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Autore: Mrs Montgomery    28/01/2017    2 recensioni
Piemonte, 1778.
Il duca Andrea Pietrarossa fa ritorno in patria. In seguito alla morte del padre deve occuparsi degli affari in sospeso e questo lo conduce dal marchese Guerra, il quale è in procinto di risposarsi con un’amica d’infanzia del duca. Alla tenuta del marchese incontrerà Giulia, sua figlia, appena tornata da un lungo soggiorno a Verona.
Giovane, ostinata e dall’anima ribelle, Giulia si scontrerà con l’altezzoso duca, sebbene egli si dimostrerà l’unica persona in grado di aiutarla nella ricerca della libertà.
Malate passioni, verità nascoste, feste mondane e perfidi intrighi uniranno lo sfrontato duca Andrea Pietrarossa e l’indomita Giulia Guerra fino a far sbocciare quel potente sentimento che abbatte ogni ostacolo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Il fiore sabaudo



Capitolo 2
Un incontro scoppiettante

 

BAM!
Uno sparo e gli uccellini, che stavano appollaiati sul ramo dell'alto albero, volarono via. La marchesina Giulia abbassò il fucile e aprì bene gli occhi per osservare la preda abbattuta. Malauguratamente per lei e fortunatamente per quella balzante lepre, il proiettile colpì una grossa radice che sbucava dal terreno.
«Maledizione!»
Giulia alzò gli occhi al cielo e si preparò per cacciare la sua prossima preda. Se c'era una passione che era nata in lei, proprio durante la permanenza a Verona, era la caccia. Quel divertimento, che per eccellenza dominava nelle corti più sfarzose e nelle famiglie nobili, l'aveva aiutata a superare un momento che aveva sempre creduto insormontabile. La morte della madre, la tentata violenza da parte di Adriano e la seguente sfiducia da parte di suo padre fecero sì che quella fanciulla di quattordici anni si chiuse in se stessa.
Il trasferimento non le giovò immediatamente. Durante i primi giorni si espresse a monosillabi e di un sorriso non se ne vide l'ombra per mesi. Il barone Piacentini e sua moglie furono costernati dal comportamento della nipote e immensamente dispiaciuti. Tentarono di coccolarla, non facendole mancare un'ottima educazione, e sebbene i risultati di Giulia fossero buoni, c'era qualcosa che non andava nel suo animo. Nessuna festa, nessun ricevimento, nessuna nuova conoscenza riuscirono in qualche modo a placare ciò che d’infausto albergava nella giovane.
Incredibile come quella situazione cambiò in uno dei giorni in cui Giulia accompagnò suo nonno a caccia, dopo essersi ritirati nella tenuta di campagna. Fu in quell'occasione che, presa alla curiosità, Giulia afferrò uno dei tanti fucili del nonno e provò a sparare. La sua preda non fu un animale indifeso, a lei non era mai piaciuto far loro del male, semplicemente voleva vedere cosa si provava a tener una grossa arma in mano e premerne il grilletto. La sensazione che provò fu estasiante e non perchè in realtà nascondeva un animo sadico, bensì perchè di fronte a sè immaginò che fosse apparso Adriano, il dominatore degli incubi che le impedivano di dormire serenamente.
Giulia lo uccise.
Nella sua immaginazione uccise Adriano e questo, seppur fosse stato tutto frutto della sua mente, sembrò risvegliarla. Non ebbe più alcun incubo e persino i suoi nonni notarono un cambiamento positivo nel suo comportamento. Il vecchio barone credette che l'arte della nobile caccia avesse risvegliato il leone dal letargo e per questo portò sempre con sè la nipote. Le insegnò ad utilizzare il fucile e fu impressionato di come Giulia imparasse in fretta, per quanto non furono poi così molte le prede che abbatté.
La caccia l’aveva aiutata ad allontanare le sue paure, specialmente perché ogni volta che colpiva un animale, pensava che quell’animale fosse Adriano. Era più che intenzionata a passare gran parte delle sue giornate in quella maniera o a cavalcare per le radure.
Avrebbe soggiornato alla tenuta il minor tempo possibile. Almeno all’aria aperta poteva sfogarsi e sentirsi un po’ più libera, sebbene era come se fosse legata con una catena a quel luogo che le toccava chiamare “casa”.
«Eccoti» mormorò Giulia osservando la lepre che lentamente si fermava vicino ad un cespuglio di bacche.
Levò il fucile all’altezza della sua spalla, inclinò il capo e ridusse lo sguardo, prese le mira e si preparò a premere il grilletto. Stava per abbattere l’animale e in quel momento accadde… Giulia udì uno sparo che non apparteneva al suo fucile. Sbuffò col naso e alzò immediatamente il capo, scorgendo una presenza avvicinarsi a quella che doveva essere la sua preda.
Il viso di quel guastafeste era ignoto. Giulia vide solo delle spalle vigorose e dei capelli scuri legati blandamente da un fiocco. La giovane nobile lo fulminò con lo sguardo, afferrò un lembo della sua gonna e camminò velocemente verso quell’individuo. Era pronta a dirgliene quattro!
Quell’uomo si voltò non appena sentì le foglie esser calpestate da un passo assai pesante. Egli corrugò la fronte, probabilmente indispettito quanto lei per esser stato disturbato, ma quell’espressione corrucciata mutò non appena i suoi occhi si posarono sul viso fanciullesco della ragazza.
«Grazie tante! Avete fatto fuggire la mia preda!»
«Senti, senti, che carattere!» esclamò lo sconosciuto, mostrando un sorriso divertito. «Perdonate, ma non siete un po’ troppo femminile per andare a caccia? Non sarebbe meglio se fosse un uomo ad occuparsi di procurare cibo alla vostra famiglia?»
Giulia strizzò gli talmente tanto che presero la forma di due strette fessure. «Non sono certa se ad offendermi sia la vostra misoginia, oppure il fatto che mi avete scambiato per una volgare serva della gleba!»
«Mi volete far credere che siete veramente una nobile?» domandò lo sconosciuto non riuscendo proprio a trattenere una risata divertita che imbestialì Giulia. La permalosità spiccava come tratto caratteriale. Capì subito che quell’altro era uno dei classici nobili sbruffoni e ciò le provocava talmente tanto nervoso che la fronte le si riempì di rughe. Quella reazione fece capire all’uomo che si era decisamente sbagliato. «Scusate se vi ho offeso, signorina. È che… il vostro aspetto non pare proprio quello di una dolce nobildonna».
Lì Giulia non potè proprio ribattere, per com’era conciata, chiunque avrebbe potuto scambiarla per una popolana. Innanzitutto i suoi abiti erano semplici e tutt’altro che sfarzosi, del resto non poteva cacciare nei boschi rischiando di rovinare pezzi d’abito che valevano quanto un cavallo purosangue. Immaginava che i suoi capelli non fossero ordinati, non si sarebbe stupita se quando si sarebbe mirata allo specchio avrebbe trovato qualche foglia incastonata fra i suoi ricci.
«Molto bene!» esclamò la giovane, mettendosi in spalla il fucile. «Ora che abbiamo asserito che io sono una nobile e voi un chiacchierone, direi che possiamo anche andarcene ognuno per la propria strada. Addio!»
«Aspettate! Non mi volete nemmeno dire chi siete?»
«Scordatevelo! Ho già commesso un errore parlandovi, poiché siete uno sconosciuto, figurarsi se vi rivelerò il mio nome!»
«Dunque permettetemi di presentarmi, così non saremo più degli sconosciuti» disse parandosi di fronte a lei. «Sono il duca Andrea Pietrarossa, al vostro servizio» continuò prendendole la mano per porvi il galante baciamano. Non scostò mai lo sguardo da quei grandi occhi verdi.
«Grazie per avermi rivelato il vostro nome. Vi siete mostrato molto cordiale» disse la ragazza utilizzando una sfacciata ironia e poi lo sorpassò con molta naturalezza.
Andrea rimase attonito. Solitamente quella era una tattica di cui profittavano le donne di corte per attirare l’attenzione di un uomo, ma il duca non faticò a capire che, il comportamento della donzella, appena conosciuta, non faceva parte di alcuna tattica e nonostante ciò qualcosa in lui si destò. Iniziò a seguirla passo dopo passo.
«E voi non avete intenzione di presentarvi? Erano questi i patti, mi pare».
«Di quali patti state chiacchierando? Voi avete voluto presentarvi, ma ciò non implicava che io avrei fatto lo stesso».
«Si tratta di buona cortesia, mia signora».
Giulia lo ignorò deliberatamente e continuò a camminare in direzione del suo cavallo. I pochi minuti trascorsi con quel tizio le avevano fatto passare la voglia di continuare la caccia.
«Sapete, non ho mai incontrato una giovine con un tale caratteraccio! Vi costa tanto presentarvi come farebbe qualsiasi nobildonna che si rispetti?»
«Intendete dire, qualsiasi nobildonna che vorreste ai vostri piedi» replicò la marchesina.
«Siete veramente insolente! Povero l’uomo che vi sposerà!»
Giulia si voltò con espressione esterrefatta, per quell’affermazione veramente poco educata. «Come vi permettete? E voi vi riterreste un gentiluomo? Povera vostra moglie… sempre se siete riuscito a rimediarvene una».
«Ecco l’unica cosa su cui avete ragione, non ho moglie!»
«E chissà perché non riesco a stupirmi» mormorò Giulia tra sé e sé.
Il duca Pietrarossa rimase a fissarla con quei suoi occhi, talmente chiari da sembrar trasparenti, che Giulia preferì evitar di guardare. La mettevano abbastanza in soggezione. Le pareva di essere sotto tiro e che, da un momento all’altro, da quelle pagliuzze chiare sarebbero usciti dei colpi da fuoco.
Tentò di mantenere il contatto visivo per impedirgli di credere che fosse il genere di ragazza che cedesse. Giulia detestava far credere di essere debole. Non avrebbe mai più permesso a nessuno di abbatterla, anche se si trattava di un battibecco.
«Avete altro da dirmi o mi state seguendo unicamente per recarmi fastidio?»
«È proprio vero che non bisogna credere alle apparenze» replicò l’uomo mentre Giulia era intenta a sciogliere la corda che teneva il suo destriero legato ad un albero. «Apparite così innocua e invece avete la lingua più lunga di un venditore ambulante».
«Sono emozionata da tutti questi bei complimenti. Ne avete altri?»
«No».
«Bene! Dunque non abbiamo più nulla da dirci» gli sorrise furbamente Giulia. «Addio… mi auguro».
La marchesina Giulia salì sul suo destriero e con un colpo di tacco lo incitò a partire. Desiderava allontanarsi il prima possibile da quel luogo e soprattutto da quell'arrogante uomo!
Era tornata da neanche un giorno e non ne poteva più di stare in Piemonte. Per quanto avesse sempre amato immergersi nella natura e bearsi della tranquillità della campagna, iniziava veramente a sentire la mancanza del frastuono della città.
Non l'avrebbe mai pensato, ma le mancava udire il rumore delle carrozze che passavano in strada, le grida dei venditori ambulanti e le risate dei bambini che scappavano dalle loro balie. Insomma, uno dei pochi lati positivi del suo ritorno era svanito!
Sbuffò sonoramente, ripensando a quell'incontro sfortunato che le rovinò un momento in cui tentò di scaricare la tensione. Lanciò una serie di appellativi poco gentili nei confronti di quel pomposo nobile.
«Dannato sia lui e il suo cavallo! Guarda un po' se doveva rovinarmi la caccia. E come si è permesso di parlami in quel modo? Che razza di stolto! Non è affatto un gentiluomo, questo è certo!»
Il cavallo di Giulia galoppava sempre più velocemente, attraversando la radura che apparteneva alla famiglia Guerra da generazioni. La nobile indirizzò il suo destriero verso un sentiero che non l'avrebbe riportata alla tenuta, bensì al borgo che distava pochi minuti da lì. C’era solo un posto in cui nessuno l'avrebbe mai disturbata o infastidita ed era proprio lì che si stava recando.
«Giulia» sussurrò Giacomo non appena aprì la porta di casa sua.
«Posso entrare?»
Il giovane fabbro sorrise teneramente e annuì facendosi da parte per sbloccarle la via.
«Non dovresti nemmeno porre una simile domanda. Lo sai bene che mi fa sempre piacere ricevere una tua visita» disse lui chiudendo la porta e raggiungendola per abbracciarla. Alquanto scandaloso che una nobile del rango di Giulia fosse in un luogo non alla sua portata, con una persona altrettanto non degna delle sue attenzioni.
La dimora della famiglia di Giacomo non era paragonabile alla tenuta di campagna dei marchesi Guerra. Per cominciare non aveva tutte quelle stanze, era già tanto se ne avevano due. I Crespi erano persone comuni, da sempre una famiglia di modesti fabbri.
Giovanna Crespi, madre del ragazzo, era abile nel cucito e ogni tanto ricavava qualche moneta cucendo tende per le famiglie dei borghesi dei dintorni, ma ciò chiaramente non permetteva loro di fare grandi spese. Era già tanto se riuscivano a mettere sotto i denti qualcosa di caldo.
L’enorme differenza sociale che li contraddistingueva era nulla paragonato al profondo affetto che intercorreva tra Giulia e Giacomo. Il passato sembrava essere ciò che sanciva il loro legame, in realtà erano il presente e il futuro che li avrebbero tenuti uniti fino a quando non avrebbero esalato il loro ultimo respiro.
«Posso offrirti…» stava per domandare il giovane Giacomo, ma si fermò.
Che cosa mai poteva offrire ad una nobile, la quale era abituata a qualcosa di meglio che vino scadente e pane nero?
«Ehm… s-siediti pure qui» le disse frettolosamente, indicandole una sedia sulla quale ci poggiò sopra un panno pulito.
Giulia gli sorrise cortesemente. Era sempre stato premuroso nei suoi confronti e, per quanto la riguardava, rispettava fin troppo il protocollo, ma ella non obiettava mai più del dovuto. La ragazza sapeva che per Giacomo alcuni atteggiamenti erano importanti e ne conosceva i motivi.
«Giacomo, potresti offrirmi un pezzetto di pane?»
Il palato di Giulia era abituato a tutt’altro cibo o se proprio il pane era sempre fresco e caldo, ma in quell’occasione non era stata la fame ad averla spinta a porgli quella richiesta. Era solamente un gesto gentile che rendeva felice Giacomo.
Il fatto che lei gli domandasse un pezzo di pane, era come chiedergli qualcosa che concretamente poteva donarle. Strano e insensato, avrebbero affermato in molti, eppure Giulia otteneva sempre una conferma di quella sua teoria quando vedeva il sorriso di Giacomo allargarsi sempre di più.
«Posso domandarti come è stato il tuo rientro a casa?»
Erano seduti a tavola da qualche minuto, rimanendo sempre in silenzio, quando Giacomo le porse quel quesito. Giulia si pulì le mani sul suo fazzoletto e alzò lo sguardo sul ragazzo.
«Ho ricevuto la magnifica notizia che la mia permanenza qui sarà più lunga del previsto».
«Più lunga? E di quanto?»
«Diciamo… per sempre».
«Questo è meraviglioso!» esclamò Giacomo, prima di accorgersi quanto egoisticamente fosse stata la sua gioia. «Perdonami, io non intendevo…» sospirò sentendosi un emerito idiota. «Il rapporto con tuo padre non è migliorato, vero?»
«Poche ore non possono cancellare ciò che è successo in passato e comunque non credo di essergli mancata in questi tre anni. Potrei affermare con certezza che preferirebbe tenermi lontana da lui e dalla sua borghesotta. Ecco perché non capisco la mia presenza qui… o meglio, capisco che devo partecipare al loro matrimonio per salvare le apparenza, ma perché non mi può rispedire a Verona subito dopo la cerimonia?!» scalpitò la giovane nobile.
Era perennemente imbronciata.
«Il marchese Pietro ti vuole qui perchè sei sua figlia. Nonostante tutto ciò che è accaduto, desidero credere che ti vuole bene e… e forse ha pensato a lungo in questi anni. Magari sa di aver commesso un errore, però l’orgoglio gli impedisce di ammetterlo» tentò di farla ragionare Giacomo, credendo in ciò che stava proferendo e anche Giulia notò la sua sincerità. «Io penso che un uomo possa sbagliare molte volte e in tanti modi diversi, ma che per chiunque arriva il momento in cui si rende conto dei propri errori e si tenta di rimediarvi. Tuo padre non sarà l’uomo più caloroso di questo mondo, ma tu sei sua figlia e avrai sempre uno spazio nel suo cuore».
«Giacomo, detto con molta onestà, a me sembra che tu stia parlando di te stesso» affermò Giulia senza esitazione, fissandolo in quegli occhi buoni e pieni d’amore. «Tu sei un ragazzo buono, con dei valori e dei principi forti. Mio padre non ha esitato a credere alla sua concubina, invece che a sua figlia. Ricordo bene il suo sguardo in quel giorno a me tanto infausto e non c’era alcun dubbio sulla verità. Lui credeva che una fanciulla di quindici anni era stata dominata dalla lussuria. Io che non ho mai dimostrato malizia in nulla. Quell’uomo è un ottuso e un ignorante! Ha soppiantato quel minimo d’affetto che provava per me perché lui è dominato dalla lussuria per quella donnetta!»
Giacomo si lascio andare contro lo schienale della sedia e si passò entrambe le mani sul volto. Ogni parola di Giulia era stata accompagnata da una cieca rabbia e dal dolore di una ferita che non si sarebbe rimarginata mai. Ogni parola aveva colpito Giacomo dritto nel petto, scavandogli una fossa in cui erano immersi tutti i suoi sensi di colpa. Se avesse domandato per un posto di lavoro alla tenuta, tutto ciò non sarebbe successo.
«Non importa che lui sia mio padre. Non si comporta come tale. Al potente marchese Pietro non interessano i legami di sangue e tu dovresti saperlo bene, Giacomo».
Il ragazzo sospirò e non replicò. «Adriano è alla tenuta?»
«Sì e ieri sera è venuto nella mia stanza» rispose Giulia con tono di voce spento.
«Che cosa?!» Giacomo scattò sull’in piedi, facendo scivolare indietro la sedia. Battè ferocemente un pugno sul piano del tavolo. «Quel malfattore! Io... io lo sapevo che dovevo domandare servizio alla tenuta del marchese. Se io fossi lì, ti assicuro che quel bifolco non si avvicinerebbe nemmeno di mezzo passo. Perché non mi hai detto immediatamente cos’era accaduto ieri sera?!»
«Proprio per questa tua reazione» rispose Giulia alzando la voce. Non ricordava il carattere peperino del ragazzo, ma del resto la mela non cadeva lontana dall’albero. «Giacomo, non puoi lasciare la tua famiglia. Tuo padre ha bisogno di te e un giorno sarai tu a prendere le redini della vostra bottega, che seppur piccola vi rende abbastanza per campare».
«Io… io potrei prendere un salario maggiore da tuo padre e continuerei ad aiutare i miei genitori».
«Senza di te, tuo padre dovrebbe assumere un aiuto e i tuoi soldi finirebbero lì. La situazione non cambierebbe, anzi potrebbe peggiorare, dal momento che non li rivedresti così spesso e tu sai quanto ti vogliono bene».
«Questo sì, ma... ci sono cose più importanti. Come credi che io stia sapendo che vivi sotto lo stesso tetto di quell'animale?»
«Giacomo, anche se fossi lì, non potresti far niente contro di lui. Non rientra tra i miei desideri vederti sulla forca».
«Andrei al patibolo a testa alta, se il mio peccato servisse a renderti libera. Non hai idea di quante volte mi sia sfiorata l'idea di punirlo, per ciò che ti ha fatto, ogni volta che mi passava sotto al naso. Lui si aggira per il borgo credendosi il padrone di queste terre. Si pavoneggia nemmeno ne fosse il re!»
«Voglio credere che persone del genere, prima o poi, verranno ripagate di tutto il male che hanno fatto. La resa dei conti arriva per chiunque. È solo questione di tempo, ma arriva» disse Giulia con una tranquillità che sembrò calmare l’animo ruggente del giovane fabbro.
«La permanenza a Verona ti ha resa saggia».
«In realtà mi ha fatto sognare e al tempo stesso mi ha illusa che avrei potuto avere una vita diversa e lontana da qui» disse Giulia abbassando lo sguardo e osservando le sue mani congiunte. «L’unica possibilità che ho per salvarmi è quella di trovare un marito. Il matrimonio può proteggermi e allontanarmi per sempre da Adriano. A Verona c’era un pretendente perfetto, ma come al solito i miei piani vanno sempre in fumo».
Giacomo assottigliò lo sguardo e mise le mani sui fianchi. «E chi era questo pretendente?»
«Non mi vorrai far credere che sei geloso?» sorrise divertita Giulia. «Era un giovane Conte molto affabile, che mi avrebbe trattata bene e non mi avrebbe mai fatto mancare niente».
«E non c’è alcun modo di contattarlo?»
«Onestamente, Giacomo, credo che tutto ciò che ho lasciato a Verona rimarrà a Verona».
Qualcosa sembrò accendersi nel ragazzo. Alzò la sedia da terra e vi si sedette sopra. Era più calmo di prima e un leggero entusiasmo albergava nei suoi occhi.
«Non è detto che ciò che hai lasciato non tornerà! In fondo ciò che hai lasciato in Piemonte è tornato… beh tu sei tornata… uhm sai cosa intendo dire. Potresti scrivere a questo Conte e mantenere una corrispondenza. Se sei sicura che sia la persona giusta per tenerti al sicuro, sappi che ti sosterrò!»
Giulia sorrise raggiante e allungò una mano per carezzargli la guancia. «Sei così caro e sei l’unica persona che sono stata contenta di riabbracciare al mio ritorno».
Giacomo prese la sua mano e la baciò. «Non ti abbandonerò mai, Giulietta» sussurrò utilizzando quel nomignolo che le aveva affibbiato ancora quando erano bambini «e non lascerò mai che qualcuno ti faccia nuovamente del male. Parola mia!»
«Credo che tu sia il regalo più grande che mi sia mai stato donato in tutta la mia vita. Non voglio più separarmi da te».
«E neanche io da te. Rimarremo sempre uniti, me lo prometti?»        
«Lo prometto» sorrise Giulia.
La porta della casupola si aprì proprio in quel momento, ma non c’era nulla di cui preoccuparsi. La madre di Giacomo si mostrò felice nel riveder la figlia nel nobile di quelle terre. Giovanna era una donna che mostrava ancora fascino, nonostante la sua condizione sociale le permetteva poco di sfoggiarlo. In molti al borgo credevano che fosse la sua bontà d’animo a rendere affascinante il suo viso, ormai alterato dal passare degli anni.
«Marchesa Giulia, è un piacere rivedervi!» la donna l’accolse con uno dei suoi più sinceri sorrisi. «Giacomo ci aveva avvertiti del vostro ritorno. Credo che possiate immaginare la gioia del mio giovanotto al sapervi nuovamente a casa. Glielo si leggeva in faccia» ridacchiò mentre Giacomo arrossì di colpo.
«Madre!»
Giulia scoppiò a ridere, vedendolo imbarazzato. «Credetemi Giovanna, anche io condivido la stessa felicità di vostro figlio per essermi potuta ricongiungere alle persone care».
«Vi credo bene» disse la donna passando lo sguardo da Giacomo a Giulia. Era certa che nei precedenti tre anni, il figlio non avesse mai sfoggiato un sorriso così radioso. «Noto dal vostro abbigliamento che siete andata a cavalcare, marchesa».
«Proprio così! Sono uscita dopo pranzo per trascorrere il pomeriggio nella foresta. Mi sono data alla caccia e stavo per catturare una bella lepre, fino a quando un insopportabile duca di non-so-cosa mi ha battuta sul tempo!» sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Rifletté un momento più tardi che la sua palese lamentela era un po’ fuori luogo. Lagnarsi perché un suo passatempo non l’aveva entusiasmata poteva rivelarsi offensivo per coloro che non potevano permettersi passatempi. Giulia avrebbe voluto sbattere la testa sul tavolo per via della sua scemenza.
«Dall’espressione sul tuo viso sembra proprio che ti abbia fatta arrabbiare» la canzonò Giacomo.
«Non hai idea di quanto sia stato irritante. È una di quelle persone che sa farmi andare in bestia rivolgendomi poche parole!»
«Se posso permettermi, marchesina, direi che il vostro caratterino non è variato minimamente» rise genuinamente Giovanna, poggiando sul tavolo il cestino con dentro il cibo che aveva appena comprato. «Mi ricordate tanto qualcuno di mia conoscenza che quando si imbufalisce non sente ragioni».
«Madre! Io ragiono quando sono arrabbiato!» scalpitò Giacomo, mettendo il broncio.
Giovanna si voltò, continuando a sorridere divertita, e osservò i due giovani che stavano di fronte a lei. Rimase un bell’attimo a guardarli in silenzio e il suo sguardo divenne presto lucido.
«Se poteste guardarvi ad uno specchio notereste quanto vi somigliate» sospirò tornando a svuotare il cestino.
La marchesina Giulia e Giacomo si scambiarono uno sguardo nello stesso momento. Le loro espressioni imbronciante si dissolsero, lasciando spazio ad un sentimento dolce che al contempo portò un po’ di malinconia. Entrambi compresero il significato delle parole di Giovanna.
«Credo che si stia facendo tardi. Dovrei tornare alla tenuta» disse velocemente Giulia, recuperando i suoi guanti posati sul tavolo. «Vi ringrazio per l’ospitalità e spero di potervi far visita nuovamente».«Sai di poter venir qui tutte le volte che lo desideri» affermò Giacomo, seguendo ogni suo passo con lo sguardo.
Giovanna si pulì le mani sul grembiule e sorrise alla sua ospite. «È stato un piacere ricevere la vostra visita. Sappiate che Giacomo ha ragione, potete tornare qualvolta voi lo desiderate».
Giulia strinse premurosamente le mani della donna e le rivolse un sorriso grato. «Vi prego di porgere i miei saluti a vostro marito. Spero nella prossima visita di poterlo fare di persona».
«Ne sarà lieto».
«Ti accompagno» disse Giacomo, scortando la giovane nobile alla porta.
Uscirono insieme e scesero le scale, l’abitazione del fabbro stava sopra la loro bottega. Giacomo la fece uscire dal retro, esattamente da dove era entrata, cosicché nessuno poteva vederla e gridare allo scandalo.
«Dove hai lasciato il tuo cavallo?»
«Ho pagato un uomo che sta all’inizio del paese perché lo possa curare e rimanere in silenzio» rispose la ragazza.
«Hai fatto bene» Giacomo diede un’occhiata fuori dalla porta e aspetto che la via fosse vuota per farla uscire. «Mi raccomando, se succede qualcosa, non importa se è notte fonda, ti prego di avvertirmi» sibilò prendendole la mano.
«Giacomo…»
«Giulia, non chiedermi di fartelo promettere!»
Lei sospirò, arrendendosi alla testardaggine del ragazzo. «D’accordo. Tu, però, resta fuori dai guai».
«Io sto sempre fuori dai guai!»
«Mio caro, in questi anni sembra che tu abbia sviluppato una bella testa matta» lo prese in giro Giulia. «Vorrei solamente che non facessi niente di stupido a causa mia».
«Niente è stupido se la causa è buona».
Giulia si arrese e sospirò profondamente. Il coraggio e la buona fede di Giacomo erano da lei tanto ammirate, eppure quel briciolo di paura non parve dissolversi.
«A presto» lo salutò.
«A presto» Giacomo posò un veloce bacio sul dorso della mano della nobile, prima di lasciarla andare.
La marchesina Giulia uscì dal retro bottega e proseguì per il vuoto vicolo, fino a quando non svoltò all’angolo che portava fuori dal borgo, dove l’attendeva l’uomo a cui aveva affidato il suo cavallo. Gli diede altre monete per comprare il suo silenzio e poi montò a cavallo per tornare alla tenuta. Mancavano poche ore al crepuscolo e doveva ancora prepararsi per la cena.
Il giorno prima era riuscita a scamparla utilizzando la scusa della stanchezza per il lungo viaggio, poi riuscì a svincolarsi dal pranzo solamente perché suo padre era uscito per affari, ma alla cena di quella sera non poteva sottrarsi.
Suo padre era rientrato nel pomeriggio e inoltre avevano un ospite alla tenuta, che a quanto pare sembrava molto importante per gli affari del signor marchese.
Per fortuna c’era Gertrude che, al suo ritorno, le fece trovare la vasca piena di acqua calda e sul letto era steso l’abito per la serata. La vecchia balia avrebbe continuato a occuparsi di Giulia fino all’arrivo della cameriera, che la giovane marchesa aveva fatto chiamare da Verona.
«Ha un anno in meno di me ed è molto sveglia» raccontò Giulia, mentre Gertrude l’aiutava a vestirsi. «Possiede un’allegria infinita, sono sicura che illuminerà un po’ questa casa che, detto fra noi, si è spenta da molto tempo».
«L’importante è che questa fanciulla sappia fare il suo dovere».
«Certamente! È più che qualificata, non a caso è stata al mio servizio negli ultimi tre anni. I miei nonni materni l’hanno presa a servizio ancora quando era bambina. Poverina… sai… lei è orfana. Il padre non l’ha mai conosciuto e sua madre, invece, era una delle cuoche del palazzo dei miei nonni ed è morta quando Rosalina aveva dieci anni».
Giulia si intristiva sempre quando ripensava alla storia della sua giovane cameriera. Era certa che fosse per quell’empatia che instaurarono fin da subito, soprattutto per via della perdita della madre e un rapporto assente con il padre. Forse Rosalina era più sfortunata perché non lo conosceva e Giulia si domandava sempre cosa fosse peggio: non conoscere il proprio padre o conoscerlo e avere un rapporto pessimo?
Dal canto suo, la giovane marchesa preferiva la prima possibilità. Lei personalmente avrebbe preferito perdere anche suo padre, piuttosto che avere un legame - se così ancora si poteva definire - come quello che condividevano. Per Giulia era stata una tremenda delusione scoprire che riponeva maggior fiducia in delle persone conosciute da poco, piuttosto che in sua figlia.
«E quando arriverà il nuovo membro di questo castello?»
«Se tutto va bene, entro un paio di giorni. Ho spedito immediatamente la lettera ai miei nonni e mi auguro che provvederanno il prima possibile» rispose Giulia mentre infilava le braccia nelle maniche dell’abito smeraldino. «Non l’ho portata prima con me perché credevo che mio padre avrebbe rimesso te al mio servizio e inoltre temevo che portando subito qui Rosalina, quell’asino, si sarebbe intestardito e l’avrebbe mandata via malamente. Mai vorrei che qualcuno trattasse male la mia Rosalina, specialmente lui!»
«Marchesina, vi prego, non date dell’asino a vostro padre. Se vi sentisse!»
«Io non avrei problemi a dirglielo in faccia, ma non lo farò siccome sono una signora!»
«Naturalmente» le diede corda Gertrude, passando le mani sulla gonna così da darle l’ultima sistemata. «Ecco, siete pronta!»
«Che gioia!» commentò Giulia con tanta ironia.
«Cercate di essere cortese e vedrete che la vostra permanenza sarà più piacevole» le consigliò l’anziana balia, sebbene immaginasse che era come ordinare ad un toro imbufalito di calmarsi. «L’ospite di vostro padre è un signore a modo. Credo che troverete buona la sua compagnia. Con noi servitori si è sempre comportato con molta cortesia, a differenza di altri…»
«Dì pure che Adriano non vi tratta con gentilezza e non è neanche il padrone».
Gertrude preferì tacere. Camminò attorno alla ragazza per vedere se era pronta per lasciare la sua stanza e, dopo un’attenta visione, annuì seriamente. Giulia la ringraziò e poi uscì dalla sua camera da letto. Percorse il corridoio e scese le scale molto nervosamente. Sperava tanto che quella cena durasse poco. Andarsene per prima sarebbe apparso da maleducata, ma forse per seconda nessuno avrebbe ribattuto su nulla. Fece un lungo respiro profondo prima di entrare nella saletta che precedeva la sala da pranzo. Era usanza ritrovarsi tutti lì e poi andare ad accomodarsi a tavola.
Non appena entrò scorse subito la figura esile di Elena, la quale era impegnata a chiacchierare con suo padre. Loro furono i primi ad accorgersi della sua presenza.
«Buonasera Giulia!» la salutò la sua futura matrigna, mostrandogli un gran sorriso. «Vi ricordate di mio padre?»
Il signor Rossini era un uomo in su con l’età, un po’ robusto e non molto alto. Pochi erano i suoi capelli ormai bianchi, ma in compenso teneva una barba che gli copriva tutta la mandibola. Giulia non possedeva un ricordo negativo del banchiere, anzi rammentava che, durante le sue visite, era solito portarle qualche dono.
Nonostante era poco più di una bambina, la giovane marchesa era certa che quei regali non fossero i soliti contentini per ingraziarsela. Nel signor Rossini non scorgeva alcuna malizia, al contrario del figlio.
«Marchesina Giulia, è un vero piacere rivedervi» la salutò con un veloce baciamano. «L’ultima volta che vi ho vista eravate una bambina molto cresciuta e ora… ora siete una donna in procinto di sbocciare».
«Vi ringrazio, signor Rossini» gli rivolse un leggero sorriso. «Avremo il piacere di ospitarvi per qualche giorno?»
«Sfortunatamente no, mia cara. Gli affari mi tengono costantemente occupato!» sospirò pesantemente l’anziano signore. «Partirò domani mattina all’alba. Pensate che, per esser qui stasera, ho dovuto fare i salti mortali, ma del resto non potevo permettere di attendere le nozze di vostro padre per salutarvi!»
Perché i suoi figli non avevano ereditato la spiccata personalità di quell’uomo? si domandò Giulia. In realtà, tra i due, era Elena ad aver acquisito maggiori qualità. Disgraziatamente la scaltrezza non era fra queste!
«Oh! Giulia, eccovi qua!» esclamò il marchese Pietro, abbandonando Adriano e l’ospite che lo seguirono a ruota.
«Marchesina Giulia, siete veramente elegante» disse Adriano, lanciandole uno sguardo languido.
«Vi ringrazio» si sforzò di rispondere gentilmente lei.
Per fortuna suo padre si inserì tra loro e con uno strano sorriso disse: «Mia cara, permettimi di presentarti al nostro illustrissimo ospite!»
La persona in questione avanzò, mostrandosi sotto la luce delle candele, e scaturendo una reazione piuttosto sbalordita nella giovane fanciulla. La marchesina Giulia sgranò lentamente gli occhi, mettendo a fuoco il viso di quell’uomo tanto elegante quanto prestante, e socchiuse la bocca per via della grande sorpresa. Davanti a sé non aveva nient’altri che il pomposo nobile che quel mattino aveva disturbato la sua caccia. Costui non era meno sbalordito di lei, però dopo il primo impatto si formò un sorriso divertito sulle sue labbra sottili.
«Vi siete già incontrati?» domandò Elena, notando quello scambio di sguardi che stava durando più a lungo del previsto.
Fu quell’aitante duca a prendere la parola.
«No. Con tutto il rispetto per vossignoria, non dimenticherei mai un viso delicato come quello di vostra figlia».
La giovane marchesa risultò ancor più sorpresa dal favore che quello sbruffone le fece, fingendo di non riconoscerla. Si era già immaginata di dover discutere animatamente con suo padre e di sopportare le malignità di Adriano.
«Duca Andrea Pietrarossa, mi onora fare la vostra conoscenza» si presentò baciandole la mano.
«Marchesa Giulia Guerra» ricambiò.
«Eccellente! Ora che sono state fatte le dovute presentazioni, possiamo spostarci nella sala da pranzo» annunciò il marchese Pietro, indicando la via con un braccio. «Mia cara, mi accompagnate?» domandò alla sua futura moglie che subito si avvinghiò al suo braccio.
Giulia ebbe paura che Adriano le avrebbe fatto la medesima richiesta. Il solo breve contatto con quell’infame le faceva accapponare la pelle. La buona sorte sembrò sorriderle nuovamente quella sera e, prima che Adriano le rivolgesse parola, il duca Andrea Pietrarossa le sorrise amabilmente, concedendole di passar loro davanti.
La ragazza si ritrovò un po’ scombussolata dalla presenza di quell’uomo alla tenuta. Presto o tardi avrebbero parlato del loro primo vero incontro, che non fu dei migliori, proprio per questo non capiva perché si stesse comportando con così tanta gentilezza. Naturalmente non si fidava di lui. Era curiosa di scoprire quale sarebbe stata la sua prossima mossa.




Mrs. Montgomery
Chiedo venia per il ritardo con cui pubblico questo capitolo.
Pian piano si fa sul personaggio di Giulia, su alcuni suoi comportamenti e su ciò che ha passato a causa di Adriano. L'incontro con il bel duchino è stato incisivo e pieno di battibecchi, che non mancheranno nemmeno in futuro. Sia Andrea e sia Giulia hanno delle personalità forti e sono entrambi molto orgogliosi, vedrete come ciò inciderà su molte situazioni.
Per ora non intendo anticiparvi nulla, solamente che... ne vedrete delle belle tra quelle due teste matte!

Vi ringrazio per aver letto. Grazie a chi inserirà la storia nelle varie categorie e chi vorrà recensire.
Se volete seguirmi su facebook ecco il mio profilo. Nelle foto troverete i prestavolto dei protagonisti -- > Charlotte Montgomery
-Baci

 

 



 

 

   
 
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