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Autore: determamfidd    25/12/2016    2 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«THORIN!»

Alzando lo sguardo dai suoi progetti, Thorin si massaggiò gli occhi. «Dáin?»

«Thorin, devi venire ORA!» suo cugino apparve alla porta, i suoi capelli selvaggi quasi dritti per l'eccitazione «Sono arrivati a casa – sono a casa – sta iniziando!»

«E tu sei deliziato o preoccupato da questo fatto?» disse Thorin asciutto, e Dáin alzò le mani.

«Non posso essere entrambi? ANDIAMO, lumacone nobile, ora di guardare! Ho messo i miei soldi su Glóin»

«Stai dando retta a Nori?» chiese Thorin, seguendo Dáin per i corridoi a passo svelto. Dáin sbuffò maleducatamente.

«Non do retta a nessuno, sono mesi che aspetto che succeda»

«Nadad, hai sentito...?» ansimò Frerin, fermandosi quando li incrociò fuori dal grande portale intarsiato in perla della Camera di Sansûkhul.

«Aye, Gimli è a casa – e quindi inizia» Thorin li guidò dentro, e Frerin corse come argento vivo alla sua sedia.

«Muovetevi, muovetevi» disse Dáin, spingendoli, e si mise a fissare le acque con una specie di terrore gioioso.

Thorin scosse la testa, e seguì suo fratello e suo cugino nelle profondità stellate.

Poté udire Gimli prima di vederlo. «...non importa cosa succeda» stava dicendo piano la sua stella «Non mi separeranno da te. Ricordalo quando sentire qualsiasi parole possano dirci.»

«Anche te, elen nín» rispose Legolas, ugualmente piano «Supponi ci saranno molte parole crudeli?»

«Non ho idea di cosa aspettarmi» sospirò Gimli. Thorin socchiuse gli occhi, e i bastioni esterni di Erebor apparvero davanti a lui. I due stavano camminando attraverso i Cancelli aperti dentro la prima camera di Ingresso, guidando Arod per le redini. «Ci sono delle sentinelle in questa stanza: ci sono sempre state. Più i Nani che lavorano alla porta, certo.»

«Non riesco a vederli» disse Legolas, guardandosi attorno. La grande caverna era piuttosto luminosa, rischiarata da specchi posti sul soffitto. C'erano sentieri lungo le mura, e alte ringhiere di pietra a proteggerli. Nessun Nano, però. Non c'erano Nani in vista.

Gimli gli sorrise. «Certo che no, sono nascosti. Non sarebbe molto difendibile se riuscissi a vederli quando arrivano, no?»

«Gimli! Gimli, a casa finalmente!»

L'urlo rimbombò per la caverna, e la bocca di Gimli si spalancò e lui si voltò per guardare un altro Nano con i capelli grigi e la testa pelata che correva verso di lui. «Dwalin!»

«Idiota di un ragazzo, ce ne hai messo di tempo!» ruggì Dwalin, e trascinò Gimli in un enorme abbraccio prima di battere le loro fronti una contro l'altra «Lasciati guardare! Ah, ti sei preso un colpo in testa là, vedo la cicatrice! Non ti sei ricordato di abbassarti, o eri troppo occupato a mandare baci agli Elfi?»

Gimli spinse via Dwalin. «Mi sono abbassato abbastanza, ed era solo un graffio. Tu me ne hai date di peggio.»

«Certo che l'ho fatto» disse Dwalin, e diede una pacca sulla spalla di Gimli, sorridendogli «È fantastico vederti, magashrûn! Con i capelli e la barba pettinati così quasi non ti riconoscevo!»

«Non è stata una mia idea» disse Gimli, ghignando.

In quel momento, gli occhi di Dwalin andarono a Legolas. Erano cauti e guardinghi, ma non arrabbiati. Thorin lo notò con sorpresa. «Così ho sentito. Beh, muoviti, non serve a nulla stare in piedi alla porta tutto il giorno.»

Arod venne dato a uno stalliere (che guardò il cavallo con un certo nervosismo: le bestie più grandi che avevano in genere erano pony o maiali). Poi Gimli e Legolas seguirono Dwalin in un tunnel laterale, e nei corridoi interni della Montagna. Dei sussurri giunsero dalle gallerie attorno a loro quando passarono, e le orecchie acute di Legolas non potevano non averli sentiti. Thorin guardò l'Elfo. Sembrava a suo agio a prima vista, ma uno sguardo più attento poteva notare che il suo collo era rigido e il suo mento tenuto con perfetto controllo, come se stesse solo mantenendo una recita a cui era abituato.

«Avete ricevuto... altri visitatori» chiese Gimli, il più delicatamente possibile.

«Aye, abbiamo ospiti un intero sciame di Elfi da mesi ormai. E anche Uomini, anche se la maggior parte sono tornati a Dale. Avete visto le ricostruzioni?»

«Passando, sì, ma non ci siamo fermati» disse Gimli. Le sue impazienti domande luccicavano nei suoi occhi. «Dwalin...»

«E anche qualche altro visitatore. Mia moglie era contenta di vederli» continuò Dwalin con lo stesso tono burbero «Una bella sorpresa per me, lasciatelo dire.»

Gimli fece un sospiro. «Aye. Ci scommetto. L'ho trovato sorprendente anch'io.»

«Non hai pensato di dirmelo?»

«Ho pensato» disse Gimli, studiando la punta dei suoi stivali «che probabilmente non era una buona mossa darti delle notizie che avrebbe dovuto dirti lei. Non mi metterei mai in mezzo a una coppia di sposi. Soprattutto se sono pericolosi quanto voi due.»

«Ha» Dwalin alzò un braccio e spettinò i capelli perfetti di Gimli, un gesto chiaramente affettuoso «Mi ricordo una volta che me l'hai detto in un campo di addestramento.»

«Aye, e tu mi hai fatto mangiare la polvere lo stesso» ghignò Gimli sopportando l'affetto brusco.

«Pensavo che Náli fosse stato tuo insegnante, meleth nín?» disse Legolas.

«Ah! Náli fu mio insegnante nei miei anni di Apprendistato. Una volta che terminai il primo addestramento e la specializzazione, Dwalin ebbe il piacere di picchiarmi» rise Gimli.

Dwalin lanciò uno sguardo torvo a Legolas, ma la sua voce non era ostile quando disse: «il mio miglior studente.»

«Allora sei davvero un insegnante dotato, perché Gimli è uno dei migliori guerrieri che io abbia mai conosciuto» disse Legolas, e la sua voce era anch'essa cautamente neutra.

«Bei complimenti da uno che senza dubbio ha visto molti guerrieri nei secoli» disse Dwalin.

«Ma non da un marito» disse Legolas, senza pensare. I sussurri attorno a loro cessarono per un istante, e poi raddoppiarono. Gimli fece una smorfia.

«Oh, girerà per la Montagna come un incendio. Non avresti dovuto dirlo, ragazzo»

Dwalin stava guardando Gimli ora, i suoi occhi seri e fissi. «Parlando di cose che non dovrebbero essere dette, io non menzionerei il fuoco sotto la Montagna: brutto argomento. E tu non avevi abbastanza ghiaia da masticare in quel piatto che ti sei preparato, dovevi aggiungerne altra?»

«Sposati nel modo Elfico!» protestò Gimli.

Dwalin sospirò. «Non lo rende migliore, ragazzo. Andiamo, siamo quasi arrivati. Saranno tutti in Consiglio a quest'ora. Idea dell'Elminpietra. Non fa che parlare di “forgiare connessione” e “condividere idee” e “dibattito”.»

«Mi sembra una buona idea»

«Mi sembra noioso, vorrai dire» grugnì Dwalin «Dovrei metterti ai turni di pulizia per il resto della tua vita.»

«Gimli!» giunse un urlo, e lui batté le palpebre e si voltò. Correndo verso di lui era Dori, Bofur alle calcagna. Il passo di Dori era in un certo senso irregolare, come se si fosse fatto male alla schiena. Bofur aveva uno spesso paio di occhiali e portava un bastone, ma seguiva Dori abbastanza bene.

«Gimli, a casa finalmente, giovane mastro Gimli!» urlò Dori, e strinse il Nano più giovane in un abbraccio «Ora, si faccia guardare! Tsk, terribile, è scandalosamente magro, sua madre avrà un colpo. Farò un po' di pudding per lei. Ah, si è bruciato! Che cosa le dico sempre sul mettersi il cappuccio?»

«Madre Dori» sospirò Thorin, sorridendo, e ricordando le parole di Nori tempo addietro.

«Scusa, Dori» disse Gimli, sfuggendo all'anziano esuberante «Mi sembri star bene! È fantastico vederti! Bofur, fratello mio, come stai?»

«Tua sorella ti userà come uno zerbino, sto meravigliosamente» sorrise Bofur, e diede una pacca sulla schiena di Gimli, prima di fingere di massaggiarsi la mano per il dolore «Palle di Mahal! Aye, dagli da mangiare Dori, o ci verranno i lividi ad abbracciarlo!»

«Non sono così male» sbuffò Gimli.

«Abbastanza» disse Frerin sottovoce.

«Vieni qua» disse Bofur, e tirò a Gimli una testata «Tuo padre si sta preoccupando a morte» sussurrò mentre le loro teste erano vicine «Fa attenzione a lui, va bene? Siamo tutti preoccupati per lui, povero vecchio Nano.»

«Non volevo preoccuparlo» disse Gimli, abbassando di nuovo gli occhi.

«Aye, ma lo fai, e l'hai fatto, e lo farai di nuovo. È questo che fanno i figli» Bofur mise la mano sul collo di Gimli per un breve momento, e poi lo lasciò «E il mio più di altri, dovrei saperlo.»

«Come sta il mio piccolo guerriero?» volle sapere Gimli, e Dori sbuffò forte e con drammatica irritazione. Bofur ridacchiò.

«Come al solito» disse Dwalin «Cerca di smantellare il mondo una pietra alla volta. È un po' più efficace ora che ha quell'Elfo come compagno nel crimine.»

Legolas parve sorpreso di sentirlo confermare così facilmente, e si fece avanti. «Davvero?»

«Aye, tuo fratello» disse Dwalin, e scosse la testa «Quello alto. Pensavo fosse solo un naso arricciato con le gambe, e poi è arrivato Gimizh. Ha sorpreso tutti.»

«Stiamo andando alla sala del Consiglio» disse Gimli ai due «Dwalin dice che sono ancora in sessione.»

«Non è la vecchia stanza» disse Bofur, strizzando gli occhi e sistemandosi gli occhiali «Ora è la vecchia sala della Guerra. All'Elminpietra piacciono i tavoli.»

«Tavoli?»

«Ci stiamo tutti abituando ad avere un nuovo Re» disse Dori «Devono avere tutti le loro piccole bizzarrie. A questo piace pesare tutto nel modo più attento possibile, sembra.»

«Tranne le volte in cui deve ordinare un'azione decisiva. Che è in genere con una spada e quella palla di morte orrenda che chiama Stella del Mattino» aggiunse Bofur allegramente «Veniamo con voi. Voglio vedere cosa succederà. Sai quanto le vostre adorabili interazioni fra fratelli scaldino il mio povero cuore stanco.»

«Oh sì, lo so» disse Gimli, lanciandogli uno sguardo truce.

Dáin era così orgoglioso che sembrava sul punto di iniziare a fluttuare. «Non sta facendo come me. Ha trovato un modo diverso di fare le cose e mantenere lo stesso i suoi pensieri, e le sue decisioni – ed è davanti a un mondo migliore di quello che avevamo noi, direi. A tutti è permesso ascoltare. A tutti è permesso intervenire. Anche gli Elfi e gli Uomini possono avere una voce al Consiglio ora!»

Thorin ridacchiò e lo spinse. «Lunga vita al Re, eh?»

«E cos'è successo ai tuoi occhi?» stava chiedendo Gimli, e Bofur giocherellò a disagio con gli occhiali.

«Ah, ecco, lunga storia. Serve una birra per dirla come si deve. Si stancano e mi vengono dei mal di testa tremendi, quindi potrei chiuderli per un po', vi avverto»

«Come se ti servissero per girare» disse Dwalin sbuffando «Migliore minatore che io abbia mai conosciuto. Otto miglia in una settimana!»

«Dovrebbero esserci delle mie statue, lo so» Bofur si mise una mano sul petto.

«Andiamo, rimarremo qui tutto il giorno di questo passo» disse Dori, incrociando le braccia «E siamo in mezzo alla strada.»

«Quasi arrivati» disse Gimli, prendendo la mano di Legolas mentre ricominciavano a muoversi. Dori occhieggiò le loro mani unite con estremo dispiacere, ma non commentò.

«Non sono fatto per tutta questa tensione» mormorò Legolas «Mi sento sul punto di cadere a pezzi.»

«Tutti questi occhi su dite, e tutti i sussurri?» disse Gimli, la sua espressione piena di comprensione «Tendiamo a mettere sempre il naso negli affari degli altri. Viene dal vivere tutti in un punto. Possiamo prenderci un momento per respirar prima, se preferisci, ghivashelê

«No... no. Andrò avanti» Legolas si raddrizzò a piena altezza «Grazie, mir nín, ma non ti porterò vergogna a questo modo.»

«Vergogna? Sciocchezze» Dori alzò un sopracciglio «Se vi serve del tempo, prendetevelo.»

Gimli sussurrò: «Non litigare con Dori, amore.»

«Non me lo sognerei neanche. Sarei orripilato dall'idea di offenderlo!»

Dwalin stava guardando Legolas curiosamente. «Diverso» fu tutto ciò che disse.

«Non userebbe le nostre teste come sassi su cui saltare questi giorni, buono a sapersi» disse Bofur con indifferenza.

Le sopracciglia di Gimli si alzarono rapidamente, e si voltò verso Legolas. L'Elfo era rosso acceso. «Altro da dirmi, âzyungelê?»

«Non ho bisogno di tempo, grazie» disse a denti stretti.

Per la meraviglia di Thorin, Dwalin ridacchiò. «Ah, beh. Chiamiamola vendetta per tutti i commenti maleducati nelle tue prigioni, eh?»

Legolas batté le palpebre e si girò verso il vecchio Nano, che camminava pesantemente accanto a loro. «Non vorresti vendetta per le prigioni stesse?»

«Se conosco Gimli, ne ha già parlato abbastanza» la bocca di Dwalin si storse nel suo sorriso feroce «E con questo abbiamo pagato il resto. Siamo arrivati.»

«Oh, denti di Mahal» sussurrò Gimli, e premette i talloni contro la pietra il più forte possibile.

«Forza, mia stella» sussurrò Thorin, mentre Dwalin picchiava l'impugnatura di Guardiano sulla porta davanti a lui.

«Eccoci qua!» disse Dáin, ghignando come il sole.

La porta si spalancò davanti a una confusione di voci, i toni più pacati degli Uomini fra loro e a volte la lingua argentina di un Elfo. Ma ogni suono si bloccò quando Dwalin entrò con Gimli e Legolas al seguito. Dori e Bifur scivolarono dietro di loro e chiusero le porte in perfetto silenzio.

«Gimli...» giunse una voce gracchiante da uno dei grandi tavoli, e Dís si alzò lentamente, la bocca aperta per lo stupore e la gioia «Gimli!»

«GIMLI!» giunse un ruggito, e Glóin stava correndo verso di loro, le braccia aperte e gli occhi pieni di lacrime «Gimli, Gimli, ragazzo mio, il mio bambino – oh, Mahal grazie, grazie-» E strinse Gimli in un enorme abbraccio che gli strizzò fuori l'aria dai polmoni «Il mio ragazzo, il mio coraggioso ragazzo, oh grazie Mahal, grazie, grazie» ansimò Glóin ancora e ancora, accarezzando i capelli infuocati di Gimli e stringendolo a sé.

«Papà, sto bene, sono a casa» disse Gimli, e Thorin sorrise nell'udire lacrime che rompevano anche la sua voce «Sono a casa, sto bene.»

«No, sei un idiota ammattito dal sole, ecco cosa sei!» singhiozzò Glóin contro la sua spalla. La sua criniera bianca era già umida per le lacrime sul suo volto. «Cosa sono queste notizie? Cosa mi scrivi? E non posso – ragazzo, non posso – cosa ti ho detto? Tienilo d'occhio, non innamorati di quello scopa-alberi – maledetto bambino sciocco, fatti guardare-»

Si spinse indietro e tenne Gimli a distanza, e le sue labbra tremarono in un espressione di gioia e agonia. «Odio i tuoi capelli» disse infine. Un'altra lacrima corse nella sua barba. «Devi mangiare, guardati, sei tutto ossa e roccia scavata.»

«Mi avevi anche detto di pettinarli, no?» disse Gimli, sorridendo con occhi umidi.

«Aye, tu dovresti pettinarli» ringhiò Glóin, e tirò Gimli per le spalle – lontano da Legolas «Vieni ora, vieni a salutare tutti...»

Gimli si voltò verso Legolas, cercando di parlare senza parole. Glóin lo notò, e la sua espressione divenne rabbiosa. «Non hai bisogno del suo dannato permesso!»

«No, Papà, non stavo cercando il suo permesso...»

«Gimli non ha bisogno di nulla da me» Legolas disse allo stesso tempo.

«Oh mahumb» gemette Frerin.

«Aye, e ricordatelo!» sputò Glóin, e strinse le braccia attorno a Gimli «Stai lontano, mi hai sentito? Non rubare ciò che non è tuo, anche se Mahal solo sa che un Elfo non si regolare – non quando possono prendere qualcosa!»

«Papà!» sussultò Gimli, scandalizzato.

Legolas parve rassegnato.

«Glóin» giunse una voce severa, e il Re si alzò «Non parlerai così dei nostri amici e alleati, e certo non del promesso di tuo figlio.»

«Promesso!» urlò Glóin, le vene del suo collo in rilievo.

«No» disse Thranduil, alzandosi improvvisamente e studiando suo figlio «No, siamo andati oltre che le promesse. Non è così, ionneg?»

«Mi stavo chiedendo quando si sarebbe fatto avanti, oooh sì» disse Dáin, e si sedette su un tavolo e si mise comodo, godendosi la scena.

«Sei davvero terribile» disse Thorin, scuotendo la testa.

«Oh sì, assolutamente terribile. Spostati» disse Frerin, sedendosi accanto a Dáin e guardando con occhi enormi.

Legolas incrociò di nuovo lo sguardo di Gimli, e poi guardò suo padre. «Mi sei mancato, Adar

Thranduil camminò con passo misurato attorno alla sala, ed era come se la sua stessa presenza avesse ipnotizzato tutti. Calmo ed elegante, Thranduil alzò una mano verso il volto di Legolas e accarezzò la pelle della sua guancia.

«Di tua spontanea volontà» disse. Non era una domanda.

«Sono ancora vivo» disse Legolas, e chinò la testa.

«Non capisco» borbottò Frerin, ma Thorin aveva la spiacevole sensazione di aver letto qualcosa sugli Elfi, qualcosa che avrebbe reso lo scambio di battute chiaro, qualcosa che non ricordava.

Dall'espressione sul volto di Dáin, lui ricordava benissimo – e non l'avrebbe detto ad alta voce.

Thranduil chiuse gli occhi per un momento, e poi alzò di nuovo il viso di Legolas verso di lui. «Anche i gabbiani?» disse, così piano che sarebbe potuto essere una brezza.

«Aye» disse Legolas, e poi capì ciò che aveva detto, e deglutì «Voglio dire, sì, Adar.»

Thranduil lo fissò. «Non lo accetto. Lo sai.»

«Lo so» Legolas premette la sua mano sopra quella di suo padre, tenendola contro la sua guancia «Lo amo, Adar

«Io credo che tu lo creda» disse tristemente Thranduil. Poi diede un bacio sulla fronte di Legolas e lo strinse in un abbraccio. «Sei al sicuro e sei tornato da me. Il resto può aspettare.»

Legolas gettò a sua volta le braccia attorno a suo padre, e seppellì il volto nella spalla di Thranduil. Poi i due fratelli maggiori corsero avanti – Laindawar con grazia mortale, Laerophen incespicando leggermente – e si strinsero attorno ai due come una coperta.

«Beh» Dáin sembrava sorpreso «Forse il vecchio Elfo ha del sangue e non del ghiaccio nelle vene dopotutto.»

Glóin aveva osservato lo scambio con la bocca spalancata, ma quando sentì gli occhi di Gimli su di sé la chiuse in un istante. «Nemmeno io accetto» disse, la mascella stretta e i denti che schioccavano attorno alle parole.

«Aye» Gimli lo guardò con tristezza «Ce l'eravamo aspettato.»

«E hai scritto una maledetta lettera idiota per “prepararci” così che potessimo preoccuparci per mesi, testa dura!» venne lo strillo, e Gimrís corse avanti, i pugni chiusi.

«Oh aiuto, salvatemi» ansimò Gimli, e Glóin ridacchiò.

«Affronta la frana che hai causato, ragazzo»

«Nadad, vieni qui! Porta il tuo posteriore troppo muscoloso qui, lo prenderò a calci per tutta la Montagna!» esclamò Gimrís. Ma quando Gimli scivolò via dalle braccia di Glóin e si fermò davanti a lei, a disagio, lei poté solo emettere un suono di pura frustrazione e stringersi a lui come un mollusco di caverna.

Gimli strinse le braccia attorno a lei, e la dondolò leggermente. «Namadith» disse «Più bella e terrificante che mai.»

«Ti prenderò comunque a calci nel posteriore» disse lei.

«Non menti mai, non ne vedo l'ora» disse mentre lei gli dava un bacio «Gimrís mi sembri stanca.»

«E grazie a te! Dopo quella tua dannata lettera, ho avuto degli Elfi che mi infastidivano tutto il giorno! Domanda dopo maledetta domanda, tutte su di te! Sei il peggiore Troll che una Nana abbia mai dovuto chiamare – oh barba del grande Durin, Gimli, sei stato ferito?» Gimrís immediatamente smise di sgridarlo e iniziò a separargli i capelli folti sulla tempia «Questo era un taglio slabbrato, e sistemato sul campo. Ha sanguinato molto, è irregolare, ci ha messo troppo a guarire. Che idiota l'ha medicato!»

«Lo stai guardando» disse Gimli, ridendo.

«Aye, avrei dovuto saperlo. Ho degli oli da passare sulla cicatrice, per vedere se migliora. I capelli ricresceranno in un attimo, aspetta e vedrai. Ti sta bene! Mahal, Gimli, sei tutto pelle e capelli e muscoli! Non attraverserai mai un inverno così, sembri un montone essiccato. E le tue mani...!»

Gimli le alzò, osservandole confuso. «Cos'hanno?»

Gimli lo guardò male. «Sono come carta vetrata. Ti stai disidratando, idiota. Cibo e molti liquidi, non troppo sale, e vacci piano con la birra!»

«Gimrís, basta...»

«Oh, capisco ora» disse Laindawar laconicamente, spingendo indietro i capelli di Legolas e guardando accigliato la sua nuova treccia «E cos'hai sul pollice, honeg nín

«Gimli l'ha fatto per me. Un anello da arciere» Legolas alzò la mano «Un'usanza di fidanzamento della sua gente. Non è bellissimo?»

«Bellissimo davvero» disse Laerophen, come se stesse invitando una sfida.

Le narici di Thranduil si gonfiarono, leggermente.

«Dov'è Mamma?» chiese Gimli, guardando per la stanza. Gimrís strinse le labbra.

«Tiene d'occhio Gimizh e i sassolini Dwalinul oggi. La vedremo subito dopo»

«Sarebbe fantastico» Gimli le diede un altro bacio «Sei meravigliosa alla vista, e un dolore benvenuto nelle orecchie.»

«E il tuo alito è terribile come sempre, faccia da Troll» sbuffò lei, e lo abbracciò di nuovo. La sua voce era stranamente bassa nel dire: «Mi sei mancato, nadad

«Anche tu mi sei mancata, mia feroce namadith»

«Gimli Glóinul» disse l'Elminpietra pazientemente «Hai delle missive da darci? E delle scuse, magari?»

Gimli guardò il Re e fece un smorfia. «Aye, mi dispiace per tutto il disastro. Non so come avrei potuto impedire che diventasse un disastro, onestamente. Ma mi scuso di non essere stato qui quando è successo.»

«Anche io» aggiunse Legolas, e si estricò dall'abbraccio della sua famiglia per fermarsi davanti al Consiglio.

«Ho dei documenti» disse Gimli, e si tolse lo zaino dalle spalle. Cadde sul pavimento di pietra decorata con un tonfo, e lui vi cercò dentro. «Ah! Ecco. Dai Re di Gondor e di Rohan, dichiarano amicizia e fratellanza con il nostro popolo da ora e per sempre. Una qui da Peregrino Tuc della Contea, figlio del Conte, che conferma il nostro diritto di visitare e commerciare come desideriamo, sotto l'approvazione di suo padre. E qui un messaggio da Gandalf il Bianco, e dai grandi nobili Elfici, Elrond di Granburrone e Galadriel di Lothlórien.»

L'Elminpietra parve stupefatto. «Anche loro dichiarano la loro amicizia?»

«Per il tempo che rimane loro, sì» Gimli alzò lo sguardo, le mani piene di carte «Stanno lasciando queste sponde. Non passerà molto tempo prima che quelle terre siano svuotate. Fino a quel giorno, però, estendono le loro mani in amore e amicizia nello spirito di questa nuova Era.»

Thranduil fece un breve, sorpreso respiro.

«Questa è una bella sorpresa» disse Glóin rigidamente.

«Ci è stato dato permesso dal Re di Rohan di costruire una colonia nelle Montagne Bianche» continuò Gimli «Hanno le caverne più belle che io abbia mai veduto, sorpassano persino Khazâd-dum in gloria. Vorrei portare con me coloro che desiderano visitarle, e prendermene cura. Gondor ci permette inoltre di usare la loro terra per gli scambi e i viaggi lungo le vecchie strade, che sono ora sicure. I Cancelli di Minas Tirith sono stati pesantemente danneggiati nel loro assedio, e c'è del lavoro per mani Naniche e per la buona volontà del popolo Nanico là.»

«Mm» l'Elminpietra si accarezzò la barba ramata «Nuovi scambi e nuovi lavori, e una nuova colonia! Sei stato occupato, figlio di Glóin! Questo è davvero molto promettente!»

«Ho anche delle notizie meno liete» disse Gimli piano, ed estrasse un libro rovinato dal suo zaino. Attraversando la sala, lo porse a Dori e disse solo: «Mi dispiace.»

Dori fissò il libro per un momento, e poi lo prese con mani tremanti.

«Non riesco a sopportare il suo volto» gemette Frerin.

«Ho il fato della spedizione di Khazâd-dum» disse Gimli, e raddrizzò le spalle. Sembrava stesse per gettarsi nel fuoco. «Sono morti da tempo. Balin fu assassinato da un orco mentre attraversava Azanulbizar per guardare nel Mirolago. Óin fu preso dal Guardiano delle Acque – una bestia che quasi prese anche noi. Náli, Urgit e Lóni furono uccisi ai Cancelli Occidentali, e Frár fu ucciso alla Scalinata Infinita. E Ori – Ori fu ucciso nella Camera di Mazarbul, dove gli ultimi resistettero sino alla fine. Questo è ciò che ci ha lasciato.»

Dori emise un singhiozzo strozzato, e la sua testa si chinò sopra il libro strappato e rovinato dalle battaglie. Dwalin e Bofur si mossero per aiutarlo quando le sue gambe cedettero.

Ci fu silenzio, e poi il Re chinò la testa. «Terremo un funerale. Che siano ricordati.»

«Dori, Dwalin, mi dispiace molto» disse Gimli «Papà – oh Papà, mi dispiace così tanto

La spalle di Glóin stavano tremando, e la sua mano era stretta sulla sua bocca. Gimli e Gimrís andarono da lui, e lo strinsero forte. «Dannato lui» si udì Glóin dire, la voce rotta «E dannato per sempre quel luogo.»

«Ora, per le questioni più immediate» disse l'Elminpietra, e si massaggiò gli occhi «Gimli, ci hai scritto che hai trovato il tuo Uno in un Elfo. Questo Elfo. Thranduil di Bosco Atro è rimasto con noi in questi mesi in preparazione a questo. Desiderate sposarvi?»

«Si sono già sposati» disse Laerophen, facendo spallucce «La questione è risolta.»

«Cosa!» Glóin spinse via Gimli e lo guardò con orrore.

Dwalin si riscosse e strinse Guardiano più forte nella sua mano tatuata. «Mantieniti civile, vecchio amico» disse in tono di avvertimento.

«Al modo Elfico, sì» Legolas allungò la mano, e Gimli fece un passo indietro e la prese. I suoi occhi scuri erano pieni di sfida. «Ma non al modo Nanico.»

«Non lo accetto!» esclamò Glóin, la testa che andava da Dwalin alla strana coppia mano nella mano davanti a lui.

«Per una volta, devo essere d'accordo con questo irascibile» disse Thranduil dolcemente «Non avrò mio figlio macchiato da qualche cerimonia oscura e primitiva.»

«Oscura e PRIMITIVA...!» quasi ruggì Glóin.

«E tu puoi tenere una lingua civile, grazie» disse Dwalin al Re Elfico.

«Vogliamo sposarci!» disse Gimli forte sopra alla nuova confusione «Vogliamo, e lo faremo, per quanto voi diciate di no! Lo amo, va bene? Io sono suo, tutto ciò che sono. Ho visto meraviglie e orrori senza parti a questo mondo, e solo guardare lui mi mozza il fiato! Conosce il mio Nome, Papà, e ho forgiato per lui il suo anello di matrimonio. Gli ho giurato, quando le orde di Mordor uscirono urlando dal Cancello Nero per mandarci a morte, ho giurato e non romperò il mio giuramento, mai a lui! Ci sposeremo, renderemo nuove cose antiche e vecchie cose nuove – e Mordor stessa non ci ha potuti fermare!»

Thorin voleva applaudire. Gimli era orgoglioso e fermo, la sua voce profonda echeggiava per la totale certezza. Agli occhi imparziali di Thorin sembrava un Re dei tempi antichi, una leggenda. La sua convinzione bruciava sul suo volto come la stella di cui portava il nome.

Glóin poté solo fissare Gimli, il petto si abbassava e si alzava rapidamente e la sua espressione era distrutta. Poi il suo volto crollò, e lui si voltò.

«Parente» disse l'Elminpietra, dolcemente «Calmati.»

«Non sono arrabbiato» disse Gimli, anche se la luce nei suoi occhi diceva il contrario.»

«No, sei furioso» disse Legolas, e si abbassò di fronte a Gimli e prese entrambe le sue mani nella propria «Amore mio, ce lo aspettavamo. Ricordi le tue parole fuori dalle porte di Erebor? Respira con me, meleth nín

Gimli chiuse gli occhi e respirò lentamente col naso.

«Se c'era qualche dubbio, Gimli ha appena provato di essere il figlio di Glóin fino al midollo» mormorò Frerin.

Thranduil osservò, la testa china e lo sguardo rapido, calcolatore, misuratore.

«Perdonami» disse Gimli infine, e aprì gli occhi e guardò Legolas con dolcezza «Grazie, âzyungelê. Sono nervoso quanto te, sembra.»

«Nervoso» disse Laindawar immediatamente, accigliato «Quelli sono nervi? È prono al nervosismo, dunque?»

«Sta zitto» disse Gimrís, senza nemmeno guardare nella sua direzione.

«Tu potrai non accettarli, ma io sì» disse Laerophen, e si allontanò leggermente da suo padre «Lo farò. Hai sentito le sue parole? Guardali, Adar! Aprirai gli occhi e il cuore e li guarderai?»

Thranduil rimase fermo e in silenzio.

Gimli alzò lo sguardo per incontrare quello del Re Elfico, prima di girarsi verso Laerophen. «No, ragazzo, non andare contro tuo padre, perché lui è tuo padre e ti vuole bene. Non voglio causare dispiaceri fra voi due» disse «Devi essere Laerophen. Legolas mi ha detto molto di te.»

L'alto, allampanato Elfo sorrise. «E io ho udito molto di te da tua madre e tuo nipote. Trovo di essere felice del mio cognato... anche se non è alto come un tempo mi sarei aspettato.»

«Un gran sollievo trovare che non tutto quello che Legolas mi ha detto è come era quando è partito» disse Gimli, e porse una mano a Laerophen perché si afferrassero i polsi «Ben incontrato, Laerophen.»

«Al tuo servizio» disse Laerophen, il suo ghigno scherzoso, e Gimli rise «E che l'amicizia sia lunga!»

«Non sarà abbastanza lunga» disse Thranduil freddo «Morirà, come tutti i mortali devono.»

«E ricominciamo» sospirò Legolas «Adar, ne abbiamo parlato più volte di quante tu non possa immaginare...»

«E hai scelto lo stesso il sentiero dello stolto» disse Thranduil.

«Non sono d'accordo» disse Dís, e si alzò e girò attorno al suo tavolo per andare di fronte alla coppia.

«Namad, namad» biascicò Frerin, e si morse le dita «Sembra così vecchia...»

«Lei è vecchia» disse Thorin triste.

«Siate felici assieme» disse lei, e poi si girò verso Glóin «Se tu non darai la notizia, lo farò io.»

«Zia Dís» sussultò Gimli, mentre Glóin sputacchiava.

«Pagherò l'intero maledetto matrimonio, se devo» continuò Dís, la voce dura e determinata «Gimli, vieni qui e abbracciami, mi sei mancato. Presentami.»

«Aaaah» la testa di Gimli andò fra suo padre e Dís, ma infine si morse il labbro e si fece avanti «Va bene... Dís figlia di Frís, questo è Legolas Thranduilion.»

«Deliziata» disse lei, secca.

Legolas prese la mano di Dís, e stava tremando leggermente nel chinarsi su di essa. «Il piacere è mio, Lady. Ho sentito molto di voi. Grazie per la generosità del vostro spirito.»

«Ebbene, ha modi migliori dei tuoi, questo è certo» disse Dís a Gimli, che alzò gli occhi al cielo.

«Non ne sono certo» disse Legolas, sorridendo «Gimli è stato chiamato Amico degli Elfi dalla Dama Galadriel in persona, per la sua cortesia ed eloquenza nel loro primo incontro. Io rimasi senza parole solo ascoltandolo!»

«Mm. Una storia interessante» Dís passò una mano sulla testa di Gimli, e una certa sorpresa passò sul suo volto. «Lisci? Li hai curati e oliati? Cosa hai fatto a Gimli Glóinul?»

«Ah, a Legolas piace pettinarmi i capelli» mormorò Gimli, imbarazzato.

«Lui li cura in modo abominevole» disse Legolas affettuosamente.

«Sono cento e trenta anni che glielo dico!» disse Gimrís, incrociando le braccia infastidita «Sono felice di vedere che tu abbia trovato uno che ha almeno un po' di orgoglio nel proprio aspetto, nadad

«Troppo, se chiedi a me» ringhiò Glóin «Precisino e curato come un Elfo!»

«Non diresti così se ci avessi visto dopo la battaglia al Fosso di Helm» disse Gimli, secco. Stava chiaramente ancora controllando la sua rabbia all'insulto. «Entrambi noi coperti di fango e sangue, l'Elfo non meglio di me.»

«Ah, ma tu avevi trovato le caverne, quindi eri anche fradicio fino all'osso, e avevi una ferita alla testa!» rispose Legolas.

«Era solo un graffio! E tu eri bagnato di pioggia; freddo come un pesce! Non ero io con del fango sui piedi e fra le dita!»

«No, eri quello con la barba in nodi infangati e uno straccio attorno alla testa! Eri una vista talmente spaventosa, che non avrei mai voluto incontrarti di notte!»

«Se ti mettessi degli stivali decenti, non saresti finito con metà del torrente sotto le unghie, dolce sciocca creatura...»

«Non era il mio elmo che è caduto nel canale!»

«Tu non ti metti un elmo! E comunque, ho battuto il tuo conto anche senza. Baruk Khazâd!»

«Allora dovrò iniziare a metterne uno per migliorare» Legolas rise la sua risata luminosa e argentine, e diede a Gimli un rapido bacio.

Poi di bloccarono. Due paia di occhi si voltarono lentamente e pieni di terrore, verso gli sguardi gemelli di Thranduil e Glóin.

«Hanno... iniziato a bisticciare e si sono dimenticati dov'erano» gemette Frerin «Oh mio Creatore, che cosa mai stavano pensando questi due?»

Laerophen e Gimrís si coprirono entrambi la bocca, nascondendo i loro ghigni. Dwalin ridacchiava, la spalla che tremavano, e Bofur era caduto in un'isteria silenziosa.

«La faccia di Thranduil mi terrò al caldo per il resto della mia vi- la mia esistenza» dichiarò Dáin.

Senza una parole, Thranduil si girò e uscì dalla sala del Consiglio, il mantello che gli svolazzava dietro. Laindawar lanciò a Gimli uno sguardo indecifrabile, prima di seguirlo. Laerophen rimase, la sua allegria ancora visibile nei suoi occhi.

«Ci sono altre notizie da portare» disse Gimli, il suo volto molto rosso.

«Ma possono aspettare fino a dopo che voi abbiate avuto un po' di tempo per voi stessi e per i vostri cari» disse il Re, e anche lui stava ghignando «Per favore non iniziate altre battaglie, se potete. Ci stiamo ancora riprendendo dall'ultima.»


Laindawar uscì sui bastioni, il vento giocava con i suoi capelli. Fece un respiro profondo con il naso, e poi un altro. I suoi pugni si strinsero sul muro di pietra, aprendosi e chiudendosi spasmodicamente. Voleva poter andare a cacciare, sfuggire negli oscuri boschi sicuri della sua casa, ma solo rocce dure lo circondavano ovunque potesse guardare. Persino gli ultimi fili grigi di erba autunnale nella pianura non erano abbastanza. Alberi, gli serviva il dolce abbraccio degli alberi.

Il Nano non era come se l'era aspettato. Per nulla.

Eppure non era quello che occupava così pesantemente la sua mente.

«Non il tuo solito giro» giunse una voce allegra, e Laindawar girò la testa di scatto verso quellu dalla barba verde, la guardia «Cosa ti porta qui fuori, altezza?»

«Non sono affari tuoi» rispose lui brusco.

«Oh, ma potrebbero esserlo. Hai appena visto tuo fratello e il suo bello, no?»

Laindawar lanciò id uno sguardo truce. Aveva un eccellente sguardo truce: tutta la superbia di suo padre, e i fieri selvaggi occhi di falco di sua madre.

Lu Nanu parve imperturbatu. «No, gli occhi di mia Mamma mi fanno a fette tutte le volte che non pulisco il piatto: i tuoi non ci vanno nemmeno vicino. Vuoi parlarne?»

«Perché ti importa?» disse Laindawar brusco «A te non cambia nulla: perché te ne preoccupi?»

«No, Gimli non è mio parente, vero» lu Nanu cambiò posizione. Era un movimento sottile che raccontava di lunghi turni di guardia, l'abituale spostare il peso da un piede all'altro così che gli arti non si indurissero e indolenzissero. Ben addesstratu, questu. «Ma vivo qui, ed è un motivo abbastanza buono. Ai Nani piace un litigio: quello che non ci piacciono sono i guai. E quella non è la faccia di qualcuno in pace con se stesso.»

«Senti, come ti chiami, Nanu?»

«Jeri. Jeri figliu di Beri» il volto del Nanu si aprì in un sorriso «E io conosco il tuo, certo»

«Allora lasciami solo, Jeri figliu di Beri»

«Nah, non posso. Sono di guardia qui oggi pomeriggio, anche se potrei rimanere di più. Dipende da come mi sento»

Laindawar aggrottò le sopracciglia, confuso. «Vuoi dire che scegli tu quanto lavorare? Non è comune per un soldato.»

«Soldatu, grazie. Niente maschile o femminile qui. Ed è una delle prerogative che mi sono concesse come guardia del corpo del Re» Jeri fece l'occhiolino «Posso decidere io dove sono più utile. E mi annoiavo al Consiglio. Nessuno di voi fa altro che parlare. Quando c'era Dáin, almeno potevo fermare qualche rissa ogni tanto.»

«Risse!?»

«Politica Nanica» disse Jeri, e fece spallucce «Allora, hai finito di cambiare argomento? Sono piuttosto testardu, sai. Dovrai andartene per farmi smettere di chiedere.»

Laindawar ritentò il suo sguardo truce, e poi fece un grande sospiro quando ebbe gli stessi effetti di prima. Arrendendosi, si voltò verso il vasto spazio erboso fra Erebor e Dale, cercando la linea scura al termine del Lago che era la sua amata foresta.

«Non è come me lo aspettavo»

«Chi, Gimli?»

«No» Laindawar deglutì «Mio fratello. È... diverso.»

«Aye, succede quando hai visto le guerre che hanno visto quei due, suppongo. Ma sai come le battaglie possono cambiare qualcuno. L'hai già visto prima, non è vero?»

«Sì, ma» Laindawar si fermò prima di dire qualcosa di troppo offensivo – e poi si meravigliò di sé. Non se ne sarebbe mai preoccupato, solo un mese prima. «Non sono le battaglie che vedo, su di lui – anche se sì, la violenza che ha visto e commesso pesa su di lui come una nube. Sento il mare nella sua voce e vedo le onde nei suoi occhi, ma non è il più grande dei cambiamenti. È...»

«Lui è innamorato» disse Jeri piano.

Laindawar rabbrividì. «Sì. Ed è posato ed orgoglioso come una leggenda dei tempi antichi, eppure gioioso come un bambino – no, non lo riconosco.»

«Lui è sempre tuo fratello» Jeri spostò il peso di nuovo, e si voltò anche id a guardare l'erba – Nanu ed Elfo spalla contro spalla «Non hai ancora avuto la possibilità di parlare, no?»

«Non davvero» disse Laindawar, e abbassò lo sguardo.

«Ecco il tuo problema allora. Difficile riunirti davvero con qualcuno quando tutti misurano ogni tua parola. Parlagli senza cento occhi sconosciuti che fissino ogni mossa che fate. Trova il fratello che conosci, e sii felice delle sue differenze» Jeri gli diede di gomito. Laindawar si irrigidì per un momento, ma si calmò quando capì che il consiglio era buono. Anzi, era migliore di qualsiasi altro avesse ricevuto.

«Non posso celebrare queste differenze» si udì dire al vento «Non ancora... e forse mai.»

«Perché no? Il cambiamento è buono. Il cambiamento è come funziona il mondo. Noi cambiamo, o rimaniamo indietro» Jeri alzò una mano verso l'erba avanti «Il mondo sta cambiando. Forse questo è il primo assaggio.»

«Mio fratello ha sposato un Nano» disse Laindawar, e gli alberi della sua casa ondeggiarono all'orizzonte, come invitandolo a tornare nel loro dolce abbraccio, lontano da tutte queste novità e stranezze «Questo cambiamento... no. No. Non posso accettarlo.»

«Ho la sensazione tu l'abbia già fatto» disse Jeri, e si tirò la barba «Quello è il tono di qualcuno che si sta aggrappando a una vecchia idea perché non sa come lasciarla andare. Ma tu non ci odi così tanto. Almeno, non quanto una volta. Ti sei abituato a noi, eh? Forse anche tu stai cambiando, altezza.»

Laindawar guardò giù lu Nanu. Dove una volta avrebbe visto solo capelli ruvidi e un corpo piegato e sgraziato, ora vedeva occhi chiaramente intelligenti, un volto allegro, mani rapidi e abili, forza nel portamento della larga schiena e delle gambe. «Detesto essermi sbagliato» borbottò «E spero anche tu sia così. Sono un Elfo: non sono mutevole come lo sono i mortali.»

«Anche tuo fratello è un Elfo, ricordi» gli fece presente Jeri, sorridendo.

Laindawar ringhiò, e si voltò di nuovo verso gli alberi.

«Penso tu stia cambiando più di quanto tu non voglia ammettere» disse Jeri dolcemente «Sei qui che parli con me, no? E non è poi così spiacevole. Non c'è nemmeno qualcuno che sanguina!»

«Per ora»

Jeri rise. «Dovresti andare a incontrare Gimli come si deve. È un gran bravo Nano. Potrebbe anche piacerti, chi lo sa?»

«Ha il favore del Sire e della Dama di Lothlórien» disse Laindawar, immerso nei suoi pensieri «Potrebbe essere eccezionale fra di voi.»

«Oppure forse noi siamo più di quanto tu non di aspettassi» disse Jeri asciuttu «Vai, va a parlare con loro e smettile di nasconderti qui con me. A meno tu non voglia fare un turno di guardia.»


Fu un gruppo silenzioso quello che tornò ai loro appartamenti di famiglia. Gimli e Legolas camminarono spalla contro spalla tutta la strada. I sussurri li seguivano ancora, rimbalzando attorno alle caverne e ai corridoi mentre passavano.

Glóin camminava a grandi passi in testa al gruppo, furioso.

Il momento la porta si chiuse dietro di loro, lui si girò verso la coppia. «Cosa intendono dire, sposati da Elfi» ringhiò.

Legolas arrossì, ma Gimli era pallido come una betulla. «Vuol dire che siamo sposati nel modo in cui gli Elfi lo riconoscono, Papà. Abbiamo condiviso cuori e corpi. Possono vederlo negli occhi di Legolas, da quanto capisco.»

Glóin sbuffò e tossì. «Possono vedere...? Senza vergogna, senza alcuna vergogna!»

«No, possono vedere solo che sono sposato, nient'altro» disse Legolas, riprendendo controllo di sé.

Glóin lo fulminò con lo sguardo. «Hai l'abitudine di portarti a letto goblin mutanti, dunque?»

«Papà!» gemette Gimli. Legolas, sorprendentemente, ridacchiò.

«Solo uno, e mi ha perdonato da tempo l'insulto»

«Ebbene, io no. Gimli perdona troppo facilmente» borbottò Glóin.

«Mi serve una birra» dichiarò Bofur «Gimrís, vuoi aiutarmi a preparare da mangiare?»

Mentre Bofur e Gimrís andavano in cucina, Gimli osservò il loro salotto. Era più spoglio di come l'aveva lasciato, e i mobili mancavano a tratti: sacrificati nelle forge affamate quando il legno era finito in guerra. Ma c'erano ancora i quadri alle pareti: il primo reclutamento di Gimli, i progetti in vetro di Gimrís di quando era apprendista, gli indecifrabili e colorati scarabocchi di Gimizh. «Dov'è Mamma?»

«Dovrebbe tornare fra poco da casa di Orla» grugnì Glóin. Guardò di nuovo Gimli, il suo cuore nei suoi occhi. «Gimli, perché?»

«Non incolpare Gimli» disse Legolas, e mise una mano sulla spalla di Gimli «Avrebbe tenuto segreto il suo amore per il resto dei suoi giorni, se noi non avessimo infine trovato le nostre lingue.»

«Vuoi dire che lo amavi prima del...» Glóin tossì di nuovo «del matrimonio?»

«Gli Elfi non possono fare altrimenti» disse Legolas «Ci siamo amati in silenzio e in segreto per mesi.»

Glóin si girò verso Gimli, la bocca aperta in completa sorpresa.

«So cosa vuol dire, per i Nani» aggiunse Legolas molto piano.

«Allora...» Glóin deglutì, e si passò le mani fra i selvaggi capelli bianchi «Allora... tu dici che... lo farebbe. Oh Mahal. Oh Mahal, non posso. Non posso sopportarlo!»

«Tieni» disse Bofur, spingendo un boccale verso Glóin «Ti serve.»

Glóin lo prese e ne prosciugò gran parte in un enorme sorso, e poi si lasciò cadere sulla sua vecchia sedia.

Bofur poi ne porse uno a Gimli. «Una anche a te, ma non dirlo al mio rubino» socchiuse gli occhi verso Legolas «Non so cosa gli Elfi pensino della birra. Ne vuoi una?»

«Gli piace abbastanza» disse Legolas, sorridendo «Almeno a questo.»

«Mi ha fatto ubriacare fino a crollare a Rohan. Non capisco ancora dove tu l'abbia messa, sono sicuro che hai barato» disse Gimli, e bevve un sorso cauto «Oppure hai una maledetta gamba vuota.»

Ci fu uno scatto, e poi venne un tremante, stupefatto: «Inùdoy?»

Gimli immediatamente spinse il suo boccale verso Legolas e corse il più velocemente che poteva verso la porta. Un enorme strillo infantile lo salutò, e un basso grido di gioia. Quando Legolas si voltò a guardare, le mani piene di birra, Gimli era stretto nelle braccia di una robusta Nana con una massa di capelli bianco argentei, mentre un piccolo bambino rosso danzava follemente attorno a loro.

«Zio Gimli, Zio Gimli, Zio Gimli!» strillò Gimizh, saltellando da un piede all'altro in incontrollabile eccitazione.

«Figlio mio, oh mio caro ragazzo» sussurrò Mizim, il volto premuto contro i capelli di Gimli. Indietreggiò per accarezzargli il viso, la fronte, le spalle, le sue labbra tremanti. «Oh figlio mio, mio inùdoy, sono così orgogliosa... oh mio dolce ragazzo, mio coraggioso ragazzo...»

«Mamma» disse Gimli, e il suo sorriso tremava nello stringerla di nuovo fra le braccia «Sei più giovane che mai.»

«E tu sei ancora un terribile adulatore» lei tirò su col naso, e gli baciò la guancia ancora e ancora «Barba di Durin, ti serve del cibo! Bofur, cosa stai facendo passando birre, al mio ragazzo serve un pasto! No, non ti preoccupare, vado a preparare.»

«Faccio io, faccio io» protestò Bofur, alzando le mani «Gimrís è di là adesso.»

«Aiuterò anch'io, lasciami solo togliere lo zaino e il mantello» disse Gimli, e si tolse lo zaino dalla spalla e lo poggiò contro il muro «Ah, mi dev'essere venuta un'ernia a portare quella cosa!»

Le sue braccia furono immediatamente riempite da un piccolo bambino urlante. «ZIO GIMLI!» fu tutto ciò che si riuscì a capire dal torrente di parole.

«Ciao, mio azaghîth! Sei alto quasi quanto me ora!» disse Gimli, e abbracciò il bambino «Ora, mio meraviglioso ragazzo, potrei avere un paio di cosucce trovate nei miei viaggi per un bravo bambino.»

«Io qui non ne vedo» disse Gimrís, dalla porta. Stava sorridendo teneramente mentre Gimizh tirava la barba di Gimli, coprendogli il volto di baci. Mizim sospirò, stringendosi le mani guardandoli, gli occhi umidi.

«Vedo che tua madre è terribile come sempre» disse Gimli, e Gimizh annuì furiosamente.

«Oh lo è, lo è davvero – ma, Zio Gimli, io sono andato in battaglia! Ho anche ucciso un goblin, come te, ed era morto, BAM! Con l'olio di lampada tutto in testa. E Papà non riusciva a vedere, ma ora ogni tanto ci riesce, ma gli fa male la testa, e a Piccolo Thorin hanno dato un appellativo per uccidere gli Orchi in battaglia ma a me no. Non penso sia giusto, tu?»

«Gimizh, mio piccolo tesoro, tutti sanno che il tuo appellativo è “il Terrore di Erebor”» disse Mizim «Lascia che tuo zio si tolga il mantello – che mantello è quello? Cos'è successo all'altro?»

Gimli rimise Gimizh sui suoi piedi, e iniziò ad aprire il fermaglio a foglia alla sua gola. «Tu lo sai, io non ricordo?» Guardò Legolas, che fece spallucce.

«Penso sia andato perduto a Mor- ah, Khazâd-dum, o forse anche prima. Questi sono doni di Lothlórien»

«Altri Elfi» sospirò Glóin.

«Non essere maleducato, caro, presentami» disse Mizim, e prese il mantello di Gimli e lo ripiegò sul suo braccio, prendendogli la mano.

«Legolas, mia madre Mizim figlia di Ilga» disse Gimli.

«Tua suocera» commentò Glóin «Ti sembra molto mio fratello, eh?»

«Ero ignorante e sciocco» disse Legolas «È bella quanto mi hai raccontato, Gimli. Al vostro servizio, Lady Mizim» E si inchinò.

«Per carità, basta con queste sciocchezze, grazie. Sono Mamma per te, se non ti dispiace» disse Mizim, e schioccò le dita davanti a Legolas, che sussultò «Siete entrambi terribilmente magri, mi dovrò mettere al lavoro! Mantello prego. Li farò lavare: la gente di Dori sa fare un buon lavoro, e non rovineranno nulla. Un tessuto meraviglioso!»

«Tu sei il fratello di Laerophen» lo accusò Gimizh.

Legolas guardò Gimrís e Bofur, e poi Glóin, la cui barba si gonfiò in avvertimento. Poi si inginocchiò davanti al bambino e annuì. «Lo sono. Sono il fratellino di Laerophen. Il mio nome è Legolas, e sono il marito di Gimli.»

Gimizh si mise una delle sue trecce storte in bocca, guardando Legolas cupo. Poi esclamò: «Gimli è mio zio.»

«Lo è» disse Legolas, e alzò la testa per ghignare a Gimli «Lui sarà sempre tuo zio, e nulla che noi siamo potrà cambiarlo. Ma che ne diresti di avere due zii?»

Gimizh fece una smorfia. «Suppongo...»

«Due volte gli zii vuol dire due volte i troll!» disse Gimli, e corse verso Gimizh e lo sollevò in aria. Il bambino salì squittendo e ridendo istericamente mentre Gimli “mangiava” la sua pancia – con suoni esagerati per fare effetto. «Un'eccellente cena da troll, questa! Anche se è un po' appiccicosa – siamo stati di nuovo in cucina, eh?»

«Noooo, zio Gimliiii.!» ansimò Gimizh, contorcendosi e scalciando. Si liberò e poi corse via lungo il corridoio, Gimli alle calcagna, ruggendo e ringhiando teatricamente.

Gimrís e Bofur si scambiarono un sguardo, scuotendo la testa. «Non è cambiato nulla» disse Gimrís, sorridendo «Vieni, amore, andiamo a far bollire l'acqua» E sparirono in cucina.

«Mio nipote» disse Glóin piatto.

Legolas rise ancora – l'allegra limpida risata degli Elfi. «È adorabile. Anche se forse ci vorrà tempo prima di andare d'accordo. Non gli sto portando via l'amore di Gimli, ma non lo capisce ancora, temo.»

Il sopracciglio di Glóin si contrasse. «Mm.»

Mizim allora notò l'anello sul dito di Legolas, e si premette una mano sul petto. «Incredibile, che lavoro! Fammi vedere – ma, quella è la mia filigrana a spirali, la uso da secoli! È stato Gimli a farlo?»

«Sì» Legolas alzò la mano così che entrambi i vecchi Nani potessero vedere l'anello da arciere sul suo pollice chiaramente «Ha imparato in segreto, per potermelo donare.»

«Quel bravo ragazzo» disse Mizim, meravigliandosi «Meraviglioso. E una buona idea farlo un anello per il pollice, dato che sei un arciere come tuo fratello, giusto?»

«Aye» disse Legolas sorridendo al suo anello «Ma questo anello ha una storia migliore dietro di sé, una che potrebbe interessarvi.»

Glóin grugnì e iniziò a preparare la sua pipa. «Ne dubito.»

«Giudica tu» Legolas si sedette, le lunghe gambe allungate sul pavimento «Iniziò nelle terre dell'Eriador. Io ero irritato e scontroso, perché ero impaziente e nervoso, e gli Hobbit e Gimli non si muovevano rapidamente quanto la gente più alta. Gimli era rimasto indietro.»

«Vedo ci serviranno mobili più alti» borbottò Mizim, occhieggiando i lunghi arti sul tappeto «No, continua, continua!»

«E tu l'hai insultato?» disse Glóin, brusco e accusatore.

«Lo feci» Legolas sbuffò un poco «Oh, per le stelle, lo feci. I modi rigidi degli Elfi, invero! Non vedevo cosa era dinnanzi a me, per nulla. Non allora.»

Glóin strinse la pipa fra i denti.

«Questo fu prima che vedessimo un combattimento. Avevamo lasciato Granburrone solo da poche settimane e fra noi l'aria era gelida, a dir poco. Gli dissi che era lento, e rumoroso, e senza dubbio ci avrebbe solo rallentati»

Mizim mise una mano di avvertimento sul braccio di Glóin.

«Gli chiesi che utilità potesse avere lui in combattimento» disse Legolas, e scosse la testa stupendosi di se stesso «Che sciocco ero! Ma nonostante tutta la sua eloquenza, Gimli non mi rispose a parole. No, mi rispose con azioni, del genere che non potevo fraintendere.»

Glóin sbuffò soddisfatto. «Cosa fece? Ti mandò con il culo a terra, spero.»

«In un certo senso. Di certo mi stupì tanto da farmi perdere la mia arroganza» disse Legolas, sorridendo «Prese una pepita dal suo zaino, una d'oro, pesante e ornata, e la alzò davanti ai miei occhi. Poi senza nemmeno un rumore o un cambio di espressione, la appiattì lì fra le sue dita, finché non fu altro che un dischetto d'oro.»

Glóin scoppiò a ridere.

«Pensavo che ti sarebbe piaciuto» disse Legolas, ridendo con lui «Mise la mia irritazione al suo giusto posto in pochi secondi, e senza nessuno sforzo apparente! Mi lanciò il dischetto, e io non potevo credere a ciò che avevo visto. Persino lo morsi per controllare la sua durezza, ma no, era oro e Gimli poteva schiacciarlo senza pensieri fra le dita! Fui castigato adeguatamente. Mi tenni la pepita, la misi nello zaino, per ricordarmene.»

«E poi lui la trasformò nel tuo anello di fidanzamento» disse Mizim, e strinse la gamba di Glóin «Ora questa è una bella storia!»

Legolas tornò serio, l'allegria svanì dai suoi occhi. «So che non mi accetti» disse «e non hai motivo di fidarti del mio cambiamento. Farò tutto ciò che posso per assicurarti che è vero. Lo farò.»

Glóin strinse la pipa nelle dita rigide per un lungo momento, fumando. Poi se la tirò via dalle labbra e fissò Legolas severamente. «Dici di sapere come amano i Nani. Solo una volta, e completamente. Dici che Gimli aveva perso il suo amore per te molto prima che iniziaste a corteggiarvi. Dunque tu non... l'hai manipolato con belle parole e doni perché si affezionasse a te.»

Legolas scosse la testa. «Seppi che il mio cuore era perduto al Fosso di Helm, così completamente che lui era diventato il primo e più amato di ogni mio pensiero. Ma noi non parlammo, temendo di offendere l'altro. Perché chi mai ha sentito di un Elfo che ami un Nano? Non potevo perderlo.»

«Sapevi che ti amava?»

«No» Legolas parve insicuro per un istante «Credevo di non avere possibilità, e ne ero distrutto. Ma, Mastro Glóin, devi sapere qualcosa sugli Elfi: anche noi amiamo solo una volta, se mai lo facciamo, e le eccezioni sono rare.»

Glóin fumò ancora, le sopracciglia aggrottate.

«Ancora non mi piace» disse «Ma tu mi dici che è fatto, e se io mi mettessi fra voi due, vi condannerei entrambi ad avere un cuore infranto – forse per sempre, nel tuo caso.»

«Forse per sempre, o forse fino alla mia morte» disse Legolas, molto piano «Perché c'è un'altra cosa di cui dovresti venire a conoscenza. È successo che degli Elfi siano morti per un amore perduto.»

Mizim sussultò, e si alzò rapidamente. «Bene, non voglio più sentire il tuo borbottare allora» disse a Glóin «Terremo il matrimonio in una settimana. Pagherò per avere il meglio di tutto: mi rifiuto di avere Thranduil che ci guarda dall'alto in basso. Dannazione, c'è così tanto da fare... devo assoldare qualcuno della Gilda dei Musicisti, e dobbiamo assolutamente avere Barur Panciapietra per il banchetto. Le decorazioni! Parlerò con Alrís, è brava a fare le cose con poco... il Re dovrà officiare, è nostro parente e questo dovrebbe far stare zitto chiunque non sia d'accordo. Oh! Dove possono andare dopo? Dovremmo sistemare delle stanze per loro, magari un nuovo appartamento...»

«Gioiello!» balbettò Glóin, quasi ingoiando la sua pipa per lo stupore.

«No, non voglio sentirlo, mio vecchio orso!» esclamò lei, e si mise le mani sui fianchi «Se non vedi quanto si amano allora non sei il padre che io ho sempre pensato tu fossi!»

«Cosa sta succedendo?» Gimli era alla porta, Gimizh a testa in giù fra le sue braccia «Di cosa parli?»

Mizim si addolcì nel guardare suo figlio. «Alza la testa, stai per sposarti, ragazzo mio.»

«Davvero? Ci accetterai?» Gimli parve stupefatto. Gimizh, i capelli che dondolavano dappertutto, rimase a bocca aperta. «Mamma, grazie – ma... Papà, tu...»

Glóin si premette le dita sugli occhi. Senza parlare, annuì una volta, rapidamente.

«La cena è pronta!» urlò Bofur «Venite a prenderla!»


Gimli corse per i corridoi, notando distrattamente tutti i cambiamenti. Una crepa nel soffitto qui raccontava di un macigno che colpiva un punto sfortunato della Montagna, una bruciatura là parlava di una torcia distratta.

Raggiunse la sua destinazione, e frenò con i talloni. L'ala che si apriva sulla Gilda dei Musicisti era quasi vuota, anche se vi erano i suoni di strumenti che venivano suonati vicino. Non c'era nulla in vista nel cortile se non due Nane, sedute sul bordo di una vecchia fontana. Le loro teste erano vicine, e le loro mani intrecciate: tutto considerato, una scena intima e a Gimli parve di aver interrotto un momento privato.

Le due alzarono lo sguardo quando arrivò, e i loro occhi si allargarono in riconoscimento e sorpresa.

«Gimli, sei tornato!» urlò Barís, alzandosi. Accanto a lei, l'artigiana Bani parve piuttosto imbronciata.

«Aye, ciao Barís! Non ci metterò molto» disse, cercando di scusarsi.

Bani grugnì. «Sarà meglio.»

Barís accarezzò i capelli biondo grano di Bani con un sorriso discreto e dolce, prima di voltarsi verso Gimli per dargli tutta la sua attenzione. «C'è qualcosa che non va? Perché sei corso qui?»

«Ho un lavoro da commissionarti» disse, e cercò nella sacca alla sua cintura «Ecco. Uno importante...»

«Fammi indovinare, una canzone di matrimonio?» disse Bani, appoggiandosi sui gomiti.

Gimli arrossì.

Barís prese le carte che Gimli le stava offrendo. «Ne saremmo onorati» disse, e poi alzò un foglio per guardare gli scarabocchi di Gimli: disegni per l'anello da arciere che Legolas indossava ora.

«Ah, ignora quelli. Le parole sono qui, in fondo. Ho una melodia, ma non ho il tuo dono per l'orchestrazione» disse Gimli, indicando la pagina.

«Mm» gli occhi di Barís corsero rapidi, e ad alcuni dei versi le sue sopracciglia si alzarono parecchio «Elfico?»

«Beh, devo sposare un Elfo» disse Gimli facendo spallucce «Sembra tutta la Montagna lo sappia.»

«Glóin e Thranduil hanno fatto una scenata tremenda nel mezzo della corte: certo che tutta la Montagna lo sa» disse Bani, alzando gli occhi al cielo.

«Penso che potrei inventarmi qualcosa che potrebbe far colpo persino sul Re degli Elfi» disse Barís, aggrottando le sopracciglia «La melodia, puoi cantarmela?»

Gimli le diedi i versi e il ritornello, e lei annuì a si unì a metà, la sua voce squisita sopra al suo basso rombo. «Sì, posso lavorarci. Per quando?»

Lui fece una smorfia. «Fra una settimana.»

«Una settimana! Vi costerà parecchio!» disse Bani «Siete di fretta, per caso?»

«Niente fretta. Diciamo piuttosto che vorremmo togliere tutti gli ostacoli davanti a noi» disse Gimli, e si grattò la barba «Il costo non è un problema. Abbiamo abbastanza.»

«Ci scommetto, dopo tutte le tue avventure» disse Bani.

«Ah, non mi ha portato nessuna ricchezza in oro. Molte ricchezze nel cuore, però»

«So come ci si sente» disse Barís, e mandò una rapida occhiata a Bani, che quasi cadde nella fontana.

«Dovrei fare le congratulazioni anche a voi?» disse Gimli, divertito.

«Alcuni di noi non hanno tanta fretta» disse Bani, tirando su col naso.

«Sarà fatto in una settimana» lo assicurò Barís «Meglio che tu torni a casa prima che la tua vecchia famiglia dia la notizia!»


«Hai fatto un bel disastro, Gimli» disse Dís, con un sospiro, legando le trecce sulla sua testa «E per una volta non sono i tuoi capelli, perché non li ho mai visti così ordinati prima.»

«Lo so, Zia Dís» gemette lui in risposta «Ma cosa potevo fare?»

Lei gli tirò una ciocca rossa, piuttosto forte. «Avresti potuto aspettare. Impaziente come tutti.»

«Ebbene, almeno sono stato onesto»

«Vero» Lei gli passò una mano sui capelli «Non ricordo se quelli di Kíli erano così» disse allora «È passato talmente tanto tempo.»

Thorin fece un respiro, e lo esalò lentamente. Frerin cercò la sua mano, e trovandola, la strinse forte.

«Aveva capelli più sottili dei miei» disse Gimli dopo un momento «Era Fíli quello con i capelli grossi, come me.»

«Ah, hai ragione» Dís accarezzò la guancia di Gimli, e l'unico suono fu il raspare dei capelli e il basso rumore dei loro respiri. Legolas si mosse ma non parlò, una presenza alta e dimessa.

«Zia Dís?»

«Mm?»

«C'è qualcosa che voglio dirti, ma... temo tu non mi crederai»

«Oh mio creatore, non vorrà» sussurrò Frerin, e attraverso la sua propria sorpresa Thorin lo sentì tremare.

Dís alzò gli occhi al cielo. «Gimli, torni mano nello mano con un Elfo. Hai apparentemente viaggiato su navi e camminato nelle parti più profonde di Khazâd-dum, e lottato accanto a un esercito di spettri...»

«Sì, sì» la interruppe Gimli, e alzò la testa dalle sue ginocchia «Ma è di fantasmi che vorrei parlarti ora.»

Lei aggrottò le sopracciglia.

«Oh no» disse Frerin, debole.

«Farai meglio a trovare gli altri» gli mormorò Thorin, e lui annuì e svanì «E tu, inùdoy» disse, voltandosi verso Gimli «farai meglio a fare un lavoro migliore di quanto tu non abbia fatto con Aragorn!»

«Va bene, ma lasciamelo fare coi miei tempi» borbottò Gimli «Non mi servi tu che mi interrompi ogni due secondi!»

«Io non ho detto nulla» disse Dís, e ora c'era della preoccupazione nei suoi occhi «Gimli, stai bene?»

«Aye, perfettamente bene, Zia Dís» l'espressione di Gimli si addolcì, e lui si mise in ginocchio e le prese le mani fra le sue. Le dita di lei erano molto rovinate e sottili e nodose, strette in quelle enormi e dure di lui. «Ti suonerà completamente folle, ma ti devo chiedere di mettere da parte la tua incredulità per un momento» disse, con emozione «Ricordi le storie che ti ho detto del Bosco Dorato?»

«Il reame della regina Elfica, sì?» Dís si piegò in avanti, accigliata «Gimli, ti è successo qualcosa? Devi dirmi se sei stato trattato in malo modo, non voglio che...»

«No, furono la cortesia in persona – o, alla fine lo furono» disse Gimli, e le fece un mezzo sorriso incoraggiante «No, non mi fu arrecato danno dalle mani degli Elfi di Lothlórien. Fu in quei boschi che io imparai uno dei misteri di questo mondo: qualcosa che vorrei raccontarti ora. Ma devi giurarmi di tenerlo segreto.»

«Che succede?» venne la voce di Fíli dietro Thorin, seguito dal grugnito confuso di Kíli in risposta.

«Dovete stare zitti, ragazzi miei» disse Víli piano «Penso di saperlo.»

«Glielo sta dicendo» disse Thorin, e la sua gola era stretta «Di noi.»

La mano di Fíli immediatamente scattò e strinse quella di Kíli. Il suo nipote più giovane aveva gli occhi spalancati ed era pallido come marmo.

«Può farlo?» chiese Frís debolmente.

«Nulla lo può fermare ora, no?» rispose Víli duro.

«Dovete tutti rimanere in silenzio, per favore» disse Gimli con un gemito «Questo è già abbastanza difficile senza i vostri commenti. Riferirò le vostre parole quando avrò finito le mie.»

Dís era allarmata ora. «Gimli?»

Lui si voltò di nuovo verso lei, e le strinse le mani. Il suo volto era il più serio che Thorin avesse mai visto. «A Lothlórien, mi fu permesso di guardare nello specchio della Dama Galadriel. È un oggetto di profonda meraviglia, una finestra sul passato, presente e futuro, una porta verso una miriade di possibilità. Lì, vidi qualcosa che mi fece dubitare dei miei stessi occhi.»

Gimli si fermò, e si bagnò le labbra con la lingua. La sua gola si strinse.

Poi riuscì a dire: «Vidi tuo fratello. Zia Dís, vidi il nostro Re. E udii la sua voce. Lui ci ha guardato sin dalla sua caduta.»

Lei strappò le mani dalle sue, allontanandosi. La sua bocca era aperta in muto orrore, e furia e dolore lottavano nei suoi occhi.

«Zia Dís, ti prego, ti dico il vero» Gimli lasciò che le sue mani cadessero sulle sue ginocchia «Ha camminato per ogni passo del mio viaggio al mio fianco. Ho imparato a udire chiaramente le sue parole – prima dello specchio, lo credevo solo i miei pensieri. Ti prego! Ti chiedo, ti prego metti da parte la tua incredulità, per lo spazio di un'ora.»

«Non posso credere che tu sia così crudele» gli sputò lei, e Gimli chinò la testa.

«Non sto mentendo, Zia Dís» disse, leggero come la pioggia che cade «Lo giuro sul mio amore. Lo giuro sul mio stesso nome. Chiedimi. Qualsiasi cosa tu voglia, qualsiasi.»

«Vattene» sibilò lei.

«Oh Mahal» gemette Fíli «Gimli, no, non puoi andare.»

«Lo so» sospirò Gimli «Ma desideravo darle conforto, e le ho portato solo dolore.»

«Quando avevi tre anni» disse Thráin «spezzasti la gamba del tavolo di tua madre. Pensavi fosse il più grande risultato tu avessi mai raggiunto, e ridetti e ridetti.»

Gimli lo ripeté, e Dís si alzò, le narici dilatate. «Avrebbe potuto dirtelo Dwalin» disse, il petto che si alzava e si abbassava rapidamente «Anche Dáin lo sapeva. Ho chiesto di andartene: devo gettarti fuori?»

«Allora ecco qualcosa che solo un'altra anima vivente sa, namad» disse Thorin, e fece un passo verso sua sorella «Dohyarzirikhab.»

Gli occhi di Gimli si allargarono, e lui si strozzò. «Non posso ripeterlo!»

«Devi» Thorin sorrise tristemente al suo campione «Devi.»

Gimli fece tre respiri profondi, e poi lo disse nella stanza. Poi si strinse le mani sulla bocca.

Dís lo fissò, e poi le sue ginocchia cedettero e lei si sedette pesantemente sulla sua sedia. «Lui...»

Gimli scosse la testa, le mani ancora sulla bocca. «Non lo dirò di nuovo!» disse, soffocato.

«Chi te l'ha detto, dove l'hai trovato?» domandò lei. Le sue mani stavano tremando. «Chi ha osato scriverlo?! Tu non l'hai mai udito da nessuno di noi – Fíli o Kíli te l'hanno detto quando eri piccolo? Avrebbero dovuto-»

«No, tuo fratello me l'ha appena detto, adesso, in questa stanza» disse Gimli, con una certa ansia «Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo così-»

«Non ci credo» Dís si piegò su se stessa «Non posso crederci.»

Gimli si passò una mano sulle fronte, i denti scoperti per la frustrazione. «Non posso chiedere più di così! Cosa c'è d'altro di più profondo del suo nome? Come puoi credermi?»

Dís fissò davanti a sé, la furia danzava nei suoi occhi.

«Ecco qualcosa che nessuno di vivente sa» disse Frerin, e alzò il mento testardamente, le basette tagliate dritte in strani angoli «Nessuno tranne Dís. Gimli, puoi sentirmi?»

«Aye»

«Allora ripeti dopo di me: Abkundûrzud»

Gimli chiuse gli occhi e imprecò, le spalle pesanti basse per la sconfitta.

«Hai sentito qualcosa di nuovo, adesso» disse Dís, e le sue mani tremanti si strinsero a pugno «Cos'era.»

«Zia Dís-»

«Cos'era»

«Era il tuo altro fratello, Frerin» sussurrò Gimli misero «Mi ha detto il suo nome oscuro, per dirtelo. Ha detto che nessuno vivente lo conosce.»

«Puoi sentirli tutti»

Gimli aprì gli occhi e alzò il volto verso quello di lei, implorandola senza dirlo: credimi, devi credermi. «Aye. Tutti loro ora.»

Il labbro di Dís si arricciò. «Allora cosa ha detto mio fratello morto da secoli?»

Gimli si morse il labbro per un momento, gli occhi che andavano da Legolas a sua zia, e poi disse: «A- Abkundûrzud.»

Il respiro di lei si mozzò, e la sua mano si mosse in avanti fino alla spalla di Gimli per sostenerla. «Quello... è quello» disse, così piano che era quasi inudibile «Quello era il suo nome.»

«Zia Dís, sono qui» disse Gimli. Mise delicatamente una delle sue mani su quella di lei. «Sono qui davvero, tutti loro. Ho imparato molto su di loro. Non ci hanno mai lasciati, non davvero.»

«I miei figli sono qui?» disse Dís, e non reagì alla mano di Gimli sulla sua. Era ferma e priva di espressione come un dipinto.

«Sì, siamo qui, Mamma siamo qui!» urlò Kíli, e Fíli gli strattonò il braccio.

«Non serve che urli, scemo!»

Gimli rise. «Aye, e stanno litigando.»

«Certo che sì» disse lei, e il suo labbro tremò «Mi mancano così tanto. Oh i miei bambini, i miei figli, quanto mi mancate.»

«Anche tu ci manchi» dissero Fíli e Kíli, in perfetto unisono.

«E i miei fratelli, entrambi i miei fratelli» disse lei, e i suoi occhi erano pieni di lacrime «Sono con te.»

«Sono spesso con me» disse Gimli, e sorrise «Ho imparato ad amarli. Thorin è stato una luce per me.»

«Davvero» disse Dís «Chi altro hai sentito?»

«Mio zio» disse Gimli «Balin. Ori. I tuoi genitori» deglutì «Dáin.»

Lei tremò come se l'avessero colpita.

«Li vidi anche, quando attraversammo i Sentieri dei Morti» disse Gimli, e studiò la punta delle sue dita: ruvida per il tempo e l'ascia «Non sono cambiati, è come se non fossero invecchiati di un solo giorno.»

«Voglio crederci» sussurrò Dís.

«Credeteci, Lady» disse Legolas «Li vidi nella luce malata dei Sentieri io stesso, chiari come vedo voi ora. Parlai con Re Thorin. Mi diede un compito.»

«Un compito?»

«Di dire ciò che è nel mio cuore» disse Legolas, e il piccolo, inscrutabile sorriso degli Elfi attraversò le sue labbra: quello che significava che era davvero toccato sin nell'anima «L'ho preso come un giuramento da allora.»

«Sento Thorin meglio di tutti» disse Gimli, e dondolò un poco «La sua voce... è chiara come la tua per me, come se stesse al mio fianco. Gli altri sono stati più difficili da sentire. Sono come... soffocati, deboli, come la voce della roccia. Ho imparato alla fine.»

«Posso sentirli?»

Gimli alzò lo sguardo. «Non lo so» disse infine «Mi ci è voluto lo Specchio di Galadriel per scoprirli. Prima, pensavo che Thorin fosse solo i miei stessi pensieri...»

«Da quanto è con te, allora?»

Gimli si fece forza. «Sin da Ered Luin.»

Lei sussultò. «Allora...»

«Ha visto»

«Allora sa quanto gli ho urlato contro» disse, e la sua mano si alzò, tremante, per poggiarsi di nuovo sulla guancia dalla folta barba di Gimli. Le sue dita vi affondarono. «Sa che l'ho odiato.»

«E non te ne dà colpa» disse Thorin, e abbassò la testa.

«Ora, piantala» esclamò Gimli «Thorin, smettila ora. E Zia Dís, sì, lo sa. Se ne è fatto colpa più di quanto tu non possa immaginare.»

«Mamma, abbiamo scelto di andare» disse Kíli, torturandosi le mani.

«Kíli dice che hanno scelto di andare» ripeté Gimli.

«Dì a mio figlio che non può scegliere di vivere qui e respirare al mio fianco» ringhiò Dís.

«Possono sentirti» disse Gimli.

«Bene»

Fíli fece un respiro profondo. «Ti vogliamo bene, Mamma.»

«Fíli dice che ti vogliono bene»

«Ti vogliamo tutti così bene» aggiunse Thorin «E mi dispiace. Me ne dispiacerà per sempre, sorella mia.»

«Voglio ben sperare che ti dispiaccia, nadad» ringhiò Dís.

«Non dovrei mai essere perdonato» sussurrò Thorin, e allora Gimli lanciò uno sguardo tanto feroce che Thorin fece un passo indietro.

«Devo dirti, Zia Dís, che non sarei qui oggi se non fosse stato per Thorin maledetto Scudodiquercia, il dannato testardo nobile martire bastardo» ringhiò «Gli devo la mia vita più di una volta. Gli devo di essere unito col mio amore. Tutte le mie gioie hanno le loro mani in esse. Ho imparato a lavorare il metallo sotto la sua tutela, sono sfuggito a Moria grazie alla sua guida! Le lista è infinita, e io non posso avere abbastanza gratitudine nel mio corpo. Eppure lui persiste-» qui Gimli si colpì la coscia con un pugno «-nel parlare di se stesso come un qualche genere di peso per me, come qualcuno che non si merita affetto o perdono!»

Dís batté le palpebre, lacrime sulle sue ciglia. Poi sbuffò forte. «Certo che lo fa. Questa è la cosa più da Thorin che io abbia mai sentito.»

«Dís, hai maledetto il mio nome» iniziò Thorin, ma Dís stava ancora parlando.

«L'ho odiato, sì. Ma il tempo e l'età consumano il risentimento come l'acqua la pietra, e io non posso odiare per sempre ciò che amo e che mi manca tanto. Digli che è un'idiota dalla testa di pietra, e che gli strapperò le trecce dalla testa un milione di volte se non la smette»

Thorin dovette appoggiarsi a Frerin per un momento, debole. Il suo cuore era leggero e libero nel suo petto.

«Dille» disse Frís, e dovette interrompere le sue parole per poterle dire chiaramente «dille che siamo così orgogliosi. Così orgogliosi.»

«Tua madre è orgogliosa» disse Gimli, e il mento di Dís si abbassò fino al suo petto e le sue spalle tremarono.

«Non sono più capace di suonare l'arpa» disse.

«Non mi importa per nulla» disse Frís «Mia bellissima figlia, il nostro usignolo d'acciaio. Sono così orgogliosa di te, cara.»

Dís annuì debolmente. Poi alzò la testa e disse: «'adad?»

«Sono qui ora, mia dolce piccola rondine, e sto bene» disse Thráin «Mi manchi, ci manchi a tutti. Siamo qui.»

E poi vi fu una miriade di voci tutte che si accalcavano per parlare alla loro ultima sorella, ultima figlia, madre e cugina e amica.

C'era però una voce, che Thorin pensava si meritasse di essere udita sopra le altre. «Dille che Víli non è mai mancato un solo mattino» urlò sopra la confusione. Calmò gli altri in qualche modo, e loro iniziarono a mormorare e lanciare occhiate a Víli. «Dille che ha passato ogni mattino dalla sua morte al suo fianco. Per favore. Gimli, per favore diglielo.»

Gimli sembrava un poco intimorito dalla confusione, ma annuì a passò il messaggio.

«Sono qui, mia bella» disse Víli, e Frís gli mise un braccio attorno alle spalle per confortarlo «Sono sempre stato qui, amore, lo sarò sempre-»

«Víli» ansimò lei, e i suoi occhi erano enormi.

«Sono qui» disse ancora Víli, disperazione in ogni sillaba, e Thorin lo toccò per fargli forza «Mio amore. Sono sempre qui. Sempre.»

Dís pianse.

Legolas si alzò e poi si inginocchiò davanti all'anziana Nana, la testa piegata leggermente indietro e i capelli che cadevano come un velo dietro di lui. Lei poté solo piangere più forte quando lui la prese fra le braccia e la strinse. Il corpo di lei tremava.

Gimli era serio nell'allontanarsi, la bocca tirata all'ingiù. «Spero di averti dato un qualche conforto, Zia Dís» mormorò.

«Io- io-» singhiozzò lei, e si allungò verso di lui. Lui si avvicinò, e Dís abbracciò entrambi loro strettamente con le sue vecchie braccia, le loro teste premute ai lati della sua.

«Io non sono sola» ansimò lei, più e più volte «Io non... Io non sono sola.»

«Non sei sola» le promise Gimli.


«Ehi capo» disse Nori, facendo capolino dalla porta di Fíli «Sono arrivati a Granburrone.»

«Davvero?» Fíli si levò di corsa gli abiti da notte, e si lisciò i capelli «Va bene, sono alzato, sono alzato. Vado a prendere Kíli, vediamoci lì.»

Per quando Kíli si fu mosso dalle sue belle coperte calde e infilato i vestiti, gli Hobbit avevano superato il ponte dell'Ultima Casa Accogliente. Fíli scosse la testa per liberarsi gli occhi dalle stelle, e guardò Frodo, che camminava fra Sam e Merry.

«Sta dormendo meglio ora, guarda i suoi occhi» sussurrò Kíli.

Gli Hobbit dissero addio a Elrond e Galadriel per la giornata, e Glorfindel agitò la mano allegramente. «Dopo, nella Sala del Fuoco» disse a Pipino e Merry «Vi insegnerò un gioco del bere che una volta mi ha insegnato Fingon!»

«Giochi del bere della Prima Era? Ci vediamo dopo allora!» disse Pipino, sfregandosi le mani.

«Prima, c'è qualcosa di molto importante che dobbiamo fare» aggiunse Merry.

Non si fermarono a mangiare o lavarsi, ma camminarono per i corridoi con il loro tappeto rosso di foglie autunnali. Granburrone stava già iniziando a sembrare vuota. Andarono direttamente a una stanza interna, e là seduta in una sedia circondata da carte e penne era un'anziana figura ingobbita, sottili capelli bianchi lunghi fino a toccare il suo colletto, appisolata sul suo libro.

Si svegliò quando loro si avvicinarono, pacifico e sonnolento. «Salve, salve! Così siete tornati? E domani è il mio compleanno. Che bravi!»

«Lo sappiamo, Bilbo» disse Frodo dolcemente, e prese la mano del vecchio Hobbit «Anche il mio.»

«Lo è, lo è» Bilbo sbadigliò e poi diede una piccola pacca sulla mano di Frodo «Ragazzo mio. Sapete che compirò centoventinove anni? E l'anno prossimo, se durerò ancora, avrò raggiunto il Vecchio Tuc. Vorrei poterlo battere, ma si vedrà.»

«Ci riuscirai» disse Merry serio.

«Ebbene, guarda un po'» disse Bilbo, guardando i due nelle loro maglie di ferro e mantelli, le insigne di Rohan e Gondor sui loro petti «State crescendo, mi sembra. Ma se non finite di crescere così fra poco, finirete col trovare cappelli e abiti piuttosto costosi.»

«Ma se tu vuoi battere il Vecchio Tuc» disse Pipino «Non vedo perché noi non dovremmo cercare di battere Ruggitoro.»

«Questo è un bello spirito Tuc» disse Bilbo, e il suo viso rugoso si aprì in un sorriso «Ho sentito che ci sarà una festa domani per il mio compleanno. Sono ancora molto puntuale all'ora dei pasti, di regola.»

«E questo è un bello spirito Baggins» disse Frodo, sorridendo a sua volta.

«Sì, lo è. Guardandoti, ragazzo mio, mi chiedo quanto del Baggins sia rimasto in te» mormorò Bilbo. Poi si riscosse. «Ma raccontami! Devo trovare carta pulita e una penna: non penso tu abbia avuto tempo di scrivere, giusto Frodo ragazzo mio?»

«No, Bilbo»

«Peccato, peccato» Bilbo cercò nelle sue tasche e ne estrasse una penna, prima di guardare i quattro interessato «Iniziate dall'inizio! Tanto conosco già la fine: una felice per tutti, come deve essere.»

Dunque si sedettero attorno al fuoco e gli narrarono a turno tutto ciò che ricordavano dei loro viaggi e avventure, ma Bilbo presto si addormentò. All'inizio fingeva di prendere appunti, e poi si accasciava sopra il suo banchetto e iniziava a russare.

Poi si svegliava di colpo e diceva as alta voce: «Splendido! Meraviglioso! Ma dove eravamo arrivati?» e i quattro Hobbit dovevano ricominciare da dove si era appisolato.

Una volta dopo essersi svegliato, chiese per il grande allarme di Fíli: «Dove eravamo arrivati? Sì, giusto, fare regali. Il che mi ricorda: cos'è successo al mio anello, Frodo, che ti sei portato via?»

«L'ho perduto, Bilbo caro» disse Frodo, molto cautamente «Me ne sono liberato, sai.»

«Che peccato!» disse Bilbo, e lo sguardo sul suo volto non era di rabbia, come Fíli aveva temuto. Era piuttosto qualcosa di simile a un broncio. «Mi sarebbe piaciuto rivederlo. Ma no, che stupido sono! È proprio per liberartene che sei partito, non è così? Ma tutto è così confuso, perché una gran quantità di altre cose sembrano essersi mescolate, gli affari di Aragorn, e il Bianco Consiglio, e Gondor, e i Cavalieri, e i Sudroni, e gli olifanti – ne hai davvero veduto uno, Sam? - e caverne, torri e alberi dorati e chissà quante altre cose.»

«Perché i tuoi capelli sono così lunghi, Bilbo?» chiese Frodo dopo la loro festa di compleanno, mentre Bilbo beveva un piccolo bicchiere di cordiale nelle sue stanze dopo le celebrazioni.

«Oh quello» Bilbo li toccò con dita nodose «Una strana presa di posizione. Non desidero tagliargli. C'è una treccia speciale, una treccia molto speciale, che ci dovrei mettere. Ma» e qui Bilbo abbassò lo sguardo alle sue mani rovinate «Non posso mettercela ora, temo.»

«Che genere di treccia» disse Frodo, una nota di sospetto nella sua voce «Bilbo?»

Bilbo sospirò. «È stato molto tempo fa, ragazzo mio.»

Frodo appoggiò la testa sulla spalla di Bilbo, e insieme guardarono il fuoco scoppiettare.

«Thorin sa di questo nuovo... sviluppo, secondo voi?» chiese Nori.

«Ci scommetto il mio coltellino nuovo che lo sa» disse Kíli «Hai visto la barba di Thorin ultimamente?»

«Zitti» disse Fíli, osservando i due Portatori dell'Anello.

«Ho viaggiato con un Nano» disse Frodo. Il fuoco era molto caldo. «Ho imparato alcune cose sulle loro terre e i loro usi. Avevi ragione, zio. Ho incontrato Stregoni e Elfi e Uomini e anche Nani – e piccole cose possono fare una grande differenza.»

«Mio caro Frodo» mormorò Bilbo, e strinse la mano di Frodo «Sento cosa stai dicendo: non sono ancora così confuso. Sì, era un Nano. Sì, è morto.»

Frodo guardò suo zio. «Mi dispiace.»

«A me no» Bilbo fece un sospiro rilassato, e si strinse Frodo più vicino. La sua vecchia voce era sonnolenta. «Ci sono più cose nella vita e nella morte, ragazzo mio, di quante noi non possiamo comprendere. L'ho perduto, e ho sofferto. Oh, se ho sofferto, ed ero arrabbiato e triste e mi sono seppellito per far smettere la sofferenza, per terribili lunghi anni. Ma ora ricordo che lo amai e che ancora lo amo, e ciò mi porta pace. Nessuna perdita che noi possiamo soffrire è più grande dell'amore.»

Gli occhi di Frodo erano molto scuri e pieni di dolore nel fissare le fiamme. «Lo spero.»

Bilbo lo strinse ancora di più. «Andiamo ora, abbracciamoci e facciamo un riposino, come facevano a Casa Baggins quando arrivava l'inverno, eh? Il fuoco è molto piacevole qui, e il cibo è molto buono, e ci sono degli Elfi quando li vuoi. Cos'altro potresti volere?»

Frodo chiuse gli occhi, e la tensione lasciò il suo corpo. Bilbo iniziò a cantare piano, la sua voce querula si rompeva a tratti.

[Traduzione]

The Road goes ever on and on
Out from the door where it began.
Now far ahead the Road has gone,
Let others follow it who can!

Let them a journey new begin,
But I at last with weary feet
Will turn towards the lighted inn,
My evening-rest and sleep to meet.

E quando Bilbo mormorò le ultime parole la sua testa si abbassò sul suo petto e lui dormì profondamente.


Iniziò con il lento, dolce suono di violini e viole in pulsazioni ritmiche.

[Light on the Horizon, eseguita e composta da determamfidd]

La sala era piena fino al soffitto: tutta Erebor era venuta ad assistere al matrimonio. Thorin alzò la testa per vedere i musicisti raccolti nella galleria superiore. C'erano archi alti e bassi, corni e cromorni e una tromba d'argento, un'arpista e tamburi, e un intero coro di almeno quaranta membri. Barís Linguacristallina era in piedi sul podio del direttore, le mani alzate.

Attorno a lui, ogni Nano delle Sale si era stretto nella grande camera delle Udienze, sembrava. Frerin e Óin, Dáin e Balin e Narvi e Frís, Thráin e Hrera e Thrór erano lì. Nori, Ori e Bifur e Bombur erano vicini fra loro, e Fíli e Kíli si stringevano per l'eccitazione. La tristezza negli occhi di Kíli era superata dalla gioia.

Haban era in lacrime, e Gróin la stringeva dolcemente. Fundin e Dwerís erano vicini, così come Náin, Daerís e Nár. Lóni e Frár si stavano tenendo la mano. Náli si stava soffiando il naso nella manica.

Il coro iniziò a cantare, un sussurro dolce e lieve che riempì la sala.

«Questa è la sua canzone, quella che ha scritto» disse Thorin in comprensione, e inspirò profondamente. Le voci dolci riempivano l'aria, le parole rimbalzavano dagli angoli della Montagna.

Il Re si alzò. Al suo fianco, Bomfrís annuì a Dwalin e Orla, e loro annuirono a loro volta e aprirono le porte.

La luce della luna entrò nel cuore della Montagna, riflessa da molti specchi, illuminando la sala di un pallido luccichio argenteo.

Though my heart may be heavy,
Though I wander afar,
I will come to the morning
Over sea and under star.

Where you go there will I follow,
For you are my guiding star.
I will never fear tomorrow.
There is comfort where you are.

Gimli e Legolas andarono dal Re, e lui indicò a entrambi di inginocchiarsi. Erano una vista strana e curiosa: Gimli largo e robusto nei suoi ricchi blu e bronzo, i suoi gioielli formali nei capelli e nella barba e sulle orecchie e sul naso. Legolas era una lancia di luce vestita di grigio argento, e l'anello sul suo dito luccicava alla luce della luna come una stella.

Cosa il Re disse loro, nessuno poté udirlo tranne Gimli e Legolas – e Bomfrís, che ghignò, le braccia incrociate sopra la sua pancia. Gimli rise e Legolas sorrise, e poi si strinsero le mani e si voltarono per guardarsi negli occhi.

Intanto, la dolce pulsazione della musica continuò a battere, battere come un cuore.

Though the starlight is fading (I am lost in the dark),
Though the night gathers fast (take my hand).
There’s a new world awaiting (with you here by my side)
Lay your burden down at last (at last).

There’s a light on the horizon,
There’s a voice that calls my name,
There’s a place that I belong,
There’s an ever-burning flame.

«Cos'è questa musica» disse Thranduil, seduto di fronte alla gente raccolta, rigido come un cadavere. I suoi occhi erano molto larghi. Le voci del coro si alzarono all'unisono, come un'onda che colpiva la riva.

Glóin gli lanciò uno sguardo opaco. «L'ha scritta Gimli.»

Thranduil affondò nella sua sedia. Il suo respiro usciva tremante dalle sue labbra.

«Le parole, ecco» concesse Glóin.

L'arpa risuonò come gocce di cristallo contro il ghiaccio, e il coro continuò a cantare.

Far from hope and from home (far from all that I knew),
Full of sorrow and fear (meleth nîn
You are never alone (ghivashelê I’m near, I am near)
I will always be here (I am here).

Out of dark to the day’s rising,
Death itself will I defy,
For the road goes ever on,
To your arms will I fly.

L'Elminpietra allora comandò a Gimli di intrecciare l'ultima treccia nei capelli di Legolas, e a Legolas si mettere la sua nella barba di Gimli. Le loro braccia si incrociarono quando si allungarono l'uno verso l'altro.

«Le parole» sussurrò Laindawar. La sua voce si abbassò finché non fu quasi ingoiata dal dolce suono della musica. Il battito continuò a pulsare per la Montagna, facendo venire la pelle d'oca sulla braccia di Thorin. «Le parole, Adar – le parole – lo ama così tanto.»

«No. Non è la storia di due individui soli» ansimò Thranduil «È... è la storia di ciò che hanno veduto, la storia di tutti coloro che hanno camminato con loro. Quello che hanno visto, cosa hanno imparato. Questo è più di Elfo e Nano. Questo – questo deve essere quello che Legolas vede in lui, e noi non potevamo.»

Mizim allungò una mano e diede una pacca sul ginocchio di Thranduil, materna e gentile. «Va tutto bene» disse dolcemente «Ci siamo abituati. Ora lo vedi anche tu.»

Laerophen non poteva parlare, dato che stava già piangendo. Anche Gimizh piangeva, la sua piccola faccia arrossata. Gli archi più bassi iniziarono a unirsi a quelli più alti, le viole borbottavano.

I was worn, I was weary (annon ûr, nîn angin),
With suspicion and shame (Âzyungel),
Now I stand in the sunlight (now I stand in the light)
And my heart it calls your name (and my heart calls your name).

And the road takes me onward,
Takes me far from my door.
Never now will I falter,
Since you taught me how to soar.

Mizim prese la mano di Glóin. «Orgogliosa di te, vecchio orso» sussurrò.

Glóin tirò su col naso. I suoi occhi erano sospettosamente brillanti. «Sì, beh.»

I will wait for you forever,
I will be here when you call,
And if ever you should stumble,
I will catch you if you fall.

Gimli lasciò cadere la nuova treccia, e poi prese il volto di Legolas nelle sue grandi mani. Stava sorridendo incontrollabilmente nel premere vicine le loro teste, aspettando che Legolas completasse la complicata treccia a sette ciocche nella sua barba. Anche Legolas stava sorridendo di gioia incontenibile. Sembrava emanare luce da dentro, irradiare felicità pura.

«Stai piangendo?» mormorò Frerin.

«Sì, e anche tu» rispose Thorin.

«E anche io» tirò su col naso Bilbo «È così terribilmente bello. Accidenti, ancora non ho un fazzoletto!»

«Oh Mahal, hanno fatto!» ansimò Haban, e i tamburi iniziarono a distruggere l'aria quando Gimli e Legolas si alzarono e si voltarono verso la folla, le mani unite, i volti rosso acceso. Il coro esplose in un canto tuonante, e la voce di Barís si alzò sulle altre: ultraterrena, colpiva l'anima.

There’s a light on the horizon,
There’s a ship upon the sea,
Now the world is so much wider,
For you wander it with me.

«Riconosco qualcuno di quei versi» mormorò Bilbo.

Thorin sorrise. «Come dovresti, idùzhib. L'ho aiutato.»

Bilbo gli lanciò uno sguardo, che presto si addolcì in completa adorazione. «Oh, dolce sciocco Nano» disse «Il sentimento è completamente ricambiato.»

And the sun shines out the clearer,
Golden glory in the blue!
There’s a light on the horizon,
And it’s guiding me to you.

I violini esplosero in tremenda eccitazione, e le trombe cantarono, accese e giubilianti, facendo tremare l'aria. Glóin fu il primo in piedi che correva verso di loro, le braccia allargate. «Vieni qua giù, maledetto alto-» disse con voce tremante, e si strinse al collo di entrambi i suoi figli «Mi dispiace, mi dispiace» lo si udì dire «sii il benvenuto, ragazzo mio. Sei nostro ora, e non sono uno che lascia andare facilmente. Mi dispiace tanto... oh siate felice, siate felici per tutti i vostri giorni!»

«Legolas.»

L'Elfo si raddrizzò fuori dalle braccia ora molli di Glóin, gli occhi fissi su suo padre.

Thranduil lo guardò, e il suo volto era pieno di angoscia. L'ombra di una terribile cicatrice poteva essere appena intravista sulla sua guancia. «Ti ama.»

«Mi ama» disse Legolas orgogliosamente.

«Fin oltre la morte, lo amerò» disse Gimli, ugualmente orgoglioso.

«Allora devo» Thranduil si fermò e i suoi occhi andarono all'Elminpietra «Sono stato forte, ionneg – abbastanza forte da spezzarmi. Devo imparare a piegarmi.»

Legolas rimase a bocca aperta e si alzò a metà in meraviglia.

Gli occhi di Thranduil tornarono a Legolas. Una lacrima, come il ricordo di una gemma bianca, poté essere vista correre lungo il suo volto. «Mi insegnerai?»

Legolas poté solo correre avanti e gettare le braccia attorno a suo padre.

Il coro diminuì in volume mentre la grandiosa canzone si avvicinava alla fine, anche se l'ultima nota di Barís rimase nell'aria come una campana suonata. Gli echi si inseguirono fra loro finché non si poté più riconoscere l'inizio o la fine. Allora, come un sospiro, svanirono tutti insieme, lasciandosi solo dietro la loro promessa.

TBC...

Note

Alcune parole prese dal capitolo “Molte Separazioni”.

Fingon – Re Supremo dei Noldor nella Prima Era

La canzone è un lavoro di Dets – anche se si possono riconoscere alcuni versi

La Via prosegue senza fine
Lungi dall'uscio dal quale parte
Ora la Via è fuggita avanti
Presto, la segua colui che parte!

Cominci pure un nuovo viaggio,
Ma io che sono assonnato e stanco
Mi recherò all'osteria del villaggio
E dormirò un sonno lungo e franco

[Torna alla storia]

Traduzione di Light on the Horizon

Anche se il mio cuore peserà,
Anche se viaggio lontano,
Arriverò al mattino

Sopra il mare e sotto le stelle.

Dove tu vai io seguirò,
Perché sei la stella che mi guida.
Non temerò mai il domani.
C'è conforto dove tu sei.

Anche se la luce delle stelle svanisce (Sono perso nel buio),
Anche se la notte sta arrivando (Prendimi la mano).
C'è un nuovo mondo che attende (con te al mio fianco)

Lasciati indietro il tuo peso infine (infine).

C'è una luce all'orizzonte,
C'è una voce che mi chiama,
C'è un luogo a cui appartengo,
C'è una fiamma che brucia in eterno.

Lontano da speranza e da casa (lontano da tutto ciò che conoscevo),
Pieno di dolore e paura (meleth nîn)
Non sarai mai solo (ghivashelê sono vicino, sono vicino)
Sarò sempre qui (sono qui).

Oltre l'oscurità del giorno che sorge,
La morte stessa sconfiggerò,
Perché la via prosegue per sempre,
Fra le tue braccia volerò.

Ero stanco, ero esausto (annon ûr, nîn angin),
Pieno di sospetto e vergogna (Âzyungel),
Ora sono alla luce del sole (ora sono alla luce)
E il mio cuore chiama il tuo nome (e il mio cuore chiama il tuo nome).

E la via mi porta avanti,
Mi porta lontano dalla mia porta.
Mai tentennerò ora,
Dato che mi hai insegnato come volare.

Ti aspetterò per sempre,
Sarò qui quando chiamerai,
E se mai inciamperai,
Ti prenderò prima che tu casa.

C'è una luce all'orizzonte,
C'è una nave sul mare,
Ora il mondo è molto più grande,
Perché tu vi cammini con me.

E il sole brilla più luminoso,
Gloria dorata nel blu!
C'è una luce all'orizzonte,
E mi sta guidando a te.

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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