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Autore: Lady Samhain    02/02/2017    2 recensioni
Percival Graves ha seppellito la sua umanità da qualche parte tra i meandri della politica.
Non gli era sembrato un gran prezzo da pagare, un cuore in cambio di una carriera come la sua, peccato che dopo la visita di Grindelwald a New York tutto ciò che ha costruito sia crollato come un castello di carte.
La sua credibilità è irrimediabilmente compromessa ed ha una sola occasione per recuperare in parte il suo prestigio: una delicata missione diplomatica in Gran Bretagna per riportare negli Stati Uniti il ricercato Credence Barebone.
"-E allora cosa vorrebbe, signor Graves?-
Non poteva crederci! Doveva abbassarsi a chiedere un lavoro come l'ultimo novellino appena sfornato dall'accademia!
-Madama Presidente, le chiedo di affidarmi un ultimo incarico. Voglio la possibilità di ritirarmi dopo aver ricordato che ho servito lealmente questo paese-"
"Io voglio che lei vada nel Regno Unito, incontri il ragazzo e trovi una scusa, una qualsiasi, anche il più minimo motivo per ottenere la sua estradizione-"
//Campagna Pro Original Graves: se questa storia ti incuriosisce almeno un poco, aggiungi il tuo voto per inserirlo tra i personaggi principali//
//Titolo cambiato. Titolo precedente "Dalla sua parte"//
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Credence Barebone, Newt Scamander, Percival Graves, Porpentina 'Tina' Goldstein
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La strada di casa'
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Capitolo 6

Memoriam accedo

***


Alla fine Graves aveva vomitato davvero non appena era stato di nuovo al sicuro nella sua stanza.

L'umiliazione era talmente forte ed il suo rifiuto per quello che era successo era talmente viscerale da arrivare a farlo stare male fisicamente.

Merda!

Il ragazzo aveva riso.

Quel piccolo sfacciato presuntuoso aveva fatto immediatamente due più due ed aveva riso di lui, della sua ignoranza, del suo tentativo di darsi un contegno...

Non aveva niente nello stomaco da rigettare e finì per vomitare bile nel lavandino, mentre la sera per riuscire a dormire qualche ora aveva dovuto ricorrere ad un misurino di pozione a base di oppio, ed anche con quella il suo sonno era stato disturbato.

Il mattino dopo aveva le occhiaie, il viso pallido ed una ferrea determinazione a schiacciarli tutti.

Si presentò a casa di Scamander e ad aprirgli la porta fu quella peste di moccioso.

-Ah, signor Graves... io stavo uscendo. Devo fare la spesa. Tina non sta bene e Newt è a Londra per incontrare il suo editore, per cui devo uscire io-

Nonostante fosse arrabbiato con loro, Graves non riuscì a reprimere la vecchia abitudine del preoccuparsi per qualcuno più debole.

-La lasciate a casa da sola sapendo che sta male?-

-No, non è da sola. C'è Queenie con lei, ma mia zia può stare solo un paio di ore perchè poi deve tornare alla pasticceria. Quindi io devo sbrigarmi a fare tutto, e non so, se vuole aspettarmi a casa... ci metterò meno tempo possibile-

L'idea di accompagnarlo a fare compere gli dava la nausea, quella di restare a casa sua a piantonare il suo ritorno anche...

-Due ore le bastano? Da adesso fino alle undici?-

-Sì, signore-

-Allora ci vediamo tra due ore-

Tagliò corto lui, e si smaterializzò.

Aveva due ore di libertà, e siccome da quando era in Inghilterra aveva riscoperto la sua fascinazione giovanile per i giardini, Graves fece in modo di riapparire vicino ai giardini di Kensington.

Trovò una panchina libera, vicina al laghetto ma lontana da sguardi indiscreti, e tirò fuori dalla tasca interna il suo piccolo segreto.

Era un tacquino di pelle con protezioni per gli spigoli in ottone. La pelle era di un marrone tendente al rossastro, le pagine interne color pergamena.

La carta ruvida al tatto lo accolse come un'amica fedele quando lui la accarezzò leggermente.

I fogli sembravano tutti bianchi ma non era affatto così: la scrittura era stata occultata da tutti gli incantesimi che conosceva e che potevano essere rimossi solo da lui; se qualcun altro ci avesse provato il tacquino si sarebbe incendiato riducendo in cenere tutti i suoi segreti.

Ne aveva decine di blocchi come quello, tutti meticolosamente rempiti con tutte le debolezze ed i dubbi che aveva avuto nella sua vita.

Li scriveva per liberarsene e metterli da parte. Erano una parte di lui, ma una parte che non poteva permettersi di tenere.

Prese la stilografica dal taschino e come ogni volta cominciò semplicemente a buttare i suoi pensieri sulla carta.

Scriveva veloce, senza curarsi di ponteggiatura o di usare una forma particolare, e l'inchiostro veniva immediatamente assorbito dalla carta.

Scrisse di Barebone, come al solito, ma non il rapporto impersonale che redigeva a fine di ogni settimana.

Scrisse quello che sentiva davvero, e cioè che lo detestava.

Perchè gli stava facendo perdere tempo, perchè non riusciva a fargli perdere il controllo del mostro che c'era dentro di lui, perchè l'unica cosa che aveva ottenuto da quella peste di ragazzino era stata farlo piangere in un modo che lo aveva fatto stare male per giorni oppure farlo scoppiare a ridere in un modo che lo avrebbe ugualmente fatto stare male per giorni.

Se ripensava alla sua risata gli saliva di nuovo la nausea.

Scrisse che voleva solo fargliela pagare, e che se aveva avuto il minimo scrupolo nel trascinarlo negli Stati Uniti con qualsiasi pretesto, adesso voleva solo vederlo annientato.

Poi, quando ebbe scaricato tutta la rabbia, arrivò a scrivere della paura.

Scrisse che aveva paura di non essere più sé stesso, di non essere più capace di fare il suo lavoro; scrisse che aveva paura che anche se avesse fatto ciò che il MACUSA si aspettava da lui, la sua reputazione sarebbe comunque rimasta macchiata; alla fine arrivò a scrivere il vero nucleo che lo tormentava.

C'era un vento leggero che increspava la superficie del laghetto, e poco lontano un albero di ciliegio era in piena fioritura.

Graves scrisse che aveva paura di compiere un'azione ingiusta che alla fine non sarebbe servita a nessuno.

***

-Signor Graves, le devo delle scuse-

Non sapeva cosa rispondere.

Era troppo impegnato a non soffocare per la rabbia, e l'occhiataccia con cui fulminò Barebone fu abbastanza per fargli abbassare la testa e non osare più guardarlo negli occhi.

Normalmente il salotto di casa Scamander era un posto caldo ed accogliente, ma Graves sapeva bene come fare abbassare la temperatura di una decina di gradi.

Il ragazzo si mosse a disagio sulla poltrona ma non era intenzionato a rinunciare.

-Il mio comportamento è stato irrispettoso. Non ho giustificazioni-

-Signor Barebone, se con questa patetica messa in scena lei sta cercando di accattivarsi la mia condiscendenza, la informo che si sbaglia. Hanno provato a corrompermi persone più furbe di lei e con metodi più sottili, e nessuno di loro uscirà mai dalla sua cella per raccontarlo-

-A me dispiace davvero. Lo so che ha una brutta opinione di me e che probabilmente gliela sto solo confermando, ma sono sincero-

Graves fece una smorfia come per dire "Sì, ci hai provato", ma il ragazzo non si scoraggiò.

-Io lo so cosa vuol dire. So che significa quando ridono di te. È umiliante. È orribile. Ed io l'ho provato troppe volte sulla mia pelle e so quanto fa male. E non avrei mai dovuto farlo ad un'altra persona. Mi dispiace-

Quella era bella.

Barebone si stava impegnano tanto che sembrava che le sue scuse fossero sincere.

-Lo ha provato di persona, dice? Bene, voglio vederlo-

-Come?-

-Io posso avere accesso ai suoi ricordi, se lo voglio. Mi faccia vedere ciò di cui sta parlando e forse considererò la possibilità di crederle-

-Va bene-

Non si aspettava che il ragazzo accettasse così presto.

In fondo si trattava di mettere a nudo cose molto personali e sicuramente dolorose.

Personalmente Graves non avrebbe mai accettato, ma dopotutto l'anima della sua bacchetta era corda di cuore di drago, non crine di unicorno.

-Cosa devo fare?-

-Si sieda accanto a me. Si concentri sul ricordo che vuole mostrarmi. Chiuda gli occhi se le viene più semplice-

Il ragazzo obbedì all'istante. Era strano che fossero seduti fianco a fianco sullo stesso divano.

Graves gli posò una mano sulla tempia e con l'altra pronunciò "memoriam accedo".

Il primo ricordo era New York sotto la neve.

C'era una donna in piedi sulle scale di un edificio che non riconobbe.

Lei parlava a voce alta e gesticolava, alle sue spalle un drappo rosso ed arancione con due mani che spezzavano una bacchetta.

Credence era di lato. Cercava di farsi più piccolo che poteva ma era comunque in piedi su qualche gradino e troppo esposto.

Vide con i suoi occhi tre ragazzini che lo indicavano e ridevano.

Umiliazione.

Sentì la voce di Credence nel ricordo.

"Fa che se ne vadano. Ti prego, Dio, fa che mi lascino in pace"

La sua preghiera non venne ascoltata. Cominciarono a tirargli neve sporca e lui non poteva fare nulla per difendersi senza sembrare ancora più ridicolo ai loro occhi.

Era esattamente così che Graves si era sentito il giorno prima, e non sapeva se fosse una buona cosa avere un sentimento in comune con quel ragazzo.

No, non lo era. Entrare in empatia sul luogo di lavoro non era mai una buona cosa.

...

Un altro ricordo.

Stavolta c'era lui. No. Grindelwald. Era in un vicolo con Credence e gli stava allacciando qualcosa al collo, poi lo aveva raccolto in un abbraccio.

"Non lasciarmi mai. Ti prego, non lasciarmi mai"

Aveva sentito il dolore fisico del distacco quando il freddo aveva ripreso il posto della mano calda dell'uomo sulla sua nuca, ma c'era anche speranza.

E poi un'altro ricordo.

"È impossibile insegnarti. Tua madre è morta, questa è la tua ricompensa. Ho finito con te"

Era un dolore bruciante, insopportabile. Era il tradimento peggiore che avesse mai vissuto.

E faceva male. Troppo. Male.

Poi i ricordi erano fatti solo di oscurità, vertigine, dolore e senso di soffocamento.

Graves spezzò il contatto, incapace di sopportare oltre.

Vide delle lacrime che scendevano lungo le guance del ragazzo dalle palpebre ancora abbassate, e prima che avesse il tempo di pensare aveva già sollevato una mano per esciugarle.

-Mi dispiace, Credence-

Era la prima volta che lo chiamava per nome.

-Per adesso basta così. Pomeriggio ne riparleremo-

***

Porca puttana! Ma perchè? Perchè ogni cosa che faceva per mettere in difficoltà Barebone finiva per ritorcersi anche contro di lui?

L'obscurus. Il senso di soffocamento.

L'impressione di scappare continuamente alla cieca senza sapere se la tortura sarebbe mai finita.

Non avere il controllo del proprio corpo se non in modo parziale.

Vedere le cose attraverso una lastra di vetro dietro cui si è imprigionati senza che nessuno se ne accorga o se ne curi o faccia qualcosa per aiutarti.

Perché si era ficcato nella testa di Barebone?

Aveva finito per vedere una copia di ciò che lui aveva vissuto nei mesi in cui Grindelwald lo aveva tenuto prigioniero.

Graves si era costretto a mangiare un po' di stufato all'ora di pranzo, ed ovviamente se ne era pentito subito, perchè dopo due cucchiai lo stomaco si era chiuso.

Con che coraggio sarebbe tornato da Barebone? E soprattutto con che coraggio avrebbe continuato a fare il suo lavoro?

Quando era partito, la sua missione di riportare il ragazzo a New York gli era sembrata fondamentale, ma adesso gli States erano lontani, il MACUSA era lontano, Madame Picquery era lontana... vicino a lui c'era solo un ragazzo che aveva troppe cose in comune con lui e due maghi disposti a tutto per proteggere il loro figlio.

La verità era che giorno dopo giorno gli costava sempre di più mantenersi distaccato.

E per quanto riguardava l'incidente con l'erumpent... bè... se ci ripensava gli veniva di nuovo voglia di sotterrarsi, ma Barebone gli aveva chiesto scusa in un modo troppo sincero per lasciarlo indifferente, e gli aveva dato la possibilità di ferirlo a sua volta per pareggiare i conti.

Così, tanto per cambiare, gli aveva reso le cose ancora più difficili.

***

Quel pomeriggio tornò dagli Scamander più di malavoglia del solito.

Erano le quattro e mezza ed il sole ormai tramontava più tardi.

Quando bussò venne di nuovo ad aprire il ragazzo. Cosa insolita.

Dov'era finita la Goldstein? E Scamander? Latitavano entrambi perché non avevano voglia di vederlo?

-Signor Graves, devo parlarle di una cosa importante-

L'esordio non era stato dei migliori e Barebone dovette accorgersene dall'occhiata che lui gli riservò sull'istante.

-Intendo... posso parlarle di una cosa, per favore?-

Ecco, così andava meglio.

-Va bene, cosa ha da dirmi?-

-Tra un momento, per favore. Ora devo occuparmi di Tina-

E scappò su per le scale.

Accidenti, ma che avevano in quella famiglia di svitati? La Goldstein era malata da tre giorni ormai.

Graves sperava che qualunque cosa avesse, non fosse contagiosa.

Si accomodò in salotto, tanto ormai era abituato a fare da solo, e rimase ad annotare mentalmente ogni dettaglio fino a che il ragazzo non ricomparve.

Sembrava aver fatto le scale di corsa e sembrava anche abbastanza teso.

Preoccupato sarebbe stato il termine migliore.

-Allora, cosa aveva da dirmi, signor Barebone?-

-Ah, sì... sigor Graves, oggi devo chiederle di essere prudente. Le spiego... ecco... Tina è incinta, e per questo si arrabbia molto facilmente. Non fa bene a lei e nemmeno al bambino. Ed oggi Newt non è a casa perché deve incontrare il suo editore, come le ho detto stamattina. Ci sono solo io. Per questo le sarei molto grato se per oggi lei potesse evitare di farmi piangere o di fare qualsiasi altra cosa che potrebbe turbarla-

Graves lo squadrò intensamente. Per Merlino, quel ragazzo lo avrebbe portato al manicomio!

Aveva chiesto con una dignità che Graves aveva incontrato raramente, ed aveva chiesto non per sé ma per un'altra persona.

E comunque... la Goldstein incinta? Allora non era una malattia! Edesso si spiegava tante cose.

-Va bene, per oggi eviterò. Ma qualcosa devo pur fare, capisce?-

Barebone gli sorrise come se lui gli avesse regalato la luna.

Merlino, ma era proprio necessario? Non poteva ringraziarlo con educazione ma senza tutta quella carica emotiva?

-Grazie, signore! Sì, sì, certo capisco. L'importante è che Tina stia bene-

Graves strinse le labbra.

Come diavolo avrebbe fatto? Lui aveva un talento naturale per scovare menzogne, ma lì ne avrebbe dovuto inventare una.

Come faceva a dimostrare che ci fosse qualcosa di cattivo in un ragazzo che difendeva una donna incinta?

-Ho detto solo per oggi- ci tenne a puntualizzare.

-Certo. Domani Newt sarà qui, e allora sarà lui a badare a lei-

-Tra voi tre c'è un rapporto molto stretto. Mi faccia vedere qualche ricordo. Un ricordo felice, così non tornerà da Porpentina Goldstein piangendo-

Credence annuì, solo che quando si fu seduto sul divano accanto a lui, si ritrasse prima che potesse toccarlo.

-Signor Graves, lei non modificherà i miei ricordi, non è vero?-

-Cos...? No, certo che no-

-La prego. Sono momenti preziosi per me ed esistono solo nella mia mente. Non voglio perderli-

Graves lo guardò severo.

-Signor Barebone. Io potrei fare molte cose con i suoi ricordi. Potrei confonderli, cancellarli, alterarli-

Il ragazzo si era spaventato, Graves glielo leggeva negli occhi dilatati e nel respiro corto.

-Ma non lo farò. Non oggi. Per oggi abbiamo stabilito una tregua, giusto?-

Merda! Ma perché aveva preso questa maledetta abitudine di straparlare?

-Va bene, signor Graves. Mi fido di lei-

Barebone chiuse gli occhi e lui ripetè la formula "memoriam accedo".

Stavolta il ricordo era molto più vivido.

Era in un stanza che riconobbe essere quella del ragazzo.

Lui era senza camicia per qualche motivo, e la Goldstein lo stava abbracciando, cullandolo leggermente ed accarezzandogli la schiena.

C'era un tale sensazione di pace.

Era una sensazione così viva che Graves doveva ricorrere a tutta la sua concentrazione per ricordare che quelli non erano i suoi sentimenti.

Fortunatamente Barebone cambiò ricordo. O forse non tanto fortunatamente.

Stavolta c'era paura.

"Voi mi volete ancora, non è vero? Anche se state per avere un figlio vostro?"

"Oh, Credence... ho detto che saremo in quattro"

E poi Tina e Newt che lo abbracciavano, e c'era tanto sollievo... il suo cuore era di nuovo leggero.

Graves non poteva più sopportarlo.

Corda di cuore di drago, forte, coraggiosa, ma non proprio adatta a quel tipo di sentimenti.

-Va bene, basta così-

Stavolta per fortuna non c'erano lacrime.

-Signor Barebone... lei ha avuto dei dubbi sulla sua famigia adottiva?-

-Bè, sì. Insomma, aspettare un bambino non è facile, ed io sono un problema. Non li avrei biasimati se avessero scelto tra me e loro figlio-

-Non li avrebbe biasimati? Davvero?-

-No. Loro hanno già fatto così tanto per me. Mi hanno dato in un anno l'amore che non ho avuto in una vita intera, ed ogni giorno in cui mi sveglio in questa casa per me è... mi scusi...-

Barebone dovette fermarsi un attimo per riprendere fiato, dato il groppo alla gola che doveva avere.

Graves lo guardò attentamente.

-Se le avessero chiesto di farsi da parte, lei l'avrebbe fatto-

-Sì-

-Senza provare dolore? Mi riesce difficile crederlo-

-Oh, no. Mi si sarebbe spezzato il cuore. Ma non gliene avrei fatto una colpa. Non avrei potuto-

Certo. Ovvio. Un'anima di crine di unicorno.

Prima che Graves potesse dirottare la conversazione su qualcosa di meno imbarazzante sentirono dei rumori in cucina.

Barebone scattò in piedi e corse fuori dal salotto senza nemmeno chiedergli il permesso.

Graves fu grato della distrazione perché non avrebbe sopportato un altro ricordo stomachevole come quello.

Li sentì parlare in cucina ma matennero un tono normale.

Peccato. Lui aveva sperato in una scenata di gelosia da parte del ragazzo o in qualche forma di insofferenza da parte della Goldstein verso di lui, e invece niente.

Poco dopo Barebone tornò nel salotto. Sembrava più rilassato.

-Tutto a posto. Tina aveva voglia di un dolce, così ho mandato un messaggio a mia zia Queenie. Dovrebbe arrivare tra poco-

Quello era veramente troppo.

No, sul serio, era più di quanto lui potesse sopportare; per Merlino, lui poteva affrontare maghi oscuri, duelli, maledizioni, prigioni, denutrizione e disidratazione, ma non poteva affrontare un pomeriggio in compagnia di una strega incinta con le voglie e di un ragazzo che si comportava come un elfo domestico.

Non ce l'avrebbe fatta, e dopo l'incidente con l'erumpent l'ultima cosa che voleva era essere coinvolto in qualche altra vicenda che nuocesse alla sua autostima o sanità mentale.

-Mi ascolti bene, signor Barebone. Date le circostanze, in via del tutto eccezionale, per oggi e solo per oggi, la lascio libero. Ci vediamo domani-

Si alzò dal divano ed uscì in fretta prima che Barebone potesse realizzare appieno e ricominciare a ringraziarlo, però sulla porta esitò.

Non poteva ignorare la vocina interiore che gli diceva "vigliacco" per come stava tagliando la corda, evidentemente per evitare una castagna bollente, per cui prese dalla tasca un suo biglietto da visita e lo porse a Barebone -Questo è un modo per contattarmi. Le basterà toccarlo con la bacchetta. Mi chiami se la signora dovesse stare male o se ci dovessero essere particolari problemi-

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Nel Cerchio della Strega


L'ho già detto che secondo me Graves è terribilemente orgoglioso, giusto?

Ecco, devo ammettere che avevo avuto la tentazione di lasciarlo nelle grinfie di una Tina in modalità "sbalzi d'umore da gravidanza" ma poi mi è sembrato troppo crudele.


Grazie a Bella_1D che ha aggiunto la storia tre seguite, preferite e ricordate.


Lady Shamain





  
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