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Autore: 9Pepe4    20/01/2017    5 recensioni
«Leia» le disse Han, e lui stesso si stupì del tono supplice che gli uscì dalle labbra, «che cosa gli sta succedendo?»
Leia assunse un’aria difensiva. «Non gli sta succedendo niente. È un bambino. È normale che abbia degli incubi».
«Così brutti da farlo reagire in quel modo?»
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Kylo Ren, Principessa Leia Organa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuori posto

Poco dopo cena, Leia si era chiusa nel proprio studio.
Il giorno successivo, infatti, avrebbe partecipato al primo di una serie di incontri coi rappresentanti di un pianeta interessato ad unirsi alla Nuova Repubblica, e voleva ripassare a fondo tutte le informazioni che avrebbero potuto tornarle utili.
Da parte sua, Han si era occupato di mettere a letto Ben e riordinare la cucina. Aveva quasi finito, quando trovò un modellino di astronave nella cesta del pane.
Non se ne stupì più di tanto, a dire il vero. Non era raro trovare i giocattoli di Ben in giro per casa – talvolta, Han aveva l’impressione che il bambino facesse apposta a nasconderli qua e là, anche se il motivo gli rimaneva oscuro.
Così, dopo aver deciso che la cucina era stata riordinata a sufficienza, spense le luci e si diresse verso la cameretta del figlio.
Qualche settimana prima, avevano attaccato al soffitto alcune stelle fosforescenti. Era stato un lavoro inaspettatamente impegnativo, soprattutto perché Leia aveva voluto ricreare alcune costellazioni di Alderaan, ma Han sentiva che ne era valsa la pena.
Ben sembrava più tranquillo a non dover dormire nel buio pesto… E in aggiunta, quella notte, il bagliore delle stelle gli permise di vedere dove metteva i piedi mentre andava a posare l’astronave sulla mensola dei modellini.
Prima di tornare in corridoio, si soffermò un momento a guardare suo figlio. Ben dormiva abbracciato ad un Ewok di peluche, e le stelle donavano uno strano bagliore al suo visetto infantile, creando un curioso contrasto coi suoi ricci scuri.
Han fece per dirigersi verso la porta, quando Ben si mosse sotto le coperte con un debole gemito. Aveva increspato la fronte, e stava spingendo il pupazzo verso il bordo del letto.
In un istante, Han gli tornò accanto e si chinò su di lui, cercando di valutare la situazione. Ben contrasse il viso come se volesse piangere, i respiri sempre più rapidi, e Han decise che era una prova sufficiente del fatto che stava avendo un incubo.
Con cautela, gli posò una mano sulla spalla, chiamando: «Ben? Ehi, Ben…»
Il bambino non si svegliò, ma ruppe in un vero e proprio singhiozzo.
Han, allora, gli diede una scrollata, e gli occhi di Ben si spalancarono di colpo. Per un istante, il bambino rimase immobile, e Han iniziò a rivolgergli un sorriso incoraggiante… Poi Ben si ritrasse con un guaito disperato, assestandogli una manata sul mento.
«Vai via!» gridò. «Vai via!»
Preso completamente in contropiede, Han impiegò qualche istante prima di reagire. «Ben» disse poi, protendendosi verso il figlio, «va tutto bene, era solo…»
«No! No!»
Con qualche difficoltà, e scalciando abbastanza da far cadere il suo Ewok di peluche sul pavimento, il bambino si mise seduto.
«Era solo un brutto sogno» ritentò Han, «sei al sicuro».
Era evidente, però, che Ben non lo stava ascoltando. Aveva nascosto il viso contro il braccio sinistro, e stava agitando il destro in direzione di Han per allontanarlo.
«Vai via! Non mi guardare!»
L’uomo sbatté le palpebre, mentre il bambino cominciava a respirare sempre più rapidamente. Han era sul punto di riprovare ad avvicinarlo, quando la luce si accese, e Leia entrò nella stanza.
Indossava una veste azzurro chiaro, e teneva i capelli raccolti in una pratica treccia scura. I suoi occhi balenarono su suo marito e poi sul loro figlio in crisi.
«Credo abbia avuto un incubo» le disse Han, disperato, sentendosi terribilmente impotente. «Non riesco a calmarlo».
Leia lo spinse da parte e si allungò verso Ben, che si era coperto la faccia con le mani ed aveva iniziato a tremare incontrollabilmente.
Per un istante, la donna parve indugiare, poi posò le proprie mani su quelle più piccole del bambino. «Ben, va tutto bene».
«Non è vero» la contraddisse Ben, con voce soffocata. «Non mi guardare».
«Sì che è vero. E se non mi credi, senti le guance sotto le tue mani. È tutto normale. Non è successo niente».
Il bambino non si mosse, ma ad Han parve che le sue spalle si rilassassero appena.
«Fammi vedere» disse Leia, quasi con dolcezza, prendendo i polsi del figlio e tirandogli via le mani dal viso.
Ben strizzò gli occhi. Era paonazzo, e le sue guance erano bagnate di lacrime. La crisi, però, sembrava essere finita, e Han si sentì invadere dal sollievo.
«È tutto… normale…?» domandò Ben, timoroso.
Leia si sedette sul letto ed annuì, accarezzandogli il viso. «Posso portarti uno specchio, se non sei convinto».
«Non voglio uno specchio» disse Ben, e tirò su col naso. «Voglio un bicchier d’acqua».
Leia sorrise appena. «D’accordo. Te lo vado a prendere».
«E io le darò una mano» aggiunse Han.
Sua moglie si girò a guardarlo ma non disse nulla. Doveva aver capito che lui voleva parlarle.
«Certo» rettificò Han, rivolto a loro figlio, «se ti va bene rimanere da solo…»
Ben annuì senza guardarlo, impegnato a tirarsi le coperte sulle gambe. Sembrava calmo e assorto, come se avesse già dimenticato tanto la crisi quanto l’incubo che l’aveva scatenata.
Han trovava che quella tranquillità improvvisa fosse un po’ surreale, ma si limitò ad arruffargli i capelli e a dirigersi in cucina con Leia.
Per quanto avesse davvero bisogno di parlarle, non esordì subito. Prese un bicchiere e lo posò sul tavolo, ed attese che Leia si avvicinasse per riempirlo.
«Allora?» domandò la donna, appoggiando la caraffa davanti a sé.
Erano l’uno di fronte all’altra, col tavolo tra di loro. Come sempre, la postura di Leia e il suo modo di tenere alto il mento compensavano pienamente per la sua statura minuta.
Han indugiò. «Allora…»
«Che c’è?» incalzò sua moglie. «Non credo tu mi abbia seguito per aiutarmi a prendere un bicchiere d’acqua. Spero tu sappia che posso farlo benissimo da sola».
Han abbozzò un sorriso. «Lo so, lo so».
«Quindi che c’è?»
«Io, uhm. Volevo chiederti se hai visto qualcosa».
Sua moglie inclinò la testa di lato. «Qualcosa?»
«Dell’incubo di Ben. Sai, con…» – Han fece un gesto vago a mezz’aria – «con la Forza».
Era ancora difficile, per lui, parlarne seriamente, dopo una vita intera trascorsa a considerarla un’infondata superstizione.
Leia abbassò lo sguardo sul bicchiere. «Non molto, in realtà. Ho sentito il suo panico, e che non voleva farsi guardare in faccia».
«Ah» disse Han, senza sapere cosa aggiungere.
Probabilmente, sua moglie pensò che la conversazione fosse finita, perché prese il bicchiere e si diresse verso la porta della cucina. Han si mosse rapidamente per intercettarla, afferrandole un gomito, e lei lo guardò inarcando un sopracciglio.
«Leia» le disse Han, e lui stesso si stupì del tono supplice che gli uscì dalle labbra, «che cosa gli sta succedendo?»
Non si trattava solo degli incubi.
Loro figlio aveva sbalzi d’umore continui, e talvolta sembrava sapere cose di cui nessuno gli aveva mai parlato.
Due giorni prima, erano dovuti rientrare in anticipo dal centro commerciale perché Ben si era messo a gridare che c’era troppa confusione, che la gente pensava troppo forte, che dovevano stare tutti zitti.
Leia assunse un’aria difensiva. «Non gli sta succedendo niente. È un bambino. È normale che abbia degli incubi».
«Così brutti da farlo reagire in quel modo?»
Lei strappò il gomito dalla sua presa. «Ha una vivida immaginazione».
«Una vivida…» Han sentì l’impulso di alzare la voce, di chiederle se lo credeva un idiota, ma si trattenne. Non voleva litigare, non adesso.
Invece, gentilmente ma con fermezza, le sfilò il bicchiere di mano.
«Stanotte dormo in camera di Ben, così lui può stare con te».
Leia lo fissò. «Han…»
«Forse dovresti fare un salto nel tuo studio, mentre io gli porto l’acqua. Immagino avrai molte cose da sistemare».
Lei non rispose subito. Lo scrutò per qualche istante, poi sospirò. «Certo. In effetti ho lasciato tutti i documenti in disordine».
«Ecco». Han le rivolse un sorriso forzato, uscendo in corridoio.
Camminò lentamente, attento a non rovesciare l’acqua, e quando arrivò nella cameretta del figlio diede un gentile colpo di tosse.
Ben, seduto sul letto, si girò a guardarlo e tese subito le mani per ricevere il bicchiere.
«Eccolo qui» disse Han.
Il bambino bevve tutta l’acqua in poche, avide sorsate, quindi restituì il bicchiere vuoto a suo padre, che lo appoggiò sul pavimento.
«La mamma?» volle sapere Ben.
Han si sedette sul bordo del letto. «Adesso arriva. Aveva da riordinare qualcosa nel suo studio».
Il bambino si asciugò la bocca col dorso della mano.
«Le ho detto che dormo io qui, stanotte» aggiunse Han. «Così tu puoi dormire con lei».
Ben lo scrutò, inclinando la testa. «Vai via?»
Han sbatté le palpebre, e aprì la bocca per negare… Ma c’era una parte della sua testa che aveva preso in considerazione la cosa, e non poteva dire di non volerlo fare. Solo per qualche giorno, per sbollire del tutto la frustrazione e riordinare i propri pensieri.
«Mi dispiace, piccolo. Ho avuto un contrattempo».
Ben lo guardò molto seriamente. «Tu e la mamma avete litigato?»
«Cosa?» esclamò Han. «No! Certo che no. È solo per un lavoro che devo fare».
Nell’istante in cui lo disse, si odiò. Non voleva mentire al bambino. D’altra parte, sembrava meglio mentirgli che dirgli che ce l’aveva un po’ con Leia, che aveva l’impressione che ci fosse qualcosa che lei non gli diceva.
E poi non doveva essere per forza una bugia. Avrebbe contattato Chewbacca, e un lavoro da fare l’avrebbero trovato senz’altro.
Si spostò sul materasso. «Prima di partire passo a salutarti, e quando arrivo ti chiamo, va bene? E al ritorno ti porto un ricordino».
«Va bene» disse Ben, ma non sembrava molto convinto.
Han, allora, lo attirò a sé, e Ben gli circondò il torace quanto poteva con le sue braccia di bambino. In silenzio, Han gli accarezzò la schiena, e chiuse gli occhi per un istante.
«Ben» mormorò poi, riaprendoli, «ricordi cos’hai sognato?»
Il bambino annuì contro il suo petto.
Han lo staccò da sé con delicatezza, e Ben alzò gli occhi scuri su di lui.
«Hai voglia di… te la senti di parlarmene?»
Il bambino indugiò, poi si portò una mano a tirarsi la guancia destra. «Mi strappava la faccia».
Han lo fissò, diviso tra lo shock e l’orrore. Gli strappava la faccia?
Quant’era stata realistica la cosa, esattamente? C’era stato del sangue, nel sogno di Ben? Del dolore?
D’altra parte, questo spiegava la reazione del bambino al risveglio, come mai era parso tanto terrorizzato alla prospettiva di farsi vedere in viso…
La manina di Ben si infilò nella sua, riscuotendolo da quei pensieri.
«Adesso non sono più preoccupato» disse il bambino, guardandolo con aria onesta. «Se succede, posso sempre trovare una faccia nuova».
«Una faccia nuova?» ripeté Han, aggrottando la fronte.
«Sì, tipo una maschera».
Turbato, l’uomo fece per replicare, ma in quel momento Leia entrò nella stanza. Gli aveva portato il pigiama, notò Han.
«Mamma» la accolse Ben, spostando l’attenzione su di lei ed illuminandosi. «Il papà ha detto che posso venire a dormire con te».
Leia si avvicinò. «È così» confermò. «Ti piace l’idea?»
Mentre il bambino faceva segno di sì, Han raccolse da terra l’Ewok di peluche e glielo porse. «Forse dovrai portare questo».
«Non mi serve» dichiarò Ben. «Puoi tenerlo tu».
Nonostante tutto, Han si ritrovò a sorridere. «Molto generoso, grazie».
Ben scivolò giù dal letto e si girò verso di lui. «Domani parti prima o dopo della mamma?»
«Penso dopo» rispose Han, cercando di non guardare in direzione di Leia. «Tua mamma è molto più mattiniera di me».
Una fossetta comparve sulla guancia di Ben. «La mamma si sveglia prima di tutti».
«Già» concordò l’uomo. Accettò il proprio pigiama da Leia, ma evitò di incrociare i suoi occhi.
Da parte sua, Ben fece un paio di passi, fissandosi i piedi nudi e mormorando: «Solo chi non dorme mai si sveglia prima della mamma».
«Buon viaggio» augurò Leia, con voce neutra.
«Ti ringrazio» replicò Han nello stesso tono, prima di strizzare l’occhio a Ben.
Mentre il bambino incespicava nella fretta di seguire Leia ed afferrarle la mano, così minuto nel suo pigiama azzurro, Han avvertì un certo malessere.
Stava sbagliando tutto. Non avrebbe dovuto evitare l’argomento. Avrebbe dovuto spiegare a Leia che non erano solo gli incubi a preoccuparlo.
Ma non sapeva se sarebbero riusciti a discuterne senza perdere le staffe, e forse… forse, una parte di lui temeva la risposta più ovvia. Temeva che Leia gli dicesse che i comportamenti anomali di Ben erano semplicemente dovuti alla Forza.
A quel punto, cosa avrebbe potuto fare?
Quella era una parte di suo figlio che lui non poteva raggiungere né comprendere, e questo lo faceva sentire… impotente. A disagio.
Cercando di accattonare quei pensieri, iniziò a prepararsi per la notte.
Non dormì molto, e il mattino successivo si svegliò che Leia non se n’era ancora andata. Poteva sentirla muoversi nel suo studio, radunare le proprie cose e dare istruzioni a C-3PO riguardo ai pasti e gli orari di Ben.
In silenzio, si portò una mano alla fronte. Ma certo… Questa era una cosa che non aveva considerato. Siccome anche Leia, nei prossimi giorni, non sarebbe stata molto a casa, a loro figlio sarebbe rimasta solo la compagnia del droide protocollare.
Forse era meglio rimandare la propria partenza.
Poi, però, ricordò il respiro di Ben che aumentava vertiginosamente, i suoi tremiti incontrollabili. Leia era riuscita a calmarlo con poche parole, mentre lui… Si era sentito paralizzato, non aveva saputo cosa fare.
Si alzò dal letto, iniziando a rivestirsi in silenzio. Quando sentì Leia uscire di casa, prese l’Ewok di peluche di Ben e si diresse nella stanza matrimoniale.
Il bambino dormiva ancora, raggomitolato sotto le coperte, i capelli neri tutti lisciati da una parte a furia di carezze.
Han esitò a lungo, ma alla fine non lo svegliò, limitandosi a mettergli vicino il suo pupazzo per fargli sapere che era passato.
Quando se ne andò, l’inadeguatezza che provava parve stringersi attorno alla sua gola, minacciando di soffocarlo. Non si era mai sentito un tale codardo.















Note:
E fu così che Han scrisse un best-seller intitolato “I problemi di crescere un bambino sensibile alla Forza”.
Battute penose a parte, credevo che questa OS sarebbe stata pronta entro la fine dell’anno scorso, ma dopo la scomparsa di Carrie mi ci è voluto un po’ prima di riuscire a riprendere in mano le storie che contemplavano Leia.
Anche dopo averla conclusa, poi, avevo mille dubbi, quindi grazie mille a Benni per essere stata disposta a leggerla in anteprima ♥ Senza il tuo via libera non l’avrei mai e poi mai pubblicata.
Per finire, prometto che prima o poi scriverò qualcosa di non-triste su questa famiglia… Intanto, chiunque sia riuscito a leggere tutto merita dolci e biscotti e probabilmente qualche abbraccio. Grazie, e alla prossima!
  
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