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Autore: Celtica    09/01/2017    3 recensioni
[ Modern!AU! | Sansa/Petyr | Sansa/Sandor ]
È come se la stessero strattonando:
Da una parte c’è Petyr Baelish, che Sansa accoglie come il salvatore, colui che l’ha portata via dal suo ex, Joffrey; dall’altra il Mastino, in una spirale di amore/odio.
In una città dove a regnare è l’azienda dei Lannister, Sansa sembra trovarsi al centro di un complotto.
Ma chi è il vero nemico?
Dal capitolo uno:
«Vieni con me» dice Petyr, facendole segno di salire in macchina.
Sansa non sa perché, ma obbedisce. È ciò che ha fatto per tutta la vita: obbedire. Sempre e comunque.

Dal capitolo due:
«Dove mi stai portando?»
È un sussurro, ma a lei sembra di averlo gridato.
Si chiede cosa ci sia oltre gli alberi, magari un luogo nascosto dove Petyr vuole farle del male.

Dal capitolo sei:
«Per favore…» sussurra ancora lei, spingendo la mano di Sandor con la sua.
È ruvida e fredda come il ghiaccio, eppure, nello sguardo di lui, Sansa riconosce qualcosa che è abituata a vedere da tutta una vita.
Desiderio.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joffrey Baratheon, Jon Snow, Petyr Baelish, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 23

Stavolta il capitolo è tutto dedicato a Sansa.
E ai segreti.



n



 

L

enzuola bianche si gonfiano come vele spiegate.
Sansa aspetta che siano loro a posarsi dolcemente sul letto, in attesa che Arya le dia una mano.
Ma sua sorella rimane appoggiata allo stipite della porta, imbronciata.
«Sei uguale a lui» ripete, come ha fatto poco prima al piano di sotto, davanti a Sandor e Petyr.
«Perché?»
Sente qualcosa, come un leggero tramestio nel petto, che sembra metterla in guardia.

«Non ti vedi?» sibila. «Sei diventata fredda. Ti importa solo di te.»

Ma cosa dici? Vorrebbe gridarlo, battere i piedi sul marmo e cacciarla via dalla sua stanza come quando erano bambine.
Ma non lo sono più… e il dolore che Sansa sente dentro la spinge a rimanere. Ferma, immobile. In silenzio.
Socchiude gli occhi e aspetta.

«Siamo qui per Jon» ribadisce Arya, sputandoglielo addosso come se lo avesse dimenticato. «Non per quel tuo…»
«Tuo cosa?»

«Potrebbe essere tuo padre, Sansa!»

Lei si volta, la guarda in faccia e scuote la testa. «Stai sbagliando. Non c’è nulla tra noi.»
«Noi» le fa il verso, chiudendo le mani a pugno. «Ma ti senti?»

Adesso, di nuovo, Sansa vorrebbe prenderla per un braccio e spingerla fuori. Restare sola, in attesa che sua madre entri dalla porta a rincuorarla.
Ma sua madre è morta… e Arya è ciò che le resta di lei.

Arya, Robb, Bran e Rickon.

«Adesso basta, Arya. Petyr ci sta aiutando!»

«Sta aiutando te» la corregge, facendo un passo avanti. «Solo te.»

«E non è la stessa cosa?»
Vorrebbe solo smetterla. Smettere di parlare, smettere di pensare. Smettere di dare spiegazioni. Di cercarle nella sua testa, senza riuscire a trovarle davvero.
Perché sa che sono solo scuse…

«No, non lo è» insiste Arya, portandosi una mano al fianco. «A lui non importa di Jon. Non gli importa di me. Ma a te, Sansa… a te importa? Ti importa di noi, di cosa capiterà a Jon?»
Ora è lei a fare un passo avanti, decisa. «Non dovresti nemmeno chiederlo. Sono qui per lui.»

«Allora dimostralo.»

Sansa sgrana gli occhi, ma resta al gioco. «Dimmi come.»

«Mandali via. Entrambi. Non abbiamo bisogno di loro.»
Lei scuote forte la testa, vede un sorriso di scherno sul volto dell’altra e non sa cosa dire.

«Mandali via» ripete, a bassa voce, come se qualcuno potesse sentirla. «Possiamo farcela da sole.»

«Non abbiamo nemmeno un mezzo per tornare a casa. Ragiona!»
«Siamo già a casa!» grida Arya, scalfendo l’aria con la mano aperta. Poi sembra calmarsi, china appena il capo senza smettere di guardarla. «A Londra…» comincia, interrompendosi subito.

Sansa osserva le sue nocche diventare bianche, si chiede cosa le stia nascondendo. Cosa le stiano nascondendo tutti.
Ma vuole davvero saperlo? E se fosse qualcosa di cattivo, se fosse qualcosa che potrebbe metterla in pericolo, vorrebbe saperlo comunque?

No, si dice. Finché non solleva appena il mento e parla.

«Cos’è successo a Londra?»

Un lungo sguardo di Arya è sufficiente.
Pericolo, paura, sangue. Altro sangue che scorre per quelle strade… e Sansa arriva a chiedersi se ne avesse mai visto – percepito – così tanto, prima di allora.

«Cos’è successo a Londra, Arya?»

Lo ripete a voce alta, come se fosse necessario.
Niente è necessario. Non più. Non più da quando Ned e Cat sono morti, da quando Bran è finito sotto le ruote di un auto e Jon vittima di un pazzo. Solo tentare e sperare di farcela.
Di aiutare suo fratello – sì, è mio fratello! – di farlo stare meglio.

«Non vuoi saperlo davvero.»

Perché? Vorrebbe chiedere, ma l’immagine del sangue – del rosso – torna prepotente nella sua mente, tanto da mostrarle ancora Jon a terra, in un lago purpureo.
Che c’entri proprio lui? Che c’entri Janos? No, come avrebbero potuto trovarlo? Sono spariti per qualche ora, da quando Sansa ha chiesto a Petyr di trovare Arya e di proteggerla.

«Sì, invece.»

Sua sorella fa cenno di no, e prende a fissare le lenzuola bianche stese sul materasso.
Sono così diverse – così abbaglianti – rispetto alla sua immagine di sangue. Come se fossero irreali.

«Lo abbiamo ucciso.»

Non c’è’ bisogno di fare nomi per sapere a chi Arya si stia riferendo.
Sansa si porta una mano alla bocca e aspetta. Non sa perché, ma si sente responsabile.

«Anche Petyr?»

Era convinta di averla solo pensata, quella domanda. Era convinta di non trovare il coraggio di rivolgerla proprio a lei. Perché immagina la risposta… e sa che non le piacerà.
Gliel’ho chiesto io. Sono stata io.

Arya annuisce appena. «Anche lui.»

Vorrebbe chiederle i dettagli, vorrebbe sapere com’è andata, chi si è mosso per primo, chi ha sparato-colpito-ucciso. Chi gli ha dato il colpo di grazia…
Ma poi pensa alle parole di sua sorella: “Sei uguale a lui.”
E non vuole essere come Petyr, non vuole abituarsi alla vista del sangue, non vuole diventare un pezzo di ghiaccio a ogni brutta notizia.
Sansa vuole piangere; vuole essere forte, è vero, ma vuole anche piangere. È così che fanno le ragazze, è così che è giusto comportarsi. È così che deve essere.

«Volevo usare il coltello» dice Arya, come se fosse una cosa naturale. «Come lui ha fatto con Jon. Ma Petyr me l’ha impedito.»
«E poi?»
«Sandor l’ha sollevato di peso e l’ha buttato di sotto.»

«È…» Smetti di fare domande, si ammonisce. «È morto subito?»
Arya annuisce con vigore. «È stato Petyr» aggiunge poi, mentre Sansa si volta per sistemare le lenzuola.

«A fare cosa?»
Una pausa, e lei sente gli occhi di sua sorella sulla schiena. Sembrano sondarle l’anima, proprio come quelli di Petyr, come se attendessero una sua reazione.

«A portarmi da lui. Sapeva dov’era Janos, lo conosceva. E quando gli ho chiesto perché, mi ha risposto che è utile avere conoscenze in una città come Londra.»

Lo conosceva. Due parole che Sansa sente ripetersi nella sua mente, rimbalzando da una parte all’altra del cranio. Le fanno venire il mal di testa, tanto che china il capo e stringe forte gli occhi.
Come faceva a sapere il suo nascondiglio?

“Ma io voglio che lo trovi.”
“Cosa farai di lui?”

Una domanda. Petyr lo aveva chiesto davanti all’ospedale, mentre parlavano di Arya e della sua ricerca di Janos. Mentre erano vicini, tanto che Sansa riesce ancora a sentire quel calore…

«Mi ha portato al suo appartamento» continua Arya, scostandosi una ciocca scura dal volto. «E lui l’ha riconosciuto subito.»

Si conoscevano.

Forse si conoscevano bene. Fin troppo. O forse no?
Sansa prova l’impulso di abbandonare la stanza e scendere al piano di sotto; di mettere Petyr alle strette e farsi raccontare tutto.

Ma lo direbbe, a me?

«Sai cosa significa?»
No, Sansa non lo sa. E non è sicura di volerlo sapere.

«Che Petyr sapeva tutto fin dall’inizio. Che quando ha saputo di Jon, invece che andare alla polizia, ha parlato con te.»

Sansa si volta lentamente, sollevando le palpebre. «Se non lo avesse fatto» comincia, soffiando appena quelle parole. «Ora Janos sarebbe vivo.»
E io non avrei paura.

«Vivo e in galera.»
«Pronto a uscire in pochi giorni…»
Arya muove i piedi in modo nervoso, sposta il peso da una gamba all’altra e incrocia le braccia al petto.

«Quindi approvi?»
«Che cosa?»

Sua sorella la guarda dritto negli occhi prima di rispondere. «Che lo abbiamo ucciso.»

Una pausa. Sansa vorrebbe rispondere di sì, vorrebbe confessare al mondo – e a se stessa – di essere felice di quella vendetta. Di aver ripagato il sangue di Jon.
Ma poi scuote la testa.

«Perché no?»

Non sa cosa rispondere. La verità è che il cuore palpita un sì troppo irruente per poterlo ammettere.
Ma si sono presi troppe libertà.

Lei stessa si è presa troppe libertà. Sbagliando.

«Andiamo di sotto» sussurra, tornando a fare il letto. «Finiamo le camere e torniamo di sotto.»
«Da Petyr.»

Anche da lui.

 

Quando è ora di andare a dormire, dopo aver mangiato, Sansa lo guarda per un lungo istante.
Petyr.
Vorrebbe non dover aspettare, prenderlo in disparte e chiederglielo.
Vorrebbe solo sapere perché. Perché le abbia nascosto Janos, perché non ha lasciato decidere lei.
Perché non gliel’ha detto.

«Buonanotte» mormora, mentre li guida in cima alle scale e mostra loro le stanze.

Non ha voglia di guardarli, di parlare con loro, di pensare a dove siano.
Nella sua casa, nella casa dei suoi genitori.
Non ha voluto farli dormire nelle camere dei suoi fratelli… Non vuole che domani – o chissà quando – arrivino Robb, Bran e Rickon – e Jon, non dimenticarti di Jon – e siano costretti a coricarsi dove ora sono loro.
Sansa entra nella sua stanza, si chiude la porta alle spalle e si abbandona contro il legno.

Vorrebbe piangere, implorare aiuto – per Jon, per Bran, per tutti loro – vorrebbe vedere sua madre, suo padre e lasciare che siano loro a risolvere tutto.
Ma non può…
C’è solo lei a Grande Inverno. Lei e Arya.

Arya ha ucciso un uomo, pensa Sansa. Perché Petyr gliel’ha permesso?

Altri pensieri si librano nella sua mente, mentre si corica a letto.
Un’ora, due ore, non riesce a dormire. Allora si alza e, girando piano il pomello della porta, esce in corridoio.

È tardi, è buio. C’è silenzio.

La camera di Petyr è poco distante dalla sua. La raggiunge in fretta e bussa alla sua stanza.
«Scusami» sussurra, entrando. Spera che Arya non si svegli – che il Mastino non si svegli – che nessuno la senta. «Avevo bisogno di parlarti.»
«Vieni con me» dice Petyr, come il giorno in cui si sono incontrati.
Le sfiora la mano – quella che Sansa ha stretto all’altra – e la guida alla finestra.

«Guarda.»

E Sansa obbedisce, come ha sempre fatto.
Vede la nebbia spargersi nel parco, coprire appena le luci dei fari. Sembra che un manto bianco – di neve, di casa – si stenda davanti a lei.
«Sembra neve» dice Petyr, attirandola a sé.
Sente la sua mano sul ventre e non dice niente. Come potrebbe? Quella visione l’ha riportata indietro nel tempo, a quando vivevano tutti in quella casa.
«È vero» conferma, in un sussurro. «Sembra neve.»
E quando Petyr cerca i suoi occhi – trovandoli a poca distanza dai suoi – Sansa china il mento, scostandosi appena.

«Conoscevi Janos.»

La magia si è rotta. Basta vedere lo sguardo sperso di lui per capirlo.
L’incanto della neve è tornato nebbia, la vicinanza di Petyr solo un’altra mancanza.
Perché Sansa è sola, ormai.

«Lo conoscevo.»
Ha capito, pensa. Ha capito che so.

«Perché non me l’hai detto?»
Petyr si scosta da lei e allarga le braccia. «Non me l’hai chiesto.»
Vorrebbe riservargli uno di quei sorrisi di scherno tipici di Arya, ma si limita a scuotere la testa.

«Come posso fidarmi di te?»

«È stata tua sorella a dirtelo?» sussurra, studiandola.
«Non avrebbe dovuto?»

No, lui non voleva che lo sapessi. Non così.

«Te l’avrei detto io, al momento giusto.»

Sansa lancia un’occhiata alla porta, come se fosse pronta a fuggire via da lì.
Da lui, dalle sue bugie.

«Non c’è un momento giusto. Avete ucciso un uomo.»

«Quell’uomo ha accoltellato il tuo fratellastro…»
È mio fratello, vorrebbe dire. Gridarlo a mondo, tanto forte da non farlo dimenticare più a nessuno.

«Credevo lo volessi» continua Petyr, inclinando la testa di lato.
Ero convinta di volerlo.

«Ti sei sbagliato.»

«Davvero?»

Di nuovo uno di quei sorrisi enigmatici, quelli che riescono a metterle i brividi. Cosa sarebbe in grado di fare, se solo volesse?
Fin dove si spingerebbe un uomo come Petyr?

Ha ucciso un uomo.
Anche Arya, risponde una vocina nella sua testa.

«Torna a dormire» mormora Sansa, prima di avviarsi verso la porta.

Sente il telefono squillare e volta il capo verso il comodino – è tardi, è notte – si chiede chi possa essere a quell’ora.
Non le importa.

«Aspetta.»

Lo sente implorare, un istante prima di aprire. Le basta guardarlo per vederlo improvvisamente invecchiato – la magia è conclusa, l’incanto è finito – come se temesse per lei.
O per sé?

«Dovresti rispondere» dice Sansa, uscendo in corridoio.

Socchiude gli occhi nel buio della casa, nel silenzio sovrano, tanto da chiedersi perché, quando è cambiata, come ha fatto a non rendersene conto?
Arya ha ragione su di lei? Davvero è uguale a lui?
Non ha il tempo di pensarci. Una figura scura e imponente è davanti alla porta della sua stanza, tanto da farle fare un salto.

«Sandor!» dice, tenendo il tono di voce più basso possibile.
Non può vederlo, eppure sente i suoi occhi addosso. Occhi che sanno di colpa.

«Cosa ci facevi da lui
Quel lui sputato con tanto disprezzo le ricorda Arya. In fondo sono simili, lui e sua sorella.

«Dovevo parlargli.» Come dovrei fare con te.

Una risata che ha il sapore di un ringhio, e Sansa sa che il Mastino non le crede.
Non può vederlo, ma le basta… le basta sentire la sua presenza, i suoi occhi addosso, la sua figura imponente.

«Non qui» mormora, aprendo la porta della sua stanza e spingendolo a entrare.

Se ne pente subito, tanto da chiedersi se non sia il caso di uscire e chiuderlo lì dentro.
Avrebbero potuto sentirci, pensa, come se fosse una giustificazione sufficiente.

«So quello che avete fatto» riprende, accendendo una luce e guardandolo finalmente in volto.

È orrendo, come sempre. Eppure anche confortante.
Ha salvato Arya, ha ucciso Janos.
Sandor non ha bisogno di parlare per risponderle. Basta la sua espressione cupa.

«So quello che tu hai fatto» insiste Sansa, sperando di farlo parlare.
Lui fa un passo verso di lei, tanto da farla indietreggiare.

«E tu allora? Che aspetti il buio per sgattaiolare nella stanza di un uomo con il doppio dei tuoi anni?»

Sente le sue accuse scivolarle addosso, come se non fosse vero niente.
Come se Petyr non le suscitasse nulla.

«Cosa vorresti dire? Volevo parlargli» risponde, imbronciata, stringendosi le braccia al petto.
«Voglio dire» Sandor fa un altro passo avanti, minaccioso. «Che dovresti smetterla con le tue bugie…»
«Io non mento. Sono andata da lui per chiedergli di Janos.»

«Nel cuore della notte, mentre tutti dormono?» Ora il tono del Mastino è rude, tanto che Sansa ha paura. «Come una puttana?»

Lo schiaffo lo colpisce in pieno; in una frazione di secondo la paura di Sansa svanisce e ricompare, più forte di prima – cosa le farà ora? – e il volto di Sandor viene deformato dalla rabbia.
Vorrebbe parlare – chiedere scusa, ma per cosa poi? – cancellare il suo gesto.
Tornare indietro e non invitarlo nella sua stanza, lasciarlo fuori, in corridoio, senza nessuna spiegazione.
Ma le mani di Sandor sono veloci – troppo veloci – e Sansa non riesce a scappare.
La stringono per le spalle, la scaraventano sul letto, e quando lei si ritrova il suo viso a un soffio dal suo – per uno schiaffo, per uno stupido schiaffo – resta solo la paura.
Senza la forza di reagire.

«Guardami» ordina, afferrandole il mento. Sansa stringe forte gli occhi, vorrebbe essere da un’altra parte – non aver mai tirato quello schiaffo, non averlo invitato in camera sua, non avergli chiesto di seguirla al nord. «Guardami!»
E Sansa obbedisce. Lo guarda.

«Potrei farlo» ringhia Sandor, come se non riuscisse a trattenere la rabbia. «Potrei fare ciò che voglio. Ma non lo farò.»

Si rialza lentamente, allontanandosi da lei, lasciandola inerme su quel letto bianco.
«Forse Ditocorto lo farebbe, al posto mio. Forse tutte quelle paroline che ti insegna – tutte quelle bugie con cui ti tiene in gabbia – ti faranno aprire le gambe per lui» Ringhia, sputa rabbia contro di lei, ma tutto quello che percepisce Sansa è dolore. «Tanto meglio. Ricordati questo, uccelletto: io ho potuto prenderti e non l’ho fatto. Ma lui…»
«Nemmeno lui» trova il coraggio di rispondere Sansa, restando coricata.

«Questo è quello che lui vuole farti credere.»

Di nuovo, negli occhi del Mastino, lei riconosce sofferenza e rabbia, una miscela esplosiva che potrebbe fargli cambiare idea. Spingerlo ad agire.
Così resta in silenzio.

«Vieni» mormora, mentre la sua voce sembra raschiare contro le pareti del suo cuore. «Andiamo via. Stanotte.»

Sansa muove la testa, impercettibilmente. Un gesto quasi invisibile che riesce a spezzare un uomo.
Sandor.

«Potrei aiutarti. Potrei proteggerti da Joffrey. Lui ti sta cercando.»

«Non lo hai fatto prima» sussurra Sansa, sollevandosi appena. «Perché dovresti farlo adesso?»
Ancora – sempre – è come se lei gli avesse piantato un coltello dritto al cuore.

«Resta con lui allora» ringhia, ancora – sempre – raggiungendo la porta. «Non è quello che credi. Ditocorto parla con Cersei. Si sono sentiti oggi al telefono.»
Se l’avesse insultata le avrebbe fatto meno male.
Perché Petyr dovrebbe sentire lei?

«Non ti credo.»
Non è vero. In realtà gli crede benissimo.
E la cosa fa male.

Un verso di disprezzo, e la porta si apre – ultima speranza, ultimo amico che se ne va. «Farai meglio a credermi, uccellino. Lui non si fermerà come ho fatto io.»
Sansa si solleva dal letto, dritta, in piedi, e stringe il pugno. «Sei crudele.»

«Dimmi, perché pensi che sia venuto qui? Perché pensi che ti stia proteggendo?» Sandor torna indietro, la scuote per un polso. «Vuole qualcosa da te. Pensaci, la prossima volta che sarai con lui.»

E quando il Mastino se ne va, Sansa sente il gelo scendere nella stanza.
Osserva le lenzuola bianche – fredde, sanno di ghiaccio – e sbarra forte gli occhi.

Ora sono sola. Lo sono davvero.

n 

Note dell’autrice:

Primo capitolo dell’anno nuovo!
Quindi, sentiti ringraziamenti vanno a Sb89 (lo sai!), a Stellina1990, a Relie_Diadamat, ghim92 e a BurnTheCandle, che mi fanno sempre conoscere il loro parere.
Vi aspetto nei commenti!

Celtica


   
 
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