僕は孤独さ – No Signal
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Parte prima: il caso Embalmer
Capitolo tre.
Alle
sette e venti, nonostante il permesso di Sasaki di
riposare tutta la mattinata, Urie aveva lasciato lo chateau alla volta della sede
centrale del ccg, nella prima circoscrizione. L’aveva
fatto senza nemmeno provare a svegliare la sua partner, convinto di potersela
sbrigare da solo dall’anatomopatologo.
Fu un
errore da novellino, perché a quanto sembrava doveva aver controllato male la
tabella dei turni. Infatti, alla postazione nella sala autopsie, non aveva
trovato Kurito. No. Ci aveva trovato il flagello del laboratorio medico del ccg, Ivak Aizawa.
I
capelli di un biondo pagliericcio,
sciatto, incorniciavano perfettamente pettinati un volto dai tratti
particolari. Gli occhi verdi erano ben piantati dentro al corpo che stava
esaminando,visibili nonostante la mascherina e gli occhiali protettivi
trasparenti.
Urie
era convinto che non stesse bene di cervello.
Lo
spiò per diversi minuti da dietro il vetro che separava l’ufficio dalla sala
autopsie, chiedendosi perché stesse già operando a quell’ora, prima di scuotere
il capo, entrando risoluto. «Hai ricevuto la mia email?»
gli domandò secco, mettendosi di fronte a lui mantenendo però una distanza di
sicurezza per evitare qualsiasi schizzo. Lo fece col solito tono sfrontato,
risparmiandosi i convenevoli.
Anche l’altro non sembrava troppo in vena
di giri di parole. Sollevò appena lo sguardo su di lui, tenendo sempre le mani
in quello che poteva essere il busto di un ghoul
maschio come di un uomo di mezza età. Era difficile dirlo, in quel momento
«Quella in cui chiedevi con la solita eloquenza un riesame su sei -anzi sette-
casi?»
Urie lo guardò male «Non credo di averti
mandato molte altre email negli ultimi giorni.
Facciamo presto, niente giochetti oggi. Ho un mucchio di cose da fare.»
Non doveva dirlo.
«Oh, sei di fretta? Ma che peccato.»
Nonostante la mascherina, Urie poteva benissimo immaginare il sorrisetto che
gli si era dipinto sulle labbra dell’anatomopatologo. Si era fregato da solo,
aveva dato un pretesto all’altro per diventare molesto «Anche io sono stato
molto occupato, sai? Avevo di meglio da fare che scartabellare su vecchie
autopsie e fascicoli corrosi. O litigare con l’ambasciata spagnola.» con una
mano andò ad afferrare un seghetto, procedendo alla rimozione del cuore, mentre
portava avanti il discorso con tono leggero, quasi mellifluo «Poi, come puoi
vedere da te, il mio amico Shinra ha catalizzato
tutta la mia attenzione» puntò nuovamente le iridi smeraldine in quelle scure
dell’investigatore, facendo un cenno al corpo sul tavolo «Quindi credo proprio
che ora finirò con lui prima di – spoiler
alert-
dirti cosa ho trovato. Perché qualcosa l’ho trovato. Puoi accomodarti su
quello sgabello, ho praticamente appena rimosso lo sterno e devo anche aprirgli
il cranio.»
«Aizawa,
ascoltami-»
«Si tratta di un caso della squadra Hirako.» lo informò sottile Ivak,
senza dar segno di volergli dare la minima attenzione «Mi piacciono, loro. Tra
l’altro, Takeomi mi ha portato il caffè questa
mattina, sai? Che gentile. Non come te.»
Quello era un colpo basso anche per Aizawa. Urie lo guardò come avrebbe guardato una pulce da
schiacciare, prima di avanzare un passo verso il tavolo.
«Puoi dirmi a che ora stacchi il turno
oggi?» domandò con tono sottile, irritato «Così posso venire ad incontrare un
dottore serio, che sa fare il suo lavoro.» Poteva dire molte cose di lui, ma lì
dentro, Ivak era forse il migliore. Aveva occhio e
notevoli conoscenze mediche, unite a una buona cultura legale. Aveva sempre la
risposta pronta ed era irritante, ma era anche quello meno inquadrato. Sapeva
collaborare bene alle indagini. Nonostante questo, Urie ricordava ancora bene
lo strazio del giorno precedente e parlare di Takeomi
non era stata la mossa migliore. Preferiva ripassare dopo l’incontro con Mina.
«La mia situazione è già di per sé delicata. Non mi va di aggiungerci anche le
stronzate di uno scienziato pazzo.»
«Staccare?» Aizawa
lo guardò sentitamente confuso «Che vuol dire? Quando non c’è un cadavere
sopra, questo tavolo di metallo è praticamente il mio letto.»
Non se la sarebbe cavata.
Quasi per inerzia, Urie andò a sedersi
sullo sgabello prima indicato, prendendo le cuffie dalla tasca del trench. Non
riuscì però ad infilarle, perché l’altro parlò nuovamente.
«Posso sapere cosa hai fatto a Sasaki per farti dare un caso così del cazzo?» chiese,
senza nemmeno provare a mascherare una
punta di sano divertimento. Era risaputo che Urie era bravo, non a caso Matsuri gli aveva messo gli occhi sopra da tempo. Era una
piccola, giovane promessa, cosa poteva mai aver combinato per avere un caso
senza sbocchi? «Perché sai, mi sono preoccupato. Se è diventato vendicativo io
sono fottuto, con tutte le cioccolate calde che gli ho fatto bere.»
Il bello dei patologi era che sapevano
sempre tutto. Il loro laboratorio collegava un po’ tutti gli altri, perché
non era loro compito lavorare solo alle
indagini, ma anche estrarre i kakuhko per creare le quique.
Prima o poi, quindi, ogni investigatore passava di lì. In più erano in ottimi
rapporti con il laboratorio analisi, collocato nel piano superiore a quello
interrato in cui si trovavano. Ancor più materiale.
Aizawa
sapeva che Sasaki era un ghoul
e sicuramente sapeva molto di più. Nonostante ciò, gli offriva sempre una
cioccolata in tazza ogni volta che lo vedeva e Haise
era troppo buono per declinare. Passava quindi la notte piegato sul water a
vomitare, per la gioia dei coinquilini.
«Io non ho fatto niente. Ha solo preso la
palla al balzo con l’arrivo del nuovo membro dei Quinx
e ha scaricato a noi due la patata bollente che nemmeno il classe speciale Ui ha voluto.»
«Un nuovo volto nello spettacolo dei
fenomeni da baraccone del ccg. Senza offesa, siete
tanti piccoli prodigi della medicina.» con un fegato in mano e l’aria poco
professionale, Aizawa si voltò a guardarlo «Mi pare
sia Masa, no?» Ripose l’organo in un piccolo
contenitore di acciaio, prima di riprendere il discorso «Un rinkakou
davvero vistoso. L’ho estratto io dal ghoul che ha
deciso di prestarcelo senza consenso. Mi mangio ancora le mani per non aver
assistito al trapianto affiancando Shiba, ma
purtroppo le persone non smettono mai di morire. Come ti trovi con lei? Ora
sono curioso. Ho sentito che siete partner.»
Ovviamente sapeva già tutto, Urie si diede
dello stupido per non essersi preparato un discorso prima. Poi diede dello
stupido ad Aizawa per tutte quelle domande retoriche
delle quali, almeno in buona parte, conosceva già le risposte.
«Per ora non ho niente da dire. Mi sembra
strana, ma non è diversa dal resto degli stupidi che vivono in quella casa.
Ieri abbiamo letto tutta la documentazione del caso Embalmer
e almeno sembra saper fare il suo lavoro. Nonostante questo dovrebbe parlare
meno.»
Il dottore ridacchiò malevolo, scuotendo
le spalle mentre ficcava entrambe nel mani nel torso del ghoul,
estraendo un pezzo di intestino «Beh, mi hanno detto che come partner è molto
brava. Se capisci cosa intendo, Oreo.»
Tralasciando la solita distorsione del suo
nome, Urie lo guardò «No, non capisco.»
Ivak sbuffò,
incredulo di fronte a tanta ingenuità «Tralasciando che è andata a letto anche con Ito,
si è fatta una certa reputazione.» la voce, ora spogliata di qualsivoglia
traccia di sarcasmo, suonò incredibilmente seria e schietta «C’è chi dice che
si sia fatta anche il buon vecchio Take, ma lui ha negato. Per quel che ne so,
le piacciono particolarmente gli agenti, ma è solo una diceria. Ci sono diverse
persone che però millantano l’essersela ripassata.»
Urie non trovò niente da dire, in merito.
Era un fiero sostenitore della legge per la quale la vita privata di un agente
rimaneva tale, se non inficiava sul lavoro. Per ciò che lo riguardava, poteva
farsi sbattere da Arima in persona, se continuava a
lavorare bene.
«Magari ti ci trovi in affinità anche tu.
Non ti farebbe male, Oreo.»
Con tutta la freddezza che poté soffiare
fuori, Kuki rilanciò al volo quell’insinuazione «Con Masa? »
«No, con Take.»
Come risposta, Urie si alzò dallo sgabello,
stizzito, ponderando di tirarglielo addosso prima di lasciare la stanza.
«Ti sei offeso? E pensare che stavo per
dirti che non ti facevo un tipo interessato alle donne. Come Sasaki, insomma.» si chinò sul corpo «Cazzo, si è rotto il
canale terminale dell’intestino crasso. Cazzo.
Proprio su un bikakou eh? Dovrò togliere la merda
dall’organo predatorio se voglio estrarlo. Comunque! Se vuoi un modesto parere,
fama o non fama, un pensierino su di lei me lo farei. Sarà anche più svalvolata di una molla, ma è simpatica e magari ti insegna
come relazionarti con le persone. Sai, Ito mi ha
raccontato che mentre loro-»
«Cos’altro sai di lei?» a quel punto tanto
valeva conoscere ogni dettaglio che il non fare cameratismo aveva nascosto a
Urie per tutto quel tempo. Sapeva che non gli conveniva, che si sarebbe
lasciato influenzare come un fesso, ma non sapeva niente di lei e voleva avere
un’idea di chi avrebbe dovuto parargli il culo.
Aizawa
era una fonte preziosa di informazioni.
«Onestamente, quando ho iniziato a
lavorare qui, era una persona completamente diversa. Poi, va beh, l’Anteiku ha cambiato tutti coloro che hanno partecipato alla
missione di eliminazione del Gufo.» Il giovane investigatore infilò le mani
nelle tasche del trench, ascoltandolo attentamente quelle informazioni
«Insomma, prendi per esempio Akira Mado, prima era Robotcop, ora è
la mamma di tutti. Comunque, Masa è cambiata
moltissimo. Diavolo, sembrava passata in un frullatore, i primi tempi. Più
schizzata di Sasaki contro il Serpente. Però ci credo
che possa succedere, quando vedi tutta la tua squadra morire per permetterti di
accoppare un class S e riportare la pelle a casa.»
La storia di Aiko
Masa era diventata abbastanza famosa, ai tempi. Un
gruppo distaccato della squadra S1 che stava cercando Amon
Koutaro l’aveva trovata seduta a terra, con una quique in mano e lo sguardo piantato sul corpo mutilato del
suo caposquadra. Il mistero di come fosse sopravvissuta era diventato motivo di
scambi di opinioni, soprattutto perché c’erano delle storie messe in giro da
chissà chi. Ad esempio, il fatto che lei stesse dicendo a cantilena una parola
senza senso o che la sua quique, nonostante lo
scontro, fosse immacolata. Anche Urie aveva sentito quelle storie,
etichettandole come fantasie in fretta. Era facile finire nel mirino dei
colleghi, quando finiva una missione di quella portata, poiché sorgevano eroi
con la stessa velocità con cui crollavano poveracci. Era una bilancia.
«Dovresti parlarne con Ito»
proseguì il medico, togliendosi i guanti e la mascherina, per poi sollevare gli
occhiali protettivi sopra al capo. Andò verso la macchinetta del caffè,
afferrando la sua solita tazza «Tra una scopata e l’altra parlano quei due. Lui
penso sia una delle poche persone che si fidi davvero di lei. Chissà che strane
perversioni ha a letto una così. Non so tipo mangiare i capelli o bere urina.»
«Aizawa…»
«Il punto è che è strana. Come se ora la sua allegria fosse finta.»
L’aveva notato, Kuki,
nelle ore passate a scartabellare fascicoli su fascicoli, come fosse sempre
malinconica. Triste. «Sai altro?»
«Ho sentito dire che lei e Noriko hanno avuto un bel po’ di problemi. Certo, se fai la
psichiatra qui devi aspettartelo.» sedendosi alla sedia di fronte alla sua
scrivania, il medico si guardò bene dall’offrire il suo caffè riscaldato anche
all’altro «Pensa che pare si siano anche messe le mani addosso, una volta. Se
cerchi ‘ccg catfight’ su youtube potresti
trovarci un video, ne parlavano tutti, anche ai piani alti. Credo che però,
nonostante siano state richiamate entrambe, Noriko
abbia avuto molti più problemi della tua partner. Insomma, se non sono pazzi,
qui non ci piacciono. Prendi Suzuya per esempio,
rispetto a due anni fa ora sembra normale, ma mette comunque i brividi. E il
tuo amico dei Quinx con la benda sull’occhio, ecco.
Non so come abbiano fatto a passare i test attitudinali, questi qua. Vuoi
vedere una cosa fighissima? Questo è un pancreas…» Sorvolando sul fatto che stava parlando di Mutsuki in modo non esattamente carino –e Urie non ci
trovava niente di strano in lui, era forse il solo Quinx
che avrebbe salvato da un camioncino diretto in un ospedale psichiatrico- Kuki prese un bel respiro. Guardò l’altro che teneva in
mano uno di quei contenitori con dentro gli organi. «Non ti fa strano pensare
che una cosa così, tu ce l’hai nella pancia in questo momento?»
«Io ora vado. Ripasso dopo per le cartelle
sui casi che ti ho chiesto. Metti per iscritto quello che hai scoperto sul mio
caso o passerai tu i guai, questa volta.»
Il medico ridacchiò saccente «Che fai, mi
mandi Sasaki? Io gli do da mangiare, è il mio
cucciolo.»
Scuotendo il capo, l’investigatore si
avviò all’uscita.
Venne però trattenuto.
«Senti, Oreo»
alzandosi dalla sedia, Ivak lo guardò. Sembrava di
nuovo serio, avrebbe dovuto fare qualcosa per lo sbalzo di umore prima o poi
«Te lo dico da quasi amico, ok? Non ti affezionare troppo a Masa.
Tu non fai molto gioco di squadra, ma lei è un’individualista su tutta la
linea. Per esperienza, una persona così non arriva alla pensione. Ancora c’è
chi parla dello strano modo in cui è morto il suo primo partner nella squadra Hirako, Shizo Orihara.»
L’altro si sorprese, ma decise di non
indagare oltre. Aprì la porta «Sembra quasi che ti importi qualcosa di me.»
«Certo che mi importa, sei la mia marca di
biscotti preferita.» Si scambiarono un cenno di saluto e Aizawa
lo guardò allontanarsi, fino agli ascensori. Portò una mano in tasca,
sorseggiando il caffè e tenendolo d’occhio, fino a che non fu sparito alla sua
vista. Poi tornò al lavoro.
«Che bel casino, Kuki
Urie.»
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Al contrario del collega, Aiko si era svegliata con tutta la calma del mondo.
Aveva preso tempo per fare quella chiamata
e prendere un appuntamento dall’esperto di tecniche di conservazione dei corpi.
L’aveva poi fatta arrotolata nel suo piumone rosso scuro, cercando riparo in
esso dal gelo che la voce di quell’uomo sprigionava.
Solo verso le undici si era alzata e aveva
fatto una doccia, provando a contattare Urie che sembrava disperso nel nulla.
Poco male, se voleva lavorare da solo, le faceva un piacere.
Per prima cosa, contattò Masami per avere il suo taccuino, sicura di trovarci dentro
molte annotazioni sull’ultima vittima dell’Embalmer e
sulla scena del crimine che lui e il suo partner avevano analizzato. Mentre
aspettava gli incartamenti del medico legale, decise di concentrarsi sul caso
più fresco.
A metà del lavoro di stesura di tutti i
nominativi delle persone coinvolte nelle indagini che potevano avere dei
dettagli su Reiko Mashima,
ricevette una chiamata da Ito. Nemmeno un’ora dopo se
lo ritrovò alla porta, con degli onigiri al salmone
cotto fatti da lui stesso e gli appunti di Masami
sotto braccio, volenteroso di darle una mano nonostante quello fosse il suo
giorno libero. Alla fine, dopo aver mangiato un’intera confezione da diciotto mochi, riuscirono a mettere in fila tutti i dettagli del
caso.
Avevano riempito almeno una decina di
fogli con i nomi di tutti coloro che potevano essere utili alle indagini e poi,
insieme, avevano iniziato a fare telefonate per avere appuntamenti. Avevano
contattato il poliziotto che era accorso alla chiamata e che aveva
successivamente avvertito il ccg, il passante che
aveva avuto la sfortuna di sedersi accanto al corpo imbalsamato e anche una
vicina di casa che si era accorta del suicidio della signora Mashima a causa del forte odore di decomposizione che
filtrava attraverso le sottili pareti che dividevano i due appartamenti.
Avevano iniziato proprio da lì, rompendo i
sigilli ed entrando nella casa che aveva visto crescere la povera Reiko. La casa era stata sistemata prima del suicidio e un
pezzo della corda che aveva racchiuso il cappio e il collo della povera donna
pendeva ancora da una trave. «Non hanno nemmeno raccolto la sedia» le fece
notare Kuramoto, indicando con un cenno l’oggetto riverso
a terra. Masa si guardò attorno storcendo il naso
dall’olfatto sensibile disgustata, prima di chiedergli di guardarsi attorno e
vedere se potevano trovare qualcosa.
«Questo posto puzza ancora di
decomposizione» rifletté Aiko, prima di infilarsi
nella stanza di Reiko silenziosamente, cercando di
essere rispettosa verso quell’anima prematuramente spirata, speranzosa di
trovare un diario o qualsiasi cosa potesse essere loro utile per risalire agli
ultimi giorni di vita della ragazza. Chi le aveva fatto questo? Come l’aveva
avvicinata? Dove l’aveva vista? Perché l’aveva scelta?
Quelle erano le domande che dovevano
trovare una risposta, se volevano arrivare in fondo al caso. Rovistò fra i
cassetti, cercò un cellulare e alla fine forzò la password del laptop che trovò
sulla scrivania. Dentro trovò solo fotografie di feste e campeggi, qualche
tesina scolastica e serie tv nella cartella dei download. Come ogni altra
ragazza adolescente di quell’età. Aprì quindi il motore di ricerca,
controllando la cronologia e qualcosa le balzò agli occhi subito.
Come
si nutrono i ghoul senza uccidere?
Ristoranti
per ghoul segreti a Tokyo.
Come
posso dire ai miei amici che sono un ghoul?
Quasi tutte queste ricerche rimandavano a
un singolo forum, che Masa si sbrigò ad annotare sull’agenda,
invisibile alla ricerca indiretta. Un forum oscurato per ghoul.
«Cosa diavolo…?»
«Aiko! » Quasi
spaventata da quell’urlo, la mora si alzò di scatto dalla scrivania. Chiuse il
portatile, portandolo con sé e raggiungendo Ito. Lui
la aspettava in cucina, con in mano una pentola chiusa maleodorante e
un’espressione palese sul viso. «..Ho seguito l’odore della decomposizione fino
alla fonte.»
Masa scosse il
capo «Non c’è bisogno che lo apri» gli disse, sperando che non lo facesse «La
nostra vittima era un ghoul, quindi so cosa c’è lì
dentro. Come hanno fatto Hairu e Ui
a non accorgersene?!»
«Magari quando sono state qui, non puzzava
ancora così tanto da risaltare rispetto al profumino lasciato dalla padrona di
casa. Ad ogni modo, questo cambia tutto.»
Kuramoto fece qualche passo verso di lei,
tenendo il macabro rinvenimento del frigo fra le mani «Abbiamo sempre pensato
che fossero attacchi di un ghoul agli esseri umani
per nurtrirsi…. Ma se lo fa anche ai suoi simili,
allora chi stiamo cercando?»
«Una kakuja? Ciò
lo renderebbe ancora più pericoloso.» Masa gli mostrò il portatile «Era iscritta ad un forum di ghoul. Se guardiamo nei mp,
magari troviamo un contatto fra il nostro assassino e la sua vittima.»
«Ottima idea» ne convenne il biondo
«Prima, però, devi vedere anche tu. Questo è il tuo caso non posso beccarmi
questo schifo solo io.»
«Kuramoto non
provarci!»
Ogni lamentela le morì sulle labbra.
Dentro alla pentola, avvolta da una melmetta fetida a
causa dei liquidi della decomposizione, c’era quella che una volta doveva
essere una spalla umana con una porzione di scapola. L’odore arrivò al naso
della giovane agente amplificato di cinque e sei volte rispetto a come doveva
percepirlo Ito, che comunque faticava a reggere
quella pentola, trattenendo l’impulso di vomitare.
«Disgustoso, eh?»
«Torniamo allo cheteau. Me la paghi.»
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Dopo aver passato quaranta minuti nella
centrale di polizia di Meguro a parlare con un agente
di polizia per niente collaborativo e restio a dare informazioni troppo utili –
aveva un chiaro odio per il ccg che aveva fatto suo
il caso Mashima senza dar riconoscimenti a lui che, a
detta sua, aveva messo in sicurezza la scena del crimine dalla quale era stato
poi allontanato in modo sgarbato da un uomo con la faccia e i capelli da ragazza. Che il classe speciale Ui non ci andasse alla leggera era risaputo, ma cosa si
poteva pretendere per aver tirato un nastro giallo attorno a un vagone della
metro?
«Abbiamo comunque fatto una scoperta
determinante, oggi. Nonostante non siamo riusciti a parlare con il ragazzo che
ha trovato il corpo e nonostante quel grasso agente ha fatto lo stronzo.» Masa tamburellò le dita sul portatile della settima
vittima, che teneva appoggiato alle cosce avvolte da un paio di pantaloni neri
aderenti «Grazie per l’aiuto. Mi hai scarrozzato in giro tutto il giorno.»
Il biondino sorrise, accostandosi al
marciapiede per farla scendere «Non c’è problema, mi ha fatto piacere passare
del tempo con te ed essere utile. Si sente la tua mancanza in squadra.»
Aiko ridacchiò
«Non c’è più nessuno che bisticcia con Take, eh?»
«Per quello ci sono sempre io.»
Si sorrisero, poi Aiko
si sporse per lasciargli un bacio sulla guancia, aprendo la portiera subito
dopo «Grazie per gli onigiri. Erano deliziosi.»
«Ricordati che sono un uomo da sposare, Masa!»
La morettina scese dall’auto, tenendo
sotto mano ciò che avevano raccolto e la sua valigetta, poi salutò Ito
mentre questi faceva manovra e si allontanava. Lo chateau era immerso nel silenzio
quando entrò. La sola presenza era una figura esile, seduta sotto al piumino,
nell’unico centimetro libero che i fascicoli del caso Embalmer
avevano lasciato libero, con un mano un plico di fogli inconsistente e una
tazza di the.
Si salutarono mentre Masa
lasciava il suo trench sull’appendiabiti, parcheggiando anche la valigetta del quique al suo posto, nello scomparto a lei dedicato con
tanto amore e precisione da Haise. Una volta messa in
sicurezza Inazami, libera dagli anfibi che le avevano
letteralmente ucciso i piedi, andò verso il tavolino.
«Giornata libera?» domandò con un sorriso
al collega, che ricambiò, appoggiando la tazza e un foglio per dedicarle
attenzione.
«Non mi sento molto bene, oggi.» le
rispose, con naturalezza, sottolineando il perché di quel pallore sul viso
«Così sto facendo del lavoro a casa.»
Aiko lo guardò,
prima di alzare di poco il mento, come per odorare l’aria. A quel punto le
labbra si incurvarono in un piccolo sorrisetto «Capisco» disse quindi a Tooru «Anche io ho qualche problema in quel periodo del mese.»
Accese il portatile di Reiko
Mashima, collegandolo al wifi
della casa, non guardando verso Mutsuki per paura di
averlo infastidito. Nonostante ciò, mentre digitava veloce sul laptop rosa, non
riuscì a non essere come al solito invadente. Non lo faceva apposta,
semplicemente le parole uscivano incontrollate.
«Dalla prima volta che ti ho visto, mi
sono chiesta una cosa» evitò comunque il contatto visivo per non mettere
l’altro a disagio «Quale trauma può aver portato una ragazza così bella a voler
passare per uno stupido uomo?»
A quel punto, solo a quel punto, spiò la
reazione di Tooru con la coda dell’occhio. Il tono
che aveva usato era stato volutamente leggero, amichevole, ma loro non erano
amici. Erano a mala pena conoscenti e Masa viveva lì
da poco più di quarantotto ore.
Il volto del ragazzo era abbassato,
nascosto dalla benda che portava sull’occhio destro e da qualche ciuffo dei
capelli verdi come l’erba.
«Mi dispiace se io ho-»
«Diciamo che mi sono sempre sentito così.»
rispose quindi, con un sorriso un po’ pallido sul viso, facendola voltare
completamente verso di lui «Non sono molti ad accorgersene, sei brava.»
Aiko si appoggiò
un dito al naso, premendolo «Sentirei una singola goccia di sangue da cinquanta
metri di distanza, ora come ora. Mi sento uno squalo, Spielberg dovrebbe fare
un film su di me.» incrociò meglio le gambe sotto al piumino, prima di guardare
ora interessata da quella confessione quasi spontanea l’altro. Avrebbe
continuato a riferirsi a Mutsuki come ad un uomo,
anche se ora aveva la conferma che non lo era «E sei quindi sei un uomo gay,
no?» proseguì in quella fiera dell’invadenza, riuscendo però a far arrossire e
quindi prendere colore alle guance dell’interlocutore «Ti piacciono i tipi alla
Sasaki, per esempio, no? O il futuro serial killer
Urie?»
«N-no loro sono
solo colleghi! » insistette Tooru, muovendo le mani
di fronte al viso come a voler scacciare quel pensiero. Non la faceva fessa,
però. Aiko aveva visto il modo in cui guardava Haise e quello con cui si rivolgeva a Kuki,
ma doveva ammettere che l’attaccamento al classe speciale sembrava molto più
palese.
Come dargli torto, Haise
era bellissimo.
«Hai mai baciato una ragazza?»
«Tu?»
La domanda le tornò indietro come un
boomerang, facendola ridacchiare piano. Qualcosa, però, cambiò. Masa smise di sorridere, guardando le proprie mani
appoggiate sulla tastiera illuminata del portati. Le strinse l’una nell’altra,
abbassando lentamente il capo, improvvisamente malinconica.
Tooru notò il
cambiamento repentino nel suo atteggiamento, come se qualcosa l’avesse ferita.
A quel punto gli venne voglia di dirle che non importava, che poteva non dirlo,
ma Aiko lo precedette.
«In realtà, sì. Più di una volta, ma
sempre ad un’unica ragazza. La più bella che io abbia mai visto in vita mia.»
C’era una sfumatura dolce nel tono di Masa, ma gli occhi, che vennero ripuntati in quelli grandi
di Tooru, tradivano invece una certa inquietudine.
«Cosa è successo?»
Il labbro di Aiko
tremò impercettibilmente, mentre forzava una risata fasulla, tornando a
voltarsi avanti, cercando rifugio da quegli occhi che sembravano aver capito
tutto. Ma non poteva aver capito niente.
Almeno, così credette
lei.
«Una tragedia.» le rispose comunque, mentre
la porta d’ingresso che si apriva troncava definitivamente quel discorso che
era caduto sempre di più di tono «Bentornato, Urie! Il telefono l’hai perso?»
gli andò incontro, tenendo fra le mani qualche documento che aveva fotocopiato
anche per lui «Che espressione determinata» gli disse, colpendolo con la
cartellina sul braccio «Con quella camminata e quella faccia, mi aspetto di
sentir partire le Piogge di Castamere da un momento
all’altro. Chi mi manda i suoi saluti?»
«Aizawa.»
«Ah. Potenzialmente mortale, in effetti.»
gli sorrise, notando però che lui sembrava meno partecipe del giorno
precedente. Non che si fosse mai dimostrato allegro o amichevole, anzi. Aveva
perennemente sul viso quell’espressione da completo distacco, come se gli
pesasse condividere il suo ossigeno con gli altri. In quel momento sembrava
anche seccato dalla presenza di Aiko attorno a lui
«Ho trovato qualcosa di interessante.»
«Anche io» la interruppe, passandole a sua
volta un plico di fogli che recavano l’intestazione del coroner «Secondo Aizawa-»
«Alcune vittime sono ghoul?
Lo so già.»
Masa si godette
tutto lo stupore che gli occhietti sottili di Urie riuscirono a trasmettere
prima che esso scemasse in fastidio «L’hai chiamato?»
«No, ho trovato un sacco di cose buone nel
frigo di Reiko Mashima.»
gli fece cenno di seguirla, tornando a sedersi davanti al computer. Lui le si
mise dietro, sul divano, ignorando Mutsuki che lo
guardò con la coda dell’occhio, tristemente abituato a quel modo di fare «Ho
trovato questo forum nel suo computer. Se lo spulcio per bene, magari mi
ricollego a un profilo che può appartenere al nostro soggetto. Forse è così che
si è messo in contatto con lei: un forum illegale di ghoul.»
«Ha senso» acconsentì secco e infastidito
l’altro, prima di realizzare che gli mancava un tassello «Sei andata a casa
dell’ultima vittima?»
«Ho pensato semplicemente che studiare
tutte le prove che potevo sul caso più fresco avrebbe dato dei risultati.
Infatti. » gli sorrise soddisfatta, «La polizia non mi ha dato nessuna notizia,
ma a casa dei Mashima ho trovato resti umani, questo
portatile e anche il telefono della madre. Analizzando anche quello forse-»
«Ti ha portato Shirazu
in moto o Sasaki ti ha lasciato la macchina?» indagò
ancor più a fondo Urie.
Lei alzò un sopracciglio, iniziando a
sentirsi un po’ indispettita «No.» rispose a tono, sentendosi sotto
interrogatorio. Cosa voleva dimostrare con quell’atteggiamento? «Mi ha
accompagnata Kuramoto Ito.»
Il partner irrigidì la mascella senza
nemmeno provare a mascherare il fastidio «Senti, non so come funzionava nella
tua vecchia squadra. Qui però non vogliamo che altri investigatori ficcanasino
nei nostri affari, ok? Non voglio che Ito o Hirako lavorino al mio caso.»
Masa non si fece
mettere i piedi in testa. Si voltò, sporgendosi verso di lui. Appoggiò una mano
al divano, accanto al fianco del giovane e gli piantò il viso a un centimetro
dal suo, determinata «Per prima cosa, dovresti calmarti» gli soffiò sul naso,
mentre Mutsuki spostava gli occhi da uno all’altro
«Una persona che si chiama Cookie, come i biscotti americani, dovrebbe
comprendere che non fa molta paura.»
«Ragazzi, calmatevi» provò il ragazzo in
disparte, non ottenendo l’attenzione degli altri due.
«Inoltre» aggiunse Masa,
tornando a sedersi sui talloni, in ginocchio, sorridendo falsamente serena «Tu
te ne sei andato all’alba senza svegliarmi, non mi hai risposto al telefono e
potresti aver fatto qualsiasi cosa alle mie spalle. Quindi stai molto, molto
tranquillo, Cookie. Perché io non posso spostarmi col pensiero e odio la
metropolitana. Quindi se una persona mi offre un passaggio e una mano non solo
accetto – perché non sono una pazza come te- ma dico anche grazie. Detto
questo, torno a lavorare sul computer.» prese una bustina con dentro un
telefono e gliela lanciò sulle gambe, dandogli subito dopo le spalle «Tu vedi
di fare la tua parte. Io faccio schifo nel gioco di squadra, ma tu sei quasi
ridicolo.»
Urie si sentì paralizzato sul posto. La guardò
tornare al lavoro come se nulla fosse, prima di realizzare quanto quella
stupida l’avesse umiliato. Di fronte a Mutsuki, per
giunta. Non si azzardò a guardare il ragazzo in questione. Si alzò, deciso a
finire quel lavoro da un’altra parte e si avviò su per le scale.
Aiko sorrise
leggermente, in modo appena accennato, senza staccare gli occhi dalla pagina
web «Non gli risponde mai nessuno, vero?»
Tooru tornò a
guardarla, chiedendosi fino a che punto fosse stato saggio da parte sua
trattare così l’altro «In realtà Sasaki lo ha preso
anche a schiaffi…»
«Meglio. Se proprio dobbiamo trattarci da
schifo, non voglio essere la sua prima grande delusione.»
Continua.
✄---------N.d.A--------
Ringrazio come ogni
volta chi legge e, in modo particolare, chi spende anche solo due secondi della
sua giornata a recensirmi.
È bello scrivere con la
consapevolezza che qualcuno, in qualche modo, apprezza.
Al prossimo capitolo!
Un abbraccio
C.L.