Alucard rimase
rintanato nella sua segreta per tre giorni e
due notti, tanto gli occorse per calmare lo sdegno che il film di
Coppola gli
aveva suscitato.
Di film su se
stesso ne aveva visti tanti, per lo più brutti
ma nessuno di loro era passato alla storia e la consapevolezza di
quanto
velocemente quelle pellicole venissero dimenticate, l’aveva
sempre placato. Il
film di Francis Ford Coppola invece era stato campione
d’incassi al botteghino
e c’era già chi lo considerava una pietra miliare
nella storia del cinema.
Tutto ciò faceva venire i sudori freddi ad Alucard
perché voleva dire che
milioni di persone nel mondo prendevano per oro colato quel che la
pellicola
raccontava.
La maggior parte
dell’umanità era quindi convinta che fosse
innamorato perso di Mina, rimbecillito al punto da trasferirsi in
Inghilterra
unicamente per starle vicino, arrivando a suicidarsi per lei e morire
contento
per un suo bacio.
-Che onta! -
esclamava indignato il Re-senza-vita.
Gli sembrava di
essere stato degradato al livello di un
principe azzurro un po’ dark.
“Un
principe blu-scuro” concludeva fra sé e
sé, pensando a
ciò che si sarebbe ottenuto mischiando l’azzurro
col nero.
Se nel film
l’avessero almeno fatto innamorare della Mina
reale, intelligente e coraggiosa, l’affronto non sarebbe
stato altrettanto
cocente. L’umanità avrebbe pensato che Dracula si
era cacciato nei guai per
conquistare una donna che per lo meno valeva il gran casino che era
stato
montato per averla. Invece gli avevano fatto perdere la testa per una
delle
femmine più scialbe e antipatiche in cui gli fosse capitato
d’imbattersi.
-Doppia onta!
–
Un’umiliazione
simile, da che era diventato un mostro famoso,
non gli era mai capitata. E se gli altri midian, dopo la visione di
quel film,
imbattendosi in lui, l’avessero preso in giro?
“Gli
scaricherò addosso l’intero caricatore di
Casull!“
pensava Alucard, senza che quell’idea riuscisse ad essergli
di conforto. Per questo
rimase rintanato nella sua catacomba per tre notti e due giorni.
Al mattino del
terzo giorno, giunse alla conclusione che
staccare a morsi la testa dell’incauto freak che avesse osato
dileggiarlo
l’avrebbe di gran lunga soddisfatto, più che
scaricargli Casull addosso.
Inoltre l’effetto sugli altri mostri eventualmente presenti
sarebbe stato ben
maggiore. Alucard s’immaginava commentare:
-Qualcuno vuole
fare un’altra battuta? – con aria truce e le
fauci grondanti di sangue.
Gli altri midian
sarebbero rimasti certamente in silenzio,
tornando ad occuparsi ognuno delle proprie faccende. Nessuno si sarebbe
più
azzardato a commentare il film di Coppola in sua presenza.
Tranquillizzato
da quella prospettiva, decise di riemergere
dalla catacomba, tornando a rallegrare Hellsing Manor e i suoi abitanti
con la
sua presenza. Filtrò quindi attraverso il soffitto ma quando
si ritrovò nel
vestibolo della villa, un odore nauseabondo lo costrinse a turarsi il
naso.
Che orrore!
Che disgusto!
L’atrio
puzzava di…rosa!
Sissignore!
L’odore della rosa, repellente alle narici di un
vampiro quanto quello dell’aglio, appestava il vasto ambiente.
Il non-morto si
spostò nel corridoio, scoprendo con sgomento
che anche quello olezzava di rosa, così come ogni altra
camera, ripostiglio e
bagno del pian terreno e dei piani alti.
Che diamine era
accaduto nei giorni in cui si era ritirato
nella segreta? Andò alla ricerca di un umano in grado di
spiegarglielo e trovò
Walter in cucina, intento a caricare la lavastoviglie.
Alucard rimase
fermo sulla soglia della stanza dato che il
puzzo di rose che emanava dal locale superava quello di qualsiasi altra
stanza.
Non solo ma lo stesso maggiordomo tanfava di fiori in un modo tale da
far
sospettare al mostro che il camerata si fosse tuffato in una vasca
piena di
acqua di colonia alla rosa.
-Walter! Che
cacchio è successo? –
- Oh, buongiorno
vecchio mio. Ci stavamo chiedendo quanto
tempo ancora contavi di rimanere chiuso in cantina. – rispose
fin troppo
conciliante l’umano.
-Per poterne
approfittare e continuare a spargere rose per
tutta la casa? – chiese sospettoso Alucard.
-Esattamente.
– fu la serafica risposta.
-Ma
perché? Perché questo dispetto a me? –
domandò
sconcertato Alucard, sempre tappandosi il naso.
-Hai inghiottito
il nostro unico televisore. –
-E per questa
bazzecola avete appestato la casa di rose? Fra
l’altro, sono passato dal salone e ho visto che avete
comprato un nuovo
televisore, più bello e più grande di prima.
Dovreste quindi ringraziarmi per
avervi dato l’occasione per cambiarlo, altro che punirmi!
–
La risposta di
Walter fu pronunciata nel più pacato dei modi,
segno che la vendetta compiuta l’aveva riconciliato con
l’universo intero:
-Come ha
giustamente detto miss Integra, è una questione di
principio. Devi imparare la buona educazione e le regole che governano
questa
casa. In qualità di tua master nonché di guida
morale, Sir Hellsing ha deciso
di punirti, per farti comprendere che ogni azione ha le sue
conseguenze. Io, in
qualità di tutore della signorina, l’ho coadiuvata
nel lavoro. Mesi fa, dopo
che ti scazzottasti con le truppe, facemmo incetta di prodotti alla
fragranza
di rosa. Abbiamo deciso che era giunto il momento di usarli. Mentre eri
rintanato nella tua stanza, abbiamo spalmato di cera
all’essenza di rose i
mobili di casa. Con detersivi al profumo di rosa abbiamo lavato piatti,
pavimenti, piastrelle, vetri, sanitari e fatto il bucato. Abbiamo
spruzzato
deodoranti alla rosa, acceso incensi e candele alla rosa anche nelle
stanze abbandonate
e nei ripostigli. Infine, è da due giorni che noi stessi
usiamo saponette,
dentifrici e shampoo alla rosa. –
Alucard era
semplicemente scandalizzato:
-E per farmi un
dispetto sei arrivato a inzupparti nelle rose
come un invertito? –
Un sorriso soave
da monaco buddista illuminò il volto del
maggiordomo mentre rispondeva:
-Vecchio mio,
pur di farti soffrire sono disposto a qualsiasi
cosa. Se scoprissi che voi vampiri siete allergici al tulle bianco, non
esiterei a camminare per Villa Hellsing vestito con un tutù
da danza classica.
–
-Sei disgustoso!
– ringhiò Alucard -E la master
dov’è? Ho da
cantargliene quattro anche a lei! –
-Si sta facendo
la doccia, ovviamente con un bagnoschiuma
alla rosa. Se posso darti un consiglio spassionato, non ti conviene
avvicinarla. Nella sua vendetta, si sta mostrando più
intransigente di me. Non
esce dalla sua stanza senza prima essersi spruzzata addosso mezza
bottiglietta
di profumo alla rosa e aver fatto i gargarismi con l’acqua di
colonia alla
rosa. –
-Siete
disgustosi tutti e due! – tuonò il vampiro e non
sostenendo oltre la situazione, tornò a rintanarsi nella
segreta, dopo aver
fatto rifornimento di sacche di sangue. Fortunatamente, i suoi pasti
non li
avevano contaminati né con l’aglio né
con le rose. Inghiottendo il suo cibo, il
Re-senza-vita meditava vendetta. Non poteva accettare che due
miserabili umani,
per quanto fuori dal comune fossero, pensassero di avere qualcosa da
insegnare
a lui, il Signore della Notte! Tanto più che al cospetto dei
suoi cinquecento
anni, entrambi facevano la figura degli sbarbatelli.
-Volete la
guerra, eh? - sibilò il nosferatu, succhiando
dalla cannuccia -E guerra avrete! –
Nei due giorni
che erano occorsi a Integra e Walter per
inondare la dimora di fragranza alla rosa, Sir Hellsing aveva rifiutato
di
andare a scuola.
-Non puoi
lustrare tutta la villa da solo, Walter. In questo
momento servo più qui che a scuola. E poi alla fine
dell’anno mi ritirerò per
studiare in casa quindi un’assenza in più o in
meno cosa vuoi che cambi? –
Il tutore aveva
allora attaccato una paternale sulla
necessità che la quasi tredicenne continuasse a frequentare
la scuola, quel
giorno e anche l’anno successivo ma Integra era stata
irremovibile e alla fine
il maggiordomo si era arreso alla sua volontà, anche
perché aveva
effettivamente bisogno di aiuto per completare la vendetta.
La mattina del
terzo giorno, appreso dal tutore che mentre
faceva la doccia si era persa la faccia fatta da Alucard nello scoprire
come la
sua cuccia puzzasse di rose fino alla soffitta, Sir Hellsing aveva
ghignato
soddisfatta. Adesso la vendetta poteva anche terminare. Basta spandere
fragranza fiorite per tutta la magione, sarebbe occorsa almeno una
settimana
prima che quel fetore (tale appariva anche alle narici di Integra, data
la
quantità industriale di prodotti usati) evaporasse.
-Una settimana
di ulteriori sofferenze per il nostro
nosferatu. – come specificò il tutore, con grande
soddisfazione di entrambi.
Miss Hellsing
tornò così a scuola il mattino seguente,
scoprendo come anche gli altri rimanessero colpiti
dall’afrore di rosa che
emanava la sua persona. Quando incedeva per i corridoi, la folla di
studenti e
insegnanti si apriva in due ali per lasciarla passare, guardandola
allibita.
Tutto ciò imbarazzava la ragazzina ma orgogliosa
com’era, riuscì a non darlo a
vedere, procedendo a testa alta.
Per tutta la
successiva settimana, Alucard non si fece
vedere. Master e tutore erano certi che l’assenza del vampiro
fosse causata
dall’odoraccio persistente in casa e che loro
gliel’avessero fatta pagare a
dovere.
Giunse
l’alba dell’ottavo giorno.
Integra, seduta
sul sedile posteriore della berlina, si stava
facendo accompagnare a scuola da Walter. Il parco di Hellsing Manor era
immerso
in una spessa nebbia, per questo i due umani si accorsero della
sorpresa
piantata sul bordo del viale solo quando la macchina le
passò lentamente
accanto.
Un bastone
appuntito, alto quanto un avambraccio, era infisso
nel terreno. Sopra vi era impalato un corvo.
Pupilla e tutore
sgranarono gli occhi, ammutoliti ma le
sorprese non erano finite. A un passo di distanza da quel primo
bastone, ne
videro un altro con impalato sopra un riccio e a un altro passo di
distanza ne
trovarono un terzo, con sopra un rospo…
L’intero
viale d’ingresso di Villa Hellsing era bordato di
quel sinistro decoro, composto da decine di pali con sopra infilzati
altrettanti animali. Tutte le specie erano presenti: mammiferi,
uccelli,
anfibi, rettili. Molte di quelle vittime, in quella stagione, erano in
letargo
e ciò indicava con quanta dedizione il vampiro le avesse
cercate, arrivando a
snidarli dalle tane.
Era quindi
questa la ragione per cui Alucard non si era fatto
vedere per una settimana. Non era rimasto infrattato nella catacomba a
leccarsi
le ferite all’orgoglio, come avevano ipotizzato Integra e
Walter.
No, in quel
tempo Alucard aveva meticolosamente preparato la
controffensiva, cercando i legni più adatti per farne dei
pali, affilandoli e
stanando gli animali da suppliziare.
Non fu il
macabro spettacolo in sé per sé a sconcertare i
due
umani, dato che entrambi nutrivano ben poca empatia per gli animali.
Era la
sfida insita in quell’impalamento a sgomentarli.
Il cancello del
parco fu varcato, la visione delle bestie
straziate lasciata alle spalle. Walter buttò un occhio allo
specchietto
retrovisore, osservando la signorina seduta. Il volto di Integra era
teso ma
non capiva se per la rabbia o la paura. Si sarebbe arresa o avrebbe
accettato
la sfida?
-Cosa pensa di
fare, Sir Hellsing? –
-C’è
bisogno di chiederlo? – domandò la ragazzina,
indignata
-Non gliela farò passare liscia! –
Il volto del
maggiordomo si allargò in un sorriso:
-E io
sarò con lei, miss. –
Alucard
restò in allerta per un paio di giorni, in modo da
stroncare sul nascere ogni possibile rivalsa dei due umani. Dato
però che in
quel periodo tutto ciò che Integra e Walter fecero fu di non
rivolgergli la
parola e uscire dalle stanze in cui si trovavano non appena lo vedevano
entrare, si convinse che l’indignazione dei due umani non
sarebbe sfociata in
nessuna vendetta.
Abbassò
così la guardia, prese Casull e per un paio d’ore
si
divertì a squarciare le sagome del poligono di tiro. Quando
rientrò in casa,
assetato, passò dalla cella-frigo, prese una sacca di
sangue, la stappò e diede
un avido sorso.
Brividi freddi
gli corsero su e giù per la schiena.
Il sangue sapeva
di rosa.
Non
tentò di cercare fra le altre sacche se ce ne fosse una
che non fosse appestata. Sapeva che sarebbe stata una ricerca vana.
Gli riusciva
facile immaginare la master e il maggiordomo
approfittare della sua assenza per lavorare alacremente, versando in
ogni sacca
chissà quante gocce di essenza alla rosa.
Alucard,
sospirando, terminò quel sangue disgustoso. Era
consapevole che Walter non avrebbe fatto arrivare un nuovo carico di
sacche da
trasfusione fino a che quelle inquinate con la rosa non fossero state
bevute
tutte, quindi tanto valeva finirle.
La fame era
molta e afferrò una seconda sacca. Mentre
inghiottiva, cominciò a riflettere su come farla pagare ai
due umani.
Il contrattacco
arrivò quella sera stessa.
I soldati
dell’Hellsing addetti al turno di notte avevano
appena finito di cenare quando strani spasmi cominciarono ad
attanagliare i
visceri di alcuni di loro. Con calma, il gruppetto di uomini si
recò in bagno.
Avevano appena chiuso le porte alle loro spalle quando i medesimi
movimenti
intestinali afferrarono altri colleghi che si diressero in bagno ad
attendere
il loro turno. La fila, inizialmente composta, in pochi minuti si
trasformò in
un calvario.
Chi era
accasciato per terra, chi si torceva su se stesso,
ognuno cercava il modo per riuscire a trattenersi e intanto inveiva
contro chi
era chiuso nei gabinetti:
-Vi volete
sbrigare?! –
-Fosse facile!
– rispondevano quelli, incapaci di alzarsi
dalla tazza per le continue scariche che li affliggevano.
A completare il
quadro drammatico, ogni tanto la porta della
toilette si apriva e un gruppetto di commilitoni, pallidi e sudati, si
affacciava per vedere a che punto era la fila, commentando con angoscia:
-Qui non
c’è speranza! Vado a farla in qualche cespuglio
del
parco! –
In questo modo,
chi si trovava nei bagni comprese che la
dissenteria affliggeva l’intero plotone e qualcuno trasse
l’inevitabile
conclusione:
-Ci hanno
avvelenati, cazzo! –
-Ma chi?!
–
-Dei nostri
rivali. La Divisione Iscariota, forse. –
Ci fu anche chi
propose:
-Non ha senso
aspettare qui, fra un po’ me la faccio addosso.
Vado nel parco! –
La proposta fu
accolta all’unanimità e tutti fuggirono nel
giardino di Villa Hellsing. Chi usò un’aiuola, chi
si acquattò fra i cespugli,
chi sotto un albero, molti con gli indumenti già sporchi non
essendo riusciti a
trattenersi oltre.
Non appena gli
spasmi gli diedero un po’ di tregua, il
Capitano Ferguson tornò in caserma, afferrò il
telefono, chiamò Hellsing Manor
e quando udì la voce di Walter all’altro capo del
filo, annunciò:
-Ci hanno
avvelenato! –
Altro non
poté aggiungere, dovendo tornare di corsa a
infrattarsi nella siepe che aveva eletto a gabinetto personale.
Una lunga fila
di ambulanze condusse i cinquantadue soldati
del turno di notte in ospedale, dove la diagnosi fu:
-Nessun
avvelenamento, solo una dose massiccia di lassativo
mescolata agli alimenti. Li terremo comunque in osservazione
perché hanno perso
molti liquidi. –
Walter e Integra
non ebbero bisogno di chiedersi chi fosse
l’autore di uno scherzo tanto meschino. Loro gli avevano
avvelenato le sacche
di sangue con essenze alimentari alla rosa, lui aveva ricambiato a modo
suo.
Non volendo umiliare master e camerata, i bersagli della sua vendetta
erano
stati i soldati, ai suoi occhi semplici oggetti di proprietà
di Integra.
Alucard era
certo che aver risparmiato un’esperienza simile
ai suoi due umani lo rendesse meritevole di elogio. Non sapeva di aver
suscitato l’esatto opposto della stima. Prendersela con
persone innocenti fece
arrabbiare parecchio tutore e pupilla, soprattutto
quest’ultima, diretta
responsabile del benessere delle sue truppe.
Alucard,
rintanato nella sua segreta, rideva di gusto allo
scherzo fatto. Fosse stato presente al piano di sopra, dove il
maggiordomo e la
ragazzina discutevano sul da farsi, sarebbe stato molto meno allegro e
di gran
lunga più preoccupato. Avrebbe infatti visto brillare negli
occhi di Integra lo
stesso sguardo che tante volte, in passato, aveva visto ad Abraham Van
Helsing
e che non prometteva nulla di buono.
Walter non aveva
mai conosciuto il capostipite degli Hellsing
ma la determinazione sul viso della quasi tredicenne
impressionò anche lui.
Improvvisamente, invece di una ragazzina, gli sembrava di trovarsi al
cospetto
di una donna adulta.
-Walter, ti
ordino di restarne fuori. Adesso è una questione
fra me e Alucard. – e mentre così parlava, fece
scrocchiare le ossa delle dita.
Lo shinigami si
preoccupò. Una simile ingiunzione indicava
che qualsiasi cosa Integra avesse in mente, era talmente azzardata da
farle
temere per l’incolumità del maggiordomo. Si
trattava quindi di una vendetta che
avrebbe fatto imbestialire Alucard oltre ogni misura, una situazione
rischiosa
persino per la master.
Avrebbe voluto
impedirle di mettersi in pericolo, proteggere
la sua quasi-figlia, rinunciare ad ogni rivalsa su quella zanzara
troppo
cresciuta, ma capiva che non sarebbe riuscito a far desistere Sir
Hellsing. Si
arrese quindi alla volontà del Capo dei Cavalieri
Protestanti.
Chinò
la testa:
-Come volete,
miss. –
Si ripromise di
vegliare su di lei con la sua corda della
morte.
A differenza del
dispetto precedente, quando Walter e Integra
reagirono all’impalamento degli animali uscendo dalle stanze
in cui il vampiro entrava,
l’“avvelenamento” delle truppe
infuriò talmente i due umani da rendergli
impossibile trincerarsi dietro un silenzio offeso. Ogni volta che
s’imbattevano
in Alucard, cominciavano a rimproverarlo e da lì a imbastire
un litigio, il
passo era breve.
Il non-morto,
sempre soddisfatto quando poteva misurarsi in
uno scontro, fisico o verbale che fosse, era più che
contento di aver suscitato
una simile reazione nel suo branco. Non solo non trascorreva un giorno
senza
litigare almeno quattro o cinque volte con ciascun umano ma
quell’atteggiamento
lo convinse sempre più di aver vinto la guerra. La master e
il tutore avevano
esaurito le loro cartucce e sfogavano così la frustrazione.
Fu la certezza
di non avere ormai nient’altro da temere che
lo spinse ad assentarsi dalla sua segreta un pomeriggio intero, facendo
esercitare Casull a sparare contro tutti gli uccelli che vedeva
volteggiare nel
cielo (il poligono di tiro lo giudicava ormai poco stimolante per un
virtuoso
dell’omicidio come lui).
Quando,
all’imbrunire, rientrò nella sua catacomba, un
orrendo puzzo di rosa invase le sue narici.
Incredulo che
avessero osato appestare la sua stanza,
costernato di aver sbagliato il suo giudizio sui due umani,
esplorò la vasta
segreta alla ricerca della fonte di quel fetore perché
capiva che la fragranza
non era stata spruzzata indiscriminatamente per ogni dove ma proveniva
da un
punto in particolare.
L’odore
si faceva più intenso quando si avvicinava ad una
zona a lui sacra e quando scoprì di non essersi sbagliato,
il trauma fu talmente
forte che se fosse stato un umano, sarebbe stramazzato a terra svenuto.
La sua bara,
ciò che un vampiro ha di più importante e
inviolabile!
Ecco, il
coperchio della sua amatissima bara, costruita da
Dio Abraham e su cui Master Eva aveva fatto incidere il patto che li
univa, era
completamente ricoperto di…di…
Lo sgomento di
Alucard nel vedere profanato il suo giaciglio
lasciò il posto ad un sincero stupore quando si accorse di cosa lo imbrattava.
Il coperchio
della sua amatissima bara era interamente coperto
di…cerette depilatorie?!
Il vampiro
s’inginocchiò accanto al giaciglio e con
l’indice
grattò quei lunghi adesivi olezzanti di rosa. Sì,
non c’erano dubbi, erano
proprio cerette, quelle con cui le donne si torturavano strappandosi i
peli dalle
gambe.
La bara di un
vampiro profanata non con acqua santa o aglio
ma con cerette alla fragranza di rosa! Non poté fare a meno
di esclamare:
-Pensavo di
averle viste tutte, in cinquecento anni e invece
il mondo continua ancora a sorprendermi! –
Non poteva
lasciare il suo giaciglio in simili condizioni,
così strappò via ad una ad una tutte le strisce
che fecero ciò per cui erano
state create: trascinare con sé ciò a cui erano
attaccate. In questo caso, non
peli ma la vernice nera della bara, mettendo in luce il legno chiaro
sottostante. Quando tutte le cerette furono asportate, il coperchio
della bara
ricordava il manto di una mucca, pieno di pezzature bianche e nere.
Alucard
sospirò: risolvere la situazione gli avrebbe
richiesto più tempo del previsto.
Frugò
in tutti i ripostigli di Villa Hellsing alla ricerca di una spatola con
cui
grattare via i rimasugli di vernice vecchia, un barattolo di tinta nera
da
spennellare sul coperchio della bara e una di quelle mascherine bianche
che gli
umani mettevano sul naso e sulla bocca perché non ne poteva
più di respirare
quel nauseabondo profumo di rosa.
Nelle lunghe ore
che trascorse nella sua catacomba, passando
una mano di vernice sull’altra, rifletté su quanto
era accaduto. Solo due
persone, nella villa, sapevano dove si trovasse la sua bara: Walter e
Integra,
quindi fra di loro doveva cercare il colpevole.
Alucard
scartò immediatamente lo shinigami. Il maggiordomo
sapeva quanto preziosa fosse la bara per un vampiro e non si sarebbe
mai
azzardato a sfiorarla con un dito, consapevole come nemmeno la
più ferrea delle
amicizie l’avrebbe protetto dalle ire di un mostro. Se Walter
fosse stato
l’autore di quell’affronto, il Re-senza-vita gli
avrebbe spezzato il collo
senza esitazioni.
Non restava
quindi che Integra.
Il codice
d’onore dei nosferatu esigeva che la profanazione
del giaciglio fosse punita con la morte ma poteva uccidere la master?
No.
Quindi doveva
lasciargliela passare liscia?
Sì.
Incredulo,
Alucard rigirò la situazione da tutti i punti di
vista ma ogni prospettiva portava sempre alla solita soluzione: proprio
perché
Sir Hellsing l’aveva combinata così grossa, non
poteva torcerle nemmeno un
capello.
“Eppure,
almeno qualche sculaccione lo merita!” diceva fra
sé
e sé il vampiro. Era però consapevole che la
furia che lo agitava era tale da
fargli correre il rischio di non riuscire a fermarsi, finendo per
massacrare di
botte la ragazzina.
No, doveva
arrendersi, non esistevano altre alternative.
Aveva perso la
guerra.
Integra
trascorse la notte insonne, tanta era la paura che
l’agitava.
Aveva compiuta
la sua prodezza con fredda determinazione,
trascorrendo quasi un’ora inginocchiata nella gelida segreta,
a scaldare ogni
singola ceretta fra le palme per poi farla aderire ben bene sul
sarcofago. Se
in quel frangente il vampiro l’avesse sorpresa, sbraitando
“Cosa fai?!”, senza
scomporsi avrebbe risposto:
-Siccome abbiamo
terminato tutti i prodotti all’essenza di
rosa tranne queste, mi sto ingegnando a vendicarmi con le cerette.
–
Una volta calata
la notte e sbollito il sacro furore, Sir
Hellsing cominciò a perdere la sua baldanza. La
consapevolezza di averla
combinata davvero grossa le attanagliava le viscere in una gelida
morsa.
Alucard avrebbe reagito? E come?
Il timore che la
pestasse durante il sonno le impedì di
chiudere occhio e quando al mattino incrociò il midian nel
corridoio, non poté
fare a meno di pensare con un brivido “ Se non muoio oggi,
non muoio più “.
Il volto di
Alucard era una maschera di sdegno e quando passò
accanto alla master, girò la faccia dall’altro
lato, senza guardarla né
parlarle. Integra scese le scale col sollievo che aumentava ad ogni
gradino.
Aveva vinto!
Alucard si era ritirato dalla guerra! Lo
conosceva abbastanza bene da capire quanto la sua rabbia fosse
impastata con la
resa.
Non avrebbe
però gioito esternamente di quella vittoria, non
le sembrava il caso di irritare eccessivamente il servo. Non avrebbe
fatto
commenti salaci, risate o allusioni, avrebbe tenuta per sé
ogni soddisfazione.
Adesso doveva soltanto pensare a fare la pace col Re-della-notte e
sapeva già
cosa dargli in segno di amicizia.
Quel pomeriggio,
uscita da scuola, chiese a MacBrian di
accompagnarla ai Grandi Magazzini.
-Mi aspetti qui.
Sarò di ritorno fra mezz’ora. Ho delle
faccende private da sbrigare. –
disse al
milite una volta giunti a destinazione.
MacBrian non
fece commenti. Sapeva che a dodici anni si
cominciano ad avere realmente delle faccende private da sbrigare.
Pensò alla sua
primogenita, coetanea di Integra, che sbrigava le proprie faccende in
compagnia
della madre. Vedere la propria datrice di lavoro avanzare tutta sola
verso il
grande edificio, senza nessuna donna al fianco ad aiutarla, gli fece
provare un
moto di compassione per Sir Hellsing.
Il Capo dei
Cavalieri Protestanti non aveva mentito al
sottoposto. Oltre a cercare il regalo per Alucard, doveva occuparsi
anche di se
stessa. La sua prima tappa fu al negozio di tabacchi per acquistare una
scatola
di sigari, visto che quella che aveva era ormai agli sgoccioli. Nascose
accuratamente la mercanzia nella cartella, non osando immaginare la
paternale
che le avrebbe impartito Walter se avesse scoperto che fumava.
Dopo di che, col
cuore gonfio di amarezza, si arrese a
cercare un negozio di intimo.
Detestava
ciò che stava per fare, per settimane aveva mentito
a se stessa dicendosi che tutto andava come al solito, non
c’erano cambiamenti
ma alla fine si era arresa all’evidenza: il suo seno era
cresciuto ancora.
Di nuovo!
Maledetti
ormoni! Perché non andavano a deliziare qualcuna
delle sue compagne di classe, magari una di quelle romanticone
senz’altra
ambizione nella vita che sentirsi la protagonista di chissà
quale grandiosa
storia d’amore? Come avrebbero fatto comodo a loro un bel
paio di tettone per
attrarre i principi azzurri! Invece la natura si era divertita a
scontentare
tutte: quelle svenevoli delle sue compagne erano piatte quanto
un’asse da stiro
e lei che avrebbe fatto volentieri a meno di crescere era la popputa
della classe.
Che carognata!
Ancor
più del corpo che cresceva contro la sua volontà,
ciò
che l’amareggiava era stato il rendersene conto. Capiva che
prendere atto
dell’evidenza era un’ulteriore passo verso il
diventare adulta, ancor più
grande e doloroso di quello che l’aveva costretta a fare
Alucard, intimandole
non andare più a spasso per Villa Hellsing in accappatoio o
pigiama, o di
quello che Walter le avrebbe fatto compiere di lì a pochi
giorni, intimandole
di imballare il cestone di giocattoli che giaceva inutilizzato in
camera sua
per chiuderlo in soffitta. Il maggiordomo, ultimamente, aveva fatto fin
troppe
allusioni in merito, quindi Sir Hellsing era ormai rassegnata
all’inevitabile.
Perché
crescere era così doloroso? Perché non si poteva
restare bambini per sempre? Lei avrebbe dato via tutta la sua fortuna
pur di
poter tornare a quando papà era ancora vivo e nessuno le
rimproverava perché si
arrampicava sugli alberi o saltava nelle pozzanghere, con
quell’ammonizione che
tanto detestava: “Ormai sei una signorina”!
Integra
sospirò, per non rischiare di scoppiare a piangere
proprio allora. Sarebbe stato così umiliante! Lei era Sir
Hellsing, lei era
forte e i tipi tosti non piangono!
Giunta alla
boutique, si rese conto di non avere la più
pallida idea di cosa cercare. Non sapeva quale taglia di reggiseno
portasse, né
come si facesse a capirlo. Ciò la irritò alquanto
perché il Capo dell’Ordine
dei Cavalieri Protestanti doveva essere sempre all’altezza
della situazione.
Una commessa
giunse in suo soccorso. Integra le spiegò cosa
le occorresse, ammettendo tutta la sua abissale ignoranza in materia.
-Non tema, miss,
l’aiuto io. -rispose la donna con aria
materna.
In capo a
mezz’ora, Sir Hellsing aveva sbrigato anche
quell’incombenza. Nascose l’indumento nello zaino,
ancor più accuratamente
della scatola di sigari perché questo andava celato non solo
a Walter ma a
tutti gli omacci che vivevano e lavoravano
nell’Organizzazione Hellsing. La
disturbava l’idea di ricordare a tutta quella gente che aveva
un sesso diverso da
loro.
Si rimise la
cartella in spalla. Aveva terminato le
incombenze per sé, adesso poteva pensare a cercare il regalo
per Alucard. Si
diresse verso il negozio di fumetti.
Alucard era
assiso sul trono di legno quando vide la master
entrare nella sua segreta.
-Ti ho portato
un regalo. -disse la padroncina allungandogli un
tubo di cartone, di
quelli al cui interno si arrotolano i poster.
Non aggiunse il
perché di quel regalo, non ce n’era bisogno.
Master e monster erano
entrambi consapevoli
che la resa del mostro andava premiata.
Alucard tolse il
tappo da una delle estremità del tubo di
cartone, estrasse il poster, lo srotolò davanti agli occhi e
ammutolì dalla
sorpresa. Sua Sanguinarietà Vampirella lo fissava lasciva
dalla carta patinata,
immersa in un bagno di sangue. Serissimo, commentò:
-Grazie, master.
Questo mi mancava. –
Integra, che
alla reazione del vampiro aveva gongolato,
soddisfatta di aver trovato il regalo a lui congeniale,
all’udire quelle parole
restò di stucco. Come sarebbe a dire “mi
mancava”? Possedeva altri poster della
vampira dei suoi sogni? E lei che credeva di aver avuto
un’idea innovativa!
-Il problema,
adesso, è riuscire a trovare un posto dove
appenderlo. – disse il midian, girando la testa a destra e a
sinistra,
guardando le pareti della sua catacomba.
Integra, sempre
più stupita dalle parole del servo,
istintivamente girò anche lei la testa a destra e a
sinistra. Aveva sempre
pensato che lo stanzone di Alucard fosse vuoto e disadorno ma adesso le
sorgeva
il dubbio che fosse più affollato di oggetti di quel che
credeva. Ma per quanto
si sforzasse di aguzzare la vista, i suoi occhi umani non erano capaci
di
vedere nel buio. Il mostro, accortosi del disagio della ragazzina, le
venne in
soccorso:
-Scusa, master.
Avevo dimenticato le ridotte capacità di voi
viventi. Adesso illumino la stanza così potrai vedere anche
tu e magari riesci
ad aiutarmi a trovare un angolo sgombro dove attaccare il tuo regalo.
–
Con un semplice
schiocco di dita, Alucard accese delle fonti
di luce di cui Integra ignorava l’esistenza. Lo stanzone si
illuminò a giorno e
Sir Hellsing rimase a bocca aperta dalla sorpresa.
Tre pareti del
vasto salone erano occupate nella loro
interezza dalla più impressionante collezione
d’armi che Integra avesse mai
visto.
C’era
di tutto: schioppi, archibugi, lance, cerbottane,
baionette, moschetti, archi, frecce, zagaglie, kriss, corde di seta,
bolas,
mazze, scudi, alabarde, balestre, clave, scimitarre, boomerang, spade,
machete
e altre ancora che la ragazzina non aveva mai visto, non sapeva come si
chiamassero e nemmeno riusciva a immaginarne l’utilizzo.
Il vampiro
concesse alla master di ammirare a bocca aperta la
collezione per alcuni minuti prima di riscuoterla dalla contemplazione
avvertendola:
-Che non ti
passi per la testa di togliere qualche pezzo per
incollare il poster! Mi spiace ma il tuo regalo dovrà
trovare posto su
quest’altro muro. –
Sir Hellsing si
girò così ad osservare la quarta parete. Una
lunga fila di schedari da ufficio, alti quanto Integra, la occupavano
in tutta
la sua lunghezza.
-Cosa
c’è là dentro? – chiese la
quasi tredicenne,
indicandoli.
-Materiale da
ricatto. – rispose seraficamente il vampiro.
L’adolescente
lo guardò perplessa e Alucard spiegò:
-Quando gestivo
la sala da tè, furono molti i pezzi grossi
che vennero a sollazzarsi con le ragazze. A ognuno di loro feci foto,
filmini e
registrazioni audio compromettenti perché può
sempre tornare utile avere di che
ricattare un potente. Tutto questo materiale l’ho
diligentemente catalogato in
ordine alfabetico negli schedari. Comprendo che dopo
vent’anni molti di quei
signori saranno morti ma rimangono comunque i loro discendenti,
desiderosi che
la memoria del padre o del nonno non venga infangata. –
Integra
osservò sinceramente stupita la lunga fila di
schedari mentre esclamava:
-Accidenti!
Così tanta gente? –
Il vampiro omise
di aggiungere che il materiale scandalistico
riguardante i pezzi veramente grossi, quelli che reggevano le fila di
tutto il
Regno Unito o di mezzo mondo, li aveva depositati in una cassetta di
sicurezza
in una banca svizzera. La stessa banca svizzera in cui aveva depositato
un
conto corrente a proprio nome di svariati milioni di sterline,
cioè quanto gli
aveva fruttato l’onesto lavoro di magnaccia. Master Arthur,
Walter e il
Consiglio dei Dodici avevano sempre sospettato che Alucard possedesse
più soldi
di quel che volesse far e che il malloppo si trovasse
all’estero ma per quanto
avessero indagato, non erano riusciti ad acquisire prove certe. Il
succhiasangue era sempre stato accorto a non lasciare scie di indizi
che
potessero far arrivare al suo gruzzolo. Non ci teneva a consegnare al
fisco
inglese quanto gli spettava, né a rimborsare
l’Organizzazione Hellsing di
quanto aveva scucito nel corso dei decenni per ripagare tutti i danni
combinati
da lui, ufficialmente vampiro nullatenente.
Integra,
intanto, osservava la porzione di parete sovrastante
gli schedari, tappezzata da una vasta e variegata collezione di poster
di
Vampirella, tanto che la ragazzina, pensando a quello che aveva appena
regalato
ad Alucard, non poté fare a meno di pensare amareggiata
“Come regalare ghiaccio
agli eschimesi!”
Solo due
elementi, su quel muro, non riguardavano la
seducente vampira e per questo spiccavano come papaveri in un prato di
margherite.
Il primo su cui
caddero gli occhi di Sir Hellsing fu un
calendario, con stampata sopra la pagina del mese corrente la foto di
un
mitragliatore, il che fece comprendere alla quasi tredicenne come tutte
le
immagini ivi contenute riguardassero le armi.
-Ammetto che ti
facevo più un tipo da calendario di donne
nude. – disse la ragazzina.
Il vampiro
sembrò offeso dall’affermazione:
-Per chi mi hai
preso? Solo perché in una fase della mia mia
non-esistenza ho fatto il magnaccia come secondo lavoro, non vuol dire
che
abbia la vocazione del pappone. Sono un guerriero! E’ vero
che le donne sono
interessanti, e anche gli uomini, e ammetto che in questo periodo ci
penso
spesso ma solo perché mi sono risvegliato da un digiuno di
vent’anni e vorrei
vedere chi, al mio posto, non avesse gli ormoni che scalpitano nelle
vene ma
una volta sfogato il testosterone, ti assicuro che tornerò
ad essere il
guerriero tutto d’un pezzo che sono sempre stato e ti
assicuro che per un
combattente le armi sono più seducenti delle donne e degli
uomini. Le armi.
Le…armi! –
Alucard
pronunciò la parola “armi” accarezzando
con lo
sguardo la collezione che lo circondava su tre pareti e ad ogni
ripetizione una
luce sempre più lasciva brillava nei suoi occhi, mentre la
voce arrochiva.
Integra, un po’ disgustata, si scostò dal servo di
un passo, lasciandolo
ridacchiare sommessamente tra sé e sé mentre
contemplava le sue armi con uno
sguardo che neanche Vampirella sarebbe stata capace di suscitare. La
master
spostò quindi l’attenzione sul papavero rimasto,
un poster che raffigurava
una…donna? Ma che strana donna, perdinci! Era nuda (il che,
constatando che si
trovava nella segreta di Alucard, non la stupiva né
scandalizzava), con arti di
uccello al posto di braccia e gambe e due grandi ali bianche che
partivano
dalla testa.
Quelle ali
candide avrebbero potuto far pensare ad un angelo
ma l’espressione crudele del suo viso costrinse Integra a
scartare
quell’ipotesi. Riscosse il servo dalla sua morbosa
contemplazione delle armi
appese tirandolo per un gomito e chiedendogli:
-Chi o cosa
è quella? –
-E’
l’arpia Silen. Non farti ingannare dal nome, in
realtà
non è un’arpia ma un demone e anche abbastanza
famoso. Ha raggiunto il successo
vendendo i suoi diritti d’autore a un fumettaro giapponese
che l’ha ritratta
nel suo giornalino. Da quella storia hanno ricavato cartoni, film,
gadget e
Silen è diventata ricca sfondata. –
Sir Hellsing
sudò freddo temendo che Alucard riattaccasse per
un pomeriggio intero con la tiritera sulle sue mancate royaltes, grazie
alle
quali sarebbe entrato nella classifica di Forbes sugli uomini
più ricchi del
pianeta ma quel giorno ebbe fortuna. Il vampiro si era abbondantemente
sfogato
della faccenda nei giorni precedenti, non desiderava tornare
sull’argomento ma
parlare della tizia raffigurata nel poster così
proseguì:
-Sì,
l’arpia Silen ha fatturato milioni con la sua comparsa
in quel fumetto. Beata lei! Ma non è per questo che ho
appeso la sua immagine
nella mia catacomba. Ho avuto la fortuna di incontrarla dal vivo ed
è
infinitamente più crudele di quanto appaia sulle pagine o
sullo schermo. -
Alucard parlava
allegramente, come se “crudele” fosse una
qualità simpatica da trovare in una persona e lui fosse
contento di essersi
imbattuto in una mattacchiona come Silen.
-La incontrai
una sera in cui tuo padre mi concesse una
libera uscita. Entrai in un pub di Londra e a un tavolo vidi seduti un
uomo in
doppiopetto e una donna in tailler. O almeno, ai vostri occhi umani
appariva
come una donna in tailleur ma i miei occhi di mostro la vedevano per
quel che
era realmente: un demone che aveva camuffato il suo aspetto per non
farsi
notare da voi. Si spacciava per una consulente finanziaria e convinse
l’uomo in
doppiopetto a firmare delle carte, prospettandogliele come un affarone.
Il
tizio non lesse le righe scritte in piccolo, in cui veniva avvertito
che stava
vendendo l’anima a Silen in cambio di qualche azione ben
quotata in borsa. –
-E tu lo
avvisasti del pericolo? – chiese Integra, partecipe
del guaio in cui si era cacciato lo sconosciuto.
-Io? E
perché mai? E’ così divertente veder
precipitare gli
umani in un baratro! –
Sir Hellsing non
poté che darsi della stupida da sola. La
risposta di Alucard era così scontata!
-Quando il tizio
sloggiò dal tavolo, mi sedetti al suo posto
e feci i miei complimenti alla diavola per la fregatura che gli aveva
mollato.
Così come sapevo che lei in realtà era un demone,
anche Silen vedeva sotto il
mio aspetto apparentemente umano la mia natura di vampiro.
Così cominciammo a fare
bisboccia. –
-Devo quindi
dedurre che non l’hai uccisa, così come non
uccidesti Vampirella? –
-Erano due
situazioni diverse! Hai ragione ad arrabbiarti per
Vampirella perché ero in servizio e ammetto di non aver
assolto al mio dovere
di sterminatore ma quando incontrai Silen ero fuori
dall’orario di lavoro e
nessuno mi obbliga a uccidere mostri durante le mie ore di riposo
quindi non
hai niente da rimproverarmi. Silen m’ispirò subito
simpatia, per questo ho
appeso un poster in suo ricordo. Inoltre, considerando che con lei mi
finì
meglio che con Vampirella, sarebbe stato veramente scortese da parte
mia
ucciderla alla fine di tutto. –
Integra non
indagò oltre sull’ultima frase del vampiro anche
perché intuiva di aver capito giusto su quel che volesse
dire e preferì
concentrarsi su quel che era realmente importante:
-Alucard,
parlami sinceramente: oltre a Vampirella e Silen,
quanti altri midian hai risparmiato? –
La preoccupava
quel lato inusuale del suo cane, disposto a
concedere la grazia a belle mostre. Il non-morto rifletté in
silenzio, poi
chiese:
-La famiglia
Addams fa testo? –
-No, la famiglia
Addams è umana. Folcloristica, ma umana. –
-Allora, a parte
Vampirella e Silen, non ho risparmiato
nessun altro. –
La risposta
tranquillizzò la master che poté così
lasciarsi
andare ad una nuova curiosità:
-Ma la famiglia
Addams esiste davvero? –
-Certo che
esiste! Perché non dovrebbe esistere? Esiste il
Mostro della Palude e non dovrebbero esistere gli Addams? Sai master,
anche
loro hanno guadagnato un pozzo di soldi dai loro diritti
d’autore. Sugli Addams
hanno fatto cartoni, film, fumetti, costumi di carnevale e fregnacce
varie e su
questo hanno costruito un impero miliardario. Hanno un aereo privato,
un
panfilo più lungo di quello del sultano del Brunei e
viaggiano continuamente
per il mondo. Mi sono imbattuto in loro durante una serata libera
concessami da
tuo padre, mentre visitavano Londra. –
Alucard assunse
un’aria malinconica mentre diceva:
-Morticia, di
presenza, è una gnoccolona da togliere il
fiato. L’attrice che la interpretava nel telefilm in bianco e
nero è molto
carina e somigliante ma la Morticia in carne e ossa è ancora
più sensuale.
Purtroppo è incrollabilmente fedele a suo marito! –
Il vampiro
sospirò amaramente, segno di quanto gli dolesse
essersi lasciato scappare Morticia Addams e con invidia
esclamò:
-Gomez
è un uomo troppo fortunato! –
Con la stessa
rapidità con cui era sprofondato nella
malinconia, Alucard ne uscì, esclamando tutto allegro:
-In compenso mi
accordai con Mano Addams per incontrarci la
sera seguente e fare il giro di tutti i night-club del Soho e posso
assicurarti
che un compagno di bevute come quell’arto non l’ho
più ritrovato. Mano Addams è
un bevitore formidabile! E’ capace di scolarsi una bottiglia
di vodka in
mezz’ora! Mezz’ora! Non male, per una mano umana!
–
Integra stava
per chiedere come diamine potesse, una mano
umana, scolarsi una bottiglia di vodka quando il suo sguardo
incontrò due
occhietti a cui prima non aveva fatto caso. Erano due occhietti
cattivi,
appartenenti a un mostriciattolo brutto e spelacchiato che la fissava
con aria
torva da una sfera trasparente appoggiata sugli schedari. Stupita, la
ragazzina
esclamò:
-Sembra un
Gremlin! –
-E’
un Gremlin. –
-E come ha fatto
a finire rinchiuso in quella sfera, per giunta
nella tua cella? –
-E’
una storia lunga e malinconica. – sospirò Alucard
con
voce triste -Nell’agosto del 1954, un vampiro a bordo di un
Harley Davidson
imperversò nelle strade di Londra. Fu un osso duro da
eliminare e mi divertii
molto a combatterlo. Ovviamente alla fine vinsi io e a quel punto mi
trovai di
fronte a un dilemma: cosa fare dell’Harley Davidson? Avrei
potuto lasciarlo
posteggiato dov’era, condannandolo all’incuria dei
vandali e delle intemperie.
Oppure potevo salvarlo da quel triste destino portandomelo a casa.
Optai per la
seconda. Lo inforcai e tornai qui. –
-E
papà te lo lasciò tenere? -chiese stupita la
master.
-Certo!
Perché avrebbe dovuto vietarmelo? Il proprietario era
morto, eredi che lo reclamassero non ce n’erano, quindi
perché farmelo
riportare indietro? –
Integra era
dubbiosa. Se si fosse trovata al posto di suo padre
l’avrebbe venduto e col ricavato avrebbe risarcito i
familiari delle vittime
del proprietario succhiasangue. Perché il genitore non si
era comportato allo
stesso modo? Non lo sapeva e non lo capiva. Siccome però era
ancora tanto
giovane da essere fermamente convinta che il padre agisse sempre per il
meglio,
neanche quella volta dubitò di un secondo fine di Sir Arthur.
Avrebbe potuto
svelarle il mistero Alucard, spiegandole come
per convincere il padrone e il suo maggiordomo/braccio destro a
lasciargli la moto,
appena giunto ad Hellsing Manor avesse proposto loro di dividersi
fraternamente
il mezzo, usandolo una settimana per uno. A quei due uomini giovani e
pimpanti
non era parso vero di poter aumentare il loro fascino
sull’altro sesso
presentandosi in sella ad una moto sportiva e avevano accettato il
patto.
No, ad Alucard
non andava di demolire l’idealizzazione che
Integra aveva fatto di suo padre, immaginandolo come un templare votato
alla
causa, con simili banalità terrene. Fra qualche anno, quando
fosse stata più
grande e più forte e più mitigato il dolore per
la morte di Arthur, allora
avrebbe potuto spifferarle tutto ma adesso non era proprio il caso.
-C’è
una cosa che non capisco. Cosa te ne facevi di una moto?
Non dirmi che è la versione aggiornata del cavallo che usavi
un tempo. Il
cavallo ti serviva per attraversare i fiumi e portarti appresso la
terra di
sepoltura nel sacco ma con tutti gli esperimenti che i miei antenati
hanno
effettuato su di te, ormai puoi passare su di un ponte con soltanto una
manciata di terra nelle tasche. Appurato quindi che
sull’Harley Davidson non
caricavi la bara, cosa accidenti te ne facevi? –
Con viso grave e
voce piena di dignità, il midian rispose:
-Batman ha la
bat-mobile, il Papa ha la papa-mobile e io?
Sono forse da meno di Batman e del Papa da non meritare un mezzo tutto
mio? –
Sir Hellsing non
replicò. In fondo, una logica c’era.
-E la moto che
fine ha fatto? Non l’ho mai vista nel garage
di casa. –
-E’
qui che comincia la parte triste del racconto. – rispose
il mostro rannuvolandosi -Una sera ci giunse una telefonata. Alle terme
di Bath
era stato avvistato un Gremlin. Come saprai anche tu, quei fottuti
mostriciattoli per riprodursi devono soltanto immergersi
nell’acqua e a quel
punto si replicano a dismisura. Il Gremlin andava eliminato prima che
si
bagnasse anche solo un mignolo. Tuo padre stabilì che per
quella missione
bastassi io e mi ordinò di andare a Bath. Come facevo ormai
da dieci anni a
quella parte, inforcai l’Harley e partii nella notte.
–
Il Gremlin,
dentro la boccia, emise una risatina maligna, segno
che il ricordo di quel che accadde dopo lo riempiva di gioia. Il
vampiro
proseguì:
-Arrivai a Bath,
posteggiai la moto vicino alle terme ed
entrai. Probabilmente il bastardello era appostato sul tetto e mi vide
arrivare.
Non si spiega in altro modo quel che successe. Bè, dicevo,
entrai nelle terme e
scovai lo stronzetto, appena in tempo per impedirgli di immergersi
nell’acqua. Gli
sparai addosso con Casull ma il maledetto era veloce a schivare i miei
colpi.
In quel modo riuscii comunque a tenerlo lontano dalla vasca e quando
capì che
non sarebbe riuscito a tuffarsi, fuggì dalle terme. Lo
inseguii all’esterno e
lì…lo vidi. –
La voce di
Alucard divenne funerea:
-Il Gremlin era
seduto sul mio Harley Davidson. Aveva svitato
il tappo del serbatoio e ci teneva sospeso sopra un fiammifero acceso.
Sparai,
nella speranza di spazzarlo via dal sellino col suo fiammifero ma
quello
schifoso fu più veloce a farlo cadere dentro.
L’Harley Davidson esplose,
dilaniato in decine di pezzi. Impossibile ripararlo. Cercai il Gremlin
e lo
trovai fra le lamiere, malconcio ma vivo. Pensai che la morte fosse
troppo poco
per ciò che aveva fatto, così lo afferrai e
fuggii perché il boato aveva
risvegliato mezza città. Arrivato a Hellsing Manor,
raccontai l’accaduto a tuo
padre e a Walter. Anche loro furono concordi nel ritenere che la morte
non
fosse sufficiente per vendicare la distruzione dell’Harley
così Walter costruì
questa sfera per rinchiudercelo dentro e da allora lo tengo nella mia
segreta,
per usarlo come antistress. –
-Antistress?
– chiese sorpresa la master – E come funziona?
–
-Così.
– rispose Alucard, appoggiando la sfera a terra e mollandole
un gran calcio.
Simile alla
pallina di un flipper, la sfera trasparente
rotolò velocemente per il pavimento, cambiando traiettoria
ad ogni ostacolo
mentre il mostriciattolo al suo interno strillava tutta la sua
contrarietà per
quel trattamento.
Gli occhi della
quasi-tredicenne si illuminarono e con lo
stesso tono serio di un bambino che si auto-invita ad un gioco
interessante,
chiese:
-Posso prenderlo
a pedate anch’io? –
-Ma certo! Il
mio antistress è il tuo antistress, master. Sir
Arthur scendeva spesso a prenderlo a calci. Anche Walter scende
tutt’ora a
sfogarsi col Gremlin. –
Siccome dentro
Integra scorreva in parte il sadismo di Van
Helsing, la ragazzina attese che la boccia terminasse la sua folle
corsa, che
il mostriciattolo all’interno si riprendesse da tutto quel
vorticare che gli
aveva fatto arrivare lo stomaco al posto del cervello e viceversa e che
faticosamente arrancasse come un criceto dentro la sfera per farla
rotolare
fino ai piedi del Capo dei Cavalieri Protestanti, nella speranza di
essere
posto al sicuro sugli scaffali. Solo allora Sir Hellsing
mollò una pedatona
alla palla, godendo del doppio piacere di arrecare sofferenza a un
freak e
frantumare ogni sua speranza. Il midian protestò mentre il
ruotare gli faceva
tornare il cervello al posto dello stomaco.
Dalla gola
di Integra salì una risata sadica, degna del cattivo di un
film e prese a
inseguire e a calciare la boccia per tutto il vasto salone
finché la voce del
vampiro non la interruppe, intimandole di avvicinarsi. Mentre la
ragazzina
giocava così brutalmente, il Re-senza-vita non era rimasto
inoperoso e aveva
continuato a cercare un posto dove appendere il regalo della master,
trovandolo
finalmente nella parte interna del coperchio della bara.
Mostrò con orgoglio il
lavoro compiuto alla padrona:
-Così,
quando mi sveglierò, la prima cosa che vedrò
aprendo gli occhi sarà il viso di
Vampirella. –
In
verità, a
giudicare da come era stato posizionato il poster, a Integra sembrava
che la
prima cosa che avrebbe visto Alucard al suo risveglio sarebbe stato il
seno di
Vampirella ma tenne quella considerazione per sé.
L’importante era che il
regalo fosse stato gradito e che loro avessero fatto pace.
Adesso che
avevano fatto pace, Alucard riprese a seguire Integra per tutta villa
Hellsing.
Pochi pomeriggi dopo avergli regalato il poster, Sir Hellsing si
recò nella
biblioteca del maniero, alla ricerca di materiale per una ricerca
scolastica.
Il vampiro, come sempre, le andò dietro e dato che si
annoiava a vedere la
padrona sfogliare i tomi dell’enciclopedia e non aveva la
benché minima voglia
di aiutarla, frugò fra gli scaffali della stanza, alla
ricerca di un volume di
suo gradimento.
Trovò
qualcosa di inaspettato. Un’intera mensola ospitava gli album
fotografici della
famiglia Hellsing, dai tempi di Dio Abraham fino ad arrivare a pochi
mesi prima
la morte di master Arthur.
Alucard
decise di guardare quelli relativi al decennio appena trascorso, tanto
per
vedere cos’era accaduto durante il suo letargo. Si sedette su
una poltrona,
appoggiò gli album sul tavolino che gli stava di fronte e
cominciò lentamente a
sfogliarli.
L’esclamazione
di sofferenza che fece trasalire Integra arrivò dopo pochi
minuti:
-Noooo! Come
avete potuto mostrarmi una cosa tanto scandalosa?! –
La ragazzina
si voltò sconcertata verso il servo. Alucard si copriva gli
occhi con un
braccio, come a proteggersi da una visione sconvolgente. Sir Hellsing
gli si
avvicinò e buttò un occhio all’album
aperto sul tavolino, chiedendosi cosa
potesse aver sgomentato tanto il mostro.
Una foto di
lei neonata, mentre suo padre le faceva il bagnetto.
Che uno
spettacolo tanto innocuo potesse addolorare a quel modo una belva come
Alucard
sembrò a Sir Hellsing talmente divertente che non
poté fare a meno di
motteggiare:
-Non pensavo
che un uomo di mondo come te potesse scandalizzarsi tanto di fronte a
una
neonata nuda.-
Il vampiro
scostò il braccio dal viso, mostrando due occhi offesi.
Evidentemente la
battuta non era stata di suo gusto.
Il gesto fu
talmente veloce che Integra non fece neanche in tempo ad accorgersene e
a
scansarsi. Alucard afferrò la guancia della master fra
l’indice e il pollice,
torcendola in un dolorosissimo pizzicotto e intanto acidamente
commentò:
-Simpatica!
Ma quanto sei simpatica! Sto morendo dalle risate, ah ah. –
-E’ da
te
che ho preso il senso dell’umorismo! – rispose la
ragazzina con le lacrime agli
occhi per il dolore.
-Non
è vero,
le mie battute sono molto più divertenti! –
replicò offeso il freak, lasciando
la guancia della padrona – Comunque non è la vista
della tua gnocchettina calva
da neonata a scandalizzarmi ma questo! –
Così
dicendo, il vampiro puntò il dito su Sir Arthur che, con le
maniche della
camicia rimboccate fino ai gomiti, lavava la figlia.
-E’
papà che
mi fa il bagnetto. – spiegò Integra,
massaggiandosi la guancia dolorante – Cosa
c’è di così scabroso? –
-E lo chiedi
pure?! – sbraitò costernato Alucard
-Com’è possibile che il mio padrone, il
valorosissimo guerriero Arthur Hellsing, abbia potuto umiliarsi
svolgendo un
lavoro da donna? E chi è stato il vigliacco che
l’ha immortalato in un
frangente tanto imbarazzante, mettendo per di più la foto in
bella mostra
nell’album di famiglia, così che chiunque potesse
vederla e farsi beffe del mio
signore? –
Integra era
consapevole che Alucard era nato nel medioevo e ragionava come un uomo
della
sua epoca, nondimeno le sue parole l’avevano irritata. La
faceva arrabbiare
scoprire in un unico discorso che per il suo servo e per tutti gli
umani che
ancora ragionavano come lui, i lavori umili erano considerati
adattissimi alle
donne ma disdicevoli per gli uomini e che occuparsi di un neonato era
indegno
di un padre. Non solo Alucard aveva insultato l’attuale Sir
Hellsing ma anche
il suo genitore. Fu per difendere l’onore di entrambi che il
Capo dell’Ordine
dei Cavalieri Protestanti insorse, pur nella consapevolezza che le sue
sarebbero
state parole al vento:
-Quando sono
nata, papà aveva cinquantotto anni. Ormai era convinto di
morire senza eredi e
proprio allora arrivai io. Mi ha sempre raccontato che
considerò la mia nascita
un miracolo e per questo non gli pareva vero di trascorrere con me
quanto più
tempo poteva. E quando capitava l’occasione, non mancava mai
di darmi il biberon,
cambiarmi il pannolino o farmi il bagnetto. –
Per tutta
risposta, Alucard le lanciò uno sguardo bieco e
sibilò:
-Menti. Mi
stai prendendo in giro e non ne capisco il motivo. Non ti ho fatto
niente di
male per meritare un trattamento simile. –
Spazientita,
Sir Hellsing si mise le mani sui fianchi e ringhiò:
-Ma insomma!
Si può sapere cosa c’è di tanto
indecente nell’occuparsi di un figlio? Anche tu
sei un padre! Possibile che in cinquecento anni non hai mai cambiato un
pannolino? –
Ad Integra
era già capitato di vedere il Re-senza-vita offendersi.
Raramente, per la
verità, perché era difficile riuscire ad
insultare un ceffo come lui,
all’apparenza inscalfibile. Fu quindi una grande sorpresa per
la master
scoprire come la sua innocente domanda avesse oltraggiato Alucard come
nemmeno
il film di Coppola era stato capace di fare.
Con sguardo
spiritato, il midian scandì:
-In
cinquecento anni mi hanno definito in molti modi. Mi hanno dato del
pazzo,
dell’impalatore, del sanguinario, del mostro, del figlio di
zoccola ma nessuno
aveva mai osato darmi del “cambiatore di
pannolini”! –
Internamente,
Integra gongolò. Caspita! Senza volerlo aveva scoperto come
offendere quel cane
rognoso! Che bellezza! Decise di continuare a fingersi offesa per
battere su
quel tasto e continuare a insultare un altro po’ il vampiro:
-Insomma, i
pannolini li hai cambiati o no? –
Per Alucard
era sbalorditivo che la sua master potesse anche semplicemente
concepire una
simile blasfemia ed ecco che la ragazzina arrivava addirittura a
chiederglielo
a voce alta!
-Integra,
comincio a sospettare che tu abbia delle tare mentali. Sono un
guerriero! Come
puoi pensare che possa commettere simili sconcezze? –
-Perché
invece uccidere, violentare e torturare non sono sconcezze, vero?-
-Certo che
no! E’ il lavoro di ordinaria amministrazione di ogni
combattente che si
rispetti! –
-E quindi
con i tuoi figli non muovevi un dito? –
-Come no?!
Appena diventavano sufficientemente grandi da essere degni della mia
attenzione
e abbastanza forti da sostenere le mie sberle senza cadere a terra, mi
occupavo
della loro educazione. –
-E a che
età
corrispondeva questo “sufficientemente grandi”?
–
-
All’età in
cui non avevano più bisogno di essere imboccati, puliti,
cullati, consolati,
vestiti e spogliati perché sapevano fare tutte queste cose
da soli. Prima di
allora, erano un’occupazione esclusiva delle loro madri.
–
-Insomma,
lasciavi tutto il lavoro più duro e sporco alle tue mogli.
Ma che bel maritino
che eri! –
Una volta di
più Integra comprese come riuscissero le Leonesse ad andare
d’accordo pur
condividendo lo stesso consorte. Sopportare un marito come Alucard era
un’impresa troppo sfibrante per un’unica moglie,
meglio avere delle colleghe con
cui spartire quella fatica.
Alucard,
intanto, aveva risposto con un gesto sprezzante, come a dire
”cosa ne vuoi
capire di queste cose?” ed era tornato a contemplare pieno
d’angoscia la foto
incriminata.
Parlò
ma era
chiaro che non si rivolgeva ad Integra, stava riflettendo a voce alta:
-Ci
sarà
pure una spiegazione! Forse una pestilenza si era abbattuta su Villa
Hellsing, uccidendo
tutte le donne di casa, gli sguatteri, gli stallieri e mettendo Walter
a letto
con un febbrone da cavallo. Siccome nessuno poteva occuparsi della
bambina, Sir
Arthur si è arreso a farlo da solo. Non riesco
però a capire chi può essere
stato il vigliacco che l’ha fotografato mentre eseguiva una
mansione tanto
disdicevole, certo con lo scopo di ricattarlo minacciando di mostrarla
a tutti.
–
-Non ci fu
nessuna pestilenza, tutte le donne erano vive e vegete. Nessuno lo
costringeva
ad occuparsi di me, lo faceva perché gli piaceva.
Perché ti è così difficile
credermi? –
-Perché
la
merda è merda e non è che quella dei neonati sia
più profumata o più bella o
vedersi quindi perché mai un uomo nel pieno possesso delle
sue facoltà mentali
dovrebbe costringersi al supplizio di pulire un figlio? –
Integra lo
squadrò da capo a piedi con una smorfia di disprezzo e
decise di partire con la
stoccata finale:
-Senti un
po’, ma tutti gli uomini sono come te? –
-Vorrei
sperare di sì, il mondo sarebbe certamente un posto
migliore. Ma perché me lo
chiedi? –
-Perché
se
tutti gli uomini sono come te, faccio meglio a restare zitella.
–
In
cinquecento anni, nessuna gli aveva mai detto una cosa simile e questo,
unito
al “cambiatore di pannolini” di poco prima, era
decisamente troppo. Decise di
chiudere lì quella sgradevole conversazione, prima di
correre il rischio di
essere insultato una terza volta. Si alzò, l’album
fotografico sottobraccio, e
annunciò:
-Non ha
senso parlare con te. Eri troppo piccola, non puoi ricordare quegli
eventi.
Vado a cercare Walter. Saprà certamente darmi una
spiegazione logica.-
Rimasta
sola, Integra terminò i compiti, lesse qualche capitolo di
un libro d’avventura
che le piaceva e infine scese in cucina per fare uno spuntino.
Lì trovò
Alucard, seduto a braccia conserte al tavolo di cucina.
Fissava un
punto indefinito nel vuoto e tracce di lacrime di sangue rigavano le
sue
guance. Sul volto aveva scolpita un’espressione sofferente,
come la master non
gli aveva mai visto prima.
Alla
ragazzina venne spontaneo domandarsi se il midian non stesse male. Ma
poteva
stare male un mostro? Non ne era certa ma le sembrò comunque
giusto chiedere:
-Tutto bene,
Al? –
Il vampiro
girò su di lei uno sguardo vitreo. La osservò per
pochi istanti, poi tuffò la
testa fra le braccia conserte e scoppiò in un pianto
disperato.
Sir Hellsing
rimase senza fiato. Spesso aveva dubitato che il servo fosse capace di
piangere
e comunque era certa che nella sua vita mai sarebbe arrivata a vedergli
versare
una lacrima. E adesso eccolo lì, che frignava senza ritegno
davanti a lei, le
spalle scosse da singhiozzi.
Integra
aveva sempre pensato che Alucard fosse scalmanato al punto che, se
avesse
vissuto ai tempi dell’antica Pompei, alla vista del Vesuvio
che eruttava cenere
si sarebbe messo a ballare dalla contentezza. Quindi, se adesso il suo
vampiro
singhiozzava come Giulietta alla vista di Romeo morto, voleva dire che
su
Hellsing Manor stava per abbattersi un cataclisma peggiore di
un’eruzione
vulcanica, un evento contro cui neppure Alucard poteva fare qualcosa.
Doveva quindi
affrettarsi a mettere in salvo se stessa e Walter nel rifugio
antiatomico fatto
costruire in giardino da suo padre ai tempi della guerra fredda.
Lasciò il
Signore delle Tenebre a frignare inconsolabile in cucina e corse come
una lepre
per i corridoi della villa alla ricerca del maggiordomo. Lo
trovò che stava
sistemando dei fiori in un vaso. Si aggrappò al suo braccio
e trascinandoselo
appresso, spiegò:
-Nascondiamoci
nel bunker. Alucard piange. –
-Sì,
lo so.
L’ho fatto piangere io. –
Integra si
fermò,
girandosi a guardare il tutore con un misto di stupore e paura. Quindi
era il
suo secondo padre la calamità abbattutasi sulla testa del
No-life-king?
-Come ci sei
riuscito? – mormorò, piena di rispetto.
-Ho
semplicemente confermato quel che gli avevi detto tu. E’
vero, Sir Arthur ti
faceva il bagnetto e non perché una pestilenza avesse ucciso
tutte le donne di
casa e messo me a letto con un febbrone da cavallo ma perché
lo gratificava
occuparsi di te. Era così orgoglioso di quel che faceva che
mi chiese persino
di scattargli una foto, così da conservarne il ricordo.
–
-E per una
simile inezia si sta sciogliendo in lacrime sul tavolo di cucina?
–
-E’
una
questione di punti di vista. Ciò che per te è
un’inezia, per lui è una tragedia
greca. Mettiti nei suoi panni: da umano era un principe e da vampiro
è stato il
Re-senza-vita. Venne infine sconfitto da dei mortali e si convinse che
per
essere riusciti a soggiogare un guerriero della sua levatura, dovessero
essere
persone fuori dal comune. Per quasi un secolo si è
inginocchiato davanti a
padroni che considerava combattenti formidabili e adesso scopre che uno
di loro
cambiava i pannolini alla figlia. Né da umano né
da vampiro gli sarebbe passato
per la testa che un uomo potesse liberamente decidere di fare una cosa
simile,
nemmeno il più umile fra gli sguatteri del castello. Il suo
padrone quindi si è
degradato al di sotto dell’ultimo sguattero e lui
è il cane di un individuo
simile. -
-Ma sono
tutte fregnacce! – s’infervorò Integra
-Mio padre era un grande combattente,
anche se mi cambiava i pannolini! –
-Ma non puoi
sperare di farlo capire ad un principe medievale! – si
spazientì Walter –
Alucard, adesso, è in piena crisi di identità! Se
il suo padrone dava la pappa
alla figlia, allora non era un guerriero formidabile, appartenente ad
una
dinastia di gente straordinaria. Se non è stato soggiogato
da persone fuori dal
comune ma anzi, al di sotto della media, vuol dire che non era un
granché come
Signore delle Tenebre. Se come vampiro e Re-senza-vita valeva poco,
allora non
era un granché neanche come umano e principe. Capisci adesso
il suo dramma
interiore? –
Integra
stava per replicare che capiva che Alucard stava facendo la primadonna
come al
solito ma la voce del vampiro alle sue spalle le troncò la
voce in gola:
-Scusate se
v’interrompo ma ho bisogno di ritirarmi a riflettere nella
mia catacomba. Vi
prego di non venirmi a cercare, ho bisogno di stare da solo. –
Così
Walter
e Sir Hellsing lo videro scendere, serio e col viso angora rigato di
rosso, le
braccia stracariche di sacche di sangue.
Per otto
giorni e altrettante notti Alucard non si fece vedere, per la gioia di
chi
viveva e lavorava all’interno dell’Ordine dei
Cavalieri Protestanti. Al mattino
del nono giorno, Integra pensò che il vampiro fosse stato da
solo a sufficienza
ed era giunto il momento di snidarlo. Lo trovò assiso sul
trono di legno, le
sacche di sangue ormai vuote sparse per terra.
-Le
meditazioni ti sono servite a stare meglio? –
-Sì.
Ho
compreso che non è tutta colpa di tuo padre. Mi sono detto
che è figlio dei
suoi tempi e questi purtroppo sono tempi incivili. Quando ero umano, se
due
cavalieri litigavano, risolvevano la questione con un duello: chi
moriva aveva
torto. Adesso, invece, quando due uomini litigano, risolvono la
questione
andando a spendere un pozzo di soldi dai rispettivi avvocati, facendosi
denunce
e contro-denunce. Vedi come si sono imbarbariti i costumi? Quindi
perché
sorprendersi se al giorno d’oggi un padre si svilisce
commettendo un’azione da
donna come cambiare un pannolino? Ma di questo passo dove andremo a
finire,
dico io? Continuando così gli uomini arriveranno a lavare i
piatti! –
Integra
rimase interdetta: doveva confessare al suo mostro che gli uomini
stavano già
cominciando a lavare i piatti? No, meglio non farglielo sapere. Si era
appena
ripreso da un trauma, perché sconvolgerlo nuovamente?
Inoltre era meglio tenere
quella rivelazione come un asso nella manica: il giorno in cui Alucard
l’avesse
fatta imbestialire, tanto da meritare di essere preso a pugni, la
master
avrebbe potuto estrarre quella carta, mettendo k.o. il servo come
neanche il
gancio meglio assestato poteva riuscire a fare.
Il midian
però si era accorto dell’incertezza della
ragazzina e allarmato chiese:
-Gli uomini
non sono arrivati a lavare i piatti, vero master? –
Sir Hellsing
uscì dall’impiccio ripetendo una frase udita a
scuola, da una professoressa:
-Le donne
hanno preteso che gli uomini le aiutassero a lavare i piatti e gli
uomini, pur
di non bagnarsi le mani, sono arrivati ad inventare la lavastoviglie.
–
Il vampiro
si rilassò, la ragazzina pure. Con questa risposta non aveva
né mentito né
detto la verità, conservando il suo asso nella manica.
1)Questa
è la prima parte di un capitolo molto più lungo
che dividerò in
tre o quattro parti. Sono spiacente ma questa storia avrà la
costanza di un
aggiornamento l’anno perché più veloce
di così non riesco a scrivere.
2)L’Arpia
Silen è un personaggio di Devilmen di Go Nagai. Per inciso,
Silen è il mio personaggio preferito di Devilmen.