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Autore: Arpiria    17/01/2017    1 recensioni
Sottili spifferi di gelido vento del Nord rompevano le barriere della finestra e andavano a rannicchiarsi sotto la pelle di Bella sotto forma di violenti brividi che di tanto in tanto la scuotevano, ma senza infastidirla più di tanto: le ricordavano che c'era un mondo, là fuori, e che presto lei ne sarebbe stata di nuovo parte.
Posò gli occhi castani sul marchio che portava con orgoglio sulla parte interna del braccio appena sopra il polso, nella parte più importante e preziosa di lei. Lentamente vi pose la lingua e ne definì i contorni, prima di passarla sopra esso nella sua interezza.
- Mio Signore...mio Signore...-
{Voldemort/Bellatrix}
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Ruggine


 

Quella dannata prigione era piena di suoni. 
Il fragore delle onde che si infrangevano contro le sue pareti rimbombava forte come un lamento attraverso le celle, e a causa dell'umidità c'era questo ossessivo gocciolio proveniente dagli anfratti carichi di muffa che la faceva diventar matta, ancora più della lugubre presenza dei Dissennatori. Custodi silenziosi, infestavano i maleodoranti corridoi e risvegliavano il panico degli sciocchi che speravano ancora in una qualche via di fuga. Lei non faceva parte di quel branco di illusi, però.
Tentare di scappare? E per cosa? Per farsi torturare da quelle sagome non-morte? L'avrebbero mandata fuori di senno, e privata dei suoi ricordi più felici. Dubitava che sarebbe riusciti ad estirpare da lei la fedeltà verso il suo Signore, ma non voleva correre il rischio di dimenticare il suo volto.
Accucciata sulla branda malmessa, attraverso la quale le sagome contorte delle molle ricordavano un cupo cimitero di ossa, attendeva fiduciosa il giorno in cui Lui sarebbe tornato, e l'avrebbe liberata. Non solo dalla prigione fisica, a quella si era abituata, ma dalle sbarre che l'urgenza di tornare a servire il suo Signore aveva innalzato attorno ai suoi fragili nervi, rendendola incapace di maturare qualunque altro pensiero all'infuori di questo.
Con la coda dell'occhio intuì il vago passaggio di un dissennatore a pochi passi dalla sua cella, e un roco lamento a braccetto coi brividi di cui il suo corpo fu cosparso le confermarono che aveva ragione. 
"Che facciano ciò che vogliono. I miei ricordi sono troppo felici perché loro riescano a portarmeli via."
Questo pensò mentre lasciava scivolare le gambe distese sulla branda e, la nuca avvolta da folti ricci scuri dolorsamente premuta contro il muro scrostato, chiuse gli occhi gonfi e stanchi e sorrise.
Dentro di sé sentiva che egli era sempre più vicino, e la gioiosa consapevolezza che si sarebbe ricordato di lei le riempiva gli occhi di lacrime e il cuore d'orgoglio.
Era innamorata, Bellatrix. Il suo unico desiderio era quello di rimanere accanto al suo Signore, servirlo ed essere sua anima e corpo, come piaceva a lui. Il Signore Oscuro sapeva che lei era la sua più fedele schiava, che sarebbe stata sempre al suo fianco per l'eternità. Certo lei avrebbe avuto una data di scadenza, a differenza del suo Signore, ma questo non era importante: in nessuna generazione il Signore Oscuro avrebbe avuto una serva più fedele di lei, questo era poco ma sicuro.
Sottili spifferi di gelido vento del Nord rompevano le barriere della finestra e andavano a rannicchiarsi sotto la pelle di Bella sotto forma di violenti brividi che di tanto in tanto la scuotevano, ma senza infastidirla più di tanto: le ricordavano che c'era un mondo, là fuori, e che presto lei ne sarebbe stata di nuovo parte.
Posò gli occhi castani sul marchio che portava con orgoglio sulla parte interna del braccio appena sopra il polso, nella parte più importante e preziosa di lei. Lentamente vi pose la lingua e ne definì i contorni, prima di passarla sopra esso nella sua interezza.
- Mio Signore...mio Signore...-
Velò gli occhi con le palpebre pesanti, il pensiero che correva al volto del suo signore e la mano, quasi d'istinto, tra le sue cosce. Non le interessava affatto che ci fosse suo marito da qualche parte, confinato in un buco poco distante da quello in cui avevano sepolto lei nella speranza che non ne uscisse viva: il pensiero di Rodolphus la faceva sentire, se possibile, ancora più attaccata al suo Signore. Un sudicio legame matrimoniale no significava niente, per lei. Un rapido scambio di assensi al cospetto dei suoi genitori, Cygnus e Druella, e di quelli di lui. Era stata la classica unione tra maghi purosangue che avrebbe dovuto portare al progredire della stirpe, ma Bella era certa che nessun Lestrange avrebbe mai albergato nel suo grembo. Se anche fosse capitato, il suo Signore l'avrebbe distrutto possedendola come piaceva a lui, senza pietà, con l'intensità di una maledizione Cruciatus che dall'inguine le infiammava ventre e cuore e la faceva gemere, soffrire, implorare di poterne avere ancora un po'.
E lui l'avrebbe accontata. Non subito, forse, perché gli sarebbe piaciuto vederla soffrire. Ma poi l'avrebbe accontentata.
Bella gemette, nell'umidità oscura della sua cella. Con la falange martoriava la sua stessa intimità fradicia, bollente d'un desiderio tale che le sole parole non sarebbero state sufficienti ad esprimerlo. Desiderava il suo Signore più di qualunque cosa al mondo, e dimenticata da tutti lei ansimava all'ombra degli anfratti polverosi di Azkaban, perché Egli non era tutti, non aveva proprio niente a che vedere con loro altri.
Infilò la mano gelida al di sotto della brutta casacca a righe che indossava al solo scopo di non morire assiderata, e si strinse forte un seno tra le dita. Lo stritolò fino a farsi male, cacciò i denti nel labbro inferiore fino a sentire il sapore ferroso del sangue scorrerle tra i denti e poi giù lungo la gola, perché piacere e dolore camminavano a braccetto, per lei. Non poteva esserci uno senza l'altro,Bellatrix lo sapeva bene, e sapeva anche che ad un'immensa passione non poteva corrispondere altro che un dolore massacrante al punto tale da trovarsi in bilico tra la sopportazione e la follia. 
L'eccitazione le scivolava lungo le cosce, simile alle lacrime d'umidità e salsedine che scorrevano lente lungo la parete rugginosa della cella. Si contraeva, Bella, e la mancanza del suo Signore dentro di sé la frustrava e alimentava a dismisura la sua follia, la sua sete di attenzioni da parte di lui.
Non sarebbe stato gentile con lei, questo mai, e per ricordarselo non mancava di morsicarsi e stritolare forte lembi di carne sotto le unghie sporche e consumate. Un approccio diverso non sarebbe stato da Lui, non sarebbe stato dal suo Signore, e Bella non desiderava altre dita intente a graffiarle le pelle se non quelle del padrone cui aveva giurato fedeltà. 
Si accasciò con un ansito contro il muro freddo, senza badare all'orrenda casacca che inevitabilmente andava inzuppandosi all'altezza delle scapole. La mano ricadde molle sul grembo bollente, e nonostante fosse rinchiusa a marcire in una cella di Azkaban Bellatrix sorrise. Non esisteva luogo migliore, in fondo, dove attendere il ritorno del Signore Oscuro.

{...}

La testa le faceva male, tanto che aprire gli occhi fu per lei uno sforzo non indifferente. I contorni delle cose facevano fatica a definirsi, nonostante sbattesse le palpebre quasi istericamente per capire dove si trovasse. C'era un materasso sotto di lei, e lenzuola disfatte completamente attorcigliate attorno alle sue gambe, simili alle spire di un gigantesco serpente dai colori freddi.
Bellatrix Lestrange si puntellò sul gomito per darsi la spinta necessaria a tirarsi seduta. La camera degli ospiti della villa di sua sorella vorticava al punto tale che fu scossa da un conato. Malessere che perse completamente di significato non appena Bella percepì la presenza del suo Signore, in piedi davanti alla finestra. Era avvolto dal suo lungo manto d'oscurità, e con gli occhi sottili indagava la nebbia di cui Villa Malfoy amava circondarsi, vanesia e altezzosa come una vecchia dama rintanata nelsuo collo di pelliccia di visone.
- Mio Signore...-
Bella si inginocchiò dritta sul materasso, senza sentire il bisogno di coprire le sue nudità con il lenzuolo. Portava ben altri marchi sul corpo, oltre a quello Nero, ed erano stati tutti impressi sulla sua carne dal Signore Oscuro: non aveva motivo di nasconderli, ne andava fiera. I suoi occhi si gonfiarono di lacrime di commozione al ricordo di essere stata sua ancora una volta, a dimostrazione che quello che il suo Signore desiderava da lei non era affatto un erede: rafforzare la presa su di lei, farle capire a chi appartenesse, questo lui voleva. Bella sapeva benissimo che egli non aveva alcun bisogno di rafforzare una presa già soffocante, e nemmeno di imprimerle in testa qualcosa che lei non aveva mai messo in dubbio, ma le faceva piacere che glielo ricordasse. 
- Cominciavo a temere che non ti saresti mai svegliata.-
Bellatrix si sentì avvampare: aveva tediato il suo Signore col suo lungo ed esausto sonno? Che sciocca, si era comportata in modo davvero imperdonabile. Però, egli temeva? Temeva davvero che non si sarebbe più svegliata...? Era...preoccupato? Spinto dal suo folle e inesauribile amore, il cuore di Bella non potè fare altro che gonfiarsi di una timida gioia.
- Il mio Signore vorrà perdonarmi, sono davvero mortifica-
- Silenzio.-
Bellatrix serrò le labbra. Aveva la nausea: la gravidanza che tanto aveva desiderato le provocava non pochi giramenti di testa, ma non osava muovere un muscolo. La presenza del Signore Oscuro la rendeva felice tanto quanto era in grado di pietrificarla.
- Desidero che tu rafforzi le difese della camera blindata, Bella. E desidero che tu lo faccia subito.-
- Mio Signore...! Certo, vado immediatamente...! Non potevate affidarmi incarico più gradito, se non forse uccidere il moccioso Potter!-
Ma ella sapeva che era compito del Signore Oscure, e lui non sentì il bisogno di ricordarglielo. Sembrava assorto nei suoi pensieri, e Bellatrix non sapeva se rallegrarsi da questa momentanea mancanza d'ira o sentirsi angosciata. Le aveva chiesto di rafforzare ulteriormente difese già elevatissime: per quale ragione? Era impossibile che quel branco di ragazzini penetrasse nella sua camera blindata e rubasse il tesoro che il suo Signore, per una qualche ragione, le aveva chiesto di custodire. Bella avvertì il cuore farsi pesante, ma non osò fare domande. Raccolse goffamente i vestiti abbandonati sul pavimento, senza dimenticare l'ampio scialle nero in grado di oscurare il ventre che continuava a crescere e lasciando da parte il severo corsetto di pelle nera.
- Mio Signore...?-
Bellatrix si avvicinò alla figura alta e sottile del mago più potente del mondo, e col la punta delle dita fece per sfiorargli la spalla. Lord Voldemort si ritrasse bruscamente, e per la prima volta da quando si era svegliata la degnò di uno sguardo: non c'era la minima traccia d'emozione, solo la più gelida e insensibile impazienza. 
- Quale sillaba della parola "subito" non ti è chiara, Bella?-
La donna sussultò, e dopo aver rivolto al suo Signore un profondo inchino girò i tacchi e corse fuori dalla stanza. Si era sbagliata: il Signore Oscuro era arrabbiato. Il ragazzo Potter non poteva avere idea di che cosa si trovasse dentro la sua camera blindata, dopotutto non ne sapeva nulla neanche lei, ma se la quasi inesistente possibilità che la sua camera blindata venisse rapinata preoccupava il suo Padrone, questo voleva dire che il tesoro che le aveva affidato era anche più importante di quello che pensava.
Il cuore di Bellatrix si gonfiò ancora una volta d'orgoglio al pensiero che il suo Signore si fidasse di lei fino a questo punto. Adesso aveva davvero tutto quello che poteva desiderare: la vittoria dell'Oscuro Signore era così vicina che le sembrava di poterla toccare con mano, aveva la sua piena fiducia e il suo erede cresceva al sicuro nel suo ventre, pronto a servirlo fin dalla nascita.
Avrebbe adempito ancora una volta al suo dovere, Bella, e avrebbe atteso trepidante il giorno in cui egli avrebbe finalmente avuto il mondo intero nel palmo della sua mano.
Fino alla morte avrebbe atteso il suo Signore, Bellatrix, e poi avrebbe cessato di farlo.
La fetida morte era proprio l'unico posto in cui non avrebbe mai voluto essere raggiunta.
  
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