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Autore: Chemical Lady    01/02/2017    3 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Parte prima: il caso Embalmer

 

 

 

 

Quando i suoi genitori le dissero chiaramente che non c’erano soldi per farle frequentare l’accademia di danza, Aiko dovette scendere a patti con la consapevolezza che non eccelleva in nulla, se non in quell’arte. Non le piaceva studiare per impostazione, anche se non faceva fatica a leggere libri su libri per diletto, di conseguenza l’università era da escludersi. Senza tener conto del fatto che la sua media scolastica non era mai stata così alta, quindi non sarebbe stata ammessa in quei pochi corsi che avrebbero potuto attirare la sua attenzione.

L’idea iniziale quella di andare a lavorare per sua madre e suo padre nel negozio di famiglia. I Masa gestivano da diverse generazioni una bottega di antiquariato, i cui affari non erano mai andati troppo male, ma nemmeno così bene da potersi adagiare sugli allori. Il fatto di non venire pagata non le pesava, visto quanto scarni fossero i suoi turni.

Poteva continuare a studiare danza nella sua vecchia palestra e farsi pagare le lezioni di recitazione, magari nella vana speranza che una compagnia dilettantistica l’avrebbe presa con sé seppur con quelle scarse referenze.

Quella vita le andò bene per poco più di tre mesi, prima di capire che voleva una svolta.

Aveva ancora quel biglietto da visita nel portafogli e si ritrovò a pensare che se non poteva realizzare un sogno, quanto meno, avrebbe potuto estinguere un debito.

 

Durante l’addestramento presso l’accademia formativa del ccg, Masa fu costretta a diventare brava in tutte le discipline per conseguire le borse di studio che le servivano per andare avanti. Ovviamente a suo padre non stava molto bene l’avere una figlia investigatrice, ma non di certo per preoccupazione. Se anche lei si distaccava da loro, non ci sarebbe stato nessuno a mandare avanti il negozio di famiglia.

Aiko decise di non prendersi carico degli scarti di suo fratello e di andare avanti per la sua strada. Riuscì a piazzarsi sesta nella graduatoria finale del suo anno, ma il giorno della cerimonia del diploma, il signor Masa non fece altro che vantarsi di quel figlio laureato in ingegneria che di lì a qualche mese si sarebbe trasferito a Ginevra per iniziare un importante progetto architettonico.

Suo fratello non partì mai per la Svizzera, mentre Aiko divenne il secondo di Kaori Makoto, investigatrice di prima classe della squadra Itadashi, sotto le direttive del classe speciale Mougan Tanakamaru. 

Il primo stipendio andò a coprire i costi del suo primo appartamento, un monolocale davvero microscopico, ma suo, poco lontano dalla sede della seconda circoscrizione, nella quale lavorava come supporto logistico per i laboratori scientifici.

Non fu un lavoro di lunga durata. Chiamati a supportare i classe speciale Shinohara e Marude, l’intera squadra Itadashi venne completamente annientata dal grado ss Tatara durante lo scontro per l’eliminazione del Gufo, nella ventesima circoscrizione.

Aiko fu la sola superstite. Riuscì a uccidere un ghoul di grado s, portando in salvo la pelle, ma a caro prezzo. Quando venne trovata, rannicchiata contro un muro con a circondarla i membri della sua squadra fatti a pezzi, nessuno si sarebbe mai aspettato di rivederla al bureau. Invece, cinque settimane di congedo dopo quella che poi venne rinominata la battaglia dell’Anteiku, Masa venne inserita in una delle squadre più prestigiose dell’intera divisione di Tokyo e passata dal terzo al secondo livello.

Nessuno però poteva dire di riconoscerla, perché qualsiasi cosa fosse successo quella notte, Aiko era cambiata permanentemente, vittima del trauma.

 

La sala delle riunioni della squadra Hirako era grande. Quattro tavoli di media dimensione erano disposti a quadrato con otto sedie a costeggiarli. Masa, che era arrivata per prima, si era ritrovata nella difficile posizione di decidere dove sedersi, temendo di occupare il posto di qualcun altro. Per giusta misura, non prese posto al tavolo. Si appoggiò alle vetrate, con la fronte contro la superficie fredda e il cappuccio alzato sul capo. Rimase ferma così, con gli occhi sbarrati da un pensiero che le annichiliva la mente, fino a che un uomo dai capelli brizzolati e il sorriso gentile la riscosse.

«Mi chiamo Daisuke Orihara e da oggi saremo partner. Benvenuta nella squadra Hirako, Masa

Sembrava un tipo gentile, alla mano. Diverso dalla maggior parte degli altri membri, che li raggiunsero poco dopo. Per tutta la riunione, Aiko si sentì fuori posto.

Il caposquadra sembrava un uomo tutto d’un pezzo. Non sorrideva, né sembrava alterato. Semplicemente leggeva i casi aperti e dava disposizioni con fare sbrigativo, come se ci fossero cose molto più importanti da fare che star lì a parlare del nulla. Non fece nemmeno una menzione all’ingresso di Masa nella squadra, ma si rivolse a lei con naturalezza, come se si fosse sempre trovata seduta di fronte a lui. Lo stesso fecero anche Nezu e Umeno, ma Machibita le sorrise incoraggiante dalla sedia alla sua destra, mentre Hirako le domandava i dettagli del suo lavoro su qualche caso della squadra Itadashi.

Ad Aiko, quell’uomo metteva una soggezione unica. Tutti lo chiamavano Take, scherzavano sul fatto che le signorine non si mettono a disagio, ma lui rimaneva impassibile, rilassato, come se non comprendesse lo scherzo o semplicemente non volesse prendervi parte.

Masa ancora non lo sapeva, ma di lì a poco sarebbe diventata una sorta di principessina per ogni membro della  squadra, eccetto Hirako. Il motivo poteva essere perché era la sola donna a farvi parte, o forse perché così minuta, magra in modo quasi innaturale e con gli occhi perennemente stanchi e tristi doveva fare tenerezza. Una giovane dal viso scarno di bambina, con grandi occhi gialli e lunghi capelli neri. Ebbe un piccolo assaggio dell’ospitalità del gruppo alla fine della riunione, quando Orihara la invitò ad incontrarlo di lì a un quarto d’ora per raggiungere la sede della ventitreesima insieme, dove avrebbero operato. A lei si avvicinò il solo altro ragazzo giovane che faceva parte del team, un biondino dall’aria divertita con il quale Masa aveva parlato già altre volte.

«Sembra stronzo, ma non morde.» le disse divertito, facendo un cenno a Take, che essendo il sui partner gli concedeva qualche libertà in quale senso. Di fatto passò gli occhi sul volto dei due ragazzi, prima di alzare un sopracciglio in direzione di Ito ricordandogli che partivano in dieci minuti. «Se Orihara ti importuna, chiamami» proseguì Kuramoto, sempre sorridendo, mentre iniziava a camminare lentamente all’indietro verso la porta «Diventerò il tuo angelo custode, da oggi!»

Aiko sorrise pallidamente di fronte a quella che le sembrava una promessa stupida.

Non aveva idea di quanto invece sarebbe stato vero.

 

 

Capitolo cinque.

Il lavoro nell’undicesima circoscrizione non aiutò Urie e Masa a rendere il loro dinamico duo più coeso. Dopo sei giorni di indagini sul campo, non avevano ottenuto assolutamente niente, nemmeno un interrogatorio al potenziale sospettato.

Il dottor Shinya sembrava essersi dissolto nel nulla. Ogni giorno si erano recati alla clinica nella quale operava per sentirsi dire che era ancora impegnato ad un convegno estero o che presiedeva a delle lezioni universitarie chissà dove. Le sue infermiere e le impiegate della reception continuavano a coprirlo, rendendolo al contempo la sua posizione sempre più compromessa. Non potevano emettere un mandato di arresto senza nessuna prova materiale, se non qualche intuizione e la riottosità del medico a vederli.

«Ditegli che la prossima volta che verremo qui, sarà per mettergli delle manette ai polsi. Il ccg ha di meglio da fare che perdere tempo.»

Urie si sentiva frustrato. Uscì dalla clinica tirandosi dietro la porta di vetro con forza e tornando verso l’auto. La sua partner lo aspettava sul sedile del passeggero, con un bicchiere di carta che un tempo era pieno di caffè e gli occhiali da sole da aviatore sul naso.

«Ancora niente, eh?» chiese con tono ovvio, mentre lui prendeva posto al volante con un diavolo per capello «Io ho chiamato Okada per quel mandato di perquisizione che ti dicevo ieri. Quando hanno passato al setaccio il capannone hanno trovato tutto il necessario per degli interventi clandestini, ma niente che potesse ricondurre a delle macchine per l’imbalsamazione. Abbiamo trovato un chirurgo che opera illegalmente, secondo te vale lo stesso per non farci fare la figura degli incapaci?»

Urie l’avrebbe presa a schiaffi. Sembrava non importarle niente.

Scelse di non rispondere, mettendo in modo e avviandosi. La meta non la conosceva, perché che tornassero alla sede dell’undicesima o andassero direttamente al diavolo era la stessa cosa.

Decise di non lasciar perdere e si diresse verso l’università dove, a detta della caposala, Shinya stava tenendo un seminario sulla correzione di Dio solo sa cosa. Chi se ne fregava, della chirurgia estetica e dei suoi tecnicismi, Urie non ne poteva più.

«Dovresti prenderla meno seriamente» gli fece presente Masa, appoggiandosi con il gomito alla portiera mentre svuotava definitivamente il bicchiere in un solo sorso, storcendo il naso a causa del caffè ormai freddo «Insomma, non stiamo facendo progressi in un caso impossibile, nel quale nemmeno la créme  de la créme della ccg ha fatto un singolo progresso. Chissà che gran tragedia è.»

«Non capisci che il problema è che non riusciamo a fare un interrogatorio?» la riprese subito il ragazzo, domandandosi perché doveva avere a che fare con una tale cretina. Era quasi meglio Saiko che almeno giocava alla psp e non rompeva le scatole «Se non riusciamo a parlare con quello stronzo, possiamo anche darci al lavoro da ufficio.»

«Meglio se non ci riusciamo, no? Vuol dire che è colpevole. Ora dobbiamo solo prenderlo, ma fidati quando ti dico che non lo troveremo all’università. Se è furbo, è già a Tahiti.»

Stringendo le mani attorno al volante, Kuki non rispose subito. Se non avesse avuto un paio di guanti neri, sicuramente le sue nocche sarebbero sbiancate tanto forte era la presa. Lanciò una breve occhiata alla sua sinistra, dove Aiko sembrava godersi la vista del porto baciato dalla giornata di sole.

La voglia di prenderla a schiaffi aumentò esponenzialmente.

«I ghoul non sono furbi. Sono mostri senza anima che non devono far altro se non aspettare la morte per mano nostra.»

A quel punto, fu Masa a voltarsi verso di lui. Sollevò gli occhiali da sole sul capo, fra le ciocche spettinate, guardandolo come avrebbe guardato un totale deficiente. Anche se era fermo sulle sue convinzioni, mentre prendeva lo svincolo per entrare sulla superstrada, Urie si sentì esattamente così: un idiota. Quello sguardo lo aveva fucilato.

«Certo che con questa mentalità protostorica riuscirai sicuramente a risolvere il caso» lo prese in giro ironica, accavallando le gambe «Infatti pensa un po’, questo ghoul è così tanto stupido da non averla fatta franca per più di quindici anni, laureandosi in medicina e aprendo anche una clinica piuttosto rinomata nel frattempo. Un vero idiota, sìsì

«Stai zitta.» Cretina. «Se devi parlare per dar fiato alla bocca, allora non farlo.»

«Vale la stessa cosa per te, Cookie. Se sei incazzato con il mondo perché non sei ancora entrato nei venti e vuoi goderti gli ultimi istanti di adolescenza, non è un mio problema.»

Di nuovo, si ritrovarono a litigare. Lui alterato e lei indispettita, con stizza. Solitamente l’argomento cadeva così, con Urie che si offendeva e lei che, vittoriosa, si infilava le cuffiette nelle orecchie isolandosi fino alla loro destinazione.

Quel giorno, però, Masa si sentiva particolarmente in forma.

«Vorrei tanto sapere come fai a lavorare pieno di pregiudizi come sei.»

Lui continuò a tenere gli occhi fissi sulla strada, mentre l’ira si accumulava nei suoi polsi facendoli tremare «Non sono pregiudizi, ma un solido dato di fatto. Nessuna persona che si reputi un investigatore dovrebbe pensarla diversamente da me.»

«Partendo dal presupposto che io sono una fiera sostenitrice delle implicazioni morali nell’uccidere un altro essere senziente» Masa iniziò a fargli il verso,  parlando saccentemente «Credo che tu semplicemente non riesci ad accettare che colui che ti ha rovinato la vita era consapevole di quello che stava facendo.»

Ci fu un momento nel quale Urie cercò di pensare di aver capito male. Che Masa non stava andando a parare in quella zona oscura che nessuno poteva permettersi nemmeno di citare.

Lei, però, continuò levandogli ogni dubbio.

«Sono una profiler. È il mio lavoro entrare nelle menti deviate e problematiche.»

«Stai dicendo che la mia è così?»

«Sei una persona rovinata, ma non distrutta. Non finire il lavoro che ha iniziato qualcun altro.»

Urie avrebbe preferito ricevere una quinque nello stomaco che affrontare un discorso del genere con una totale sconosciuta. Perché se poteva considerare anche solo vagamente dei compagni gli altri membri della Quinx Squad, Aiko non era altro che una collega fin troppo impertinente. Ormai era già incazzato, ma lei riusciva a peggiorare la situazione con un sorprendente talento naturale.

«Non sai nulla di me.»

Masa sbuffò una mezza risata, priva di colore «Certo, la frase tattica di chi è messo con le spalle al muro. La dicono sempre anche nei film.» scostò lo sguardo dal profilo dell’altro, appoggiandosi  di nuovo alla portiera «Sai che vengono uccise molte più persone negli incidenti stradali che dai ghoul? Assurdo, ma vero. La percentuale è davvero alta, tanto che se tutti coloro che hanno perso un caro iniziassero a odiare le automobili il mercato colerebbe a picco. Tu detesti una razza intera perché un singolo membro ti ha fatto un torto e fai pagare a ogni ghoul esistente il peso della colpa che provi tu stesso, banalmente, per la morte di tuo padre.»

Aiko rischiò di mordersi la lingua grazie a Urie, che inchiodò di colpo il veicolo. Lo guardò con gli occhi sbarrati, mentre un camion li superava, suonando il clacson a tutta forza.

«Vuoi ucciderci!? È proprio quello che intendo, gli incidenti stradali sono-»

«Scendi! Scendi adesso!»

Lei lo guardò con espressione vacua, prima di voltarsi verso la portiera.

«Non c’è il marciapiede e siamo in mezzo alla superstrada.»

«Non mi riguarda, scendi. Ora.»

Masa continuò a fissarlo sperando di vederlo cedere, di guardarlo inserire la marcia e partire, ma non aveva mai visto Urie così tanto determinato per tutta la durata della loro collaborazione. Così stiracchiò un sorriso consapevole, prima di allungarsi per prendere la sua valigetta dai sedili posteriore.

Fece appena in tempo a chiudere la portiera, che l’altro ripartì di gran carriera, senza rimorsi.

Masa sospirò «Dovremmo lavorare sulla comunicazione….» prese il cellulare dalla tasca, controllando l’ora.

Poi lo spense.

«Ma non oggi.»

Allungò una mano, pronta a scroccare un passaggio dal primo benefattore che si sarebbe fermato, impietosito.

 

 

 

 

Aiko si fece scaricare di fronte a un motel per amanti, controllando che non ci fosse nessuno a notare una colomba nella zona. Entrò, facendo sfrusciare il cappotto argentato lungo fino alle caviglie mentre si avvicinava alla reception.

«Buongiorno, vorrei una stanza per un paio di ore» disse, mostrando il distintivo «Secondo livello Masa, investigatrice del ccg

La ragazza alla reception guardò con interesse la figura appena arrivata, prima di sorridere, passando una chiave grande e metallica «Sedici b, agente-san. Posso avere un suo documento, per cortesia?»

«Sto lavorando sotto copertura, quindi gradirei venir registrata con il mio numero di matricola» le lasciò un biglietto con su i suoi dati, prima di ampliare il sorriso «E vorrei chiederle in prestito anche questa bellissima giacca, per favore. In cambio può avere la mia.»

Dieci minuti dopo, Aiko stava lasciando nuovamente la struttura, dopo aver appoggiato nella stanza la sua valigetta e qualche effetto personale, fra cui il portafoglio. Prese con sé il telefono, ancora rigorosamente spento, giusto per precauzione.

Salutò la giovane alla reception, che si stava pavoneggiando con un paio di clienti circa il modo in cui aveva ottenuto in prestito un trench di ordinanza del bureau anti-ghoul, prima di calarsi il cappuccio nero sul capo, prendendo una mascherina e appoggiandola sul viso.

Con le mani ben ficcate nelle tasche, si avviò alla metropolitana, recandosi verso la zona portuale.

Era stata dura con Urie, lo ammetteva lei stessa, ma lui era stato abbastanza stupido da abboccare all’amo, quindi un po’ se lo meritava. Masa voleva chiudere quel caso in fretta e non aveva intenzione di portarlo con sé dal suo informatore. Non era come il dottor Huang, non avrebbe avuto modo di motivare la loro conoscenza, quindi farsi scaricare le era sembrata una buona idea.

Si ritrovò a girovagare per un quartiere sporco e fetido, cercando di andare a memoria per trovare lo stabile di cui le avevano parlato. Lo trovò, seppure a fatica, e prima di bussare controllò di non essere stata seguita. Un pannello si spostò, rivelando una fessura sulla pesante porta di legno massello.

«Sei molto lontana da casa, passerotto» ringhiò una voce bassa, pesante, dall’alito putrido «Ti conviene voltarti e tornarci.»

Aiko sorrise, inclinando di lato il capo e mostrandogli il sekigan «Sono proprio dove dovrei essere, visto che devo parlare con il ragazzino.»

Il pannello venne richiuso di colpo e poi, con un cigolare sinistro di cardini, le venne spalancata la porta.

 

Urie non si era per niente pentito della sua condotta, ma la lavata di capo di Sasaki gli aveva fatto intendere che forse, forse aveva esagerato.

«Masa ha un cappotto argentato, la noteranno prima di investirla.»

La scusa non aveva retto per niente e il suo capo non lo aveva giustificato. Aveva ordinato al suo sottoposto di recuperare la sua partner, la quale però aveva avuto la brillante idea di staccare il telefono.

L’immagine di un tir che aveva sparso pezzi di Aiko per tutto il tratto autostradale gli era balenato nel capo, ma poi aveva registrato che un incidente del genere sarebbe stato sulla bocca di tutti e aveva smesso di pensare al peggio.

Tre ore dopo, mentre stava pensando se pranzare o meno, dell’altra non c’erano ancora tracce. Incazzato e rassegnato, si era seduto su una panchina con la valigetta della quinque accanto e il capo ribaltato all’indietro verso il cielo.

Lei lo aveva ferito di proposito, marciando sulla sola cosa su cui lui non era disposto a discutere, ci era arrivato dopo. Perché lo aveva fatto? Era davvero così stupida?

Così insensibile?

Non aveva il diritto di fare la vittima, visto che lui era certo di aver fatto piangere Haise Sasaki e in più di un’occasione. Portò una mano agli occhi, conscio che non poteva più trattenere i rimorsi, quando dal suo auricolare, la voce della sua partner arrivò chiara e soprattutto molto calma per il messaggio che stava per dare.

-Qui agente di secondo livello Masa. Ho individuato il nascondiglio dell’Embalmer e sto per entrare in azione. Chiedo che le forze dell’ordine di terra facciano recintare la zona attorno al Tokai 143, a cinquecento metri dalla zona di carico del porto nord. La palazzina è un condominio residenziale grigio, chiedo autorizzazione per procedere.-

Non poteva essere vero. Quindici anni di silenzi e poi lei lo trovava così?

Urie si mise seduto diritto, alzandosi e chiedendosi quanto lontano potesse essere dal luogo in cui si trovava lui.

Portò la mano all’orecchio per comunicarle la sua esatta posizione e dirle di aspettarlo, ma Sasaki lo precedette.

-Ottimo lavoro. Attendi Urie e agite con estrema prudenza. Non sappiamo esattamente quanto forte sia, è stato catalogato come ghoul di classe s, quindi non siate precipitosi. Se avete dei dubbi, attendete il supporto della squadra incaricata di sovraintendere l’undicesima. Non fate di testa vostra.-

A quel punto, rispose «Ricevuto.»

Cercò di attirare l’attenzione di un taxi, mentre attendeva la risposta di Aiko.

Essa però non arrivò.

 

 

 

 

Forzare la porta d’ingresso fu troppo facile. Aiko, che se ne stava accovacciata accanto alla serratura cercando di aprirla con un paio di ferretti dall’aria professionale quanto illegale, si rialzò afferrando la maniglia non appena riuscì nel suo intento, per poi affacciarsi  lentamente nell’androne.

L’odore nauseante della decomposizione e del sangue rappreso la investì facendole torcere le viscere, confermando che si trovava nel posto giusto. Istintivamente prese dalla tasca del trench un pacchetto di fazzolettini profumati alle fragole, ma non lo aprì colta da un colpo di genio.

Se c’era un ghoul all’interno l’avrebbe fiutata velocemente e non voleva facilitargli i lavoro. In ogni caso, sperò di non trovarlo in casa. Agganciò la porta ed avanzò cercando di non fare rumore, tenendo la valigetta con la quinque in una mano, mentre l’altra andava ad aprire i bottoni del cappotto d’ordinanza recuperato al motel, sciogliendone anche il cinturino.

Nessuno aveva mai combattuto contro l’Embalmer, che aveva preferito fuggire da Arima che ingaggiare un vero e proprio scontro, ma non intendeva rischiare.

La ricetrasmittente che aveva nell’orecchio sibilò e la voce di Sasaki le intimò di non prendere iniziative. Di aspettare l’arrivo di Urie, il quale continuava a tenere aggiornata la sua posizione. C’era però uno strano campo magnetico che faceva fischiare l’apparecchio elettronico e che fece dissolvere le parole del mentore nell’etere.

Per evitare di venire assordata, lo spense, ficcandolo in tasca.

Mano a mano che avanzava per la stanza, il fetore aumentava. Per puro istinto portò una mano al naso, comprendendo. Per quanto l’operazione l’avesse privata della sua natura umana, l’essere una Quinx non la rendeva di sicuro un ghoul. Era vomitevole.

La fonte di quel puzzo che impregnava l’intero appartamento proveniva da un secchio appoggiato ai piedi di un tavolo, il solo mobile all’interno della stanza per il resto spoglia.  Dentro di esso, lasciato a marcire da parecchio tempo tra fluidi e mosche, c’era l’apparato digerente di un essere umano. Masa si chinò, constatando che poteva appartenere alla giovane donna ritrovata due mesi prima, ma non poteva esserne certa.

Quelli dovevano essere gli scarti che il ghoul aveva ottenuto durante il processo di imbalsamazione che era avvenuto su quello stesso tavolo. A testimonianza di questa deduzione, nascosto da un panno bianco che Masa buttò a terra, c’era un macchinario dall’aria datata nell’angolo della stanza. Un dedalo di tubi simile a dei tentacoli si diradavano dal corpo centrale del marchingegno, il quale era stato sapientemente ripulito. Spostò la sua attenzione su ciò che era stato lasciato in bella mostra sul tavolo, prendendo nella mano una delle tante boccette lì presenti. Formalina, posta accanto al nitrato e alla glicerina, ovvero tutte le componenti per una bella flebo di forma aldeide. Liquidi imbalsamatori molto in voga alla fine degli anni cinquanta, in linea con il modus operandi del loro ricercato, così come Huang aveva detto.

Mentre analizzava attentamente la scena, era però caduta a piè pari nell’errore del novellino: si era distratta e aveva permesso all’avversario di prendere il vantaggio e  fare la sua mossa per primo.

Non aveva sentito quella figura sconosciuta strisciare verso di lei e prima ancora di esserne vagamente consapevole, un paio di mani forti le avevano preso un braccio, spingendola oltre la finestra a vista del salotto. Il vetro si infranse nell’urto con il suo corpo e Aiko si ritrovò a cadere da oltre tre piani.

Sotto, ad accoglierla in un abbraccio ruvido, c’era una bella siepe, alla quale dovette molto. Non la vita, ma le gambe e la schiena di sicuro. Ci avrebbero rimesso un po’ a rigenerarsi e lei aveva tutto, tranne che il tempo.

Si tirò su a tentoni, mentre dalla finestra sfondata scendeva con un salto agile anche l’imbalsamatore in persona. Masa lo guardò, massaggiandosi la spalla che aveva accusato un contraccolpo nel tentativo di salvare la preziosa valigetta. Era un uomo, forse alla cinquantina, se non di più. Non aveva avuto il piacere di incontrarlo prima, ma di fronte a lei si ergeva il dottor Yoshiro Shinya in persona.

Take le aveva sempre detto di non sottovalutare mai l’avversario per l’età, perché più anni significava anche più esperienza. E un ogni ghoul che invecchia è un ghoul che l’ha scampata in passato.

«Dottor Shinya» pronunciò con voce determinata, anche se non riusciva a tenerla ferma come avrebbe voluto.  «Non diamo spettacolo. Si arrenda.»

L’altro non fece nulla. Non rise, né mutò la sua espressione. Sistemò solo il guanto che portava nella mano destra, mentre la luce del sole rendeva impossibile la visione dei suoi occhi a causa del riverbero sugli occhiali da vista ovali. «Mi chiedo come reagirebbero i tuoi colleghi trovandoti seduta fuori dalla panchina della sede centrale, signorina investigatrice. Dovrò fare in fretta però a portarti via, prima che questo posto si riempia di colombe.»

Capendo perfettamente che non se la sarebbe cavata a buon mercato, Masa si sfilò l’impermeabile. Non voleva rischiare di rovinarlo. «In realtà, sono tutti molto abituati a vedermi seduta» gli fece sapere, cercando di mantenersi rilassata, seppur non lo era affatto. Non aveva mai avuto buoni risultati in uno scontro, figurarsi da sola, ma aveva avuto un aiuto chirurgico non da poco. Aprì un paio di bottoni della camicia all’altezza dell’ombelico, prima di prendere di nuovo in mano la quinque «Sarebbero più sorpresi di trovarmi in piedi e in orario.»

Sganciò i blocchi che tenevano chiusa la valigetta e in un baleno si ritrovò Izanami nel pugno. La quinque gemella di Senza era di un caldo e vibrante magenta screziato di toni più scuri e neri lungo tutta l’asta. Decise però di agire sfruttando anche la difesa.

La camicetta si alzò, mentre dalle sue reni iniziava a generarsi una strana pressione, ancora ben lontana dal sembrarle famigliare. Come un ventaglio di spade, il suo kagune venne alla luce, per la prima volta lontano dall’ambiente sicuro dell’ospedale interno del ccg.

Il suo occhio sinistro mutò, tingendo la sclera nera e l’iride rossa, per poi andare a spiare la reazione dell’avversario, il quale sicuramente non poteva aspettarsi nulla di simile.

«Che razza di abominio vi siete inventati ora, mostri

Non gli diede però (niente però) il tempo di pensare troppo alla questione. «Non credo che un ghoul dovrebbe essere così razzista»

Per la prima volta in due anni e mezzo aveva la possibilità di utilizzare tutte le nozioni che aveva appreso in quel lasso di tempo e non sarebbe sembrata sospetta.

 

Il luogo indicato da Masa nell’ultima comunicazione che erano riusciti ad avere era un piccolo appartamento, incastonato in un palazzo di otto piani. Urie non aveva bisogno di entrarvi per capire che lo scontro si era spostato altrove. Guardò la facciata dalla vetrata sfondata, passando poi gli occhi lungo la siepe semi distrutta, fino alla macchina in parte demolita al limite dell’isolato. Si sarebbe chiesto se il CCG avrebbe pagato di tasca propria i danni, ma era un po’ nervoso per farlo.

Non volendo contattare nuovamente Sasaki, si ingegnò. Dove potevano essersi cacciati? Il litorale si estendeva dopo il vicolo sulla destra e lui sperava che non si fossero recati lì. C’erano molti turisti nella zona. Raccolse da terra il trench argentato della collega, portandolo al volto per sentirne l’odore. Non ci aveva mai provato, ma dopo l’intervento di potenziamento il suo olfatto era migliorato. Magari avrebbe potuto trovarla così.

Non servì.

Un grido piuttosto distinto arrivò esattamente dal luogo in cui sperava di non doversi recare. Affrettò il passò, stringendo la valigetta nella mano e sbucando sulla strada per ficcarsi in quella principale, alla fine della quale, ad attenderlo, c’era l’oceano.

E quelli che sembravano due ghoul nell’atto di uccidersi a vicenda.

Il sospetto ricercato – Urie ancora non poteva crederci che l’avesse davvero trovato dopo essere stata abbandonata da lui sulla superstrada- era di tipo bikakou. La lunga coda del ghoul, uncinata sulla punta, fendeva l’aria rapida.

Masa però sembrava abbastanza padrona della situazione, nonostante dei tagli sul braccio destro che sanguinavano, macchiandole la pelle e la camicetta bianca a brandelli.

Urie rimase fermo a guardarla, spiazzato.

Il kagune dell’agente di secondo grado Aiko Masa era molto, molto simile a quello di Sasaki. Una serie di tentacoli sottili come le zampe di un ragno le uscivano dalla schiena e lui si sentì un po’ stupido per non averle mai chiesto che tipo fosse. Un rinkakou, difficile da gestire, e poco efficace contro un bikakou.

Le similitudini col prima classe Haise però finivano nella tipologia.

Il kagune di Aiko comprendeva ben otto code, dalle scaglie definite e affilate rispetto a quelle piccole e compatte dell’altro, ma non solo.  Brillavano dei toni del viola e dell’acqua marina e quando la donna saltò indietro per schivare un attacco, aprendole a raggiera, parevano in tutto e per tutto simili alla coda di un pavone.

Credo che questa sia la cosa più vistosa ed eccessiva che abbia mai visto. Trash.

Non attese comunque di esternare quel pensiero. Lo tenne per sé, scrocchiando il collo prima di alzare appena la spalla. Rilasciò l’aria dai polmoni, mentre una fitta di dolore gli annunciava che anche lui si stava armando di ciò che il buon dottore l’aveva fornito.

Con un balzo, fu anche lui nel mezzo della lotta.

Non l’avevano visto arrivare, dalla stradina, ed entrambi i combattenti si stupirono. Calcolò però male le tempistiche e seppur riuscì a tranciare un pezzo della lunga coda, non bastò per infrangere quel resistente kagune. Con una botta nello stomaco, Shinya lo lanciò contro un bidone della spazzatura.

«Urie!» Masa si chiese come fosse possibile fare una tale figura, visto che fra loro, Kuki era il più forte. Non poteva però curarsi di lui. L’occasione presentò proprio grazie all’arrivo dell’altro agente. Distratto, l’imbalsamatore si espose, finalmente. Agitando tutte e otto le sue code riuscì a mandarlo in confusione, ma bastò una sola per afferrargli la coda uncinata. La tirò verso di sé, conficcando con tutte le sue forze Inazami nello stomaco del sospetto, vedendola sbucare dall’altra parte, oltre le sue spalle. Questi trasalì, sputandole un po’ di sangue sul volto. Lo guardò negli occhi, mentre il bikakou svaniva nella sua presa, leggendo nelle iridi tornate di un caldo castano dai toni nocciola, solo paura e smarrimento.

Niente di più umano.

Fu un contatto breve, quello fra i loro sguardi. Urie, con un singolo colpo secco, gli mozzò il capo dal collo, il quale rotolò via, vicino a una vecchia Audi parcheggiata al limitare della strada, lasciando a boccheggiare la donna. Il corpo decapitato cadde sull’asfalto con un tonfo morbido, mentre lei ancora osservava il luogo dove il macabro feticcio sembrava ricambiare lo sguardo.  Gli occhi, fissi nella plastica posa della morte, erano rivolti in tutt’altra direzione, ma lei li sentiva pungerle la pelle come spilli.

Cosa aveva fatto? Come era successo? 

Le mani di Urie la afferrarono per le spalle, scuotendola «Perché hai agito senza di me?» le urlò in pieno volto, ma lei sembrava lontana galassie. Teneva la testa bassa, gli occhi vitrei fissi che s’erano spostati sull’asfalto e chissà quale pensiero ad assillarla. Aveva ancora il kagune in vista e attorno a loro iniziavano a radunarsi dei curiosi che scattavano foto con gli smartphone.

«Masa, torna in te» le disse,  guardando quella che ora pareva una coda unica, distesa sulla pavimentazione stradale, che finiva dietro alle sue caviglie quasi come se l’avesse lasciata correre lì per proteggerlo da qualcosa.  «Fai sparire il kagune

«Non ci riesco, il mio corpo reagisce come se mi sentissi ancora in pericolo…»

«Come è possibile?!»

«Sei tu che mi metti ansia!»

In un moto di cocente disperazione, la giovane portò le mani al volto. Una gamba le tremava per il nervosismo, mentre cercava di riprendere il controllo del suo corpo. Le sue code presero a muoversi come serpenti inquieti, prima di iniziare a ritirarsi, fino a diventare grandi come pugnali conficcati alla base della sua schiena. Un altro paio di respiri e svanirono totalmente, assorbite dalla carne delle reni. Lo verificò, Aiko, portando una mano sotto alla camicetta e sentendo contro le dita solo la sua pelle liscia.

Urie la stava ancora guardando, impassibile, ma nel contempo aveva confermato l’abbattimento del ghoul Embalmer a Sasaki. Un successo rapido e lo doveva tutto alla collega. Eppure non poteva perdonarle l’avventatezza. «Avresti dovuto obbedire agli ordini e attendere i rinforzi. È stato stupido affrontarlo da sola, potevi morire. Questa è la prima missione in cui usi il kagune, poteva finire molto male.»

«Ti stai davvero preoccupando per me?» chiese senza particolare inflessioni della voce Aiko, andando a sedersi sul bordo del marciapiede dopo aver recuperato il suo trench, che Urie aveva appoggiato sulla valigetta rimasta inutilizzata.

Si sedette lì, tenendo Inazami sulle gambe, mentre lo guardava dal basso «Tu non lo avresti fatto? Sei famoso per la tua cooperazione nulla, volta a farti promuovere anche a rischio della salute dei tuoi compagni di squadra. Me lo ricordo cosa è successo durante l’operazione Asta, sai? Ero presente.  Ma non tenere, ti lascio tutto il merito dell’uccisione di Embalmer. Io non lo voglio. Prenditelo. »

Quello era troppo.

Stupida, sei solo una stupida. Ovviamente mi sono preoccupato.

Giro sui tacchi e si curò di allontanare i curiosi, mentre i rinforzi li raggiungevano transennando l’area.

Non parlò più a Masa fino all’arrivo di Sasaki, ma la vide spostarsi dal nastro giallo tenendo fra le mani una sigaretta e il cellulare all’orecchio. Si chiese chi mai fosse così importante da dover ricevere una chiamata in quel momento, ma poi realizzò che non gliene importava nulla. Quella ragazza era fuori controllo e la cosa peggiore era che era stata lei a trovare tutte le prove, lasciandolo fuori.

E questo bruciava molto più di qualsiasi traccia di preoccupazione.

 

 

Continua.

 

 

 

 

 

---------N.d.A--------

 

Nello scorso capitolo ho omesso una cosa molto importante: due dei personaggi originali di questa storia, ovvero Aizawa e Shukumei, non mi appartengono. Sono protagonisti di una storia che si spera verrà pubblicata presto dall’autrice RLandH.

Posta Luna.

 

Detto questo, ringrazio che legge e chi mi segue, ma in particolare chi perde dieci minuti del suo tempo per recensirmi.

Wow, ho finito il primo caso.

Sono stupita da me stessa per la rapidità.

Spero che questi momenti di folle furor creativo continuino.

 

Detto questo, vi saluto!

Alla prossima!

C.L.

 

 

 

  
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