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Autore: Chemical Lady    27/01/2017    3 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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僕は孤独さ  No Signal

Parte prima: il caso Embalmer

 

 

 

 

 

Masa Aiko, a nove anni, era una bambina dalle lunghe trecce nere e un sorrisetto impertinente a storcerle costantemente le labbra. Possedeva già da allora paio di occhi irriverenti come quelli di un gatto, che iniziavano ad affacciarsi sul mondo con una curiosità quasi molesta.

Per questo non riusciva a scollare lo sguardo dall’uomo che stava parlando con la signorina Yume, facendolo scivolare avidamente lungo il cappotto argentato fino alla valigetta metallica che teneva stretta nel pugno. Non sembrava di per sé particolarmente imponente o minaccioso, ma aveva qualcosa, emanava una sorta di aurea, che lo rendeva quantomeno altero.

«Sembra un poliziotto» era stato il commento apatico di Kuma Satoshi, più interessato a spiare sotto il coperchio del suo bento per verificare cosa sua madre gli avesse procurato per pranzo, piuttosto che curarsi dell’estraneo.

«Sarà venuto per la settimana della carriera» rilanciò pratica come sempre Umi Midori, che di quel progetto s’era appassionata a tal punto da decidere sin da quell’età la professione che avrebbe intrapreso, ovvero quella del medico. Aiko non era interessata a sentire parlare altri adulti. Era una bambina ambiziosa, audace, molto diversa dall’adulta che sarebbe diventata. Aveva deciso che avrebbe fatto la ballerina e viaggiato per il mondo, allontanandosi quanto più velocemente possibile da quella città. E dalla sua famiglia, che non era in grado di darle il calore che una bambina di quell’età si aspettava.

La maestra portò il silenzio riprendendo proprio lei  e guadagnandosi quindi una linguaccia che fece ridacchiare i compagni di classe. Non si scompose, la giovane donna, guardandola torta «Masa, smettila o ti caccio fuori.» le disse seria, ma la moretta non si fece di certo spaventare.

«Come sempre!» esclamò strappando qualche altra risata e un’ennesima sgridata, mentre l’uomo misterioso sorrideva divertito da quello scambio di battute fra l’istruttrice al a piccola.

«Questo signore è venuto a parlarvi di una cosa molto seria» spiegò ai suoi studenti, ignorando Aiko e congiungendo le mani sul grembo «Ascoltatelo con attenzione.»

Gli cedette quindi la parola, scostandosi di lato. Lui appoggiò la preziosa valigetta sulla cattedra, prima di affondare entrambe le mani nelle tasche del trench di un vibrante argento. Li spiò tutti uno per uno attraverso le iridi strette come quelle di un rettile, tentando poi un nuovo sorriso sicuro.

«Il mio nome è Urie e sono un agente di classe speciale presso la commissione anti-ghoul di Tokyo.»

 

Ogni giorno Masa prendeva da sola la strada che dalla scuola portava fino alla palestra nella quale, poi, frequentava le sue lezioni di danza classica. Ogni giorno, seppur non fossero quelli i patti che aveva con i loro genitori, Aiko sosteneva sempre che suo fratello Shin la accompagnava per quel breve tragitto.

Non era vero, ovviamente. Alla sua età, Shin preferiva passare del tempo con gli amici alla spasmodica ricerca di una ragazza che a prendersi cura della sorellina. Non che Aiko se ne lamentasse. Passava il suo tempo con il walkman accesso e le cuffie sulle orecchie, cercando di ricaricare le pile al limite sfregandole contro alla tuta. Quelle strade erano conosciute, i volti famigliari. Seppur di inverno facesse notte prima, rendendo quindi i vicoli oscuri più spaventosi, lei zampettava con passo sicuro fino alla meta, continuando a coprire il fratello di nove anni più grande, cercando così di entrare nelle sue grazie.  Allora non capiva che Shin non era irresponsabile o menefreghista nei suoi confronti, ma era solo un ragazzo. Cercava di attirare la sua attenzione e farsi vezzeggiare almeno da lui, visto che vedeva loro padre a malapena a causa del suo lavoro salariato.

Quella sera qualcosa era diverso. Aiko l’aveva percepito, lasciando il cancello della scuola alla volta del viale che l’avrebbe condotta alla palestra. Aveva avvertito un brivido freddo percorrerle la schiena per tutta la lunghezza della colonna vertebrale e, anche se non se l’era spiegato, aveva comunque voltato il capo indietro per buttare uno sguardo oltre la spalla. Non aveva visto nessuno, ma si era comunque sentita seguita.  Aveva affrettato il passo, cercando di arrivare alla fine della strada, per sboccare su una via principale, ma non vi era arrivata.

Una mano l’aveva presa per la spalla, spingendola con forza e facendola capitolare sull’asfalto freddo. Aveva battuto la fronte contro il gradino del marciapiede, perdendo per un attimo la vista. Tutto si era fatto offuscato e instabile con rapidità, impedendole di riconoscere inizialmente la figura che troneggiava su di lei.  Era stata sollevata con sorprendente facilità da quella stessa mano che l’aveva spinta e che in quel momento le stringeva la gola. Avverti delle unghie penetrare la sua carne, mentre delle sottili stille di sangue caldo iniziavano a macchiarle la pelle del collo e il colletto bianco della divisa scolastica. Poi, come la stessa intensità di un pugno, un forte odore di profumo femminile le schiaffeggiò il naso.

«Signorina Yume?» chiamò in un singhiozzo disperato, cercando di aggrapparsi con entrambe le mani a quel polso, al fine di sottrarsi alla stretta soffocante. La vista le impedì di mettere bene a fuoco quel viso, ma un paio di orribili occhi dalla sclera nera e l’iride sanguinea la stavano fissato maligni.

«Non mi nutrirei mai con una mia studentessa, attirerei l’attenzione su di me» sibilò quella voce un tempo materna, ma ora pregna di odio represso e rabbia «Ma non ti sopporto più. Ho sempre odiato le bambine impertinenti come te. Non è carino cercare di attirare l’attenzione in quel modo fastidioso!»

Quella fu la prima volta che Aiko si ritrovò di fronte a un ghoul.

Rischiava anche di essere l’ultima.

La presa si intensificò e la bambina venne sollevata di qualche altro centimetro. L’altra mano andò a coprirle la bocca, impedendole di respirare bene. Aiko pensò che la volesse soffocare, ma così non era. Una fitta lancinante le arrivò dal braccio, poco più in alto del gomito. Quella mano servì ad impedirle di gridare nel momento in cui una buona porzione di carne le venne strappata con un morso.

Il dolore fu tale da intorpidirla. Mentre il sangue correva lungo l’arto fino alla mano, gocciolando dalle dita sul terreno freddo, socchiuse gli occhi, sfinita. La stretta soffocante aumentò nuovamente di potenza, rischiando di far cessare l’afflusso di ossigeno al cervello. Sarebbe morta di lì a pochi minuti così, in silenzio, in un fetido vicolo poco illuminato. Non sarebbe diventata nessuno, non sarebbe mai riuscita a guadagnarsi l’amore del fratello o il calore degli applausi su un palco.

Sarebbe morta in quel momento, se non fosse stato per quell’uomo.

Era stato così silenzioso da non essere udito dal mostro e l’aveva trafitto con quella che pareva una spada. La punta sbucò dal centro del petto della maestra, che immediatamente lasciò cadere Aiko a terra.

«Iwa, allontanala!»

La voce autoritaria dell’uomo spezzò il silenzio funereo della notte, mentre un lampo accecante illuminava il buio. Prima ancora che potesse registrarlo, Aiko si era ritrovata fra le braccia di un uomo alto, piazzato, che l’aveva tirata indietro fino a un muro. Un paio di ali di un accecante giallo spuntavano dalle spalle della signorina Yumeil ghoul- che riuscì giusto a sferrare un patetico tentativo di attacco prima di venire decapitata con un movimento fluido di quel silenzioso salvatore.

Mikito Urie.

 

Il gattino di peluche che l’agente le aveva portato durante la sua convalescenza in ospedale la guardava attraverso i vitrei occhi finti, mentre lo stringeva fra le mani.

Il classe speciale Urie si era presentato sulla porta della sua stanza al limitare dell’orario di visita, ma nessuno aveva avuto il cuore di farglielo presente quando l’avevano visto stringere fra le mani quel dono. Le aveva appoggiato la mano sul capo, con un sorriso leggero sul viso stanco, prima di rivolgersi alla madre di Aiko.

«Anche io ho un bambino un po’ più piccolo» aveva rivelato, tornando a ficcare le mani nelle tasche del trench, mentre la signora Masa si perdeva di nuovo in una serie di ringraziamenti sentiti. Aveva punito a dovere il primogenito per l’aver lasciato sola la sorellina, poi aveva richiesto esplicitamente il nome dell’investigatore che aveva salvato la figlia, ma quello aveva preferito presentarsi personalmente a portare un saluto.

«A questa età fanno come vogliono» disse con tono leggero la signora, come per evitare di incolpare Aiko dell’essersi trovata in quella situazione. Lo faceva solo di fronte all’agente e la piccola lo sapeva bene. Non se la sarebbe cavata a buon mercato perché nell’ottica dei suoi genitori, lei non era mai una vittima. Quanto meno, né lei né il marito sapevano che la mattina precedente all’incidente, lo stesso investigatore che ora presenziava nella stanza si era presentato alla scuola  della figlia per comunicare agli studenti e al corpo docenti che un ghoul si aggirava nelle vicinanze e fare qualche domanda. Di bambini ne erano spariti parecchi e il suo intuito l’aveva portato a indagare sulle maestre, anche se non su quella in particolare.

«Mio figlio, per esempio, ha già deciso che da grande farà anche lui l’investigatore. Al giorno d’oggi, i bambini sono decisi.» proseguì Mikito, con tono leggero, tenendo così la conversazione informale.

Il signor Masa aveva ruggito una risata, appoggiandosi con il polso alla mano, mentre lo spiava quasi annoiato e con un cipiglio superiore dalla poltroncina su cui si era accomodato da ore «Lei è fortunato ad avere un figlio così ambizioso, Urie-san. Mia figlia è ancora in quell’età in cui vuole fare la ballerina.»

Aiko aveva abbassato lo sguardo ormai da parecchio sul peluche, stringendolo forte fra le braccia. Si era persa nei suoi pensieri, su quel braccio che avrebbe portato per sempre un’orrenda cicatrice a deturparlo e sul collo, che ancora pulsava mentre le ferite delle unghie del ghoul avevano già iniziato lentamente a guarire. Solo la mano dell’investigatore, di nuovo appoggiata sulla sua testa, la portò ad lo sguardo cerchiato da occhiaie spesse sul quel volto ugualmente emaciato. Lui le porse un cartoncino bianco, un biglietto da visita, con lo sguardo consapevole sull’espressione rassicurante «Se avrai di nuovo bisogno di me, puoi chiamarmi.»

La bambina lo accettò, annuendo ammirata, mentre questi salutava con educazione. Si allontanò  dalla stanza, sempre portando con sé quella buffa valigetta di cui ora Aiko conosceva il contenuto. Tenne quel bigliettino sempre con sé, prima in un astuccio bianco e poi nel portafoglio, ma non chiamò mai quel numero. Non ebbe occasione di farlo quando terminò le scuole e il pensiero di iscriversi all’accademia le attraversò la mente con la stessa intensità di uno sparo nella notte.

Non poté farlo, perché un paio di mesi dopo quell’incontro che le cambiò le vita, quell’investigatore morì. Il suo viso le apparve una sera sullo schermo del televisore e lei, per risposta, versò la pentola che stava portando verso la tavola apparecchiata, subendo le ire della madre che invece, di quell’uomo che aveva definito un portento, non aveva conservato alcun ricordo.

 

 

 

 

Capitolo quattro.

 

La collaborazione con Aiko Masa, nata sotto una cattiva stella e degenerata un quello che poteva essere definito solo come un litigio fra ragazzine aveva toccato l’apice del disagio, per Urie, nel momento in cui si era visto costretto a minacciarla. Per qualche strana motivazione, la donna non sembrava volerlo portare con sé al colloquio con l’esperto in tecniche di conservazione dei cadaveri, un tale Jen Haung che al giovane investigatore non diceva proprio niente.

«Perché vuoi venire ad ogni costo? Posso trascriverti qualche appunto dopo.»

«Vuoi portati Ito o posso seguirla io la mia indagine? Preferisci discuterne con Sasaki

E dire che Urie lo stava facendo proprio su ordine del suo superiore, al quale era arrivata voce del loro screzio e aveva pregato il seconda classe di comportarsi più gentilmente con la sua collega, accompagnandola in automobile invece di costringerla a chiedere a terzi. Come se poi lei non potesse munirsi di un mezzo di trasporto come aveva fatto lui. Il pensiero di lavorare in coppia non lo aveva mai entusiasmato, quindi in un certo senso stava solo rigando dritto facendo ciò che Sasaki chiedeva per riavere il suo posto da caposquadra. Se doveva andare a parlare con vecchi e bavosi professori universitari allora pazienza, l’avrebbe fatto.

Aveva in mente di piegarsi anche di più, se necessario. Matsuri ne era una prova tangibile.  Dall’alto della sua arte manipolativa, Urie si chiedeva quanto avrebbe ancora sopportato.

Masa da parte sua si era comportata in modo strano tutta la mattina, ma quando era arrivati di fronte al lungo viale che li avrebbe condotti dentro la struttura principale dell’università Imperiale del Giappone, aveva iniziato a manifestare qualche strana psicosi che Urie non si era spiegato.

Sembrava che dovesse andare in contro a un qualche demone, pronto a divorare la sua anima da un momento all’altro. Peccato che l’uomo che si erano ritrovati di fronte, seduto dietro una bella scrivania d’altri tempi laccata e molto ordinata, non sembrasse altro che un comune professore universitario, per l’appunto.

Aveva le spalle larghe e sembrava alto per essere cinese, ma non aveva niente di speciale. Solo i capelli molto chiari per l’età che dimostrava, ovvero una trentina di anni. Gli occhi sottili attraversarono Masa da parte a parte quando entrambi presero posto di fronte a lui, inchiodandola contro lo schienale della sedia.

Kuki fece un breve inchino all’uomo mentre si presentava, non guardandolo davvero, troppo intento a controllare che la sua partner non stesse avendo un attacco di panico. L’aveva molestata, per caso?!

Rimasero in religioso silenzio mentre il professore leggeva attentamente il referto del coroner, aggrottando le sopracciglia e stringendo appena gli occhi dietro le lenti degli occhiali da vista. Poi, con uno sbuffo, lasciò cadere il foglio sul ripiano di legno.

«Avrei potuto darvi queste informazioni io stesso, senza attendere i risultati delle analisi» commentò seccato, come se quella perdita di tempo fosse tutta colpa loro. Poi, asettico, unì le mani sotto al mento, sporgendosi leggermente indietro. Urie non si perse il modo in cui Masa, quasi per istinto, si schiacciò contro lo schienale della poltrona «Per lo più si tratta di formalina. Ovviamente, come potrete immaginare voi egregi investigatori, i derivati della forma aldeide sono reperibili in diversi negozi, fra cui quelli che riforniscono i cacciatori. Il metodo di imbalsamazione utilizzato dal vostro killer, in effetti, è molto simile a quello che viene impiegato nella conservazione della selvaggina: i corpi vengono svuotati degli organi, gli occhi sostituiti da sfere di vetro temprato colorate. Il busto viene riempito di segatura dopo aver immerso il corpo nei liquidi battericidi e aver lasciato essiccare il derma, mentre gli orifizi vengono sigillati con il silicone per impedire la fuoriuscita di liquidi. La formaldeide viene iniettata nel sistema circolatorio e in parte di quello linfatico mediante l’utilizzo di un particolare macchinario, ma è un’attrezzatura molto sorpassata quindi dubito che possiate risalire a un compratore recente investigando.»

Urie si sentì un fallito di fronte a quello sguardo profondo e seccato. L’uomo aveva appena detto che tutto ciò che avevano trovato non aveva valore e che potevano anche darsi all’ippica, in pratica «Magari possiamo indagare su qualche altro dettaglio. Per esempio, il metodo utilizzato per prevenire il rigor mortis

«Sarebbe inutile, visto quanto semplice è questa procedura» ora, il professore, gli parve annoiato.  Come se li avesse sopravvalutati. «Basta recidere i tendini, tagliare le palpebre e utilizzare dei cavi di metallo per mantenere rigidi gli arti. Cosa che, fra parentesi, è scritta nel rapporto. Me l’ha portato senza leggerlo, investigatore Urie?»

Il ragazzo ingoiò quella provocazione, prima di voltarsi di nuovo a guardare Masa. Se cercava del sostegno da lei, però, avrebbe dovuto rinunciare in partenza. La partner fissava con insistenza un punto imprecisato del pavimento, vicino al piede della scrivania. Si schiarì la voce per attirare la sua attenzione e quando lei rimandò il suo sguardo, Urie sentì che stava per scoppiare «Pensi di concentrarti e dare una mano nelle indagini?»

Prima ancora che lei potesse anche solo avanzare una risposta, il professor Huang riprese la parola «Potete fare poco. Al massimo informarvi se ci sono dei luoghi nell’undicesima circoscrizione che vendono grossi stock di formalina.»

«Hai parlato di dettagli così specifici del caso? Kuki inveì contro Masa, che se possibile sbancò ancora di più.

Si mise seduta diritta, allargando il trench sul petto in cerca di aria «Dovevo. Se no come avrebbe fatto il professor Huang ad aiutarci?»

«Non che ci stia aiutando molto, in ogni caso.» Come le è saltato in mente di parlare dell’undicesima senza consultarmi?  pensò amareggiato  «Aizawa ha detto pressappoco le stesse cose.»

«Non è colpa né mia né del professore se i risultati delle analisi sono inconcludenti!»

Nessuno dei due si curò più dell’esperto, che non aveva assolutamente voglia di starli a sentire. Prese a sfogliare con disinteresse i risultati delle autopsie, prima di passare alle foto. Guardò i primi due fascicoli, prima di venire folgorato da un’intuizione.

Prese quindi tutte le cartelle, non considerato dagli agenti, e iniziò a disporre di tutte le fotografie lì contenenti. Quando riuscì a concretizzare quel sentore, li fermò tirando un pugno sulla scrivania. Questa vibrò sotto al colpo e mentre Urie si voltava a guardarlo scocciato, Masa rimaneva pietrificata sul posto. Il professore la guardò negli occhi spalancati dalla paura, prima di prendere un respiro profondo, afferrandosi la radice del naso fra pollice e indice per massaggiarla.

«Se dovete comportarvi come due bambini, potete anche uscire.» fece loro presente, per poi iniziare «Visto però che spero di non rivedervi mai più, penso di aver risolto il vostro caso.» velocemente, prese a disporre le fotografie sotto al loro naso. Erano per lo più dettagli, dei volti e dei corpi, ma quando entrambi compresero il punto, i loro occhi si spalancarono per lo stupore «Ognuna delle vostre vittime ha un segno distintivo unico, che sia esso un difetto o una malformazione.» puntò in dito sulla prima foto, che rappresentava la prima vittima e poi via a via tutti gli altri sino all’ultima «Un naso molto grande con una deviazione importante e visibile del setto, la presenza di molti nei sulla regione facciale, un’eterocromia parziale molto evidente, i risultati di una idrocefalia congenita, la sindrome di Marfan, una grande cicatrice che deturpa il viso da uno zigomo all’altro e agenasina – ovvero nascere con quattro dita invece che cinque- della mano destra.»

Sia Aiko che Kuki si sporsero in avanti analizzando tutte le fotografie, dagli occhi azzurri e marroni del russo fino alla mano malformata di Reiko Mashima. Il solo che avevano notato, eccetto ovviamente il cranio irregolare del piccolo Watabe, era stato il volto sfigurato di Hernandez.

«Cerca di rendere eterno un singolo istante di imperfezione» sussurrò pensierosa la giovane donna, sovrappensiero.

Il signor Huang tornò a sedersi composto con un mezzo sbuffo mal contenuto «Questo sta a voi scoprirlo. Non c’era però un chirurgo plastico fra gli indiziati? Una persona del genere ha sicuramente l’occhio giusto per notare un simile dettaglio. Anche un cieco lo noterebbe, in effetti, ma a quanto pare non gli agenti del ccg. Mi chiedo come facciate a fermare i ghoul…»

«Il dottor Shinya» lo fermò Urie, desideroso di levarsi dalle scatole, prima di iniziare a raccattare le fotografie, che avrebbe poi riordinato una volta a casa. Quella sì che era una buona pista, magari un po’ campata in aria, ma era la cosa più concreta a cui potevano ambire al momento. «Dobbiamo interrogarlo di nuovo. La ringrazio per la collaborazione dottor Huang, buona giornata.»  passò tutta la documentazione alla collega che la ficcò in una tracolla mentre si alzava, avviandosi per prima verso l’uscita dopo un breve inchino al professore. Urie notò che stava lasciando la valigetta con la quinque lì, così prese Inazami e si inchinò a sua volta, seguendola.

La loro permanenza, però, non sembrava terminata.

«Fermati un minuto e chiudi la porta, Aiko-kun

Il tono con cui il dottor Huang lo disse non era carezzevole, tutt’altro. Quello era un ordine bello e buono, che inchiodò la giovane sull’uscio. Non rispose, passò semplicemente la tracolla a Urie, che invece doveva uscire, chiudendo poi la porta di fronte a lui e tagliando così il loro contatto visivo.

Tutto era successo in silenzio e il volto granitico di Masa lo aveva lasciato molto confuso e pensieroso. Quasi preoccupato. Lei aveva paura. Glielo aveva letto nelle iridi gialle, nella mano che gli aveva porto la borsa tremando e nel modo in cui aveva quasi inconsciamente morso il suo labbro inferiore affondandovi i denti troppo forte.

Si accostò alla porta, cercando di sentire qualcosa, ma oltre di essa non provenne nessun suono. Trattenne il respiro nel tentativo di captare una parola o un gesto, ma niente.

Il silenzio insistette.

Quando l’uscio si aprì di nuovo non si ritrovò di fronte Masa, ma il professore. Piantò gli occhi gelidi in quelli di Urie, che non mostrò pentimento dall’essersi fatto scoprire ad origliare. Fece giusto un passo indietro, sfidandolo apertamente a dire qualcosa. Questi però si mise di profilo, facendo passare l’investigatrice che seppur pallida come un cencio, sembrava stare bene.

Lei sfilò accanto all’uomo alto, accostandosi a Urie per riprendere la sua valigetta. Guardò Huang come in cerca di approvazione e lui fece un veloce cenno del capo, guardando poi di nuovo l’altro agente.

«Buon viaggio di ritorno, Urie.»

Quando la porta si richiuse nuovamente, Masa era già in fondo al corridoio.

Fece di tutto per non far sì che il collega si accorgesse di niente durante il viaggio in auto, ma lui aveva notato con che discrezione andava a tenersi il polso destro. Si domandò quanto grande fosse il livido che le aveva fatto venire Huang afferrandola con cattiveria, ma non le chiese niente. Non le disse che lo aveva capito.

Tanto sarebbe sparito da solo grazie al prodigioso modo di guarire dei Quinx.

Era convinto che quelli non fossero affari suoi.

 

 

 

 

Masa aveva sentito parlare della caffetteria nella quale i Quinx solevano radunarsi, ma non era mai entrata al :re prima di quella mattina.

Urie l’aveva portata lì una volta concluso il colloquio con Huang, convinto che farle fare di nuovo colazione avrebbe salvato entrambi dall’impiccio di vederla svenire. Aveva parcheggiato poco lontano dal locale e poi avevano camminato fianco a fianco fino ad esso, in silenzio. Aiko non ci stava nemmeno provando ad avviare una conversazione, ma alla fine quella era la prassi. Nessuno dei due era particolarmente amichevole di prima mattina, quindi si limitarono a sfilare lungo il marciapiede godendo della temperatura mite nonostante fosse fine gennaio. Il sole illuminava la città di Tokyo e baciava i loro visi, rendendo sopportabile il clima invernale.

Una volta entrati nel bar si ritrovano di fronte la figura imponente del signor Yomo, che stava servendo un paio di cappuccini a una coppietta. Urie lo salutò con un cenno, mentre Masa con un pallido sorriso, mentre entrambi prendevano posto ad un tavolino vicino alla modesta vetrata. La mano della mora corse al menù, mentre i suoi occhi si puntavano sulla vetrinetta dei dolci e adocchiavano una torta al cioccolato dall’aspetto delizioso.

«Che posto carino.»

«Sasaki lo adora.»

Ripiombare di nuovo nel silenzio fu semplice. Masa non sembrava dell’umore e Urie un po’ si sentì in colpa per non averle chiesto come stesse dopo quella manciata di minuti da sola con Huang. Aveva smesso di tenersi il polso, certo, ma il viso rimaneva emaciato e stanco. Aveva sottovalutato il fatto che fosse una donna? Forse lo aveva fatto, ma Aiko Masa aveva a disposizione un kagune, uno anche abbastanza portentoso a sentire Aizawa, che poteva utilizzare per levarsi da ogni impiccio. Per questo e per un’altra serie di motivi meno intelligenti non le aveva chiesto nulla. Era un’investigatrice,  era armata. Poteva liberarsi da quella grana senza che Urie si mettesse fra lei e la sua vita privata, quindi insistette nel non parlare della loro esperienza.

«Dovremmo chiedere il trasferimento nell’undicesima per indagare più a fondo su Shinya.» brontolò con tono basso il giovane, attirando l’attenzione della compagna che stava spiando il cellulare. Masa lo fece ricadere nella tasca quando l’altro proseguì «Non so nemmeno a che squadra è stata assegnata.»

«Okada e Miura» rispose prontamente Aiko, passandosi una mano dietro al collo, lasciato scoperto dal taglio corto «Lo so perché la squadra Hirako ha lavorato molto lì, per colpa del Caso Aogiri

Urie assottigliò gli occhi «La tua vecchia squadra aveva in carico di indagare sull’Aogiri

«Lo fanno ancora, come tutte le squadre della S3 di Arima

Quell’informazione doveva essergli in qualche modo sfuggita. Loro, a quanto ne sapeva, non lavoravano al caso Aogiri, nonostante la squadra Mado a cui facevano capo fosse anch’essa sotto le direttive del classe speciale Arima.

«Allora forse dovremmo chiedere anche al tuo vecchio capo se ha qualche informazione .»

Dopo il coinvolgimento di Ito, l’idea di avere anche Take a gironzolare per lo chateau lo disturbava un po’, ma qualsiasi informazione poteva diventare improvvisamente molto preziosa. Si era sentito un inetto di fronte al professor Huang, come se avesse sempre vissuto con un enorme paraocchi. Non si sarebbe fatto cogliere impreparato mai più, ma non solo. Si era sentito in difetto, come se la sua sete di gratificazione fosse più forte della voglia di portare un po’ di pace alla famiglia delle vittime.

Era vero, era così, non poteva negarlo a se stesso.

Non era una brava persona a quei tempi, Kuki Urie, ma aveva comunque una coscienza e chiudere un caso in modo dignitoso sarebbe stato importante.  Parlare con Hirako aveva quindi la precedenza.

Masa però non gli rispose e quando alzò gli occhi su di lei per capire cosa non andasse di nuovo, la collega non lo stava nemmeno calcolando. Fissava con intensità spaventosa la cameriera del :re,  come se in quel viso dolce semi nascosto dai capelli azzurri vedesse qualcosa che solo lei poteva captare.

La cameriera, del resto, non palesò nervosismo. Se mai, curiosità. «Smettila di comportarti come una psicopatica con tutti» la riprese scocciato, prima di sospirare «Scusala, Kirishima. Non so cosa le prende oggi.»

«KirishimaMasa ripeté il nome della ragazza, pesandolo sulla lingua, prima di sorridere sinceramente. Il primo sorriso decente della giornata «Ti chiedo di perdonarmi!»

«Non importa» fu la risposta posata di Touka, che prese il blocchetto dalla tasca, pronta per le ordinazioni «Un nuovo membro della squadra?» chiese, per educazione.

Aiko annuì «Fresca di nemmeno una settimana, in effetti. Mi porteresti un caffè americano e una fetta di quella torta al cioccolato? Sembra deliziosa.»

«Per me un caffè nero.»

Touka sorrise ad entrambi «Arrivo subito, investigatori.»

Urie attese lo stretto necessario per vederla allontanarsi, prima di sporgersi di nuovo verso la sua partner «Hirako

«Ho capito, Cookie. Dopo lo chiamo e gli chiedo di vederci. Felice?» si lanciarono una lunga occhiata, poi Urie si allungò scocciato verso il tavolo accanto per rubare un giornale e iniziare a leggerlo. Masa, da parte sua, prese ad aggeggiare con il cellulare. «Lungi da me il volerti mettere a disagio» gli disse poi di punto in bianco, attirando l’attenzione dell’altro, che abbassò il quotidiano per guardarla «ma c’è una donna in fondo al bar che sta continuando a fissarti.»

Touka appoggiò le loro ordinazioni sul tavolo e mentre la ragazza si dedicava del tutto al suo dolce, Kuki si voltò per niente discreto. Poi sbuffò e tornò a girarsi.

«Un po’ grande per essere una tua ex. Bella camicia a sbuffi…»

«Lascia perdere. È una giornalista, una abbastanza pedante. Ignorala.»

Prendendo un sorso della sua bevanda, Urie cercò di non pensarci su troppo. La prospettiva di iniziare una lunga conversazione con Shukumei non era allettante per niente. Doveva già fare da balia a Masa.

Non ebbe comunque nemmeno la grazia di poter terminare il suo caffè. Moleste, un paio di dita corsero da una spalla all’altra del giovane agente, mentre Shukumei sfilava accanto al suo tavolo per avviarsi all’uscita. L’occhiata che gli lanciò era eloquente. Sapeva che era una battaglia persa in partenza e giusto per evitarsi la grana di ritrovarsela dietro mentre faceva jogging, si alzò.

«Torno subito.» disse alla collega che sorrise divertita e smaliziata, non prendendo nemmeno il trench.

Seguì la donna fuori, dove lei lo stava aspettando «Ciao Urie.»

«Cosa vuoi, Mei

Un sorrisetto piegò le labbra della donna, che si sporse appena verso di lui «So che stai lavorando al caso Embalmer

Lo sapevo. Trattenendo a mala pena un’imprecazione fra i denti, Kuki assottigliò gli occhi in una muta minaccia «Abbiamo un patto» le ricordò «Niente domande sui casi ancora aperti.»

«Questo però è aperto da quindici anni» gli fece notare lei «Tu ne avevi tre, al tempo della prima vittima, no? Rischia di non venire mai chiuso. Almeno dimmi qualcosa di piccolo che posso sbattere in un trafiletto.»

Lui parve pensarci attentamente, poi tornò a guardare attraverso la vetrata del bar «Diciamo solamente che stiamo rivedendo qualche vecchia pista già battuta. Fattelo bastare per ora.»

«Un po’ misero. Sei a un appuntamento, comunque? Molto carina la ragazza.»

Urie le lanciò un’occhiataccia, pronto a rispondere nel peggior modo possibile, ma ciò che accadde nel locale lo distrasse un po’. Kirishima si era avvicinata a portare via il piattino ormai vuoto e ben ripulito dalla torta, ma aveva versato un bicchiere d’acqua che era sua intenzione offrire a Masa. Il motivo non pareva chiaro, ma Aiko doveva averle detto qualcosa di strano per farla distrarre così tanto. Non solo. Sul viso di Touka si era congelato il sorriso, sostituito da un’espressione da prima di panico e poi, lentamente, sempre più a disagio mentre l’investigatrice donna si scusava, muovendo le mani di fronte al volto per farle intendere che non era sua intenzione creare quella situazione.

«Non è un appuntamento, quella è la mia partner e ora devo andare a impedirle di farci estromettere da questo bar per sempre.»

Mei lo guardò con una strana espressione. Fissò Masa attraverso gli occhi nocciola, prima scostare i capelli castani dal viso, portando una ciocca dietro al’orecchio. Sembrava quasi che stesse pensando a qualcosa che proprio non le piaceva. «La tua partner, eh? Non era in squadra con Kuramoto

«La conosci anche tu, ora?!»

Mei ridacchiò «No, ma l’ho vista con lui qualche volta.»

Urie ci rinunciò. Masa portava solo delle grane, comportandosi da pazza. Non gli ci voleva molto a credere che fosse riuscita ad attirare anche l’attenzione della giornalista. Alzò la mano e salutò Mei, che ricambiò con un cenno del capo e una pacca veloce sulla spalla e rientrò.

«Smettila di fare danni» riproverò subito Masa, prendendo nuovamente posto di fronte a lei.

Lei, per risposta, ridacchiò. Quanto meno, aveva ripreso colore.

 

 

 

Dopo aver passato un intero pomeriggio a compilare scartoffie per la richiesta di trasferimento nell’undicesima circoscrizione, Kuki si sentì sollevato nell’aprire la porta di ingresso dello chateau. Appoggiò con cura la valigetta nel suo scomparto, notando che quello sotto di proprietà di Masa era pieno. La sua partner doveva essere tornata dal colloquio con Hirako Take prima di lui, cosa che gli fece presagire che forse aveva poco o niente in mano.

Poco male, ci avrebbero lavorato.

Appese il suo trench e si avviò in salotto, tenendo fra le mani il portatile che aveva sfilato dallo zainetto nero che aveva portato con sé in ufficio dopo pranzo. Visto che con Huang, il giorno precedente, avevano avuto qualche sviluppo positivo e che per inoltrare certe richieste c’era bisogno di tempo, aveva dormito anche lui un paio di ore in più, per poi sfiancarsi di allenamenti in palestra.

La casa deserta lo aveva aiutato molto a rilassarsi.

Purtroppo non era più così.

La situazione era mutata radicalmente, visto che al tavolo della cucina sedevano Mutsu, Shirazu e Saiko, mentre a spignattare come suo solito c’era Sasaki.

«Oh, sei tornato!» fu l’osservazione che Urie definì arguta nella sua mente. Rispose ad Haise con un cenno, andando ad appoggiarsi col portatile poco lontano da loro, ma pur sempre a un paio di posti vuoti di distanza.

«Masa è tornata presto?» chiese per amore di conversazione e per avere le notizie che lo interessavano. Non aprì il laptop, perché la risposta di Shirazu non gli piacque affatto.

«Non è proprio uscita.» gli fece sapere questi, appoggiandosi fiacco al polso col mento, deluso dal fatto che Haise avesse scelto Saiko per gli assaggi. «Dovevo accompagnarla io in moto, ma ha detto che Take le ha faxato tutto quanto e non ce n’era bisogno.»

Kuki sbuffo. Tipico di Masa, non alzare il culo dal divano «Ne parleremo a cena.» liquidò la conversazione velocemente Kuki, cercando di aprire il portatile. Di nuovo, un’informazione sgradita lo fece bloccare.

«Masa non cena a casa» gli fece sapere Sasaki col tono di una mamma in pena.

Saiko ridacchiò «Esce con Kuramoto

La reazione di Urie fu strana. Inizialmente si limitò a guardare negli occhi Saiko come se cercasse una motivazione per continuare a respirare, per poi alzarsi di scatto, facendo strisciare la sedia sul pavimento. «Inaccettabile» fu il suo solo commento, mentre tutti sospiravano.

«Urie, lasciala stare» gli disse Shirazu, scuotendo il capo.

«Abbiamo un caso aperto e questa va a divertirsi?»

Sasaki gli puntò contro il mestolo, cercando di intimidirlo dall’alto dei suoi dieci centimetri secchi in meno. Come se poi l’altezza fosse un problema e non lo fosse il grembiulino a fiorellini «Dovresti uscire anche tu! Il vostro caso non è freddo, è congelato. Prendervi una serata ti farebbe solo bene.»

Non gli diede retta. Arrivò fino alle scale, pronto a contrattaccare che era proprio per quello che avrebbero dovuto fare le ore piccole sui verbali forniti da Hirako, quando il ticchettare delle scarpe alte di Masa che scendeva le scale lo distrasse.

Seppur non si fosse mai detto un gran donnaiolo, anche Urie dovette per forza ammettere che la ragazza aveva delle gambe davvero belle. Chilometriche, magre e messe in risalto dalla gonna corta dell’abito sbrilluccicante che indossava. Come se non bastasse la scarsa metratura del tessuto, anche gli stivali alla coscia facevano la loro parte.

Lei lo guardò sorpresa, sistemandosi la borsetta nella mano.

Si era anche truccata per bene. Non sembrava nemmeno lei.

«Puoi spostarti, Cookie? Mi intralci.»

Bastò quella provocazione per riportarlo sulla terra, più irritato di prima «Cosa stai facendo?! Abbiamo un caso aperto.»

Esasperata, la donna sospirò «Urie. È venerdì sera.»

Quella che sembrava una scusa perfetta per tutti, non lo era per il ragazzo. Schioccò  un’occhiata di fuoco alla collega, che però non sembrava disposta a negoziare. Saiko, che li aveva raggiunti insieme a Shirazu per godersi la scenetta, ridacchiò «Noi li raggiungiamo dopo cena.» disse facendo anche un cenno al caposquadra «Perché non ti unisci?»

«Non credo vorrà farlo…»

La frase di Masa rimase a penzolare nell’aria senza una chiara spiegazione. Il campanello trillò e fu Yonebashi e buttarsi all’uscio per aprire «Kuramoto!» sbraitò praticamente il nome del biondo, buttandosi ad abbracciarlo mentre una terza figura, non prevista, entrava nella casa con un sorriso.

«Ciao, Urie.»

«…Kuroiwa…»

Takeomi. Perfetto.

«Sai, volevo parlarti di una cosa, posso?»

Sempre meglio.

Kuki si spostò verso la zona dei divani, tenendo stretto al petto il computer e combattendo contro l’impulso di spaccarglielo sopra a quella faccia dalle sopracciglia eccessivamente cespugliose.

Cosa voleva da lui?

Takeomi però non si era minimamente accorto del fastidio. Era troppo intento a sorridere e salutare Mutsuki e Haise, rimasti nella zona cucina come a cercare di scappare timidamente a quegli intrusi così festosi, per rendersene conto.

«Scusa se ti disturbo» iniziò con quella sua nauseante buona educazione. Nauseante per Urie; il resto del mondo pareva amarlo «Volevo parlarti un attimo di Masa» continuò con fare cospiratorio, assottigliando la voce e chinandosi verso di lui, riuscendo ad infastidirlo ancora di più «So che siete partner e vorrei chiederti un favore…»

«Takeomi!» fu proprio Aiko a chiamarlo, mentre si sistemava la giacca di pelle sulle spalle, usando già Ito come porta borsa mentre questo parlava animatamente con Shirazu e Saiko di Dio solo sa cosa «Dobbiamo andare! Lo sai che Suzuya alle undici va a letto e vogliamo salutarlo!»

«Come non detto» il perfetto Kuroiwa sorrise rassegnato, prima di voltarsi di nuovo verso il suo interlocutore «Sarà per la prossima volta, ok? Passa dall’ufficio della squadra Hirako appena puoi.»

«Certamente» Perché dai per scontato che sarò io quello libero e non tu? Guarda che io lavoro «Contaci.» Idiota scimmione «Buona serata.»

«Ti chiederei di raggiungerci dopo» gli fece sapere Masa, appoggiandogli una mano contro la fronte e spingendolo lievemente per il solo gusto di infastidirlo «Ma rovineresti l’atmosfera con quest’espressione da becchino. Ci vediamo domani mattina.»

Per risposta, Kuki assottigliò gli occhi «Io parto per l’undicesima alle nove meno un quarto, che tu ci sia o meno.»

Lei gli fece l’occhiolino.

«Potrei mai mancare?»

Haise non riuscì a comprendere cosa successe per prima, se la porta a richiudersi dietro i tre in festa o Urie a infilarsi su per le scale, sparendo nei meandri oscuri della sua stanza. Si sporse per le scale per adocchiarlo e chiedergli se aveva o no intenzione di cenare, ma decise di non sprecare la voce, tornando al tavolo dove il resto dei Quinx si era tornato a sedere in blocco.

«Almeno sembrano andare d’accordo» commentò con un piccolo sorriso Mutsuki, che di lì non si era schiodato minimamente.

Saiko alzò le spalle, tornando al suo lavoro di assaggiatrice «Più sale» commentò dopo aver masticato con gusto il riso, tornando poi a dedicarsi alla questione «Se Masa non lo ammazza. Urie è passivo aggressivo, difficilmente farà qualcosa di più. Voglio dire, non si viene nemmeno a lamentare dalla mamma.»

«Ucciderlo?»  Shirazu alzò un sopracciglio, prima di batterle una mano piano sul capo, esattamente in mezzo ai due codini «Saiko-chan non ne capisci molto di affari amorosi, vero? Uriko e Masa hanno attorno una tensione sessuale tale da rendere l’aria dello chateau irrespirabile. Finiranno a letto in breve, ve lo dico io.»

Mentre Mutsuki lo guardava parecchio dubbioso, indeciso se renderlo o meno partecipe del fatto che probabilmente Masa era attratta dalle donne – cosa che aveva percepito dalla loro conversazione qualche giorno prima – ci si mise anche Sasaki.

«Secondo me potrebbero innamorarsi!» la sua vena romantica si palesò. Sventolò il cucchiaio di legno sotto al naso del suo caposquadra, «Io non vedo attrazione sessuale, ma solo potenziale per una bellissima storia d’amore.»

«E da dove viene tutta questa esperienza, Sasan

Mentre Haise avvampava, Mutsu ci provò «Ragazzi-»

«Scommettiamoci su metà stipendio!» a troncare ogni discussione, ci pensò Yonebashi. Unendo le mani sotto al mento come il cattivo di un fumetto, per giunta «Io dico che lei lo prenderà a mazzate, Shirazu che diventeranno amici con benefici e Sasaki che scoccherà la scintilla amorosa. Chi vince, si becca metà degli stipendi di chi perde. Tu partecipi, Mucchan

Tooru la guardò, prima di ridere. I tre, perplessi, lo fissarono «Scusate» si difese quindi, certo delle sue convinzioni: Masa era attratta dalle donne e forse era addirittura fidanzata. Non voleva però rovinare il gioco o scommettere con quella consapevolezza. Senza contare poi che era stata una confidenza, quella di Aiko, e che non la voleva spiattellare.

«Io passo. Divertitevi.»

Shirazu allungò la mano sulla quale si appoggiarono quelle di Haise e di Saiko. «Scommessa accettata!»

 

 

Continua.

 

 

 

 

 

---------N.d.A--------

 

Chiedo profondamente scusa per il ritardo nell’aggiornamento. Per farmi perdonare, ho fatto un capitolo più lingo.

Non mi bando in ciance e ringrazio Maia per aver betato, così come Virgy per il commento.

Grazie anche a chi solo mi legge e mi ha inserita nei preferiti o nelle seguite.

Passate un bel weekend!

 

C.L. 

 

 

 

 

  
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