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Autore: eliseCS    30/01/2017    2 recensioni
Uno scontro, un caffè rovesciato e una figuraccia.
Può questo dare inizio a qualcosa?
Apparentemente no se Carlotta è in ritardo per prendere l'aereo che la riporterà a casa e se del ragazzo a cui dovrebbe pagare la lavanderia non conosce nemmeno il nome.
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Un'occasione mancata, come tante, ma non si sa mai: potrebbe ripresentarsi quando uno meno se lo aspetta.
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Storia - leggasi pazzia - assolutamente senza pretese, ispirata da un post su twitter.
Spero che il tentativo di scrivere in prima persona non sia disastroso come sembra (a me).
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- IV -
(pov Alex)
 
6 anni prima…
Oggi sono di buon umore.
E non solo perché il compito di matematica che la professoressa ci ha riportato stamattina a scuola è andato bene.
Posso dare in parte il merito al bel tempo: siamo in pieno febbraio eppure c’è un sole splendido, tanto che per uscire mi sono messo solo una maglia a maniche lunghe e la giacca – che ho aperto dopo aver fatto i primi due passi fuori dalla porta di casa.
Immagino però che il vero motivo per cui sto sorridendo come un ebete – persino mia madre ha dovuto commentare! – è che finalmente Sarah Walsh ha accettato di uscire con me.
E non solo!
Ha detto che verrà con me alla festa che si terrà a casa di Josh Murray tra due sabati.
 
Sarah è la tipica ragazza capelli biondi, occhi azzurri e fisico da favola per la quale metà della scuola ha una cotta.
E come nel peggiore dei cliché anche il sottoscritto rientra in quella categoria, anzi: se devo essere sincero credo di andarle dietro da quando eravamo in classe insieme alle medie.
 
Ormai sono le 16:30 passate e dopo aver sbrigato i pochi compiti che mi rimanevano da fare ho urlato alla famiglia che uscivo.
Connor abita un isolato più avanti e siccome i suoi genitori sono entrambi medici e sono la maggior parte del tempo in ospedale – sotto un certo punto di vista posso capirlo – io e gli altri due ragazzi del nostro piccolo gruppetto ci troviamo quasi sempre da lui perché ha casa libera.
So che probabilmente ci faccio la figura della ragazzina, ma non vedo davvero l’ora di dire loro la novità.
Magari così la smetteranno di prendermi in giro per essere l’unico sfigato del gruppo che a diciassette anni non ha ancora la ragazza – anche se non hanno tutti i torti…
 
Niente può rovinarmi la giornata
Non facci quasi in tempo a finire di pensarlo che qualcuno mi viene addosso prendendomi in pieno.
Avrei continuato subito per la mia strada se solo non avessi percepito una strana sensazione di bagnato all’altezza dello stomaco.
Non guardo la maglia – qualsiasi cosa fosse ormai il danno è fatto – preferendo concentrarmi sulla persona che mi sta davanti e che in quel momento ha fatto un passo indietro quasi a voler fare una stima dei danni.
Lo sguardo mi cade subito sul bicchiere di carta che ha in mano, il cui contenuto è ovviamente appena finito addosso al sottoscritto.
Caffè.
Fantastico.
In effetti potevo cominciare a sentirne l’odore.
Mi madre – anche per il lavoro che fa – sembra esserne quasi dipendente mentre a me non piace per niente.
Molto meglio la cioccolata calda.
Il fatto che la persona abbia cominciato a imprecare – era sicuramente così vista l’intonazione – in una lingua che non conosco mi distoglie dalle mie elucubrazioni mentali sul caffè.
 
Si tratta di una ragazza che a occhio e croce dovrebbe avere almeno un paio d’anni meno di me.
È una decina di centimetri più bassa e ha i capelli biondi raccolti in una coda da cui è scappato qualche ciuffo.
Non riesco a capire il colore degli occhi perché ha lo sguardo abbassato, anche se dalla sua espressione si intuisce facilmente che è quanto meno a disagio per quello che è successo.
Se non fosse stato per la lingua avrei capito che era una straniera per com’era vestita: qui siamo abituati al freddo, con una giornata bella come questa nessuno si sognerebbe di uscire con un giaccone così pesante e… è una sciarpa di Harry Potter quella?
Potrei passare sopra all’incidente solo per quello, già mi sta simpatica.
 
Finalmente alza lo sguardo e nei suoi occhi – non riesco a decidere di che colore sono, un misto tra verde, grigio e dorato – leggo sorpresa.
Riflettendo su quello che è successo immagino che come minimo si aspettasse che mi mettessi ad urlarle contro.
Cerco di accennare un sorriso per incoraggiarla.
In effetti non è che io sia molto ferrato con le ragazze in generale, ancora mi chiedo cosa esattamente mi abbia spinto a decidermi a chiedere a Sarah di uscire dopo anni che le vado dietro e per quale motivo lei abbia accettato.
Insomma, sono Alexander Doherty, quello un po’ strano con i capelli quasi rossi, al quale le ultime due ragazze a cui avevo chiesto di uscire avevano risposto di no senza pensarci due volte…
«You seem awfully busy today, don’t you?» non riesco a trattenermi dal canzonarla.
Spero capisca l’inglese se è venuta qui in gita o in vacanza, a giudicare dalla valigia e dal borsone che si porta appresso.
 
Mi sembra per un attimo spaesata, accenna anche lei una risatina imbarazzata e poi comincia a scusarsi.
A parte l’accento e qualche incertezza di tanto in tanto direi che non se la cava affatto male.
Mi spiega che è qui in gita con la scuola e che oggi tornano a casa – in Italia – e che lei è probabilmente in ritardo per andare all’aeroporto.
Annuisco alla sua spiegazione e rifiuto i soldi che cerca di offrirmi per pagare il danno alla maglia, non ce n’è bisogno.
A quel punto mi chiede scusa per l’ennesima volta e mi sorride.
Un sorriso vero.
Resto per un attimo incantato ad osservarla, come se solo in quel momento l’avessi vista sul serio.
Non so neanche io perché ma il paragone con Sarah scatta automatico.
Al contrario di lei questa ragazza sconosciuta non ha un filo di trucco in viso.
Ha le guance arrossate – a questo punto non saprei dire se per il caldo, il freddo o l’imbarazzo – e forse quello che si intravede al lato della fronte vicino all’attaccatura dei capelli può essere un brufolo.
Eppure tutto il suo viso è così illuminato da quell’ultimo sorriso che l’unica cosa che riesco a pensare è: è davvero bella.
 
Faccio un passo indietro salutandola.
All’improvviso sento quasi il bisogno di scappare da lei.
Cosa stavo pensando?
Sarah – teoricamente la ragazza dei miei sogni – sarebbe finalmente uscita con me e io mi incanto a guardare la prima ragazza che passa per strada e che per giunta viene da un’altra nazione?
Vedo che ormai è tutta intenta a caricare i bagagli sul taxi che l’avrebbe portata all’aeroporto e sorrido un’ultima volta nella sua direzione anche se lei non lo nota.
Me ne vado.
 
Arrivato da Connor la prima cosa che lui e gli altri mi chiedono è cosa fosse successo alla mia maglia.
E così va a finire che il discorso Sarah passa in secondo piano e racconto loro dello scontro con la ragazza italiana alla fine della via in cui abito.
In quel momento mi rendo anche conto che avrei davvero voluto conoscere almeno il suo nome.
 
 
 
Tempo presente…
Appoggio sul bancone il bicchiere di birra che mi è stato chiesta con più forza del previsto, tanto che rischio quasi di farlo traboccare, guadagnandomi un’occhiataccia da parte di Luke, mio collega e amico.
Il fatto di aver rotto con Olivia solo quella mattina influiva di sicuro, e come se non bastasse mia madre aveva dato il colpo di grazia.
 
Quando sono tornato a casa dalla colazione che avevo con la mia ormai ex ragazza avevo notato che la porta della camera di Chloe – mia sorella – era aperta.
Non sarebbe stato strano se non fosse stato che lei non abita più con noi da anni e quindi la sua stanza resta quasi sempre chiusa, perché secondo mia madre in quel modo entra meno polvere.
E invece non solo la porta era spalancata e le persiane delle finestre erano tirate su, ma due valige facevano bella mostra vicino alla scrivania.
Stavo giusto per chiedere se fosse successo qualcosa a Chloe che giustificasse un suo rientro a casa, ma mia madre, dopo essersi accorta che ero rientrato, mi ha preceduto dicendo che in reparto dove lavora lei c’è una collega che viene da fuori, e siccome ha problemi a trovare dove stare per un po’ si fermerà da noi.
Viene fuori che persino Chloe era d’accordo a cedere la sua stanza, l’unico che non ne sapeva nulla ero io!
«Tesoro non fare quella faccia. Se l’altro giorno ti fossi fermato a cena l’avresti anche conosciuta, è davvero una ragazza simpatica» mi sono sentito rinfacciare il fatto che sono uscito con i miei amici durante il mio giorno di riposo dal locale per andare ad una festa.
Abbiamo pranzato in silenzio, mia madre è andata via subito dopo per delle commissioni da sbrigare prima dell’inizio del turno di pomeriggio e anche io ne ho approfittato per andare al locale sperando che magari, arrivando prima, sarei potuto tornare a casa a un’ora decente.
 
«Non capisco se sei così perché Olivia ti ha mollato o perché la collega di tua madre verrà a stare da voi» mi prende in giro Luke nell’attimo in cui ci ritroviamo con nessuno da servire.
«Che poi non ha detto che è una ragazza simpatica?» continua.
Io sbuffo alzando gli occhi al cielo: «Certo, come no. Lei chiama ragazze tutte le sue colleghe, se sono fortunato questa qui avrà la sua stessa età…» commento.
Luke lascia cadere il discorso uscendo da dietro il bancone per andare a servire una vera ragazza che è appena entrata con un trolley appresso, andandosi a sedere a uno dei tavolini posti vicino alla vetrina del bar.
Accanto c’è il ristorante vero e proprio – sempre dello stesso gestore, che tra parentesi è mio padre… - ma se uno non vuole perdere troppo tempo con l’ordinazione e vuole mangiare qualcosa al volo qui va più che bene.
Luke torna infatti con l’ordine di un toast da scaldare e un bicchiere di coca-cola senza ghiaccio.
Ammicca tirandomi un paio di gomitate mentre aspetta che il bicchiere si riempia: «Vuoi andare tu a servirla? Non è niente male…»
Gli tiro un pugno sul braccio in risposta e gli intimo di piantarla: ho appena rotto con la ragazza con cui sono stato per quasi due anni, cosa gli dice il cervello?
 
Nonostante tutto non posso fare a meno di buttare qualche occhiata di tanto in tanto, tra un cliente e l’altro, anche se la vista è quella che è: la ragazza mi dà le spalle e per il momento l’unica cosa che vedo di lei sono i capelli biondi raccolti in uno chignon.
Quando però ruota appena per frugare nella borsa, probabilmente alla ricerca del portafoglio, riesco a vederla di profilo e mi blocco irrigidendomi.
Mi è familiare e sono sicuro di arrossire quando mi rendo conto che è la stessa ragazza con cui mi sono scontrato qualche giorno fa – non ricordo con esattezza – a cui avevo addirittura fatto cadere quello che aveva in mano.
Mi ricordo di essere stato davvero pessimo, devo averla guardata male e non mi sono neanche scusato andandomene via subito: non vedevo l’ora di allontanarmi da casa visto che avevo appena finito di litigare, di nuovo, con mia madre perché voleva che mi fermassi a cena… e aggiungiamo pure il fatto che Connor, che era già alla festa, mi aveva appena chiamato dicendomi che gli era sembrato di vedere Olivia con qualcuno che non ero io.
Ovviamente aveva visto giusto…
 
Luke mi guarda incuriosito e alza le sopracciglia quasi all’inverosimile quando mi vede scappare nel retro nel momento in cui la ragazza si avvicina al bancone per pagare il pranzo.
Li sento parlare da dietro la porta lasciata socchiusa.
Luke le fa un complimento di cui non riesco a capire la risposta, ma in compenso la sento ridere e cerco di immaginarmi come potrebbe essere il suo sorriso - visto che durante il nostro breve incontro non mi ero soffermato a guardarla più di tanto e l’unica cosa che mi ricordo è il suo sguardo da adesso ti uccido brutto maleducato.
Sospiro pensando che a quanto pare non riesco mai a combinarne una giusta.
Alla fine decido che come minimo dovrei scusarmi, ma non appena esco dal mio nascondiglio realizzo che Luke è di nuovo da solo al bancone ad asciugare i bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie e della ragazza non c’è più nemmeno l’ombra.
 
Il ragazzo guarda la mia espressione spaesata e da vero amico quale è scoppia a ridere.
«Tu non me la racconti giusta, Alex. Si può sapere cosa ti è preso? Se volevi parlarle non saresti dovuto andare a nasconderti, o quanto meno saresti dovuto uscire prima: era di fretta perché doveva andare al lavoro» mi rimprovera.
«Non mi stavo nascondendo» borbotto offeso afferrando un canovaccio pulito e un bicchiere per dargli una mano.
«Ok, va bene, ho capito» sbotto alla sua ennesima occhiata e gli racconto quello che è successo.
 
«Mmm… sei sicuro che sia la stessa?» mi chiede quando finisco di raccontare.
Annuisco distrattamente: «Quella sera aveva i capelli sciolti se non ricordo male, però sì, era lei»
Lui sembra per un attimo in pensiero ma poi mi sorride malizioso: «Qualcosa mi dice che avrai la tua occasione per parlarle e scusarti, Casanova»
Sorvolo sul nomignolo – ho appena rotto con Olivia, quante volte devo ripeterlo? – e lo guardo interrogativo.
«Potrei averle detto che il pranzo di oggi lo offriva la casa se sarebbe tornata di nuovo qui qualche volta, e ha sembrato apprezzare. Molto»
Lo guardo esterrefatto ma lui non ha ancora finito.
«Ah. E potrei anche averle lasciato il mio numero di telefono…»

















Eccomi con il quarto capitolo!
Questa volta il punto di vista è del nostro caro Alex Doherty che è proprio il figlio di Megan e John (come qualcuno aveva già intuito).
Non ho molto da dire se non che spero che anche questa parte vi sia piaciuta.
Ringrazio come sempre chi ha messo la storia nelle varie categorie e un grazie in più a chi mi ha fatto sapere le sue impressioni attraverso una recensione.
Alla prossima settimana con l'ultimo capitolo!
E.



 

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