Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Monique Namie    28/01/2017    1 recensioni
Ambientazione steampunk.
Da una parte, un sensitivo guidato da una premonizione giunge in una città sconosciuta: un posto meraviglioso in cui architetture del passato e del futuro si mescolano. Dall’altra, una principessa, soggiogata da un re e una regina alquanto manipolatori, è sulla soglia di una crisi di pazzia. Le loro strade sono destinate a incrociarsi e i due, in apparenza così diversi, scopriranno di essere in qualche modo legati.
- NOTA: È presente una scena lime che è uno dei motivi principali per cui ho scelto il rating giallo.
{Questo racconto ha partecipato al contest "È una storia sai..." indetto da Najara sul forum di EFP}
[Storia da revisionare]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Princess Sci-fi Story'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sesto

6.

 

Fenna tornò in camera seguita da due inservienti che portavano con loro un carello con delle pietanze. Aspettò che i due uomini fossero usciti e poi si sedette sul letto. Dannick non poté fare a meno di notare che la giovane aveva un’aria affranta.

«Qualcosa non va?», le chiese.

«Quella è la tua cena. Mangia e poi lascia il palazzo», disse secca.

Era chiaro che il re e la regina non lo volevano avere attorno, ma non sapeva per quale motivo. Il ragazzo ringraziò per il cibo e, mentre cercava una soluzione al quesito, si avvicinò al carello e assaggiò qualche vivanda.

«Cosa devo fare per chiedere un’udienza ai sovrani?», chiese poco dopo.

La sua domanda colse di sorpresa Fenna che sbarrò gli occhi e poi scosse la testa. «Non è una buona idea. Se la prenderanno con me.»

«Se la prenderanno con te, perché? Non hai fatto niente di male», replicò il sensitivo.

«Loro non vogliono che perda tempo con certe cose», riprese la ragazza, «e hanno ragione. Sono la futura governante della metropoli. Devo concentrare le mie energie per cercare di intraprendere una saggia politica di pace e legalità. Se ti presenti a loro come sensitivo capiranno che ho mentito per tutto il tempo riguardo i miei veri interessi.»

Dannick si convinse che quelle non fossero parole che nascevano dal cuore della giovane, bensì dalla bocca dei due sovrani. Da quello arrivò alla conclusione che i genitori dovevano averle appena fatto una ramanzina. Ora era indeciso sul da farsi: andarsene senza opporre resistenza, o cercare di ottenere un’udienza con il re. I sovrani di qualsiasi regno, dopotutto, non potevano negare a un sensitivo il desiderio di parlare con loro. C’era una regola, e lui la conosceva bene, che prevedeva che a quelli della sua specie dovesse essere concesso sempre il permesso di essere ascoltati. Certo, avrebbe potuto lasciare il palazzo reale e tornarsene da dove era venuto, ma se la sua ultima premonizione lo aveva condotto fino a lì, lui era convinto che dovesse esserci un motivo serio. Non poteva lavarsene le mani da un momento all’altro.

Provò, dunque, a far ragionare Fenna partendo da un altro punto. «Ho visto che possiedi un raro libro scritto dai primi manipolatori della realtà», disse.

«Sì. Ma come avrai potuto notare, possiedo molti più libri sull’arte del governo», rispose lei insistendo a  voler soffocare la voce del suo cuore.

«Io scommetto che preferisci il Majimentalis e ciò che sta nascosto oltre la porta segreta», la provocò il ragazzo, scrutandola con sguardo severo.

«Hai frugato tra le mie cose!», proruppe lei con una certa irritazione. «Devi andartene. Anche se ottenessi di parlare con i sovrani, che cosa avresti da dire?»

Dannick sospirò. Quella ragazza sapeva essere molto testarda.

«Fen, sono arrivato a Seresix guidato da una premonizione che ti riguardava, ok? Mi aspettavo che ne sarebbe seguita un’altra, ma non è stato così. In compenso tu mi hai fatto entrare a palazzo, perché? La risposta mi pare ovvia: a te piace la scienza della sensitività e vorresti imparare. Se ora ci troviamo entrambi faccia a faccia, sono sicuro che c’è un motivo più profondo di quanto si possa immaginare, qualcosa che non possiamo ignorare perché collegato alla trama del destino.»

A quelle parole la principessa non replicò e rimase per qualche attimo assorta nei suoi pensieri, poi annuì.

 

All’inizio Fenna non era molto convinta di quello che stava facendo, temeva che i suoi l’avrebbero punita, ma non poteva sopportare di perdere un’occasione che probabilmente non le si sarebbe più ripresentata. Era la prima volta che parlava direttamente con un sensitivo, ma Dannick sembrava una brava persona: sebbene lo conoscesse da pochissimo, in qualche modo si sentiva già legata a lui. Così aveva finito per raccontare al re e alla regina della sua presenza corte. Non l’avevano rimproverata in modo diretto per aver accolto uno straniero entro le mura del palazzo, ma lo sguardo severo del re era già abbastanza intimidatorio anche senza parole. Sua madre, la regina, aveva espresso un singolo pensiero: «Proprio oggi che ho perso mio figlio dovevi portare a corte un sensitivo.»

Fenna non capì che cosa volesse dire, ma il tono amareggiato che aveva usato l’aveva fatta sentire abbastanza in colpa.

Poco dopo, raggiunse di nascosto il soppalco della sala delle udienze ̶ una specie di loggione situato sopra la porta principale pronta a osservare l’incontro tra Dannick e i sovrani. Presenziavano all’evento anche alcuni dei principali consiglieri: erano disposti a semicerchio ai lati dei due troni, pronti a intervenire fornendo al re suggerimenti.

Come Dannick aveva previsto, i reali di corte non avevano potuto negargli un’udienza. Quando l’orologio a pendolo della sala scoccò le dieci e mezza di sera, il re e la regina si accomodarono nella sala e il sentivo fu condotto al loro cospetto.

I sovrani sedevano su due troni affiancati posti sopra un piccolo palchetto tappezzato di rosso. Indossavano entrambi l’abito nero del lutto. La regina aveva, posato sui capelli color cenere, un diadema, anch’esso di colore nero. Il re, invece, teneva l’elaborata corona dorata sul capo, con atteggiamento fiero; il suo linguaggio non verbale sembrava voler sottolineare la sua nobiltà e potenza.

Dannick era piuttosto teso e questo non gli era per niente d’aiuto. Sapeva che se non avesse trovato le parole giuste avrebbe rischiato di essere frainteso e cacciato. Fece un breve inchino e, quando gli fu concessa la parola, prese un profondo inspiro prima di cominciare. Si rivolse a entrambi: «Vostre Maestà, giungo a Seresix guidato da una premonizione che riguarda vostra figlia, la principessa Fenna. Io credo che ella abbia dentro di sé delle capacità nascoste che potrebbe sviluppare, per guidare al meglio il regno. Se mi darete il permesso, le farò io stesso da maestro. Se deciderete di non assecondare la premonizione, io me ne andrò, ma la trama dei fili del destino non permetterà a questo paese di vivere serenamente il prossimo futuro.»

Si interruppe, rendendosi conto che l’ultima frase poteva apparire leggermente intimidatoria, se mal interpretata, ma ormai il danno era fatto. Si augurò che i sovrani non intendessero male.

Uno dei consiglieri si avvicinò al re e gli disse qualcosa all’orecchio. Il sovrano, però, sembrava alquanto irritato e alzò una mano per dirgli di stare zitto.

«Signor Dannick Pascal, lei entra nella dimora d’altri e si permette di dettare condizioni», disse quasi urlando.

«Non era mia intenzione, io…»

Non riuscì a terminare la frase perché il re proruppe ancora più alterato. «Basta! Non tollero una tale mancanza di rispetto! Ma non si dica mai che il sovrano di Seresix non fu magnanimo. Le do cinque settimane per insegnare quello che deve a mia figlia. Se Fenna avrà imparato per tempo, lei se ne potrà andare, se non avrà imparato, non lascerà più il paese e sarà giustiziato in piazza per oltraggio alla nobiltà del paese!»

La principessa rabbrividì dal suo nascondiglio segreto sul soppalco della sala, protetta dal parapetto in legno stuccato d’oro. Si raggomitolò e si abbracciò le ginocchia, per quanto l’ampia gonna le permettesse. La sensazione d’impotenza che si era intrufolata nella sua mente le fece pensare alle cose peggiori. Si sentì responsabile, perché era stata tutta colpa sua se Dannick era finito in quella situazione.

All'inizio aveva pensato che chiamarlo a palazzo fosse una buona idea, ma non poteva tenere testa alle obbiezioni dei suoi genitori. Avrebbe dovuto insistere, essere irremovibile nel suo desiderio di cacciarlo di corte. Prima lo invitava e poi lo cacciava: era un controsenso, ma non ci poteva fare nulla. Per quanto le sarebbe dispiaciuto vederlo andar via, almeno gli avrebbe salvato la vita.

Udì la porta principale della sala richiudersi sotto di lei e il vociare confuso farsi sempre più debole, finché non si ritrovò da sola, in completo silenzio.






"La principessa e il sensitivo"
Tutti i diritti sono riservati © Monique Namie

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Monique Namie