli occhi.
Regina tirò un sospiro di sollievo.
Fece un passo verso Emma e le spostò una ciocca di capelli che era fuggita alla treccia.
L’orologio di Storybrooke iniziò a suonare.
Dodici rintocchi e sarebbe stato di nuovo Natale.
«Non scappare di nuovo, Emma» disse Regina, la voce tremante, come il rintocco che si era appena spento.
«Troverò un modo per rimediare» rispose la ragazza, un nuovo rintocco. «Per farmi perdonare» aggiunse, prendendo la mano di Regina e baciandole l’interno del polso mentre l’orologio rintoccava per la terza volta.
«Emma-»
«Sono seria» disse la ragazza. «Non posso pretendere che le cose ricomincino da dove le ho interrotte. Ci abbiamo messo anni, decenni per trovarci. Ed è bastato un attimo perché io distruggessi tutto quanto».
Erano già all’ottavo rintocco e il cuore di Regina batteva, batteva davvero, dopo così tanto tempo.
Ed Emma era lì.
Emma era lì e aveva ragione, anche se Regina non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, sul fatto che fosse loro servito tanto, tanto tempo per trovarsi.
E Regina non voleva sprecarne altro.
Un nuovo rintocco.
«Perciò questa volta ho intenzione di rimanere e ricostruire tutto quanto. Non importa quanto tempo ci vorrà, e probabilmente non sarà mai abbastanza, ma non mi importa davvero. Voglio rimanere» disse lo sceriffo di Storybrooke.
Mancavano solo tre rintocchi.
«Emma» la chiamò Regina, accarezzandole una guancia.
Due rintocchi.
Regina sorrise.
Un solo, singolo rintocco.
E Regina fece un nuovo, piccolo passo verso Emma.
L’orologio di Storybrooke rintoccò per la dodicesima volta.
«Emma» bisbigliò Regina. «È… Natale. Sei tornata. E io ti ho già perdonata».
«Davvero?» domandò la ragazza, con un filo di voce.
Regina non rispose.
Non a voce.
Regina baciò Emma, a fior di labbra, delicatamente, come aveva sognato di fare in tante notti, come credeva che non avrebbe mai più potuto fare.
Emma baciò Regina, a fior di labbra, delicatamente, promettendole che sarebbe rimasta, promettendole che questa volta non avrebbe sprecato la loro felicità.
Sopra le loro teste penzolava, inosservato, un piccolo ramo di vischio.
E in quel giorno di Natale la neve tornò a cadere dai cieli di Storybrooke.
 
 
 
 
 
 
NdA
 
Buon Natale, Swen 😍🎄
 
Iniziamo dai piccoli dettagli: “Regina era uno zaffiro, per Emma” è un’analogia che si lega a una delle possibili origini del nome zaffiro, dall’ebraico “la cosa più bella”. Oltre ad altri significati che lo zaffiro ha assunto nel corso dei secoli.
 
Vorrei poi ringraziare – e non solo perché è Natale – il supporto di Isarainbow. Questa raccolta sarebbe stata sicuramene diversa senza le sue osservazioni e gli incoraggiamenti e tutto quanto. Grazie 💙💚
 
Un grazie ovviamente a tutti voi che avete letto e commentato questa piccola raccolta. Per me è stata una piccola magia di Natale. Grazie, infiniti grazie 😍
E per ringraziarvi (e spero che sia gradito) ho pensato di aggiungere ancora un pezzettino, a questa storia. Altri due capitoli, uno per il passato (31 dicembre) e uno per il presente (1 gennaio).
(Verranno però pubblicati al di fuori di questa raccolta).
 
Grazie, anche per la pazienza di leggere tutte queste NdA, e tanti, tanti auguri! 😘
T. 


 
   
 
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