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Autore: Signorina Granger    17/01/2017    6 recensioni
[Raccolta di One Shot dedicate ai protagonisti di "Magisterium"]
Si sono diplomati, la Guerra è finita, hanno superato i loro demoni e chiuso molte porte...
Ma si sa che quando se ne chiude una, si apre un portone al suo posto.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Charlotte & William
 
 
 
“Mi manchi.”
“Lo so piccoletta… ma non hai più bisogno di me ormai. Vai avanti Charlotte.”
Chiuse gli occhi, sentendo la mano del fratello accarezzarle i capelli mentre cercava di memorizzare la sua voce, non volendola dimenticare.
Eppure, sapeva che prima o poi sarebbe successo. 
“Ci proverò, te lo prometto.”

 
Charlotte e Sean Selwyn, Cap. 22, Raccontarsi




Quasi corse nell’atrio del San Mungo, fermandosi alla reception scivolando sul pavimento liscissimo. 

La donna seduta dietro al banco alzò lo sgaurdo sull’uomo proprio mentre metteva le mani sul ripiano, deglutendo quasi a fatica:

“Desidera?” 

“Sto cercando Charlotte Cavendish.” 

“Lei è un familiare?” 

“È mia moglie.” 

Alzò la mano sinistra, quasi a voler mostrare la scintillante fede d'oro come “Prova” delle sue parole. Non erano sposati da molto e a volte gli sembrava ancora strano definire Charlotte così, ma in quel momento non ci badò per nulla, aspettando con impazienza crescente: tempo cinque minuti e avrebbe rivoltato l’ospedale fino a trovarla, con o senza il permesso dei Medimaghi. 
 
La donna annuì, abbassando lo sgaurdo sui registri e facendo correre gli occhi scurissimi sulle pagine di pergamena, attraverso le lenti degli occhiali dalla montatura di tartaruga. 

“Quarto piano, stanza 27... Ma credo che la stiano ancora visitando Signor Cavendish, non so se la faranno entrare.” 
 
Quarto piano, 27 
 
Will era quasi corso via a metà della frase, precipitandosi verso le scale e non badando alla parte finale della frase dell’Infermiera. La donna di mezza età lo seguì con lo sgaurdo, scuotendo leggermente il capo con cipiglio per nulla scocciato: del resto, ormai ci era abituata a scene di quel tipo.


 Con suo gran disappunto non gli avevano permesso di entrare nella stanza di Charlotte, portandolo a prima sedersi su una delle sedie e tamburellare le dita sulla propria gamba e poi a camminare un po’ avanti e indietro lungo il corridoio, impaziente come non mai. 

Un Medimago era spuntato da una camera vicina, chiedendogli chi dovesse vedere... non gli aveva accennato nulla sulle condizioni della moglie ma gli aveva sorriso quasi a volerlo rassicurare, sostenendo che non doveva preoccuparsi e che stavano tutti bene. 

Will avrebbe voluto dirgli che non gli importava poi molto degli altri e che da ore stava solo pensando a Charlotte... ma il mago se l'era filata quasi ridendo sotto i baffi, senza dargliene il tempo. 

“Signor Cavendish? Può vederla, se vuole.” 

E me lo chiede, sono qui da mezz'ora ad aspettare! 


Will si fermò di colpo, voltandosi verso la porta e sorridendo con sincero sollievo, superando il Medimago che era appena uscito dalla stanza. L’anziano mago gli rivolse un sorriso prima di defilarsi dietro un angolo, sostenendo che sarebbe tornato più tardi per degli ultimi esami.

Aprendo la porta, gli occhi di Will erano subito caduti sull’unico letto presente nella stanza, trovando sua moglie seduta con la schiena appoggiata ai cuscini, le mani giunte in grembo e i lunghi capelli castani sciolti e un po’ arruffati.

Aveva l'aria sinceramente stanca ma sorrise nel vederlo entrare, illuminandosi leggermente per un attimo nonostante il pallore e il graffio che aveva sulla fronte.

“Ciao, Will...” 

“Come stai?” 
  
In men che non si dica Will la raggiunse, sedendosi davanti a lei sul letto e guardandola con cipiglio apprensivo, facendola sorridere:

“Bene... Stiamo tutti bene, salvo qualche graffio o costola rotta.” 

“Tu hai qualcosa di rotto?” 

“No... io sono indistruttibile, tesoro.”    Charlotte sorrise, quasi a voler alleggerire la tensione, allungando una mano per appoggiarla su quella del marito... ma Will non si rilassò neanche un po’, continuando a guardarla con aria preoccupata:

“Magari fosse così... ho aspettato per due ore prima che mi scrivessero, CeCe.” 

“Lo so, mi dispiace... ma sfortunatamente non possiamo prevedere queste cose, lo sai. Mi spiace di averti fatto preoccupare, Will.” 

Charlotte sorrise, stringendo la mano dell'uomo nella sua. Will sbuffò, incupendosi leggermente e borbottando a mezza voce:

“Non mi interessa degli altri, CeCe... a me importa solo di te.” 

“Beh, mi fa piacere sentirlo... ma spero anche che non continuerà ad essere così.” 

Il sorriso di Charlotte non vacillò, assumendo anzi una nota quasi divertita di fronte all’espressione confusa che era comparsa sul volto del marito, che la osservò come se stesse cercando di capire le sue parole:

 “Scusa, che intendi?” 

“Solo quello che ho detto, Will... e ribadisco che stiamo bene.” 

Charlotte continuò a sorridere, trattenendosi dal mettersi a ridere di fronte alla faccia perplessa di Will, che mutò leggermente con il trascorrere dei secondi, mentre il considerevole quoziente intellettivo dell'uomo metteva a posto i pezzi del puzzle.

“Aspetta... stai dicendo che...” 
“Si Will, penso che tu abbia capito... pensi ancora che ti importi solo di me o hai cambiato idea?” 
 
Charlotte sorrise, accarezzando il dorso della mano del marito e guardandolo esitare, sbattere le palpebre mentre cercava di riunire i pensieri, metterli in ordine e dire qualcosa di sensato... ma senza grandi risultati.

Infine distese le labbra in un sorriso per la prima volta nel giro di diverse ore, da quando aveva iniziato a preoccuparsi per Charlotte non vedendola tornare a casa.

Si protese verso di lei e la baciò, annuendo subito dopo:

“Si, penso di sì... ma da quanto lo sai?” 

“Una settimana.” 

“Avresti dovuto dirmelo prima, non qui! E poi... CHARLOTTE SELWYN, sapevi di essere incita e sei andata comunque in missione?” 

Will assottigliò pericolosamente gli occhi, fulminando la moglie con lo sguardo mentre Charlotte sorrideva nervosamente, cercando un modo per sfuggire all’imminente ramanzina:

“Beh... non la metterei proprio così...” 

“Stai a sentire come la metto IO, allora: fino a quando non avrò un piccolo Cavendish in braccio, tu non vai in nessuna missione, sono stato chiaro?” 

“Si, mamma...” 

Charlotte sbuffò, borbottando a mezza voce mentre distoglieva lo sguardo dal marito, che la stava osservando con un cipiglio irritato  che si sciolse dopo pochi istanti, facendolo sorridere prima di sporgersi e baciarla su una guancia, restando con il viso accanto al suo per mormorarle qualcosa all’orecchio:


“Sei una testa di rapa incosciente e testarda... ma ti amo lo stesso.” 


                                                                                         *

 
Charlotte Selwyn, fin da bambina, aveva vantato un considerevole passo felpato che si era solo andato a sviluppare durante l’Addestramento per diventare Auror... le era stato utile innumerevoli volte, e mentre si avvicinava quasi in punta di piedi all’armadio a muro che affiancava l'ingresso era quasi certa che quella sarebbe stata una di quelle situazioni.

Aprì l’armadio di mogano senza far rumore, tirando fuori in fretta il cappotto prima di richiudere piano l’anta: si stava infilando la giacca quando sorrise, certa di avercela fatta... 

Ma poi una voce familiare e molto seccata giunse alle sue spalle, facendola bloccare all’istante oltre che imprecare mentalmente:

“Charlotte. Dove pensi di andare?” 

“A fare una passeggiata.”    La donna si stampò un sorriso innocente in faccia prima di voltarsi, sorridendo con aria angelica di fronte alla faccia ben poco allegra del marito, che la stava osservando a braccia conserte quasi come se fosse una bambina e l'avesse beccata a rubare la marmellata. 

E pensare che era lei l’Auror, in teoria... 

“Ah si? Allora non ti dispiacerà se vengo anche io, immagino.” 

“Ma Will... non devi lavorare?” 

“No, ho tutto sotto controllo CeCe... come sempre. Perciò posso accompagnare mia moglie a fare una passeggiata.” 

Will ricambiò il sorriso, piegando le labbra nel suo stesso modo innocente che la fece sbuffare, incrociando le braccia al petto e fulminandolo con lo sguardo:

“Falla finita, Cavendish. Mi sento come controllata costantemente, come quando vivevo con mia madre... non puoi impedirmi di uscire di casa!” 

“E infatti non lo faccio. Ti proibisco solo di mettere in pericolo te stessa e mio figlio.” 

“NOSTRO figlio Cavendish, la fatica la sto facendo io mi pare! E ora vado al Dipartimento, che ti piaccia o no! Non devo certo obbedirti solo perché siamo sposati, non siamo nel XIX secolo!” 

Charlotte sbuffò, e probabilmente sarebbe davvero uscita dalla porta... ma improvvisamente tutto finì al contrario, anche lei, con le gambe all’aria.
Dopo un attimo, quando si rese conto del perché tutto fosse finito a testa in giù, assestò un pugno alla schiena del marito, intimandogli di metterla giù anche se lui ovviamente non le diede alcuna retta, tornando invece in salotto con nonchalance.
 
“Will, mettimi giù immediatamente! WILL, SARÒ ANCHE INCINTA MA SONO PRONTA A CRESCERLO DA SOLA SE NON MI ASCOLTI!” 

“Eccoti accontentata, tesoro.” 

Will sorrise, mettendola sul divano e restando in piedi davanti a lei, sorridendole con aria soddisfatta mentre allungava una mano verso di lei:

“Dammi pure la giacca, non credo ti servirà... così come gli stivali.” 

“A volte ti odio proprio. Prego affinché il bambino non abbia il tuo brutto carattere.” 

Charlotte sbuffò, togliendosi la giacca con un gesto secco e lasciandola sul divano, borbottando che era incinta e non malata mentre si alzava, diretta verso la porta della stanza con aria risoluta:

“E ora dove vai?” 

“In camera mia.” 

“Nostra.” 

“Fammi capire, si parla di TUO figlio ma non della MIA camera? Molto gentile da parte tua non lasciarmi nulla...” 

Charlotte sbuffò mentre raggiungeva le scale, seguita quasi pigramente da Will che però sorrideva con aria divertita.

E continuò a sorridere per tutto il tempo, anche mentre sua moglie s’infilava il pigiama con aria irritata e si infilava sotto le coperte senza degnarlo di uno sgaurdo, maledicendolo per impedirle da due mesi di andare al lavoro, quando c'erano i turni notturni.

“Posso raggiungerti o mi ammazzerai?” 

Charlotte aveva nascosto il viso dietro ad un libro e Will come risposta ottenne solo una specie di sbuffo sommesso... prendendolo come un no, o almeno lo sperava, l'uomo si infilò sotto le coperte dell’enorme letto, esitando per un attimo prima di avvicinarsi alla moglie e facendolo solo dopo essersi assicurato che la bacchetta della donna fosse sul comodino e non nelle sue mani.

Le prese il libro dalle mani e lo chiuse, lasciandolo sul comodino mentre lei lo guardava con un sopracciglio inarcato, nella sua solita espressione scettica:
 
“Ok CeCe, parliamoci chiaramente... forse, se tu fossi sposata e incinta di un altro uomo, ora saresti al lavoro a rischiare di non tornare a casa... ma per tua fortuna hai sposato me, quindi fattene una ragione.” 

Will sorrise amabilmente, dandole un bacio sulla fronte e ignorando deliberatamente la sua faccia poco allegra, certo che stava valutando l'idea di esiliarlo sul divano.

“Com’è che ribadisci spesso di quanto io sia stata fortunata?” 

“Beh, perché è la verità.” 

“Il tuo egocentrismo mi uccide, Cavendish... Speriamo che TUO figlio non prenda il gene paterno della vanità esasperante.” 

Charlotte piegò le labbra in una smorfia mentre si appoggiava allo schienale del letto ricoperto da cuscini, con Will affianco che le sorrise prima di appoggiare il capo contro il suo:

“Seriamente CeCe... non vedo l'ora che nasca. Non ho avuto una famiglia, ma muoio dalla voglia di costruirne una con te.”   Will sorrise, baciandola su una guancia e sapendo che in qualche modo l'aveva appena ammorbidita, tanto che anche lei sorrise appena:

“Con questo ti sei assicurato l’indennità fisica, i miei complimenti.” 

“Lo so... Chissà se sarà un maschio o una femmina.” 

“Non lo so. IO volevo saperlo, ma Lord Cavendish ha insistito perché fosse una sorpresa... e chi sono io per mettere in discussione il volere di sua Maestà? Comunque secondo me è un maschio.” 

“Come fai a dirlo?” 

“Sono quasi quattro mesi che me lo porto in grembo, caro... Qualcosa l'avrò pur intuito, no?” 

“Ok, lasciamo stare... come vuoi. Ma maschio o femmina che sia di sicuro sarà intelligente, bellissimo... un brutto carattere purtroppo, ma non si può avere tutto se non in certi casi.” 

Will sorrise con aria divertita, accarezzandole appena la pancia che cominciava a vedersi mentre invece lei lo fulminava con lo sguardo, assumendo un’espressione quasi esasperata:

“Perché ho la sensazione che a tuo giudizio prenderà le prime due cose da te e l'ultima da me?” 

“Io non l'ho detto... ma se l'hai dedotto, forse concordi con me infondo!” 

Will sorrise, trattenendosi dal ridere di fronte alla faccia seccata della moglie, che per tutta risposta afferrò un cuscino e lo colpì dritto in faccia, ammonendolo di smetterla di fare battutine o avrebbe dormito sul divano fino al travaglio. 


                                                                                      *


Sospirò con sollievo, sorridendo al bambino che teneva in braccio e che si era finalmente addormentato. Ovviamente quando l'avevano sentito piangere Will si era ricordato di avere un mucchio di lavoro da fare e aveva mandato lei a calmarlo.

Charlotte sorrise al bambino di sei mesi che teneva in braccio, la nuca ricoperta da lisci capelli castani. In effetti quando l'aveva visto per la prima volta era quasi scoppiata a ridere, sostenendo che aveva già il ciuffo come suo padre... e poi aveva fatto notare a suo marito che aveva avuto ragione lei, come al solito: era nato un maschio, come aveva sostenuto per mesi. 

Charlotte stava per rimettere il bambino nel lettino quando sentì la porta aprirsi alle sue spalle, cigolando leggermente. Si voltò di scatto e probabilmente avrebbe minacciato di morte suo marito per aver rischiato di svegliare il figlio di nuovo, ma difronte alla faccia seria di William le parole le morirono in gola, limitandosi ad osservarlo con lieve apprensione:

“Charlotte... ti chiedo solo di non uccidermi, ok? Lo faccio per il tuo bene.” 

“Parla piano, si è appena addormentato! E di che cavolo stai parland-“. Il sussurro della donna s’interruppe bruscamente quando, due secondi dopo, Will quasi scappò fuori dalla stanza per cedere il posto a qualcun altro.

Charlotte rimase perfettamente immobile, non emettendo un fiato mentre osservava la donna sulla soglia della stanza, che stava ricambiando il suo sguardo con i penetranti occhi azzurri che conosceva tanto bene... e anche se era passato diverso tempo dall'ultima volta in cui li aveva visti, non li aveva affatto dimenticati. 

“Ciao, Charlotte... è da tanto che non ci vediamo.”   La voce di sua madre era sempre la stessa: piatta, neutra, con una leggera nota spazientita... di rado l'aveva sentita parlare con un tono diverso. 

“Lo so.” Charlotte le rivolse un’occhiata quasi seccata, continuando a tenere il figlio stretto in braccio: non si vedevano dal suo matrimonio in effetti... fosse stato per lei non l'avrebbe nemmeno invitata probabilmente, ma Will aveva insistito sostenendo che era pur sempre sua madre e per una volta Charlotte aveva ceduto, sapendo quanto lui avesse sofferto il non aver mai conosciuto la sua. 

Appuntandosi mentalmente di uccidere il marito al più presto Charlotte si limitò ad osservare la donna, che sospirò prima di parlare di nuovo, abbassando lo sguardo sul bambino che dormiva placidamente tra le braccia della madre:

“William mi ha detto che l'avete chiamato Sean...” 

“Se ti ha mandato papà, puoi anche tornare a casa e dirgli che non avrà mio figlio, chiaro? Non l'ho chiamato come mio fratello perché il Signor Selwyn possa farne il suo nuovo erede.” 

Con sua somma sorpresa, sua madre non batté ciglio di fronte alle sue parole che traboccavano di sprezzo: si limitò a guardarla di nuovo, con la stessa espressione impassibile di sempre.

“Tuo padre non sa che sono qui, Charlotte. Volevo solo vedere te e mio nipote. Posso?” 


Se avesse agito d’impulso, probabilmente Charlotte le avrebbe detto di andarsene, che fosse stato per lei non avrebbe mai tenuto suo nipote in braccio... ma poi si ricordò di una cosa che la madre le aveva detto qualche anno prima, subito dopo la morte di Sean: era stata una delle uniche volte in cui si era tolta la maschera d’impassibilità, dicendole che se lei aveva perso suo fratello, lei aveva perso suo figlio. 

Sua madre la guardava quasi in attesa e alla fine, anche se nemmeno lei seppe il perché, Charlotte annuì, avvicinandosi per passarle il bambino. 

Un sorriso comparve immediatamente sul volto della donna... spontaneo, per una volta. 
Charlotte non ricordava l'ultima volta in cui l'aveva vista sorridere così e la guardò quasi con aria perplessa mentre accarezzava il viso del nipotino:

“È davvero carino... Sean l'avrebbe adorato.” 

“Lo so.”

Il sussurro della figlia costrinse la donna ad alzare lo sguardo su di lei, osservandola per un istante prima di sorridere debolmente: entrambe avevano sostenuto per anni quanti fossero diverse... ma forse alla fine una cosa in comune l’avevano avuta: mancava ad entrambe.  


                                                                        *

"Lo so, lo so... vuoi la mamma. Vedrai che ora arriva.” 

William sospirò, accarezzando la nuca coperta da lisci capelli castani del figlio che si lamentava sommessamente, accoccolato sulla sua spalla senza volerne sapere di dormire un po’. 

Ma era vero? 
Stava davvero per tornare a casa? 

Non lo sapeva neanche lui, a dire il vero. 

Quella mattina si era svegliato e aveva quasi perso un decennio di vita nel non trovare sua moglie accanto a lui... al suo posto c'era Charlotte aveva lasciato un biglietto, scritto con la sua inconfondibile e pessima calligrafia: 


Scusami, cerca di capire, non posso non andare 


Silenzio, da quella mattina non sapeva altro, non aveva più avuto suo notizie... non aveva idea di dove fosse, sapeva solo che era sempre più vicina a scovare Schmitd da settimane in compagnia di Stephanie. Evidentemente l'aveva finalmente trovato, anche se ci aveva messo qualche anno... e Will sapeva che la determinazione quasi ossessiva di sua moglie per quell'uomo non era dovuta solo al voler vendicare suo fratello, ormai era diventata una questione strettamente personale: finché non l'avrebbe trovato, non avrebbe chiuso davvero quella porta lasciata socchiusa da ormai troppo tempo. 


Era quasi riuscito a calmare finalmente il piccolo Sean quando un rumore quasi lo fece sobbalzare, oltre che far svegliare nuovamente il bambino che stava per prendere sonno in braccio a lui. 

Will però non ci badò, voltandosi verso il centro della stanza buia e sentendo una specie di incudine sollevarglisi dallo stomaco nel vedere Charlotte sfilarsi il mantello.

“Che ci fai ancora sveglio con Sean?”   La donna inarcò un sopracciglio, guardando il duo con sincera sorpresa mentre il marito le sorrideva, avvicinandosi e lanciandole un’occhiata quasi seccata, come se reputasse stupida quella domanda:

“Ti aspettavamo, credo che tu gli sia mancata oggi... e anche a me, maledetta testona incosciente. Perché sei coperta di sangue?” 

“Rilassati, non è mio. Ciao piccolo, vieni qui...” 

Charlotte sorrise teneramente al figlio come Will non la vedeva sorridere a nessun altro, prendendo il bambino di pochi mesi dalle braccia del marito per coccolarlo a sua volta. 
Will la lasciò fare ma poi l’abbracciò, sospirando leggermente di sollievo:

“L'hai trovato? E per favore, non farlo più o la prossima volta ti vengo a cercare personalmente... l'avrei anche fatto oggi stesso, ma dovevo badare al piccoletto.” 

“Si, l'abbiamo trovato. Non preoccuparti, non riaccadrà, te lo prometto.” 


Charlotte gli rivolse un debole sorriso mentre si staccava per andare a mettere a letto Sean e William capì che non voleva sentire troppe domande su quanto era successo quel giorno. In effetti non le chiese mai nei dettagli cosa fosse accaduto, ma da quel giorno sua moglie smise di menzionare il cognome che l'aveva assillata per anni... e per lui fu già un gran sollievo vederla finalmente serena, decise che non gli importava sapere altro. 


                                                                                    *


“Ok, penso che possa bastare... andiamo, la cena sarà pronta ormai.” 

William Cavendish mise sua figlia di nuovo con i piedi per terra, ricevendo però un sorriso allegro dalla bambina, che allungò le braccia verso di lui senza smettere di ridacchiare:

“Ancora!” 

Evidentemente, non era ancora stanca di giocare a cavalluccio. 

“Camille, non è che mi sfrutti, per caso?” 

Will roteò gli occhi e fece per superare la figlia, ma come al solito il suo sguardo implorante lo fece tornare indietro, sbuffando debolmente prima di sollevarla:

“Ok, va bene... ultimo giro. Allora principessa, dove la porto?” 

“In salotto!” 

“E sia... in salotto, allora.” 


Camille rise, allacciando le braccia intorno al collo del padre che sospirò prima di obbedire, iniziando a camminare tenendola sulla schiena: per un momento si chiese come fosse finito a fare da autista alla figlia più piccola, ma poi realizzò che non sarebbe mai voluto tornare indietro.

 “Papy, sei lento!”

“Ehi! Un po’ di rispetto, è il sesto giro che ti faccio fare stasera!” 


                                                                                   *


 “Mamma, che cosa stai facendo?” 

Charlotte abbassò lo sguardo, sorridendo al bambino che era comparso accanto al tavolo, osservando tutti i fogli sparsi sul tavolo con il ciuffo di capelli castani sparato come al solito e il colletto della camicia azzurra piegato male... Charlotte diceva sempre che sembrava suo marito in miniatura, eccetto per gli occhi.

“Cose noiose di lavoro, tesoro. Che cosa c'è?” 

“Ti ho fatto un disegno.”  Sean sfoggiò un gran sorriso, gli occhi verdi scintillanti mentre porgeva alla madre un grande foglio colorato. La donna sorrise prima di mettersi il figlio sulle ginocchia, prendendo il disegno per guardarlo insieme a lui:

“Grazie piccolo... chi sono queste persone?” 

“Questa sei tu mamma... che sconfiggi i cattivi. E questo sono io, che ti aiuto.” 

“Gentile da parte tua, ma forse sei ancora piccolo...” 

“Beh, tra un po’ di tempo lo farò! Papà mi ha detto che anche lo zio lo faceva, quindi lo farò anche io...” 

Sean alzò lo sguardo, rivolgendo un sorriso alla madre che ricambiò, abbracciandolo e dandogli un bacio su una guancia con gli occhi quasi lucidi di commozione. 

“Mamma, mi soffochi!” 

“Scusa... ma sei troppo tenero tesoro. Mi raccomando resta così... non diventare come tuo padre.” 


                                                                        *


Camminava sulla ghiaia praticamente ghiacciata e coperta da un leggero strato di neve senza neanche guardarsi intorno, sapendo perfettamente dove fermarsi.
Aveva accelerato leggermente il passo, preferendo come sempre distaccarsi leggermente da chiunque quando andava lì, anche se con il passare del tempo ci era andata sempre meno fino a farlo solo un paio di volte all’anno. 

Eppure, quel giorno continuava ad essere per lei una sorta di appuntamento annuale.

Quando si fermò davanti ad una lapide bianca Charlotte abbassò finalmente lo sguardo, sorridendo debolmente quasi come se lo avesse davvero davanti:


Sean Edgar Selwyn 
25 Dicembre 1916 – 21 Dicembre 1943

“Ciao, Seannie...” 

 
Restò immobile per qualche istante, osservando le date incise sulla lapide mentre prendeva ancora una volta coscienza di come fosse passato il tempo, e di come nell'arco di quegli anni le cose per lei fossero cambiate. 

“CeCe?” 

Si ridestò leggermente al sentirsi chiamare, voltandosi verso Will che si era fermato a qualche passo di distanza, osservandola con un’espressione leggermente dubbiosa mentre teneva Sean, di sette anni, per mano e Camille di cinque in braccio, che sfoggiava un cappello bianco con il pom-pom quasi più grande di lei e stava borbottando qualcosa a proposito del freddo e della cioccolata calda che il papà le aveva promesso prima di uscire. 

La donna esitò per un attimo, ritrovandosi per la centesima volta a pensare a quanto le ricordassero lei stessa da bambina, con suo fratello... del resto i suoi figli avevano la stessa differenza d'età, e aveva scelto di chiamare il suo primogenito come suo fratello. 

L'unica differenza era che non sarebbe stata come sua madre, ne era certa. Così come era certa che Will non sarebbe stato come suo padre.

“Va tutto bene?” 

"Sì.” 

Charlotte annuì alla domanda del marito, sorridendo leggermente e alzando lo sguardo sul cielo interamente coperto da nuvole grigie prima di parlare con un filo di voce. 

Il suo sussurro s’infranse nell’aria gelida dell’Inverno che era appena cominciato, ma CeCe sperò che anche qualcun altro potesse sentirlo:

“Adesso sì.” 

Si lasciò scivolare dalle dita i fiori che teneva in mano, che caddero sulla tomba bianca come i loro petali e la neve che era caduta durante la notte precedente.
Charlotte sorrise mentre si voltava di nuovo verso la sua famiglia, avvicinandosi per prendere Sean per mano e Will sottobraccio prima di avviarsi insieme a loro verso l'uscita del cimitero deserto. 

Mughetto bianco: felicità ritrovata


                                                                                   








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Angolo Autrice:

Salve di nuovo! Avrei voluto pubblicare ieri ma non ho proprio avuto il tempo di finirla, quindi eccomi qui. 

Ho cominciato con due tra i nostri prof, ma nella prossima molto probabilmente ci sarà uno o due ex studenti... mi piacerebbe pubblicare quella per i Jante come seconda, ma sfortunatamente anche se è già finita e pronta è nel PC che al momento è inutilizzabile... la mia sfiga ha un meraviglioso tempismo, non c'è che dire -.- 

Va beh, vorrà dire che per i Jante dovrete aspettare XD 
Ci sentiamo presto con la seconda, spero! 


Signorina Granger 

   
 
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